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La lezione di Antonella

Come si sente una giovane ricercatrice che riceve sgradite attenzioni sessuali dal suo capo: lo racconta con coraggio l’immunologa Antonella Viola

Uno dei più famosi genetisti del mondo, Pier Paolo Pandolfi, è stato cacciato da Harvard («sono io che me ne sono andato», dice lui) perché accusato di molestie da una giovane ricercatrice. Badate bene: Pandolfi non ha negato le attenzioni ma ha parlato di «uno scambio romantico che si è protratto per due, tre mesi». Che sia stato romantico ovviamente l’ha deciso, unilateralmente, lui. Chiaro.

Il Vimm di Padova (l’istituto veneto di medicina molecolare) decide di assumere Pandolfi ma il comitato scientifico dell’istituto decide di dimettersi in massa. Nessun riferimento alle molestie, ma chiedono di annullare la nomina per “evitare un grande scandalo” che potrebbe causare “un grave danno alla reputazione del Vimm ma anche dell’Università di Padova”.

Intanto Pandolfi parla di “sbandata romantica”, dice di essersi sbagliato e si scusa. L’immunologa Antonella Viola decide di prendere carta e penna e di scrivere al Corriere della Sera una lettera di grande coraggio perché c’è dentro un pezzo di vita, forte come sono forti tutte le esperienze autentiche. Scrive Antonella Viola:

«In una società civile un datore di lavoro non può concedersi una ‘sbandata’ per una dipendente e tempestarla di messaggi, seppur di natura romantica. Sembra incredibile doverlo spiegare, ma a quanto pare c’è chi è interessato a derubricare le molestie sessuali in sogno romantico non corrisposto. Proviamo quindi a immaginare come si possa sentire una giovane donna, fresca di studi, piena di entusiasmo per la ricerca, disposta a lasciare il suo Paese e i suoi affetti per inseguire il sogno della scienza in uno dei migliori laboratori al mondo, che comincia a ricevere le sgradite attenzioni sessuali da parte del suo capo. Non riuscite a immedesimarvi? Ve lo racconto io.
Prima di tutto parte un profondo senso di umiliazione per essere ridotta a uno stereotipo sessuale dalla persona a cui avevi affidato la tua crescita professionale. Il tuo mentore è colui al quale ti affidi completamente e il suo giudizio è la cosa più importante al mondo: lui ti sta dicendo che ti vede come una preda, non vede altro. Immediatamente dopo scatta la paura: tranne pochi casi di uomini davvero fisicamente molesti o pericolosi, la paura che ti assale non riguarda il tuo corpo ma il tuo futuro. Il pensiero ovvio in questi casi è: cosa sarà di me se dico di no? Sono libera di rifiutare le sue attenzioni? Come cambieranno da questo momento i nostri rapporti? Mi manderà via dal laboratorio? Mi affiderà un progetto scadente? Finisce qui la mia carriera? E sì, molte carriere finiscono proprio lì…
A volte perché il molestatore inizia a ricattare la vittima, altre perché davvero da quel momento la estromette dall’attività del laboratorio, o a volte perché il trauma subito è troppo forte per riprendersi e ritrovare l’entusiasmo necessario per fare il nostro lavoro. È un altro dei grandi problemi che noi donne affrontiamo e che minano regolarmente la nostra produttività e carriera.
Chi non l’ha vissuto non può immaginare il dolore, la vergogna, la paura, le notti insonni e le lacrime versate mentre ci si sente paralizzate e incapaci di trovare una via d’uscita. Non lo auguro a nessuno e, nel ruolo che adesso ho nella ricerca italiana, farò sempre di tutto per evitare che altre donne possano vivere una situazione così dolorosa. Non so come la ricercatrice in questione ne verrà fuori. Io ne sono uscita andando via, lasciando il laboratorio per ricominciare altrove, aggrappandomi a quella che per me non è mai stata una sbandata ma un vero amore: la scienza fatta di passione, integrità e rispetto delle regole».

Ed è una lezione limpida, cristallina di cui essere grati.

Buon martedì.

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Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

Paragone: “Non illudetevi, Grillo e Di Battista hanno visioni diverse per M5S. Io ora mi faccio un partito”

Gianluigi Paragone: “Grillo e Di Battista hanno visioni diverse per il M5S”

Gianluigi Paragone è stato eletto senatore con il Movimento 5 Stelle ma il 1 gennaio di quest’anno è stato espulso dal collegio dei probiviri per avere votato contro la legge di bilancio. L’abbiamo intervistato per TPI sull’attuale momento del M5S.

Paragone, partiamo dallo scontro Grillo-Di Battista: che succede?
Facile: Alessandro (Di Battista nda) ha ancora dentro il dna del movimento antisistema, Grillo invece ha completamente maturato la scelta di portare il Movimento dentro al sistema. Uno scontro tra due visioni: una forse onirica e l’altra più politicante.

