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capitalismo

Talentismo al posto di capitalismo

Sul forum Economia Finanza e Lavoro di SEL Silvana ci gira un articolo di Klaus Schwab, fondatore e presidente del World Economic Forum (WEF), il meeting che unisce i maggiori esponenti economici e politici. C’è poco da fare. È tutto il sistema ad essere sbagliato. Ma ancora non riusciamo ad imparare la lezione. A capire il messaggio che anche l’ultima crisi finanziaria ci ha lanciato. Il modello attuale non è più adatto a governare le dinamiche che ci circondano e il cambiamento in corso. Serve un processo, urgente, di trasformazione.
Il capitalismo dovrà lasciare spazio a un modello più orientato verso la responsabilità sociale. È l’unica strada per evitare calo della crescita economica, instabilità socio-economica, protezionismo e nazionalismo. “Dobbiamo riconoscere che risolvere i problemi, attraverso modelli datati e che ormai non reggono più, non farà altro che trascinarci sempre più verso il fondo”. Necessarie delle riforme, per raggiungere il passo con le trasformazioni in corso nella società. “Il capitalismo nella sua forma attuale non trova spazio nel mondo d’oggi”. “Il capitalismo deve essere sostituito dal “Talentismo””. “Non siamo riusciti ad imparare la lezione della crisi finanziaria del 2009. C’è bisogno di una trasformazione globale, urgente, che deve iniziare restaurando una qualche forma di responsabilità sociale”
. Ecco, il talentismo dovrebbe essere la nuova lobby vincente in Lombardia.

Il centrosinistra inadeguato che ama Monti

Prendi Monti e taci di Alessandro Gilioli

Onestamente, non credo che i vertici del centrosinistra abbiano poi tutti questi titoli per storcere il naso di fronte alla manovrona di Monti.

Voglio dire, ce l’avrebbero (eccome) se almeno a partire dallo scorso agosto – quando la pentola è esplosa – ci avessero proposto limpidamente una ricetta economica fortemente alternativa non solo ai pasticci ubriachi con cui B. e la sua banda Bassotti hanno incasinato tutto fino a soccomberne, ma anche agli ukaze ultrà del neocapitalismo mondiale.

Se ci avessero detto ad esempio con quali strumenti provare ad azzannare alle caviglie gli speculatori, a ingabbiare gli evasori e a far piangere i grandi privilegiati – ma magari anche quale modello complessivo di società proporre ai cittadini dopo il fallimento a livello globale del greedy capitalism e a livello locale di quel mix di promesse per tutti e cricca per pochi in cui si è risolto il berlusconismo

Invece, niente: un po’ per paura di scontentare qualcuno, un po’ per timore di polemiche interne, ma soprattutto perché dal tempo delle ideologie assolute si è rapidamente passati alla pura gestione del presente, senza incrociare il rischio di migliorare un po’ il mondo.

Quindi, beccarsi Monti e tacere.

Almeno finché non si riesce a esprimere una proposta chiara di futuro (e pure di programma, di coalizione, di leader).

Insomma, almeno finchė non si diventa capaci di fare il proprio mestiere.

Non siamo sognatori

Il filosofo sloveno Slavoj Žižek è andato a New York per parlare ai manifestanti di “Occupy Wall Street”. Il suo intervento:

“Non siate narcisisti e non innamoratevi dei bei momenti che stiamo passando qui. Le feste costano poco, la vera prova del loro valore sta in quello che resta il giorno dopo. Innamoratevi del lavoro duro e paziente: siamo l’inizio, non la fine. Il nostro messaggio di fondo è: il tabù è stato violato, non viviamo nel migliore dei mondi possibili, siamo autorizzati e addirittura costretti a pensare a possibili alternative. La strada davanti a noi è lunga, e presto dovremo affrontare le questioni più difficili: non ciò che non vogliamo, ma quello che vogliamo davvero. Quale organizzazione sociale può sostituire il capitalismo? Come dovranno essere i nuovi leader? Le alternative del ventesimo secolo non hanno funzionato.

