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E ancora sparisce la politica

Il governo che tenta di arginare il Covid con l’occhio fisso sul consenso. L’opposizione che si dice contro le chiusure e poi chiede “severità contro il virus”. Così la politica si sottrae alle proprie responsabilità

Torna il virus e sparisce la politica. I dati continuano a non essere buoni e il dibattito rimane sempre bassissimo come si conviene a un Paese che ha scambiato la propaganda come unico lievito della discussione pubblica. Fateci caso.

Da una parte c’è un governo preoccupato dal consenso. Giuseppe Conte sa benissimo che gli italiani, dopo l’esperienza di mesi fa, non crederanno più di essere i colpevoli di un nuovo eventuale disastro. Ci sarebbe da discutere di modifiche strutturali del sistema sanitario, ci sarebbe da discutere di dove prendere i soldi che mancano per rimettere in piedi un Paese che deve convivere con il virus e ancora siamo alle prediche in cui si consigliano le buone maniere contro il Covid. L’abbiamo capito che indossare la mascherina è utile ma abbiamo anche capito che non basta. Abbiamo capito che il distanziamento è utile ma abbiamo anche capito che non basta. Abbiamo capito che lavarsi le mani è utile ma non basta. E onestamente abbiamo anche capito che il Covid non lo spargevano i runners e i passeggiatori con cani prima e non sta solo nei bicchieri dell’aperitivo di oggi. Inseguire il virus e i sondaggi con l’occhio sempre fisso sul consenso non funziona, lo dimostrano gli indici di gradimento a picco dei governatori sceriffi che ora brancolano nel buio.

Dall’opposizione poi arrivano segnali ancora più sconfortanti: sono contro le chiusure ma chiedono “severità contro il virus” e poiché l’unico modo per fermare la curva è ridurre le frequentazioni sociali sarebbe curioso sapere esattamente da Salvini, Meloni e compagnia cantante cosa farebbero loro. Essere contro a qualsiasi decisione è una posizione comoda e facile, non è politica. Salvini è talmente contro a tutto che ieri probabilmente si è incagliato ed è riuscito a sbraitare anche contro la Lombardia, poi qualcuno deve avergli dato un colpo di gomito e l’ha fatto rinsavire. Parlare di “libertà” senza prendersi la responsabilità di spiegare anche come avere la libertà di non ammalarci è retorica, non è politica.

A febbraio giustamente ci dicevano di essere impreparati e tutti sono stati presi alla sprovvista. Oggi la politica (tutta) dovrebbe dirci: ecco come abbiamo intenzione di abbassare la curva dei contagi, ecco quanti sono i posti letto disponibili e quanti saranno disponibili a breve, ecco in che tempi agiremo per assumere anestesisti e infermieri, ecco come scaglioneremo per alleggerire i trasporti (visto che ormai il loro potenziamento è andato in fumo), ecco come proveremo a ripristinare un tracciamento decente, ecco dove troveremo i soldi per farlo. Il paternalismo non funziona più e non funziona più l’opposizione facile.

Programmi fattibili per tenere in piedi questo Paese in questo delicato momento: questa è politica. E sembra che la stiano facendo più i virologi dei politici.

Buon mercoledì.

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Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

Le Regioni dopo due mesi brancolano nel buio: vogliono riaprire ma ancora parlano di tamponi

Fase 2, le regioni brancolano nel buio: ancora parlano di tamponi

Tutti in attesa della Fase 2. Il presidente del consiglio Conte dice che entro la fine di questa settimana illustrerà i dettagli della graduale “riapertura” delle attività produttive sul territorio nazionale mentre alcune regioni spingono, come sempre, per andare per conto loro. E insieme alla discussione sulla Fase 2 si infila lentamente anche la notizia di una ricaduta del contagio: c’è chi dice nel prossimo autunno, c’è chi dice che l’allentamento delle misure porterà a una ricaduta quasi istantanea e chi parla addirittura del 2021.

Uno studio dell’Università di Trento appena pubblicato su Nature Medicine analizza i dati italiani dal 20 febbraio 2020 al 5 aprile per mostrare come il lockdown abbia influenzato la diffusione della pandemia in Italia e ipotizza una stima di 70mila morti solo nel primo anno se verranno allentate le misure esistenti.

“Il nostro modello ci dice – spiega la ricercatrice Giulia Giordano intervistata dall’Agi- che le misure adottate erano indispensabili e che allentarle potrebbe portare a una situazione disastrosa”. Ma secondo i ricercatori non c’è solo il lockdown come possibile contromisura: “Un’altra – spiega sempre Giulia Giordano – potrebbe essere quella di effettuare test sierologici e tamponi a tappeto sull’intera popolazione e un tracciamento accurato dei contatti, in modo da poter isolare qualunque focolaio emergente dal principio. Isolare infetti, fornire cure e arrestare la diffusione. Questa è l’unica possibilità se si vuole allentare il lockdown ed evitare la ripartenza dei focolai. Ma nel caso in cui non si faccia una campagna massiccia di test e le contromisure vengano allentate nel giro di un anno saremmo ancora nel pieno dell’epidemia”.

E siamo ancora qui, al punto di partenza. Sono passati due mesi e ancora non si riesce ad avere un quadro chiaro sulle modalità di tamponi (“a tappeto” e “su tutta la popolazione”, come dicono gli esperti) e di test nelle diverse regioni. Dopo due mesi di emergenza ancora accade che persone sintomatiche siano in isolamento senza mai avere saputo se hanno contratto o meno il virus. Dopo due mesi di emergenza le Regioni ancora brancolano nel buio. E allora sorge un dubbio spontaneo: non è che dopo 60 giorni siamo al punto per cui si riapre solo perché non si può chiudere per sempre? Si aspettano le risposte dei presidenti di regione che si sbracciano per l’aprite tutto. Oppure rimarrà la sensazione che solo il lavoro mobilita l’uomo e solo il profitto detti i tempi del fine quarantena.

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