Appare chiaro però che il famoso “uno vale uno” ormai valga poco…
Grillo è sempre stato il padre padrone del Movimento. C’è stato un momento in cui, forse più per esigenza personale, ha fatto un passo di lato però nel momento in cui il Movimento doveva andare là dove aveva deciso che andasse ha esercitato quello che esercitava prima, il diritto divino, il diritto del signore feudale. È un partito che nasce grillino.

Alcune voci dentro il Movimento 5 Stelle dicono che Di Battista vorrebbe vincere il congresso con i voti di quelli che ormai sono tutti fuori…
Se “quelli fuori” sono quelli che sono stati espulsi, quelli che se ne sono andati e quelli che non votano più il Movimento stiamo parlando di circa la metà del patrimonio elettorale del Movimento, questo la dice lunga sulle capacità di analisi di alcuni dentro il M5S. Queste non sono malelingue, sono lingue che ormai parlano il linguaggio del palazzo.

Ma secondo lei c’è lo spazio perché il M5S recuperi lo spirito originario oppure ormai la strada verso la maturità politica è segnata?
A me non fa paura una grammatica politica-partitica. Mi fa paura la tesi che sfugge. Cosa succederà non lo so e onestamente non me ne frega più nulla, non sono qui a sfogliare l’album dei ricordi. Qualcuno ha visto nascere il Movimento e quindi è mosso da un afflato di questo tipo però a me interessa dare una soluzione a dei problemi reali, poi ognuno la questione sociale la poggia sulla propria tesi politica. A me interessa lo spaccato sociale.

Secondo lei la rovina del M5S è stato l’accordo con il PD?
La rovina è non avere avuto una struttura politica in grado di fare maturare delle sensazioni, vale per l’economia e per la giustizia. Siccome non avevano una tesi politica hanno sfruttato delle figure che erano figurine ma il Movimento viveva di suggestione, che non è per forza negativo, ma quelle suggestioni dovevano trasformarsi in tesi politiche. Questo passaggio non è stato compiuto, e forse avevano paura di compierlo, si sono poggiati su figurine che dessero sostanza alla suggestione e le hanno prese dalla società civile, come il sottoscritto, Freccero, Di Matteo.

Però poi quando ognuno di costoro ha continuato a dire le cose che ha sempre detto allora è diventato un problema: io ho sempre detto che non ero europeista e ho rivendicato questa scelta anche successivamente e nel programma elettorale del Movimento il karma era antieuropeista. A Nino Di Matteo non puoi chiedere di stare zitto quando vede cose che configgono con l’azione antimafia.

Il suo futuro politico?
Il mio futuro è teso a costruire una forza totalmente antisistema e antieuropeista.

Il Movimento 5 Stelle si spaccherà?
Io non lavoro per fare del male al Movimento, anche perché è un esercizio che gli riesce benissimo. Io lavoro per dare concretezza politica a chi pensa che quello che io ho raccontato e ho scritto debba avere un riscontro nell’azione politica. Per questo mi voglio impegnare questa volta costruendo un soggetto mio così nessuno può sbattermi fuori.

Leggi anche: 1. Paragone a TPI: “I dirigenti M5S cadono a ogni mia provocazione, me li sto bevendo. Mi espellano, il Movimento è morto” / 2. Paragone a TPI: “Mi cacciano dal M5S? Vediamo, ma io non faccio nessuna scissione. Di Maio non deluda le aspettative” / 3. Il M5S è un fantasma che cammina sulle sue gambe

4. Grillo: “Assemblea M5S? Senso del tempo come nel film Il giorno della marmotta” / 5. Conte leader del M5S? È scontro tra il fondatore Beppe Grillo e “il ribelle” Alessandro Di Battista / 6. Il quotidiano spagnolo Abc: “Nel 2010 il Venezuela di Chavez finanziò il M5S con 3,5 milioni di dollari”. Caracas smentisce

L’articolo proviene da TPI.it qui

“Il problema degli Usa sono 400 anni di schiavitù, ma qui in Italia non siamo messi meglio”: parla Igiaba Scego

Igiaba Scego è una scrittrice di origini somale che vive a Roma. Da sempre si occupa di stranieri, di integrazione e di diritti. Il suo ultimo libro è “La linea del colore” edito da Bompiani che ha come protagonista una donna afroamericana dell’ottocento che scopre l’Italia. L’abbiamo intervistata per TPI.

