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La Chiesa che avrebbe voluto Martini

“Un tempo avevo sogni sulla Chiesa. Una Chiesa che procede per la sua strada in povertà e umiltà, una Chiesa che non dipende dai poteri di questo mondo … Una Chiesa che dà spazio alle persone capaci di pensare in modo più aperto. Una Chiesa che infonde coraggio, sopattutto a coloro che si sentono piccoli o peccatori. Sognavo una Chiesa giovane. Oggi non ho più questi sogni. Dopo i settantacinque anni ho deciso di pregare per la Chiesa.”

Carlo Maria Martini

Cambiano le cose. Cambiano.

Con il lavoro, l’impegno, la serietà poi alla fine la storia non si inventa ma succede davvero: Monsignor Francesco Montenegro vieta le esequie di Giuseppe Lo Mascolo, arrestato pochi giorni prima di morire con l’accusa di essere il boss di Cosa nostra a Siculiana: “L’unico modo per imbavagliare la mafia è rifiutare i compromessi”. La notizia è qui.

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Con l’arte l’Italia fa le fusa al Vaticano

Per riflettere e per chiedersi perché in Italia sembri sempre così difficile pensare ad una serena ma reale battaglia per la laicità nel suo senso più pieno che passa per una libertà più consistente della Chiesa senza strane e sgradevoli garanzie. Lo segnala Tomaso Montanari.

Ma che senso ha prendere un quadro degli Uffizi e spedirlo in una cittadina della provincia di Milano per ‘impreziosire’ la visita del papa, che vi si reca a celebrare la Giornata della Famiglia? Per la nostra classe politica (affetta da congenito e inguaribile analfabetismo figurativo) i musei sono ormai depositi di attrezzeria scenica di lusso, da tirar fuori a comando per abbellire i mitici ‘eventi’.
In un primo tempo era stato il celeste Formigoni a chiedere al pio Ornaghi di estrarre da Brera nientemeno che lo Sposalizio della Vergine di Raffaello. Ma una funzionaria coscienziosa aveva fatto notare all’ignaro ministro che si trattava di una tavola assai delicata, a cui forse non era il caso di far correre rischi inutili. Così il ministro aveva eroicamente ripiegato su un Correggio (nientemeno), che sarebbe dovuto andare alla Regione: poi lo yacht di Daccò deve aver fatto il miracolo che la Costituzione non era riuscita a fare, e nessuno aveva più osato attentare alla tutela dei quadri di Brera.
Ma lo spirito del tempo evidentemente esiste davvero, e qualche altro genio deve aver detto che era scandaloso accogliere il papa senza tirar fuori almeno una ‘chicca’. E qui (ma vado per congetture) immagino che il direttore degli Uffizi Antonio Natali (uno dei pochi funzionari Mibac con le idee chiare) sia riuscito ad evitare che partissero Giotto, Raffaello o Leonardo e abbia tirato fuori dal cappello la meravigliosa e da poco splendidamente restaurata Madonna della Gatta di Federico Barocci. Con una generosa lettura iconografica, dagli Uffizi spiegano che il tema del quadro è perfettamente consono al tema della giornata (“La famiglia, il lavoro, la festa”): Giuseppe che lascia gli strumenti del falegname per accogliere Elisabetta e Zaccaria che portano il piccolo Giovanni a trovare il cuginetto Gesù, nato da poco. Al centro del dipinto c’è poi la famosa gatta, intenta ad allattare i suoi piccoli. Sul web non si manca di far notare che Benedetto XVI ama particolarmente i gatti: e certo fargli trovare un quadro con San Paolo primo Eremita nutrito dal corvo sarebbe stata una vera cattiveria, vista la fauna attuale dei Sacri Palazzi.
In questo deprimente aneddoto dell’Italia della decadenza ci sono almeno due morali, una culturale e una costituzionale.
La prima è che i quadri non sono soprammobili. Pochi mesi fa uno storico della chiesa e un prelato hanno usato una Madonna di Giotto per «impreziosire l’anno Italia/Russia» (parole loro): in un incredibile misto di arroganza e ignoranza si trattano i testi sacri della storia culturale occidentale alla stregua di bigiotteria. Si suggerisce che forse Barocci dipinse la Madonna della Gatta in occasione della visita di Clemente VIII ad Urbino: e allora? Barocci era intimamente legato alla sua Urbino, che lasciava assai malvolentieri e il cui Palazzo Ducale ritrae in moltissimi dei suoi quadri. Che senso ha collegare quell’episodio (vero o falso che sia) all’idea di spedire oggi il quadro a Bresso? Quella storiella non avrebbe dovuto (semmai) suggerire che non bisognava spogliare gli Uffizi (che col papa a Bresso c’entrano come il cavolo a merenda), ma rivolgersi ad opere e tradizioni di quella terra (se proprio era necessario tirar fuori un quadro da un museo: e non lo era)?
La seconda è che, entrando nei musei, le opere del passato hanno perso la loro funzione originaria (politica, religiosa, familiare…) acquistandone una puramente culturale (forse più alta, forse più libera: certo diversa). Esse sono uscite dal flusso degli scambi economici: ora non sono più in vendita, e grazie alla Costituzione appartengono a tutti i cittadini italiani, e in maniera più lata a tutta l’umanità. Un cittadino italiano di fede musulmana, o semplicemente ateo, ha tutto il diritto di disapprovare il fatto che un ‘suo’ dipinto venga piegato e strumentalizzato nei rapporti tra il potere politico italiano attuale e il Vaticano. Oltre al fatto che avrebbe tutto il diritto di trovare quel quadro appeso al suo chiodo, agli Uffizi.
Lo giudicherei comunque culturalmente insensato, ma perché non è la Pinacoteca Vaticana a far dono ai cittadini italiani dell’esposizione di qualche sua poco visibile opera? Perché l’Italia non perde occasione per autorappresentarsi come una grande periferia della Città del Vaticano?
Come in questi giorni ci ricordano le tragiche immagini dell’Emilia, il nostro patrimonio è il tessuto vivo e indifeso della nostra identità: ed è su questo che dovrebbero concentrarsi le poche energie economiche e mentali. E invece preferiamo baloccarci con musei ridotti a location di sfilate di moda, o a forzieri da cui estrarre gemme per compiacere i piccoli e grandi potenti del momento.

