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distopia

Pop-eye su Nuovissimo testamento: “una non distopia delle emozioni”

Nuovissimo testamento di Giulio Cavalli è un romanzo di lotta contro una realtà esasperata, anestetizzata. Ma non così distante dalla nostra.

Eleonora R.

Nuovissimo testamento è un romanzo scritto da Giulio Cavalli e pubblicato da Fandango nel febbraio 2021. Cavalli, scrittore e autore teatrale, collabora con diverse testate giornalistiche e ha pubblicato diversi libri d’inchiesta, oltre che romanzi. 

Analfabetismo emozionale

“Quel crac delle vene mentre osservava il solco tondo in spiaggia fu un dolore che non lo lasciò respirare. Era svenuto di faccia, i suoi ristretti l’avevano caricato sul sedile posteriore per avviarsi verso l’ospedale come prevede la procedura se qualcuno non risponde alle sollecitazioni esterne per più di quindici minuti.”

Nuovissimo testamento, Giulio Cavalli

Nello Stato di DF il governo ha ideato un vaccino da somministrare alla nascita ad ogni cittadino per estirpare l’empatia e le emozioni

Sono eliminati tutti gli stimoli; i colori sono soprattutto bianco e grigio nelle diverse tonalità; l’arte, la musica, i libri, i film sono vietati. Il cibo somministrato, in base alla dieta settimanale, non ha nessun sapore: si mangia per nutrirsi, non per soddisfare le proprie papille gustative. Le coppie esistono solo per fare figli e i partner sono assegnati dal governo a turnazione. 
I bambini vengono allontanati dalle madri naturali e inseriti in istituti governativi; non si sa cosa succeda agli anziani dopo aver perso la funzionalità procreativa. 

“…stavi leggendo, ma non si possono leggere libri, aveva detto lei, hai portato in casa un libro e ci hai messo tutti nei guai, no no aveva detto Andrea ora lo butto…”

ivi, Cap. 4 

Solo i governanti, che vivono in una cittadella a parte, non hanno rinunciato alle emozioni. Nel reparto ospedaliero di Disturbi affettivi si incontrano i protagonisti di questo romanzo. Ognuno di loro è lì per una ragione: chi per essere stato scoperto a leggere, chi per aver pianto, chi per essersi aggrappato a un ricordo. 
Tutti campanelli d’allarme di un risveglio emotivo. 

Ricorsi storici tra le Brigate Sentimentali e Alan Moore

[ATTENZIONE: SPOILER]

È chiaro che per i governanti di DF sia molto facile controllare e guidare un popolo che non prova desideri, ambizioni ed emozioni. Ogni cittadino segue il protocollo che lo stato ha emesso, ognuno è solo, vige l’individualismo. Esiste però un movimento sotterraneo e silenzioso che spaccia libri, musica, abiti colorati, cacao, spezie, cibo e liquori che mandano in visibilio le papille gustative, fanno nascere fiammelle di speranza e voglia di lottare per il proprio diritto a provare emozioni. 

Sono le Brigate Sentimentali alle quali si uniscono i protagonisti del romanzo prendendo parte alla lotta.

“Per questo avete provocato disperazione, per costruire emozioni bisogna averne il vocabolario mentre i cittadini di DF sono analfabeti.”

ivi, Cap. 15

Il primo attentato delle Brigate sentimentali avviene in metropolitana. 
Alcuni cittadini, travolti dalla Sinfonia n. 5 di Beethoven, resteranno interdetti dalla sua bellezza. Altri, in balia di un vortice di emozioni fuori controllo, perderanno la ragione e anche la vita: d’altronde, un mondo controllato dall’alto e in cui ognuno sa perfettamente cosa fare è confortante. 

Malinconia, di Munch (una delle tele, 1891 c.ca). Il pensiero di Kierkegaard ha influenzato molto l’artista norvegese.

