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La Terra dei Fuochi e gli inutili proclami

terra-fuochiSarà che sono uno sporco comunista ma quando ho letto del “decreto per la Terra dei Fuochi” sui roghi in Campania ho subito pensato alla brutta aria che tira quando il decisionismo di Governo diventa più che altro una legittimazione di uno stato d’emergenza continuo e una militarizzazione del territorio. Ho anche pensato che dovrei essere più propositivo e ottimista. Oggi, leggendo le riflessioni degli amici di A Sud leggo che anche i comitati sono abbastanza preoccupati:

Coordinamento comitati fuochi: “C’è un problema di democrazia in quanto questo decreto non è stato prodotto, come richiesto, con strumenti di partecipazione popolare. Non ne conosciamo quindi i contenuti. Abbiamo chiarito che se prevede l’uso dell’esercito non siamo d’accordo. Sull’inasprimento delle pene per i reati ambientali ci auguriamo che vada a punire i mandanti e non solo gli esecutori materiali. Lo studieremo e lo vaglieremo nel merito con i nostri tecnici”.

Rete Commons: “Riteniamo questo decreto privo della legittimità popolare che il 16 novembre in piazza ha espresso la chiara necessità di un processo democratico per intervenire sulla questione senza decreti e senza leggi speciali. Siamo contro un provvedimento che prevede l’invio dell’esercito, la militarizzazione del territorio – già vista negli anni dell’emergenza rifiuti con pessimi risultati – , siamo contro un decreto che non entra nel merito del ritiro del bando dell’inceneritore di Giugliano, siamo contro un decreto che non prevede il controllo dei comitati sulle bonifiche, siamo contro un decreto che non tutela l’agricoltura di qualità e lascia i contadini dei terreni inquinati al ricatto delle ecomafie senza sostenerli”. Venerdì prossimo 6 dicembre si terrà in Campania una ulteriore mobilitazione delle rete “Stop Biocidio”,contro l’ipotesi di impiego dell’esercito in Campania, per rafforzare la vertenza e rilanciare la piattaforma programmatica uscita dalla manifestazione del 16.

Del resto le parole della piattaforma del 16 Novembre, #fiumeinpiena, www.fiumeinpiena.it, sono abbastanza chiare:

“[…] – No a leggi speciali. No alla militarizzazione del territorio

Le leggi speciali sono state l’arma impropria del sistema politico-affaristico-criminale. Le leggi speciali e i commissariamenti hanno consentito l’aggiramento, con protezione militare, delle leggi ordinarie. Carenti che fossero, erano comunque leggi, perciò erano d’intralcio al sistema criminale. Arbitrii inconcepibili contro le leggi ordinarie sono staticommessi in nome delle leggi speciali. Per questo rifiutiamo la proroga del commissariamento, inserita nel Decreto del Fare, a tempo indeterminato della Campania e delle situazioni in emergenza. Discariche, finte bonifiche, impianti di depurazione, nel loro insieme costituiscono uno dei più gravi crimini di Stato, di cui lo Stato sarà chiamato a dar conto.

Sta montando un nuovo clima emergenziale, con toni allarmistici, questi sì, da parte di chi fino a ieri non sapeva e non vedeva. In nome di una nuova emergenza, con leggi speciali, le bonifiche finirebbero nelle stesse mani che hanno prodotto il disastro, questa volta con la casacca dei bonificatori.

Non vogliamo altre gestioni emergenziali come quelle messe in campo per far fronte all’ultima “crisi rifiuti napoletana” e al terremoto dell’80. Siamo contrari fortemente alle ipotesi di ulteriori commissariamenti ad acta, che già in questi 20 anni si sono dimostrati tra i veri responsabili del disastro ambientale in Campania. Vogliamo una legge nazionale onesta e concreta, con un fondo nazionale che finanzi il risanamento strutturale del territorio.

NON DEVONO ESISTERE ZONE INVALICABILI PER I CITTADINI. Abbiamo sperimentato in questi anni la militarizzazione dei nostri territori. Si è impedito ai diretti danneggiati, i cittadini, di monitorare, consentendo alle imprese criminali di fare quello che volevano, senza rendicontare a nessuno; sono, invece, state represse le legittime proteste. In sintesi, controllo militare = NESSUN CONTROLLO”.

Andare oltre ai proclami, almeno.

Rifiuti tossici e Carmine Schiavone: conoscere per deliberare

Poiché la libera circolazione delle informazioni è la base per una buona e sana attività di informazione antimafia (ascoltavo, non ricordo più dove, qualcuno dei bravissimi ragazzi milanesi della Summer School sulla criminalità organizzata invitare ad applicare il modello del pool antimafia di Palermo all’informazione) e siccome su Carmine Schiavone e sugli svernamenti di rifiuti in Campania sembra essersi risvegliata (tardiva, come al solito) un’ottima curiosità ho pensato di appoggiare qui per intero il documento delle dichiarazioni desecretate da poco.

Dignità e cultura per il teatro campano

Una petizione sacrosanta per Napoli, la Campania, e la cultura.

Una Comunità veramente democratica deve affermare rapporti sani e trasparenti fra pubbliche amministrazioni e cittadini, e quindi tra istituzioni e mondo della cultura e dello spettacolo, nel rispetto delle leggi nazionali e dei trattati internazionali, adeguando costantemente la normativa verso il miglioramento della qualità della vita di tutti i cittadini.
Il sistema Italia consolida invece, in particolare nel Meridione, un divario abissale fra principi e pratiche, legalità e quotidianità, diritti e accesso agli stessi, norme e comportamenti, attività legislative e diritto costituzionale, nello specifico, manifestando un legame di sudditanza della Cultura verso Potere.

La Fondazione Campania dei Festival è un esempio eclatante di quest’anomalia europea: calata dall’alto dalle amministrazioni regionali degli ultimi dieci anni, ha reso le altre amministrazioni locali e gli organismi di controllo complici passivi di un sistema di progettazione culturale autoreferenziale e non partecipato. Dalla sua costituzione ad oggi la Fondazione si è aggiudicata, in regime di sospensione della concorrenza, notevoli fondi ministeriali, 41Mln euro di fondi europei, l’uso gratuito di strutture pubbliche e la supremazia nel settore delle arti sceniche in Campania, accumulando, al tempo stesso, debiti o insolvenze che minano la credibilità sua e di Napoli.
E infine, con il nuovo Statuto (approvato in giunta regionale il 30 dicembre 2011), la Fondazione diventa uno “strumento operativo regionale sottoposto alla dipendenza economica e funzionale della Regione Campania”.
È una veste più consona agli affidi diretti della Regione, ma le finalità e le attività si confermano di natura estranea ad una pubblica amministrazione e duttili agli interessi di singoli fiduciari. Il nuovo Statuto nasce da osservazioni inerenti il progetto “La Campania dei Festival verso il Forum Universale delle Culture” (Dgr 645/11) e tenta di legittimarlo.
Ma è qui che la Regione Campania, tramite la Fondazione, viola palesemente le regole normative.