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Italia Viva pretende 4 ministeri: ma non aveva detto che le interessava solo il programma?

“Non è una questione di poltrone, non ci interessano le poltrone, quello che conta è il programma”: è stata la frase più ripetuta dall’inizio di questa crisi di governo e tutti si aspettavano (meglio, speravano) che davvero questi giorni di consultazioni fossero un’esplosione di idee sul futuro del Paese, sulle priorità da discutere e su innovativi piani per uscirne tutti presto, tutti meglio.

Del resto sarebbe stato il minimo sindacale non assistere alla sfrenata corsa a questo o a quel ministero, almeno per non farsi attanagliare dalla sensazione di perdere tempo prezioso per i piccoli egoismi dei piccoli capi di piccoli partiti. E invece la cronaca di queste ultime ore del mandato esplorativo di Roberto Fico è tutto un assembramento di posizioni, di ministeri, di rivendicazioni, posti da occupare e presunzioni di credersi determinanti.

Gli ultimi aggiornamenti del desolante quadro dicono che il PD vorrebbe mantenere tutti i suoi ministri, magari aggiungendone uno che dovrebbe essere Andrea Orlando; il M5S non vuole cedere posti anche se ormai da quelle parti sanno tutti che la missione sarà impossibile; Conte (nel caso in cui si vada verso il Conte ter) vorrebbe tenere i suoi uomini; poi ci sono i cosiddetti “responsabili” che ovviamente pur volendo passare da costruttori frugano tra le macerie per trovarsi un posticino, si bisbiglia che sia Tabacci e che potrebbe finire alla Famiglia.

E poi ci sono loro, quelli di Italia viva, quelli che non erano interessati alle poltrone e invece si accapigliano chiedendone addirittura 4. Gli sventolamenti di Maria Elena Boschi sono una significativa cartina di tornasole: ieri è stata data in mattinata come nuova ministra della Difesa, poi al Mise o alle Infrastrutture, poi si racconta che abbia furiosamente litigato con Renzi che intanto spingeva per Elena Bonetti al Lavoro o all’Interno o all’Università o all’Agricoltura.

Solo per intervento del Quirinale Italia viva non ha preteso il ministero all’Economia che dovrebbe rimanere saldo a Gualtieri. Il M5S intanto per i suoi equilibri interni spinge Buffagni, magari spostando Patuanelli e assiste all’autocandidatura di Vito Crimi (capo politico che avrebbe dovuto essere pro tempore e invece rimane saldissimo da mesi).

E il programma? Quello si abbozzerà di corsa, nel caso, pronto per essere declamato e per nascondere il mercimonio sui nomi. E poi ricominceranno la solfa del cambio di passo, della ripartenza, delle priorità e di tutto il resto. Sotto sotto, intanto, s’accapigliano sui nomi e sulle poltrone. Quelle poltrone che non interessavano a nessuno.

Leggi anche: 1. Basta assurdi egoismi, rendiamo pubblici i brevetti per produrre i vaccini anti-Covid / 2. Rendiamoci conto: con questa crisi si torna a parlare di Berlusconi presidente della Repubblica / 3. Conflitto d’interenzi (di Giulio Gambino)

L’articolo proviene da TPI.it qui

Credersi grande di una grandezza latente

Ho passato tutto il giorno a leggere tutte le analisi della sconfitta. Roba guerriera, lo so. Ero curioso di sapere come uscire dalla china del pessimo risultato in Umbria, cosa ne pensassero i protagonisti, cosa ci dicono che hanno intenzione di modificare, cosa avrebbero fatto da oggi per invertire la rotta, quali fossero i comportamenti sbagliati e come sostituirli.

Un crogiuolo di errori, un estenuante elenco di errori quasi sempre degli altri: per Di Maio la colpa è del Pd che fa male al Movimento 5 Stelle come faceva male la Lega (e ha ragione Makkox quando dice che gli ricorda la storiella di quello che si toccava e aveva male dappertutto e invece era solo male al dito); nel Pd è colpa di Renzi, per Renzi è colpa del Pd. E così via in una sequela di responsabilità che sono sempre scaricabili su altri.

Ma questa non è una novità, per carità. Non ce ne stupiamo. In mezzo ai nomi dei presunti colpevoli ci sono anche le dichiarazioni di cambiamento: “così non va bene”, “dobbiamo cambiare passo”, “il governo deve dare una sferzata” sono le frasi, testuali, di chi sul governo ha grandi responsabilità.

Mi sono impegnato di più e mi sono detto: se cerco bene sicuramente vedrò qualcosa che da domani sicuramente cambierà. Mi spiego: se qualcuno dice che la litigiosità del governo sulla manovra ha influito negativamente sul governo allora proporrà una soluzione, magari incontrarsi tutti per discutere e uscire con una linea comune e uscire con la promessa di non attaccarsi sui giornali. Roba semplice. Roba così. Oppure se qualcuno dice che questo governo non ha avuto il coraggio di prendere le distanze dalle politiche di Salvini allora ti aspetti che qualcuno ci dica che da domani verrano smontati i Decreti Sicurezza, Quota 100, insomma qualcosa di concreto.

E invece niente. Ed è qui che sta il nocciolo della questione: mesi passati a contestare (anche giustamente, eh) le azioni di Salvini e non c’è nemmeno un’idea di come sostituire quei modi. Niente. Non solo non c’è niente ora: non c’è niente all’orizzonte. E ancora qualcuno si illude che le persone cambino idea per le colpe e non per le soluzioni.

Lo scrisse benissimo Italo Svevo: «Che io forse abbia amato tanto la sigaretta per poter riversare su di essa la colpa della mia incapacità? Chissà se cessando di fumare io sarei divenuto l’uomo ideale e forte che m’aspettavo? Forse fu tale dubbio che mi legò al mio vizio perché è un modo comodo di vivere quello di credersi grande di una grandezza latente.»

Buon martedì.

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Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui https://left.it/2019/10/29/i-maghi-delle-colpe-senza-soluzioni/ – e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

Credersi grande di una grandezza latente

Lo scrisse benissimo Italo Svevo: «Che io forse abbia amato tanto la sigaretta per poter riversare su di essa la colpa della mia incapacità? Chissà se cessando di fumare io sarei divenuto l’uomo ideale e forte che m’aspettavo? Forse fu tale dubbio che mi legò al mio vizio perché è un modo comodo di vivere quello di credersi grande di una grandezza latente.»