Negli USA è in atto una vera e propria rivoluzione culturale. Lei si occupa da anni di questi temi, come vede la narrazione di ciò che accade?
Due tipi di narrazione. Quella dei media mainstream che non hanno capito niente di quello che sta succedendo: stanno osservando questi movimenti con delle lenti molto vecchie e anche sbagliate. Quando mi tolgo gli occhiali io che sono miope vedo tutto sfocato e molti media mi hanno dato questa stessa sensazione, tranne alcune eccezioni come la giornalista de Il Manifesto Marina Catucci, veramente puntuale, Arianna Farinelli, Martino Mazzonis. Questo mi ha meravigliato perché l’immaginario statunitense è molto popolare, si pensa “almeno li conosciamo” e invece no. Noto la stessa nebulosità che scorgo quando si parla di Africa. Poi per fortuna c’è quella che arriva da giornali e esperti in lingua originale. E devo dire che è quello che mi ha aiutato ad orientarmi. Per esempio non mi perdo mai i commenti della professoressa Ruth Ben Ghiat che da anni ci spiega i meccanismi dello stato americano.

Quale distorsione nota più delle altre?
Questo parlare di saccheggi piuttosto che parlare del cuore del movimento. Molti giornali non hanno raccontato ai lettori cosa c’era prima, quei 400 anni di oppressione. Mancano ponti tra qui e lì. Io sono scrittrice e la stessa cosa la vedo nell’editoria: l’editoria italiana ha pubblicato negli ultimi anni moltissimi afroamericani ma non c’è stato quel passaggio necessario da editoria ai giornali e media in genere che aprisse un sano dibattito su questi libri e permettesse una loro diffusione anche scolastica.

Quindi si è perso ciò che è avvenuto negli anni precedenti, non ci sono stati ambasciatori e ponti. Si arriva così a non capire perché questa lotta è così lunga, non si riflette sulla genesi della schiavitù, questo è un grosso gap scolastico che non ha permesso a molti italiani di capire fenomeni come schiavitù, segregazioni negli USA e perfino lotte per i diritti civili. Pochi hanno letto Toni Morrison, anche tra i professionisti dell’informazione. E quindi mi ha colpito questo indugiare su aspetti marginali senza andare al cuore del problema. Manca una preparazione all’America, io ho visto “molta ignoranza”. Molto non sapere. Quello che si conosce è solo superficiale.

Negli USA il dibattito si è aperto non solo sulla violenza che ha portato per ultimo alla morte di Floyd, ma anche sulla profilazione razziale delle Forze dell’Ordine. C’è un razzismo insito anche nella gestione italiana secondo lei?
Sulla polizia non saprei dirti. Posso dirti che loro, negli USA, hanno questa storia di schiavitù ma da loro anche chi è contro i neri sa cosa è successo mentre in Italia quello che c’è dietro di noi, come il colonialismo, non è molto conosciuto, c’è una rimozione totale e non ci fa capire che quegli stereotipi continuano a agire sui corpi del presente. A me ha sempre colpito come per esempio le leggi italiane sull’immigrazione si basino quasi sempre su un modello astratto, su questo cosidetto altro che non è un potenziale cittadino ma un potenziale suddito coloniale, il modello è quello del sudditto somalo, eritreo o libico dei tempi del colonialismo italiano. si continua cos’ a perpetuare l’idea dello straniero nella legislazione come suddito, una persona senza diritti.

Non è un caso che la Bossi-Fini e i Decreti Sicurezza più la mancata riforma sulla cittadinanza siano delle costanti nella politica italiana, perché vale lo ius sanguinis e non lo ius soli o lo ius culturae, un Paese trincerato nel suo sangue che poi se lo andiamo a “analizzare” storicamente questo famigerato sangue risulta essere è quello più meticcio del mondo. Questo mi sconvolge, questa storia passata mai discussa che si ripresenta in forma di legge e ci incasina il presente, il modello è ancora quello coloniale sarebbe interessantissimo che i giuristi ci lavorassero su questo, su come decolonizzare le leggi perché sono troppo pieni di passato.

Vede dei casi di razzismo endemici in Italia, anche da parte di quelli che non sono consapevolmente razzisti?
Il razzismo in Italia non è solo anti nero ma è anche anti meridionale. Ad esempio due ore fa stavo andando al supermercato, dove due persone stavano litigando e un signore ha detto a una signora “sporca calabrese”. Qui c’è una questione meridionale che è la mamma di tutti i razzismi italiani, quello che è stato fatto al Sud è lo stesso trattamento riservato alle colonie. Quando avevo 25 anni avevo fatto un colloquio di lavoro vestita come sono sempre vestita e la persona che avevo davanti mi ha detto “lei è musulmana, si vede” io gli ho detto “deve farmi colloquio di lavoro” e lui “ma voi volete pause di preghiera e ramadan”: sono uscita e ho pianto, è un razzismo altrettanto umiliante. Ho smesso perché ai tempi mi vedevano e mi dicevano sempre no. Lo vedi dallo sguardo e poi c’è stato tanto razzismo biologico, dalle elementari mi chiamavano sporca negra e mi hanno buttato un barattolo di coleotteri in testa “perché sono neri come te”. Oppure odiavo negli anni ’90, ero ancora adolescente, quando si fermavano le macchine mentre stavo alla fermata ad aspettare il bus e ti facevano vedere i soldi chiedendo sesso orale, perché nera significava prostituta.