Cluedo Vaticano

E’ stato il maggiordomo dunque. E ‘analisi migliore è di Galatea:

Quindi alla fine, dopo mesi di sospetti e di veleni, hanno scoperto che a trafugare documenti segreti e a diffondere voci incontrollate era il maggiordomo del Papa. Il maggiordomo, capite? Insomma, sono in Vaticano. E non sono nemmeno in grado di inventarsi un complotto come Dio comanda.

E in pochi hanno notato che nessuno metta in discussione la veridicità dei contenuti, comunque.

 

La CEI e la pedofilia. Sottovoce.

Un’occasione persa. Ne scrive oggi Repubblica.

Pie­na col­la­bo­ra­zio­ne del­la Chie­sa ita­lia­na con la giu­sti­zia ci­vi­le su­gli abu­si ses­sua­li di sa­cer­do­ti nei con­fron­ti di mi­no­ri. Ma nes­su­na de­nun­cia di­ret­ta da par­te dei ve­sco­vi, per­ché l’ob­bli­go non è pre­vi­sto dal­l’or­di­na­men­to na­zio­na­le. So­no que­sti al­cu­ni tra i pun­ti fon­da­men­ta­li del­le “Li­nee gui­da” del­la Cei sul­la pe­do­fi­lia. La Con­fe­ren­za epi­sco­pa­le ita­lia­na le di­ra­me­rà la pros­si­ma set­ti­ma­na du­ran­te la sua As­sem­blea ge­ne­ra­le, pre­ce­du­ta da una pro­lu­sio­ne del pre­si­den­te, il car­di­na­le ar­ci­ve­sco­vo di Ge­no­va, An­ge­lo Ba­gna­sco. Una de­ci­sio­ne che non man­che­rà di su­sci­ta­re l’at­ten­zio­ne del­l’o­pi­nio­ne pub­bli­ca, e for­se qual­che po­le­mi­ca. Per­ché con l’an­nun­cio del­le “Li­nee gui­da per il trat­ta­men­to dei ca­si di abu­so ses­sua­le nei con­fron­ti di mi­no­ri da par­te di­chie­ri­ci”, la Chie­sa ita­lia­na vie­ne in ogni ca­so in­con­tro al­le ri­chie­ste fat­te lo scor­so an­no da Be­ne­det­to XVI, e poi rac­co­man­da­te nel mag­gio 2011 dal­la Con­gre­ga­zio­ne per la Dot­tri­na del­la fe­de. Ma le de­nun­ce do­vran­no par­ti­re dal­le vit­ti­me stes­se, e non dal­le dio­ce­si.

