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Danilo Dolci e la “maieutica reciproca”

Da leggere il pezzo di Giorgio Fontana su Danilo Dolci uscito per Pagina99:

1375607718_danilo_dolci_ph._leoneIl cuore del libro, in sostanza, sta nel metodo messo in campo: la “maieutica reciproca” con cui l’educatore di Sesana cerca di attivare un circolo di pensiero critico. Ed è interessante quante volte egli stesso si neghi di fronte alla richiesta di un giudizio “definitivo” sulle questioni, rifiutando una posizione di potere. Spesso si limita a rispiegare per chi ha bisogno di maggiore semplicità espressiva, e a incitare chi dice di non avere idee. Nelle sua parole ricorrono frasi come “se vi pare sbagliato me lo dite, e penso meglio”; “siamo qui per imparare e insegnarci insieme”; “qualcosa è più chiaro o no?”; non è che non lo voglio spiegare, penso che dobbiamo cercare insieme quali sono i nostri interessi comuni”.   Nei momenti migliori, il lavoro collettivo dà ottimi frutti. La radicale semplicità dei temi sottolinea va di pari passo con la loro importanza nel mondo quotidiano, e il bisogno assoluto — benché spesso nascosto — di parlarne: non c’è nulla del vagheggiamento astratto. Decidere ad esempio della liceità di non battezzare un bambino o del ruolo non sottomesso di una moglie poteva avere ricadute sociali enormi, in quella comunità. Ma la semplicità del discorso ha anche un altro effetto: costringe il lettore stesso a prendere parte nel circolo maieutico, a ripensare criticamente le proprie posizioni. (Almeno, così è successo a me).   Insomma, è come osservare una piccola società nel suo stato nascente: e infatti, oltre alla discussione nasce ben presto la necessità di dare effetti pratici alle idee. È Mimiddu, uno dei parlatori più accaniti, a spazientirsi per primo e dire che finché si parla e basta, nulla cambia: “Si fanno queste parole, ma cadono, muoiono così in fondo al mare”. Ed è così che la discussione si trasforma in impegno: nascono dei progetti concreti per trasformare dal basso Partinico — aprire scuole popolari, aiutare chi sta peggio, allargare il circolo delle loro conversazioni: perché, come dice ancora Mimimiddu, “sto lustro è per tutta la gente, non è soltanto per me oppure per te; se fa buio è buio per tutti”.

Ogni giovane è gioiosamente meravigliato di quanto riesce a esprimere e ascoltare

Ogni volta sperimento come, nel contesto di una struttura che veramente favorisce la creatività personale e di gruppo, ogni giovane è gioiosamente meravigliato di quanto riesce a esprimere e ascoltare; mi chiedo in qual modo sia possibile consolidare, approfondire e moltiplicare ampliando queste occasioni affinché riescano a inceppare e sbrecciare i meccanismi del dominio, tuttora vastamente imperanti: per riuscire a interrompere il circolo vizioso fra dilagante necrofilia inconfessata, disperazione per mancata creatività e informazione deformata, aberrante.

Danilo Dolci

Stabilizzando la loro sudditanza: Danilo Dolci

Torno ora da Ancona dove ho avuto il piacere di essere ospite di adALTAvoce con Lella Costa, Emidio Clementi, Ivano Marescotti e la bravissima Frida Neri. Mentre viaggiavo nel sedile posteriore dell’auto in una nebbia quasi padana pensavo all’ecologia intellettuale che rinfresca e vivifica se nutrita dalle parole: prima del mio intervento Clementi ha letto alcune poesie di Danilo Dolci, mi ha stupito riascoltarlo così inatteso e così attentamente condiviso. Danilo Dolci è uno degli antimafiosi più scomodi e quindi venerato strumentalmente per impedirne la normalizzazione e la diffusione. Eppure il messaggio di Danilo Dolci è, secondo me, è il più comprensibile nella funzione di profonda umanità e ricerca della bellezza per la lotta alle mafie, tutte: quelle organizzate e criminali fino a quelle di potere economico o politico.

C’è di Danilo Dolci uno scritto che ho letto e riletto più volte:

«Consideriamo […] quali siano gli ingredienti classici di ogni soffocamento popolare già in atto, o subito in atto appena la disattenzione dei più ne possa consentire il successo:
– la volontà di chi possiede le maggiori concentrazioni di potere (economico, militare, politico e perfino religioso) di eliminare chi possa porre loro dei limiti;

– la capacità, istintiva e tecnica, di collegamento tra questi detentori di potere complementare;
– la loro segretezza, il tramare tra pochi operazioni che riguardano tutti (tendendo a legittimare tutto ciò come segreto di Stato, segreto militare, eccetera eccetera);

– il saper manipolare le informazioni e presentarsi come paladini dei più alti valori morali;
– il contenere al massimo la libertà di informazione ed espressione;

– l’uso sistematico ed ufficializzato dell’ipocrisia anche a livello dei massimi responsabili cui l’animo della popolazione più naturalmente si rivolge come a padri della patria;

– l’incrementare le spie e il materiale spionistico utile ai ricatti;
– l’avere nei punti chiave propri uomini, malleabili, che si pos- sano tenere in pugno, abili produttori di consensi;

– il formare e alimentare gruppi di avventurieri e contrabbandarli come espressione degli umori e degli interessi del popolo; – il sapere scegliere tra miseri e disoccupati i più adatti a tenere ufficialmente in quello stato i loro simili;

– l’individuare tra i più ambiziosi i meglio dotati all’incremento e alla copertura del vecchio gioco;
– l’individuare nel mondo scientifico i più dotati «tecnici puri», non interessati cioè socialmente, e l’allevare vivai di specialisti irresponsabili;

– l’eliminare o castrare ogni possibile produttore di germi veramente nuovi (o, fin che questo non è possibile, saper muo- vergli contro campagne di diffamazione che lo rappresentino, possibilmente coi compiacenti bolli della Magistratura, nemico pubblico con spiccate capacità a delinquere);

– la disponibilità illimitata a promuovere violenze di qualsiasi natura fin che non rischino di diventare controproducenti;
– il riguardo e l’aiuto a quei religiosi che possono contribuire – dicendosi al di fuori, al di sopra, sono meglio dappertutto– a soffocare i risentimenti popolari. […]

Non a caso chi vuole soffocare il popolo cura come essenziale la falsa propaganda e l’eliminazione dei quadri animatori, coordinatori dell’inventiva, della creatività popolare; non a caso tende a garantire la cultura per pochi privilegiati e la nega agli altri, stabilizzando la loro sudditanza; e non a caso chi crede nella necessità che il potere sia di tutti affinché l’iniziativa possa essere di tutti, per lo sviluppo di tutti, punta sulla scuola per tutti.» [Inventare il futuro, 1968, pp. 88-90.] 

E’ del 1968, per intendersi. Sono andato a controllare per esserne sicuro. Del 1968.