Io ho imparato a schivarli anche. Ho imparato a reagire. Mia madre dice che il razzismo non lo combatti urlando, ma lo combatti con la riflessione e la conoscenza anche quando sei nel mezzo del disastro, lei mi ha sempre detto di uscirne con una frase arguta, è l’unico modo. Mia madre, James Baldwin e Malcom X sono stati i miei maestri nell’usare la riflessione, le parole, per questo scrivo. Volevo capire come mai mi succedevano una serie di cose e volevo capire qual era la radice, sempre storica. In tutto questo ho trovato molti alleati, penso alla mia professoressa di italiano alle superiori, ai professori universitari che mi hanno dato strumenti che mi hanno cambiato la prospettiva. Sandro Portelli mi ha insegnato molte cose della vita, con l’Italia che ha tutte l sue complicazioni. Ho applicato la strumentazione che loro hanno applicato alla loro lotta e alla loro riflessione teorica.

Come le sembra il dibattito politico italiano sul tema?
Qui non c’è dibattito. Qui il dibattito è finito con il tradimento sulla legge sulla cittadinanza. Poi si è riesumato un discorso sulle regolarizzazioni molto mercantile. Io ho questa sensazione di tante lotte fatte anche collettive: afrodiscendenti, albanesi, arabi, sudamericani, i loro figli nati qui italiani senza diritti e poi anche moltissimi italiani bianchi… Ecco tutti noi ci siamo ritrovati dal 2005 fino al governo Renzi a lottare in piazza, cambiavano le piazze, c’erano tanti bambini e tecnicamente con le scuole abbiamo lavorato moltissimo (penso a due scuole di Roma in particolare la Pisacane e la Di Donato i cui professori si sono spesi tantissimo per far avere diritti ai loro studenti) , però poi questa lotta è stata tradita da tutto l’arco costituzionale: la destra ha fatto ostruzionismo ma gli altri l’hanno reso possibile ed è una cicatrice che mi fa molto male.

Poi c’è stata la raccolta firme dei Radicali e quella era una buona iniziativa ma poi a causa degli eventi caduta nel vuoto e adesso il dibattito è stato sulle regolarizzazioni perché servivano braccia per l’ortofrutta e basta. Queste persone cadono in irregolarità per un meccanismo della Bossi-Fini, sono ricattabili in situazione di pandemia, dovremmo avere più persone regolari possibili ma così è stato un mercato degli schiavi. Io capisco gli sforzi di chi ha chiesto la regolarizzazione ma il risultato è stato misero. Servirebbe più coraggio: l’Italia non può pensare che sia un tema possibile da scacciare in eterno, il Paese è già cambiato, io alla manifestazione per George Floyd a Roma ero con i miei 46 anni vecchia in confronto a chi è sceso in piazza. Tu vedi che hai seconde e terze generazioni, più di 50 anni di popolazione transculturale che ha varie origini. Ma ancora tutto questo non si trasforma in quotidianità. E come se ci fossero enormi barriere. Così non vedi maestri, autisti dell’autobus, professori con altra origine: alcuni luoghi del lavoro non sono al passo con i tempi. Anche nell’editoria.

Lei è fiduciosa che la lezione che arriva dagli USA possa avere un impatto importante anche qui?
Secondo me quella americana è una grande rivoluzione culturale perché gli afrodiscendenti sono legati tra loro, è una rete, per noi sono un modello e quello che sta succedendo negli Usa è clamoroso, è una rivoluzione culturale, non è solo rabbia per Floyd ma è un momento che è stato preparato negli ultimi 20 anni. Da loro la cultura è sempre stata forte, nella musica nella letteratura, i premi Pulitzer quest’anno molti erano neri e penso al disco di Beyoncè di alcuni anni fa tutto sull’identità nera. Questo forse spingerà pure noi qui ad avere una riflessione più ampia e profonda, probabilmente ci spingerà a produrre più libri, più musica, più film, più lotte sociali e non solo afrodiscendenti, perché l’Italia ha una migrazione a mosaico, complessa, fatta di tante diversità che vanno dall’Est Europa al Sudamerica.

Già vedo dei talenti per esempio del giornalismo come Angelo Boccato e Adil Mauro che non parlano solo di immigrazione o della loro identità, ma usano il loro sguardo per riflettere sui nodi della società. Adil e Angelo mi fanno ben sperare per il futuro. Ma ecco tutto deve partire da una riflessione anche storica che attraversa il dolore che abbiamo provato, In Italia nel 1979 un uomo somalo, Ahmed Ali Giama, in piazza della Pace a Roma è stato bruciato viva e Giacomo Valent nel 1985 è stato ucciso con 63 coltellate, era il fratello della prima eurodeputata nera Dacia Valent, ho scritto per Feltrinelli su questo (“Politica della violenza”, Feltrinelli Editore). In Brasile c’è stata Marielle Franco e ognuno sta producendo cultura e rivendicazioni partendo dalle proprie ferite, dai propri martiri e chiaramente questo momento rimarrà a lungo e potrà provocare cambiamenti perché i cambiamenti sono sempre prima culturali e poi sociali.