Lucio Dalla e il funerale (con compagno)

Comunque – e tutto sommato è il classico lieto fine – il breve monito di monsignor Cavina a tutela dell’eucaristia e contro gli “stati di vita che contraddicono quel sacramento” (?!) è passato quasi inosservato e inascoltato. Come un dettaglio burocratico. Marco Alemanno ha incarnato in una chiesa, e in una cerimonia che più pubblica non si sarebbe potuto, tutta la dignità di un amore tra uomini. Semmai, c’è da domandarsi quanti omosessuali cattolici meno famosi, e meno protetti dal carisma dell’arte, abbiano potuto sentirsi allo stesso modo membri della loro comunità. L’augurio è che la breve orazione di Marco per Lucio costituisca un precedente. Per gli omosessuali non cattolici, il dettato clericale in materia non costituisce il benché minimo problema: francamente se ne infischiano. Ma per gli omosessuali cattolici lo costituisce, eccome. Ed è a loro, vedendo Marco Alemanno pregare per il suo uomo accanto all’altare, che corre il pensiero di tutte le persone di buona volontà. Michele Serra sul vedovo Marco Alemanno e qualcosa che pochi hanno detto.

Caro D’Alema, si contenga

Sulla desolante uscita di Massimo D’Alema sui matrimoni gay, Sergio Lo Giudice analizza la serie di corbellerie messe in fila dal lìder Massimo:

1. L’art.29 della nostra Costituzione non dice per nulla che il matrimonio debba essere tra persone di sesso diverso, né che debba essere finalizzato alla procreazione. Chi dice che la Costituzione impedisce al Parlamento italiano di legiferare sul matrimonio gay, dice una falsità smentita dalla sentenza della Corte Costituzionale 138 del 2010 e da tanti autorevoli costituzionalisti, a partire da Stefano Rodotà.

2. Le organizzazioni serie di gay non hanno mai chiesto di potersi sposare in chiesa, e nemmeno quelle meno serie si sono mai azzardate ad avanzare una simile richiesta, perché non siamo al circo Barnum. Le organizzazioni serie di gay e lesbiche, a partire da Arcigay, chiedono da anni e a gran voce, invece, di potersi sposare in Comune perché stiamo parlando del matrimonio civile che, come lei dovrebbe sapere, è cosa un tantino distinta dal matrimonio religioso.

3.Negare il diritto fondamentale al matrimonio ad una parte della popolazione perché questo offenderebbe la sensibilità di un’altra parte è uno degli argomenti più osceni che possano essere avanzati in politica, utilizzato nella storia per negare diritti alle donne, ai neri, agli ebrei, agli omosessuali e per soffocare la libertà d’espressione dei cittadini.

Oggi anche all’interno del Partito Democratico si sta facendo spazio finalmente una posizione favorevole all’estensione del matrimonio civile alle coppie dello stesso sesso: la battaglia, gentile D’Alema, oggi è questa e lei, se ne renda conto, non è parte della soluzione, ma è parte del problema.

In nome del Padre

Un po’ di chiarezza su quello che la Chiesa non paga. Per un battaglia (giusta) che è antipatica anche nelle reazioni politiche. Di qua del berlusconismo il PD si allinea per bocca della propria Presidente Rosy Bindi, IDV tace e molti si imbarazzano. Vogliono insegnare la libertà e non sono nemmeno capaci di essere democraticamente laici.