Kierkegaard, filosofo danese, spiegò bene come l’uomo sia vittima della sua stessa libertà: la possibilità di scegliere pone l’uomo davanti a infinite possibilità, generando angoscia. Ecco come i cittadini di DF, non possedendo gli strumenti per riconoscere e gestire le emozioni, ne sono rimasti travolti.

Le Brigate Sentimentali escogiteranno, poi, un piano per somministrare l’antidoto al vaccino a tutti i cittadini, al fine di liberare le emozioni, sbaragliare la vecchia classe politica e dare vita a un Nuovissimo testamento. Qui inizia l’ultima battaglia a suon di democrazia. 

“…forse farsi governare è nell’animo umano più di quanto avessimo capito, ci vuole un’innaturale sconsideratezza per ambire alla libertà.”

ivi, Cap. 24

La Sinfonia n. 5 di Beethoven  ha uno stretto collegamento con il famoso fumetto (e film) V per Vendetta (Moore, 1982; McTeigue, 2005). D’altronde, Alan Moore ha utilizzato Beethoven anche nel suo Miracleman, mentre nella pellicola dedicata a gli è stato preferito Tchaikovsky, escludendo così il parallelismo tra la Quinta e il cinque in numeri romano.
Come ben sappiamo, ogni autoritarismo per reggersi deve controllare la cultura e l’arte principali nemici dell’ideologia. Infatti V userà queste due armi per risvegliare le coscienze e il libero arbitrio, proprio come le Brigate Sentimentali. 

La Quinta di Beethoven intreccia V per Vendetta e Nuovissimo testamento.

Visto che siamo in tema di riferimenti non possiamo non sentire il sapore Orwelliano tra le pagine di Nuovissimo testamento. In 1984, un classico della letteratura novecentesca, Orwell critica la società del tempo: come V per Vendetta anche qui troveremo un regime che, però, non mostrerà una speranza per il futuro nemmeno nel finale.

A proposito di conclusioni, quella di Nuovissimo testamento di Cavalli ha un sapore amaro: non tutti sono pronti ad essere liberi. L’autore non lascia via di scampo, la fiamma della speranza di rovesciare l’ordine costituito si spegne. Tutto cambia per restare uguale.

La trappola narrativa

Nuovissimo testamento è un romanzo in cui anche la struttura narrativa è perfettamente conforme alla storia. Le parole si susseguono una all’altra sulla carta come un fiume in piena, assumendo una forma ossessiva e urgente.

La punteggiatura e scarsa, pensieri e dialoghi si sovrappongono senza essere distinti con virgolette o trattini. Questo può rendere faticosa la lettura ma anche intrappolare il lettore in questo flusso di parole senza riuscire a chiudere il libro prima di essere arrivato all’ultima pagina. 

Auspicabile realtà o tremenda distopia?

Questo Romanzo potrebbe rientrare in un episodio di Black Mirror, Serie TV che ha giocato molto sulle rappresentazioni alternative della realtà. Si parte da un aspetto reale e lo si esaspera fino all’estremo; il pubblico rimane inizialmente sconcertato dall’apparente assurdità di quello che sta vedendo ma, dopo una breve riflessione, si accorge che la realtà prospettata non è così distante dalla propria.

La copertina di “The Entire History of You” (Black Mirror) immaginata da Butcher Billy.

Anche Cavalli in Nuovissimo testamento racconta una realtà estremizzata. Identificare questo romanzo come appartenente al genere “distopico” può essere ingannevole: il provare emozioni è talvolta considerato una debolezza nella società attuale, un lusso che non ci si può permettere. 
Inoltre non provare emozioni protegge dal dolore, dalla paura e dal sentire in generale: mica male, no?

Ci sono domande che sorgono spontanee durante la lettura di Nuovissimo Testamento:
Saremmo disposti a farci iniettare il vaccino per smussare le spigolosità e prediligere la più noiosa rotondità affettiva? 
Saremmo davvero propensi ad avere relazioni esclusivamente formali che non richiedano sforzo emotivo pur di calmierare il rischio di soffrire? 