Leggi anche: 1. Quanti contagi possono causare le proteste in Usa? Un virologo ha provato a calcolarlo / 2. Si sposano in mezzo alla protesta per George Floyd a Philadelphia: “È stato ancora più memorabile” /3.  George Floyd, Minneapolis smantella il dipartimento di polizia: “Vogliamo un nuovo modello di sicurezza” /4. Banksy e l’omaggio a George Floyd: “Il razzismo è un problema dei bianchi”

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Casapound invoca il rispetto della legge (per gli altri): ora finalmente hanno ordine e disciplina

Palazzo occupato, così Casapound ha ottenuto ciò che voleva: ordine e disciplina

Ordine e disciplina, finalmente. I prodi membri di Casapound, quelli che vorrebbero fare i fascisti fingendo di non essere fascisti e autoconvincendosi che il fascismo abbia fatto “anche cose buone” (come un orologio rotto che segna l’ora esatta due volte al giorno) alla fine hanno ottenuto due dei punti principali della loro scarna propaganda elettorale: ordine e disciplina. Per ordine e per disciplina dovranno smammare dal palazzo che hanno abusivamente occupato a Roma in via Napoleone III.

Del resto, pensateci bene, ve li vedete quelli che fanno gli eroi che con il pugno alzato mentre cacciano gli stranieri delle baracche che poi vanno a ristorarsi in una baracca ben più lussuosa, nel pieno centro della città di Roma, dando così un pessimo esempio? No, dai. Anzi, volendo ben vedere, se i coraggiosi di Casapound fossero stati più svegli di quello che sono avrebbero organizzato una bella manifestazione, magari in piena quarantena e con le mascherine abbassate, per “liberare Roma” dalla loro presenza abusiva. Sai che begli applausi.

Ordine e disciplina, certo, e nell’ordine c’è il rispetto della legge che loro invocano per gli altri ma poi si dimenticano tutte le volte di applicare a se stessi e così saranno sicuramente soddisfatti dell’indagine condotta dalla Digos della Questura di Roma, la Procura della Repubblica capitolina che contesta i reati di associazione a delinquere finalizzata all’istigazione all’odio razziale e occupazione abusiva di immobile nei confronti, tra gli altri, dei vertici del loro movimento Gianluca Iannone, Andrea Antonini e Simone Di Stefano. Oltre ad altre tredici persone.

Ordine e disciplina, dicono, e siamo sicuri che sapranno spiegarci per bene come possano ritrovarsi in “emergenza abitativa” la metà degli occupanti abusivi del loro palazzo che sono dipendenti pubblici, regolarmente e comodamente pagati, che stanno abusando della pazienza degli italiani. E il grande capo Gianluca Iannone siamo sicuri che ci potrà spiegare come possano essere in “emergenza abitativa” i dipendenti che lavorano nel noto ristorante di sua moglie.

Parlano di onore, quelli di Casapound, e siamo sicuri che non avranno il disonore di venirci a dire “ah beh, allora gli altri?” come dei bambini all’asilo per cercare di giustificarsi. Ordine e disciplina, mica benaltrismo. Sono i duri e puri, no? Mostratecelo.

Leggi anche: 1. Altro che famiglie indigenti. Ecco chi abita nel palazzo occupato di CasaPound a Roma / 2. Casapound, sequestrata la sede in via Napoleone III a Roma

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F-35: dovevano essere super-caccia e invece sono solo polli

Vi ricordate i famosi F-35? Bene, il programma “è oggi in ritardo di almeno 5 anni” per le “molteplici problematiche tecniche” che hanno fatto anche si che i costi del super-caccia siano “praticamente raddoppiati“; anche le prospettive occupazionali per l’Italia “non si sono ancora concretizzate nella misura sperata”. Tuttavia, “l’esposizione fin qui realizzata in termini di risorse finanziarie, strumentali ed umane è fondamentalmente legata alla continuazione del progetto” ed uscirne ora produrrebbe importanti perdite economiche. Lo scrive la Corte dei conti ed è un ottimo manifesto dell’incapacità di governo.

Avrebbero dovuto portare 10.000 posti di lavoro e invece non arriveranno nemmeno a 4.000 (se tutto va bene, in un progetto in cui tra l’altro tutto sta andando male); avrebbero dovuto essere un alto esercizio di ingegneria e invece continuano ad avere dei seri problemi di sviluppo; ci avevano promesso di dedicarsi alla pace e invece continuano a sperperare in pessimi progetti di guerra.