Non prendetevela con i comportamenti delle persone: il problema non sono la corruzione e l’avidità, il problema è il sistema che spinge le persone a essere corrotte. La soluzione è cambiare un sistema in cui la vita delle persone comuni non può funzionare senza Wall street. Attenti non solo ai nemici, ma anche ai falsi amici che fingono di sostenerci ma sono già al lavoro per indebolire la nostra protesta. Un po’ come il caffè senza caffeina, la birra senza alcol, il gelato senza grassi: cercheranno di trasformarci in una innocua protesta morale. Ma la ragione per cui siamo qui è che non ne possiamo più di un mondo in cui per sentirci buoni basta riciclare le lattine di Coca-Cola, dare un paio di dollari in beneficenza o comprare un cappuccino da Starbucks destinando l’1 per cento al terzo mondo. Dopo aver esternalizzato il lavoro e la tortura, dopo che le agenzie matrimoniali hanno cominciato a esternalizzare perfino i nostri incontri sentimentali, ci rendiamo conto che per troppo tempo abbiamo permesso di esternalizzare anche il nostro impegno politico.
E vogliamo riprendercelo.

Ci diranno che siamo antiamericani. Ma quando i fondamentalisti conservatori vi dicono che l’America è un paese cristiano, ricordatevi cos’è il cristianesimo: lo spirito santo, la libera comunità egualitaria di credenti uniti dall’amore. Noi siamo lo spirito santo, mentre quelli di Wall street sono pagani che adorano falsi idoli. Ci diranno che siamo violenti, che il nostro linguaggio è violento. Sì, siamo violenti, ma nel senso in cui era violento il Mahatma Gandhi. Siamo violenti perché vogliamo cambiare le cose, ma cos’è questa violenza puramente simbolica rispetto alla violenza che fa funzionare il sistema capitalistico globale? Ci hanno chiamato perdenti, ma i veri perdenti sono quelli di Wall street, che sono stati salvati con miliardi di dollari presi dalle vostre tasche. Ci chiamano socialisti, ma negli Stati Uniti esiste già un socialismo per i ricchi.
Vi diranno che non rispettate la proprietà privata, ma le speculazioni di Wall street che hanno provocato la crisi del 2008 hanno cancellato più proprietà ottenute con il lavoro di quante potremmo distruggerne noi sgobbando giorno e notte. Pensate alle migliaia di case pignorate.

Non siamo comunisti, se il comunismo è il sistema crollato nel 1990: e ricordate che i comunisti ancora al potere oggi dirigono il sistema capitalistico più spietato (in Cina). Se siamo comunisti lo siamo solo nel senso che abbiamo a cuore le risorse comuni – quelle della natura e della conoscenza – minacciate dal sistema. Vi diranno che state sognando, ma i sognatori credono che le cose possano andare avanti all’infinito così come sono e si accontentano di qualche ritocco.

Noi non siamo sognatori, siamo il risveglio da un sogno che si sta trasformando in incubo. Conosciamo tutti la scenetta dei cartoni animati: il gatto raggiunge il precipizio ma continua a camminare, come se avesse ancora la terra sotto i piedi. Comincia a cadere solo quando guarda in basso e si accorge dell’abisso. Noi ci limitiamo a ricordare ai potenti che devono guardare in basso.

Ma il cambiamento è possibile? Oggi il possibile e l’impossibile sono distribuiti in modo strano. Nel campo delle libertà personali, della scienza e della tecnologia, l’impossibile diventa sempre più possibile (o almeno così ci dicono): possiamo godere del sesso nelle sue forme più perverse, possiamo caricare interi archivi di musica e film, possiamo viaggiare nello spazio, possiamo aumentare le nostre capacità fisiche e psichiche intervenendo sul genoma, fino al sogno di ottenere l’immortalità trasformando la nostra identità in un software. Nel campo delle relazioni sociali ed economiche, invece, siamo continuamente bombardati da un “non potete”. Non potete compiere atti politici collettivi (perché inevitabilmente finiscono nel terrore totalitario), non potete restare aggrappati al vecchio stato sociale (perché fa perdere competitività e provoca la crisi economica), non potete isolarvi dal mercato globale. Forse è arrivato il momento di invertire le coordinate di ciò che è possibile e impossibile. Magari non possiamo diventare immortali, ma è possibile avere più solidarietà e assistenza sanitaria?