Oggi provare empatia viene spesso tradotto come buonismo, assumendo quindi un significato negativo. 
È terrificante: se l’essere umano perdesse la capacità di empatizzare e di provare emozioni, allora rinuncerebbe alla sua umanità. E questa sembra essere la lezione più profonda di Cavalli e del suo Nuovissimo testamento.

ER

(l’articolo originale è qui)

La distopia del reddito di cittadinanza

Per Meloni la misura di contrasto alla povertà è come “metadone di Stato”. Roba da brividi se dalle nostre parti ci fosse ancora un minimo di senso della decenza e della misura

Ci risiamo, siamo sempre qui. Anche durante l’annuale Forum Ambrosetti abbiamo assistito agli strali contro il reddito di cittadinanza, ovviamente sempre basandosi su una visione pervertita della realtà e ovviamente fottendosene bellamente dei dati. Sia chiaro: il reddito di cittadinanza è una legge che come tutte le leggi è migliorabile se non addirittura sostituibile con misure più efficaci. Il punto sostanziale però rimane sempre lo stesso: gli imprenditori che sono contro i sussidi ai poveri vedono come unica soluzione quella di deviare i sussidi ai ricchi (e loro, chiaro, si credono i ricchi) quindi sostanzialmente vorrebbero intascarsi i soldi dei poveri con la promessa di ridistribuirli. Sì, ciao. 

Il colpo grosso l’ha lanciato Giorgia Meloni (che sarebbe l’autentico Salvini di cui preoccuparsi, più di Salvini, ma tardiamo a rendercene conto) con il suo paragone tra reddito di cittadinanza e metadone, roba da brividi se dalle nostre parti ci fosse ancora un minimo di senso della decenza e della misura. Ma del resto vince chi urla l’urlo più urlato e Meloni sa bene come conquistarsi qualche titolo che mandi in sollucchero i suoi tifosi. Poi è arrivato il presidente di Brembo che ci ha deliziato dicendo “certo che credo alla gente che preferisce prendere il reddito e stare sul divano piuttosto di lavorare” raccontando di avere incontrato agricoltori (in vacanza, eh) che si lamentano di non trovare chi raccoglie “pomodori e angurie a causa del reddito”. Poi, ovviamente, ci ha detto che “non si trovano lavoratori stagionali”, riprendendo un refrain che ormai funziona tantissimo. Del resto già il 14 maggio il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca (uno che ogni volta che apre la bocca accende l’incresciosa domanda del perché non stia in una parte politica più consona al suo bullismo politico) disse “Alcune attività non apriranno perché non si trovano più camerieri. Non si trova personale stagionale: è uno dei risultati paradossali dell’introduzione del reddito di cittadinanza“.

Peccato che l’affermazione sia completamente falsa come certificano i dati amministrativi dell’Inps che raccontano tutt’altra realtà: a maggio sono stati attivati la bellezza di 142.272 rapporti di lavoro stagionali. Quasi il doppio rispetto al 2017 e 50mila in più sia rispetto al 2018 – prima dell’introduzione del reddito di cittadinanza – sia rispetto al 2019. Una ricerca d’archivio conferma che si tratta di un record da almeno otto anni a questa parte (le serie arrivano fino al 2014). E di solito il boom di stagionali si registra a giugno, all’inizio della stagione estiva, mentre quest’anno è arrivato addirittura in anticipo. Il saldo annualizzato, cioè la variazione tendenziale delle posizioni di lavoro negli ultimi 12 mesi, ha fatto registrare una crescita pari a +560mila, frutto soprattutto di un saldo positivo dei contratti stabili (+184.000), ma anche di quelli a tempo determinato (+169.000), in somministrazione (+110.000), stagionali (+91.000) e intermittenti (+8mila).

Del resto Riccardo Illy, con evidente onestà intellettuale, dice che “i dati sono chiari, l’incidenza del reddito sulla carenza di manodopera è praticamente nulla” e l’imprenditrice Luisa Todini (che opera nel settore alberghiero) riconosce che se sommiamo “la disponibilità del reddito di cittadinanza all’interesse di molti imprenditori di pagare i lavoratori in nero, la miscela diventa esplosiva”. Nessuno invece ha la santa pazienza di chiedere ai nostri imprenditori come sia successo che negli ultimi 10 anni siamo passati da 400 contratti ai 980 di oggi, pseudocontratti che sono stati utili per parcellizzare i diritti, sostanzialmente annacquandoli. 