Ma è curioso soprattutto che proprio sugli F-35 l’ex Presidente della repubblica Giorgio Napolitano abbia speso immani energie come se i caccia bombardieri fossero l’emergenza sociale più importante.

E viene da chiedersi come potremmo fare la pace. Per fortuna almeno non siamo nemmeno capaci di armarci per la guerra.

Bravi. Avanti così.

Buon martedì.

(continua su Left)

F35 e le promesse implose

Alla fine siamo arrivati alla settimana “benedetta” della discussione alla Camera sull’acquisto dei cacciabombardieri F35. La campagna “Taglia le ali alle armi!” ha posto all’attenzione pubblica un tema che avrebbe rischiato di rimanere nascosto tra le pieghe (sempre abbastanza profonde) del bilancio militare. Sono mesi che ne parliamo e ne scriviamo, anche qui, tanto da avere avuto bisogno anche di riordinare le idee su tutti i passaggi della discussione (qui) e le improbabili parole del Ministro Mario Mauro che definisce i caccia “strumenti di pace”.

In campagna elettorale Bersani ha ‘ceduto’ alle richieste del fronte del NO dichiarando che il PD avrebbe distratto quei soldi su altre priorità, e poi sappiamo tutti com’è andata a finire. Certo che la questione degli F35 è uno di quei soliti nodi in cui i democratici (e non solo) si incagliano smentendosi rispetto alla campagna elettorale senza nemmeno la fatica di trovare delle giustificazioni. Allo stato attuale esiste una mozione che chiede di cancellare l’acquisto (firmata da M5S, SEL e una porzione piccola di PD) e esiste un fronte militarista (i soliti noti).

Siamo in molti a ostirnarci a credere che questo Governo possa comunque siglare segnali importanti di cambiamento almeno in piccoli passi e passaggi parlamentari in cui una maggioranza parlamentare è possibile. Ecco: un inciampo benefico sugli F35 sarebbe una buona notizia. Un inciampo come strumento di pace.

 

Un piano regionale per i diritti degli animali. #davvero

Sarebbe bello immaginare i diritti custoditi ed estesi anche a chi non vota. Sarebbe bello immaginare la Lombardia all’avanguardia con un Piano Regionale dei Diritti degli Animali. Partendo da questo (bello, intelligente e praticabile) proposto dalla LAV:


39747_header_logoPROGRAMMA LAV 

Elezioni regionali 2013

REGIONE LOMBARDIA

 

PIANO REGIONALE DIRITTI ANIMALI 2013 – 2018

I candidati alla Presidenza della Regione Lombardia e al Consiglio Regionale possono comunicare il proprio personale impegno nel sostegno al Programma LAV, inviando mail a:

lav.lombardia@lav.it (specificando Partito/Lista e la Circoscrizione Elettorale).
Per richieste di incontro o informazioni contattare:
Simone Pavesi, Coordinatore LAV Lombardia – lav.lombardia@lav.it – 320 4788075 

 

  • PREMESSA

…………………………………………………………………………………………………………………………………………………  

 

  • PIANO REGIONALE DIRITTI ANIMALI 2010-2015

 

  1. ANIMALI D’AFFEZIONE E PREVENZIONE DEL RANDAGISMO 

………………………………………………………………………………………………………………………………………………. 

  • Contrastare le più frequenti violazioni alla Legge Regionale 33/2009 Titolo VIII Capo II, come: esposizioni animali in vetrina, presso esercizi commerciali; animali in premio/regalo per eventi pubblici; carenza di controlli post-affido da parte delle ASL;
  • incrementare con risorse regionali i fondi per implementazione della L.r. 33/09;
  • vietare vendita ambulante animali e le fiere espositive;
  • limitare l’acquisto di cani e gatti presso i soli allevamenti e regolamentare l’apertura di nuovi allevamenti;
  • riconoscere e promuovere la presenza di strutture di ricovero per gatti (gattili) e istituire l’anagrafe felina;
  • istituire il 118 veterinario;
  • regolamentare la gestione e le modalità di detenzione di tutti gli animali d’affezione presso gli esercizi commerciali, i mezzi di trasporto pubblici, gli uffici pubblici, le istituzioni di cura, custodia, educazione.

 

  1. CACCIA E FAUNA SELVATICA

………………………………………………………………………………………………………………………………………………. 

  • rispetto normativa comunitaria e nazionale (no deroghe);
  • restrizioni al calendario venatorio (no abilitazione per under 21 e over 65, annuale verifica sanitaria abilitativa);
  • no importazioni e immissioni fauna “pronta-caccia”;
  • bocconi avvelenati: immediato stop caccia o attività correlate in aree contaminate;
  • alloctoni: divieto commercio specie alloctone e piano regionale straordinario di contenimento delle specie alloctone (scoiattolo grigio, nutrie, minilepri, ecc…) tramite sterilizzazione e non abbattimento.

