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Da traditori a traditi: Renzi e Calenda hanno lasciato il Pd, ma continuano a essere ossessionati dai dem

La giornata successiva alle elezioni amministrative è una babele di vincitori che si esercitano in acrobatici ragionamenti per convincerci che hanno vinto. Accade sempre così, vincono tutti, vincono quelli che hanno vinto sul serio e vincono perfino quelli che fino a qualche ora fa ci avevano promesso che avrebbero “asfaltato tutti” e ora se ne stanno con le loro risibili percentuali a battersi le pacche sulle spalle.

Quelli che vincono sempre e che è sempre merito loro sono ovviamente gli adepti di Italia Viva (che è una cosa ben diversa dai stimabilissimi elettori del partito) che riescono addirittura a gonfiare il petto dopo un’elezione in cui il presidente del partito Ettore Rosato rivendica l’elezione del sindaco di Terzorio, unico candidato ovviamente eletto con il 100% dei voti che sono 124 in tutto.

In realtà Rosato si è dimenticato di dire che con il 70% dei voti è stato eletto anche il loro sindaco di Garda Davide Bendinelli ma avrebbe dovuto anche raccontarci che il loro sindaco è uno dei tanti prodotti di “Forza Italia Viva”, ex berlusconiani fulminati sulla strada di Renzi e dalle loro parti, si sa, insistono per sembrare di centrosinistra.

Stessa cosa accade per Calenda che incassa un ottimo risultato a Roma ma come al solito non riesce a trattenere il suo machismo politico: confronta i risultati della sua unica lista che lo sosteneva come candidato sindaco con quello del PD che era solo una delle tante liste a sostegno di Gualtieri (che è un po’ come fare la somma dei litri con i chili), confessa di avere preso voti da destra e da sinistra ma vorrebbe essere il federatore del centrosinistra (con la solita presunzione di essere lo spin doctor di tutto l’arco parlamentare) e poi finge di avere fatto una campagna elettorale “senza appoggi e senza media” (fa già ridere così). 

Il punto sostanziale però rimane sempre l’ossessione di Renzi e di Calenda per il PD. I calendiani e i renziani più agguerriti addirittura si spingono ad accusare il Partito Democratico di non avere appoggiato Calenda: “se avessero sostenuto lui sarebbe già sindaco” scrivono con il solito vizio di sommare le percentuali com se fosse un travaso di liquidi (come se gli elettori di entrambi non ragionassero ma barrassero semplicemente un nome).

A nessuno viene il dubbio che Calenda (come Renzi) sia lo stesso che ha deciso di lasciare il PD (dopo essere stato comodamente “creato” politicamente dal PD) sbattendo la porta e urlacciando le peggio cose, scappando come se fossero degli appestati e poi costruendo tutta sua campagna elettorale a demonizzare i suoi ex compagni di partito (mentre nel frattempo normalizzava i singulti fascisti che arrivavano da destra).

Qui siamo al capolavoro della presunzione: lasciano il proprio partito e pretendono di essere amati ancora, accusando i democratici di essere troppo scarsi per poter essere amati a lungo e incolpandoli della fine della relazione. Il ragionamento è piuttosto contorto ma viene riproposto in ogni dove: Renzi e Calenda ripetono ossessivamente che il PD fa schifo e indicano come unica possibilità di salvezza del PD il cominciare a fare esattamente quello che vorrebbero loro. Non è un po’ infantile come ragionamento politico, sinceramente?

Il fatto è che in politica le situazioni assumono contorni diversi in base a come vengono raccontate: Calenda, per dire, ha vinto di pochissimo su Virginia Raggi (che avrebbe dovuto essere la sindaca più catastrofica della storia di Roma, proprio secondo la narrazione di Renzi e Calenda) e ha preso qualche voto in più del precedente “candidato civico” Alfio Marchini (ve lo ricordate? Ecco, ricordatevelo, per avere un po’ il senso delle proporzioni). 

Che in Italia ci sia uno spazio per i liberali e che i liberali in Italia possano trovare un degno leader in Calenda (per molti aspetti molto più presentabile di Renzi che infatti ha capito benissimo l’aria che tira dopo queste amministrative) è sicuramente un buona notizia. Ma che Calenda e compagnia cantante vogliano convincere che il liberismo sia l’unica via della sinistra è qualcosa che lascia più che perplessi.

E forse sarebbe il caso di smetterla di menar calci e essere seri, sul serio (come diceva la campagna di Calenda) e dire chiaramente cosa si intende fare nel secondo turno senza dilungarsi in bizze da traditori che vorrebbero rivendersi come traditi. Altrimenti c’è sempre una via d’uscita: che gli scontenti cronici si trasferiranno a Terzorio.

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Da Calenda ai renziani: quelli che non vivono senza parlare male del Pd

Sono quelli che da settimane si ostinano a vedere “vedove di Conte” dappertutto. Chiamano così chiunque si permetta di osservare e criticare un’azione qualsiasi del governo Draghi oppure del generale Figliuolo (di cui hanno i poster in cameretta di fianco al calciatore o al cantante preferito) e se qualcuno gli fa notare che utilizzare la vedovanza per irridere gli altri sia piuttosto antipatico e fuori luogo ti rispondono che è un “modo di dire”.

Del resto sono gli stessi del “ciaone”, del “stai sereno”, dei poveri che se lo meritano e dei disoccupati che sono fannulloni. A leggerli ti verrebbe da pensare che siano dei Salvini più edulcorati e invece, mistero della fede, si collocano nel centrosinistra.

Meglio: immaginano un centrosinistra in cui esistano solo loro e che faccia delle gran grigliate con il centrodestra, tutti a braccetto, perché sono gli stessi che stanno portando avanti da tempo il processo di riabilitazione di fascisti omeopatici rivenduti come futuri statisti.

Tutto il giorno scrivono di politica, sui loro social in cui fanno gruppo sostenendosi vorticosamente, scudieri di una bestiolina clone della stessa di Salvini con la sola differenza di indovinare quasi sempre i congiuntivi. 

Il loro tema costante è uno sempre quello, sempre lo stesso: il PD. Odiano il PD, sono tutti stati inventati dal PD, molti di loro sono stati eletti con il PD eppure il PD è il loro argomento costante.

Ne vorrebbero la distruzione, lo smaciullamento però fingono di pungolarlo “per il suo bene”. Perché un elettore di un partito debba così intensamente interessarsi di un altro potrebbe apparire incomprensibile. Poi ti metti a vedere le loro percentuali di voto e capisci il riflesso del loro nemico è l’unico modo di avere un po’ di luce.

C’è chi si candida sindaco di Roma, come Calenda, e non lascia passare un solo giorno senza discutere animosamente del PD, colpevole di non averlo incoronato candidato unico (re e papa) del centrosinistra.

C’è chi come i renziani se la prende con il PD che permette a Conte di appoggiare un suo candidato alle primarie, lì dove Renzi ha messo una sua candidata direttamente con il bollino. Poi ogni tanto succede che qualcuno gli dica “ok, se non vi sta bene ve ne potete andare” e loro si mettono in un angolo con il broncio. Ma rimangono, non vanno, senza capire perché quel partito che prendono tutti i giorni a calci ce l’abbia così tanto con loro. E della loro ossessione ne vorrebbero fare un programma politico.

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