A metà aprile il governo cinese ha proibito i film che parlano di viaggi nel tempo e di versioni alternative della storia, considerandoli troppo pericolosi. Noi, nell’occidente liberale, non abbiamo bisogno di questo divieto: l’ideologia esercita un potere sufficiente a impedire che le versioni alternative della storia vengano prese sul serio. Per noi è facile immaginare la fine del mondo – vediamo tanti film apocalittici – ma non la fine del capitalismo.

In una vecchia storiella dell’ex Germania Est, un operaio viene mandato a lavorare in Siberia. Sapendo che la sua posta sarà controllata dalla censura, dice ai suoi amici: “Concordiamo un codice: se vi scriverò usando l’inchiostro blu, vorrà dire che è tutto vero; se userò l’inchiostro rosso, vorrà dire che è tutto falso”. Dopo un mese i suoi amici ricevono la prima lettera, scritta con l’inchiostro blu: “Qui è tutto meraviglioso: i negozi sono pieni, c’è da mangiare in abbondanza, gli appartamenti sono grandi e ben riscaldati, al cinema danno film occidentali e ci sono tante belle ragazze pronte all’avventura. L’unica cosa che manca è l’inchiostro rosso”. Non è forse questa la nostra situazione? Abbiamo tutte le libertà che vogliamo, ma ci manca l’inchiostro rosso: ci sentiamo “liberi” perché non abbiamo un linguaggio capace di esprimere la nostra mancanza di libertà.

La mancanza di inchiostro rosso significa che i termini che usiamo oggi per indicare il conflitto – “guerra al terrore”, “democrazia e libertà”, “diritti umani” eccetera – sono falsi, che mistificano la nostra percezione della situazione invece di aiutarci a pensarla. Voi, qui, state dando a tutti noi l’inchiostro rosso”.

Slavoj Žižek

Un linguaggio comune

Un gran pezzo di Ugo Mattei. Almeno per tornare a parlare di cose serie e per leggere in questo momento politico persone, sigle e informazioni.Un linguaggio nuovo è ciò che riduce ad unità le battaglie politiche di dimensione globale per i beni comuni che oggi si ritrovano in piazza. In Italia di queste battaglie e della produzione di questo linguaggio il manifesto è stato in questi anni protagonista, fino ad essere riconosciuto esso stesso come un bene comune. Queste battaglie, dall’acqua all’Università, dal Valle di Roma al no Tav della Val Susa, dall’opposizione ai Cie ai Gruppi azione risveglio di Catania, sono declinate in modo diverso nei diversi contesti, ma fanno parte di uno stesso decisivo processo costituente. Muta la tattica ed il suo rapporto con la legalità costituita. Resta costante la strategia costituente che immagina la società dei beni comuni. Ovunque si confrontano paradigmi che travolgono la stessa distinzione fra destra e sinistra, consentendo vittorie clamorose come quella referendaria su acqua e nucleare. Il paradigma costituito fondato su un’idea darwinista del mondo che fa della crescita e della concorrenza fra individui o comunità gerarchiche (corporation o Stati) l’essenza del reale. La visione opposta, fondata su un’idea ecologica, comunitaria solidaristica e qualitativa dello sviluppo, può trasformarsi in diritto soltanto con un nuovo processo costituente, capace di liberarsi del positivismo scientifico, politico e giuridico che caratterizza l’ordine costituito da cinque secoli a sostegno del capitalismo che ancora colonizza le menti e i linguaggi. Il modello costituito è sostenuto dalla retorica sullo sviluppo e sui modi di uscita dalla crisi, che i media capitalistici continuano a produrre, nonostante la catastrofica situazione ecologica del nostro pianeta. L’insistenza mediatica è continua e spudorata ma progressivamente meno seducente e le forze costituenti costruiscono nella prassi quotidiana un mondo nuovo e più bello. 

La crisi degli asini

Ricevo, giro. Fate girare.