 

  1. CIRCHI E SPETTACOLI

…………………………………………………………………………………………………………………………………………………..

  • no ai circhi con animali.

 

  1. VIVISEZIONE

………………………………………………………………………………………………………………………………………………. 

  • indirizzare fondi regionali verso l’incremento di metodi sostitutivi.

 

  1. GESTIONE DELLE POLITICHE REGIONALI PER GLI ANIMALI
  • Prdisposizione di una Area Tutela Animali regionale.

 

PREMESSA

In questi ultimi anni è sempre più radicata nella società una coscienza di rispetto degli animali, in quanto esseri senzienti.

La recente vicenda di Green Hill e degli oltre 2mila cani beagle destinati alla vivisezione e per i quali milioni di cittadini si sono diversamente mobilitati (tra richieste di affido, assistenza, supporto anche economico, manifestazioni nazionali), è l’emblema di come la maggioranza dell’opinione pubblica rivendichi una più forte attenzione da parte delle istituzioni alle politiche di protezione degli animali. 

In vista delle prossime elezioni regionali, la LAV ha elaborato un programma di impegni che sottopone ai candidati alla Presidenza della Regione Lombardia e anche ai candidati per il Consiglio Regionale.

Sulla base delle risposte e delle eventuali decisioni di ogni singolo esponente politico assunte nel corso della Legislatura uscente (modalità di voto, proposte di legge, emendamenti, mozioni, ecc…), l’associazione elaborerà una lista di preferenze positive e negative che pubblicizzerà ai propri soci e simpatizzanti ed all’opinione pubblica, in modo assolutamente trasversale.

La LAV infatti, oltre ad essere un’associazione animalista che collabora con le istituzioni  ad ogni livello (dal piccolo Comune alla Comunità Europea) al fine di promuovere nuovi provvedimenti a tutela dei diritti animali è anche associazione apartitica che sostiene singoli politici impegnati concretamente ad attuare le nostre istanze, a prescindere dal partito o coalizione di appartenenza.

PIANO REGIONALE DIRITTI ANIMALI 2013-2018

  1. ANIMALI D’AFFEZIONE E PREVENZIONE DEL RANDAGISMO 

Nonostante la legge regionale attuativa della legge quadro 281/1991 sia stata approvata nel 2006 (poi trasposta nel T.U. delle leggi regionali in materia di sanità l.r. 33/2009, Titolo VIII Capo II), resta ancora troppo disapplicata per via della scarsa conoscenza delle disposizioni ivi contenute (compreso il relativo Regolamento Regionale 2/2008) da parte in primis delle stesse istituzioni (Comuni, ASL, Polizie Locali), ma anche dei cittadini. 

Le richieste della LAV:

  • Contrastare le più frequenti violazioni alla Legge Regionale 33/2009 Titolo VIII Capo II, come: esposizioni animali in vetrina, presso esercizi commerciali; animali in premio/regalo per eventi pubblici; carenza di controlli post-affido da parte delle ASL.
  • incrementare con risorse regionali i fondi per implementazione della L.r. 33/09;
  • vietare vendita ambulante animali e le fiere espositive;
  • limitare l’acquisto di cani e gatti presso i soli allevamenti e regolamentare l’apertura di nuovi allevamenti;
  • riconoscere e promuovere la presenza di strutture di ricovero per gatti (gattili) e istituire l’anagrafe felina;
  • istituire il 118 veterinario;
  • regolamentare la gestione e le modalità di detenzione di tutti gli animali d’affezione presso gli esercizi commerciali, i mezzi di trasporto pubblici, gli uffici pubblici, le istituzioni di cura, custodia, educazione.
  1. CACCIA E FAUNA SELVATICA

L’amministrazione regionale uscente si è ancora una volta contraddistinta per il particolare impegno a promuovere leggi poi giudicate illegittime dalla Corte Costituzionale nonché dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea e della Commissione Europea.

Le richieste della LAV:

  • rispetto incondizionato della normativa comunitaria e nazionale (no deroghe);
  • restrizioni al calendario venatorio (no abilitazione per under 21 e over 65, annuale verifica sanitaria abilitativa);
  • no importazioni e immissioni fauna “pronta-caccia”;
  • bocconi avvelenati: immediato stop caccia o attività correlate in aree contaminate;
  • alloctoni: divieto commercio specie alloctone e piano regionale straordinario di contenimento delle specie alloctone (scoiattolo grigio, nutrie, minilepri, ecc…) tramite sterilizzazione e non abbattimento.
  1. CIRCHI E SPETTACOLI

Sono oltre un migliaio i grandi animali impiegati per gli spettacoli più classici del circo: si tratta prevalentemente di tigri, elefanti, cavalli e dromedari. A questi vanno aggiunti centinaia di rettili, ma anche cani, grossi bovini e addirittura pinguini. Un circo di medie dimensioni può arrivare ad occupare un’area compresa tra i 3000 e i 5000mq (roulotte, tendoni e camion compresi).