Come ricorda Pasquale Angius “Nel 123 a.C., nell’antica Roma, il tribuno della plebe Gaio Sempronio Gracco fece approvare una legge che obbligava lo Stato a fornire a un prezzo fisso, molto basso, di sei assi e un terzo, a ogni famiglia grano sufficiente per produrre ogni mese 45,3 chili di pane, all’incirca un chilo e mezzo al giorno”. Solo per dire come le misure di sostegno al reddito esistano da sempre nonostante qualcuno finga di non saperlo. Sarebbe anche utile ricordare che entro il primo anno e mezzo dall’introduzione del reddito di cittadinanza uno su quattro dei beneficiari aveva trovato un lavoro, il 65% a tempo determinato. Lo ripetiamo ancora una volta: che le misure di contrasto alla povertà siano cosa diversa dalle politiche attive per il lavoro lo sanno anche i sassi ma che le une debbano pagare le altre è qualcosa che grida vendetta. Anzi si potrebbe anche notare che poca attenzione viene data al fatto che i limiti per i cittadini non italiani siano fin troppo stringenti (e qui sento già le unghie dei “non sono razzista ma” che graffiano) tenendo conto che un terzo delle famiglie di stranieri residenti in Italia vivono in povertà e, tra l’altro, in molte di quelle famiglie ci sono dei minori e che la soglia dei 10 anni di residenza in Italia per accedere al reddito è stato un gradito regalo a Salvini. 

Sempre come ricorda Pasquale Angius “secondo una recente ricerca il 55,2% delle persone che nel 2019 si sono rivolte alla Caritas per ottenere pasti e prodotti alimentari gratuiti avevano percepito il reddito di cittadinanza. Questo dato ci dice in sostanza che chi percepisce quel beneficio appartiene a categorie sociali vulnerabili, e spesso le poche centinaia di euro del reddito non sono sufficienti, soprattutto per le famiglie più numerose”. 

Questa è la realtà. È benvenuta qualsiasi opinione, anche contraria, al reddito di cittadinanza ma per favore rimaniamo nella realtà, non insceniamo una dolorosa distopia. 

Buon martedì. 

Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

«Un racconto che è insieme una distopia su un futuro molto vicino e una satira sul sovranismo e sulla retorica che lo accompagna, consigliatissimo.» “non siamo creature mansuete” su #Carnaio

In due parole: un paese come tanti deve affrontare una strana marea, quei corpi senza vita faranno emergere il peggio, una distopia, una satira che parla del nostro crudele presente

DF località di mare, mediamente depressa, mediamente sviluppata, mediamente turistica… un posto come tanti finché non cominciano ad arrivare cadaveri: pochi all’inizio, poi sempre di più, ondate di marea che inondano la città di corpi senza vita. Sono tutti molto simili, ragazzi dalla pelle scura, in buone condizioni fisiche, restati in mare per giorni prima di arrivare a DF. La città costretta ad affrontare questa marea adotta soluzioni di emergenza, ben presto però trova anche il modo di trarne profitto e si rinchiude letteralmente in se stessa fino a perdere davvero ogni umanità. Ogni abitante poi affronta e vive la mare a modo suo: il pescatore, il sindaco, la bella donna, il dottore, il giornalista, la segretaria, l’imprenditore, il commissario… non si sa da dove vengono i corpi, chi erano prima che il mare li trascinasse lì, nessuno se ne preoccupa, nessuno se ne interessa, sono solo altri, sono quelli, sono loro e non sono noi, invasori… Un racconto che è insieme una distopia su un futuro molto vicino e una satira sul sovranismo e sulla retorica che lo accompagna, consigliatissimo.

(fonte)