Un uomo in giacca e cravatta è apparso un giorno in un villaggio. In piedi su una cassetta della frutta, gridò a chi passava che avrebbe comprato a 100 in contanti ogni asino che gli sarebbe fosse (ci permettiamo di correggere l’originale arrivato, grazie a Carlo per la segnalazione) stato offerto. I contadini erano effettivamente sorpresi, ma il prezzo era alto e quelli che accettarono tornarono a casa con il portafoglio gonfio, felici come una pasqua.

L’uomo venne anche il giorno dopo e questa volta offrì 150 per asino, e di nuovo tante persone gli vendettero i propri animali. Il giorno seguente, offrì 300 a quelli che non avevano ancora venduto gli ultimi asini del villaggio.

Vedendo che non ne rimaneva nessuno,annunciò che avrebbe comprato asini a 500 la settimana successiva e se ne andò dal villaggio.

Il giorno dopo affidò al suo socio la mandria che aveva appena acquistato e lo inviò nello stesso villaggio con l’ordine di vendere le bestie a 400 l’una. Vedendo la possibilità di realizzare un utile di 100 la settimana successiva tutti gli abitanti del villaggio acquistarono asini a quattro volte il prezzo al quale li avevano venduti e, per far ciò,si indebitarono con la banca.

Come era prevedibile, i due uomini d’affari andarono in vacanza in un paradiso fiscale con i soldi guadagnati e tutti gli abitanti del villaggio rimasero con asini senza valore e debiti fino a sopra i capelli. Gli sfortunati provarono invano a vendere gli asini per rimborsare i prestiti. Il corso dell’asino era crollato. Gli animali furono sequestrati ed affittati ai loro precedenti proprietari dal banchiere.

Nonostante ciò il banchiere andò a piangere dal sindaco, spiegando che se non recuperava i propri fondi, sarebbe stato rovinato e avrebbe dovuto esigere il rimborso immediato di tutti i prestiti fatti al Comune. Per evitare questo disastro, il sindaco, invece di dare i soldi agli abitanti del villaggio perché pagassero i propri debiti, diede i soldi al banchiere (che era, guarda caso, suo caro amico e primo assessore).

Eppure quest’ultimo, dopo aver rimpinguato la tesoreria,non cancellò i debiti degli abitanti del villaggio ne quelli del Comune e così tutti continuarono a rimanere immersi nei debiti.

Vedendo il proprio disavanzo sul punto di essere declassato e preso alla gola dai tassi di interesse, il Comune chiese l’aiuto dei villaggi vicini, ma questi risposero che non avrebbero potuto aiutarlo in nessun modo poiché avevano vissuto la medesima disgrazia.

Su consiglio disinteressato del banchiere, tutti decisero di tagliare le spese:meno soldi per le scuole, per i servizi sociali, per le strade, per la sanità. Venne innalzata l’età di pensionamento e licenziati tanti dipendenti pubblici, abbassarono i salari e al contempo le tasse furono aumentate. Dicevano che era inevitabile e promisero di moralizzare questo scandaloso commercio di asini.

Questa triste storia diventa più gustosa quando si scopre che il banchiere e i due truffatori sono fratelli e vivono insieme su un isola delle Bermuda ,acquistata con il sudore della fronte. Noi li chiamiamo fratelli Mercato. Molto generosamente, hanno promesso di finanziare la campagna elettorale del sindaco uscente.

Questa storia non è finita perché non sappiamo cosa fecero gli abitanti del villaggio.

E voi, cosa fareste al posto loro?

Che cosa farete?

Se questa storia vi ricorda qualcosa,ritroviamoci tutti nelle strade delle nostre città e dei nostri villaggi

Sabato 15 ottobre 2011(Giornata internazionale degli indignati)

L’ultimo anno del secolo

È troppo presto (e l’ora troppo tarda) per analizzare la manovra. Che, c’era da starne certi, non tocca le banche e il mondo dei soldi che si fanno sui soldi. Ma oggi finisce un’epoca. Su capitalismo, concezione di crescita, sviluppo e liberismo si sta di qua o di là. Sono i due fronti per disegnare i prossimi anni. Non ce ne siamo ancora accorti per bene ma adesso non si può più fare politica galleggiando. E sarà il TFR di qualche leader e di qualche partito.