Per evidenziare l’insostenibilità di simili “attrazioni”, è utile ricordare che nelle strutture circensi italiane sono almeno 150 le tigri imprigionate: un numero di animali più che sufficiente per ripopolare una intera area dove questa specie rischia l’estinzione. 

Solo nel 2000 il Ministero dell’Ambiente ha emanato, tramite la Commissione Scientifica CITES e ai sensi della legge 150/92 sul commercio internazionale di specie di fauna e flora in via di estinzione, le Linee Guida per il corretto mantenimento di molti degli animali che continuano ad essere prigionieri del circo (Linee Guida integrate in data 19 aprile 2006 con prot. DPN/10/2006/11106). Tuttavia, grandi felini, elefanti, scimmie orsi ecc. continuano ad essere detenuti in condizioni che violano palesemente tali disposizioni, e sempre più frequenti sono le pronunce della magistratura in materia.

Inoltre, sempre più consolidata è l’attenzione rivolta nei confronti di tali strutture che spesso sono protagoniste di processi penali dati dalla violazione di normative generali in tema di benessere animale, a dimostrazione delle condizioni in cui versano tali animali (“impacchettati”, detenuti in gabbia, trasportati per chilometri e chilometri, con ogni condizione atmosferica) anche quando i criteri CITES siano rispettati.

Le richieste della LAV:

  • no ai circhi con animali (regolamentare sul territorio regionale l’uso degli animali in spettacoli circensi e similari, ai fini di una maggiore tutela degli animali, del personale addetto e del pubblico nonché in favore del sostegno e rilancio del circo contemporaneo e degli artisti di strada che non usano animali).

 

  1. VIVISEZIONE

 

Nel triennio 2007-2009 (dati pubblicati sulla G.U. n.53 del 03.03.2010 ai sensi del decreto legislativo 116/92) 2.603.671 è il numero di animali uccisi a fini sperimentali, numeri ancora troppo alti visto il quadro scientifico e legislativo europeo che prevede la promozione dei metodi alternativi alla sperimentazione animale e la chiara posizione contraria dell’opinione pubblica alla vivisezione.

Le specie più rappresentate continuano ad essere topi (1648314) e ratti (682925), seguono uccelli (97248), altri roditori e conigli (73362), pesci (59881): animali largamente impiegati a causa del loro basso costo e perché facilmente maneggiabili, piuttosto che per ragioni strettamente scientifiche. 

Inoltre, è in aumento il ricorso alle scimmie (sia ceboidea che cercopothecoidea), specie regolamentate dal Decreto in modo fortemente restrittivo che dovrebbe rappresentare una deroga eccezionale e sicuramente non incoraggiarne l’aumento. I primati non umani, come i cani, sono utilizzati per esperimenti fortemente invasivi che comportano alti e prolungati livelli di dolore come studi di tossicità e indagini legate a problematiche nervose e mentali umani e cancro.

Il dato numerico, già di per sé allarmante, è fortemente sottostimato visto che non rientrano nelle statistiche invertebrati, embrioni, feti e animali utilizzati già soppressi.

Le sperimentazioni senza ricorso ad anestesia sono le più dolorose per gli animali, eppure nel 2008-2009 sono state effettuate ben 350 procedure senza il ricorso ad alcuna forma di lenizione: esperimenti che hanno inflitto agli animali intensi e prolungati livelli di dolore.

Dal Rapporto LAV elaborato su dati diffusi dal Ministero della Salute, risulta inoltre che dei oltre 600 stabilimenti utilizzatori (dove si pratica vivisezione) presenti in Italia, 133 sono nella sola Lombardia, mentre per quanto riguarda gli allevamenti di animali per la vivisezione, tra gli 8 dei più importanti, 4 sono in Lombardia. 

Presso il Consiglio Regionale della Lombardia, nelle ultime tre legislature, sono state depositate numerose proposte legislative da diversi schieramenti politici ma nessuna legge è poi mai stata approvata.

Le richieste della LAV:

  • indirizzare fondi regionali verso l’incremento di metodi sostitutivi;
  • aumentare la diffusione dei metodi alternativi grazie a corsi di formazione presso Università e centri di ricerca;
  • diffondere la legge sull’obiezione di coscienza n.413 del ’93.

 

  1. GESTIONE DELLE POLITICHE REGIONALI PER GLI ANIMALI

Con la finalità di assicurare la migliore implementazione delle norme esistenti e di migliorare dunque la convivenza con gli animali, è indispensabile definire una figura delegata alla gestione dell’Area Tutela Animali, ovvero di pochi uffici specializzati, idonei ad assorbire tutte le competenze in materia di animali e coordinare il lavoro dei corrispettivi uffici comunali e delle ASL veterinarie. 

Le richieste della LAV:

  • Predisposizione di una Area Tutela Animali regionale.