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elezioni

Calderoli che odiano le donne

Secondo l’autore del Porcellum i candidati maschi sarebbero favoriti alle elezioni perché “si accoppiano” di più. Lo ha detto in Senato, ricevendo gli applausi di Salvini

«Qualcuno dice che questo è fatto per favorire la parità di accesso. Ve lo dice un umile e modesto conoscitore della materia elettorale: chi la conosce sa che in collegi che hanno a disposizione un numero di candidature che va da due a sette, quindi piuttosto piccolo, la doppia preferenza di genere danneggia il sesso femminile, perché normalmente il maschio è maggiormente infedele della femmina, per cui accanto a una candidatura maschile…». Così il senatore della Lega Roberto Calderoli intervenendo in Aula al Senato durante la discussione generale sul dl per la doppia preferenza in Puglia.

«Il maschio solitamente si accoppia con quattro o cinque rappresentanti del gentil sesso, cosa che la donna solitamente non fa – dice ancora – Il risultato è che il maschio si porta i voti di quattro o cinque signore e le signore non vengono elette».

Mentre il senatore Calderoli pronunciava queste bestialità di fianco a lui il senatore Matteo Salvini applaudiva. Sì, applaudiva.

Ciò che sconvolge è che ogni giorno, da qualche parte, arriva la prova inconfutabile che questi:

  • odiano le donne;
  • ritengono le donne altro rispetto al proprio esser maschi;
  • ritengono la politica una pratica da cacciatori e furbi e non da amministrazione della cosa pubblica;
  • ritengono gli uomini valorosi per le loro infedeltà mentre le donne le immaginano ovviamente silenti e punite;
  • sono talmente sfacciati che dicono le cose che dicono in una seduta del Parlamento, con tanto di verbale scritto;
  • si danno di gomito quando parlano di donne come se fossero nei peggiori bar.

Ma una domanda mi agita da sempre: ma le donne come fanno a votarli? Ma le donne della Lega non hanno niente da dire ai Calderoli che odiano le donne?

Ah, a proposito: prima tocca agli stranieri, poi agli omosessuali, poi alle donne. Piano piano, vedrete, toccherà prima o poi anche a voi. Perché loro sono patrioti di un’unica patria: se stessi.

Buon venerdì.

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Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

La parità degenere

In Puglia l’ostruzionismo di Fratelli d’Italia ha impedito che la doppia preferenza di genere fosse inserita nella legge elettorale, come previsto da una norma nazionale del 2016. Così il governo ha dovuto metterci una pezza

Che gran brutta figura che ha rimediato il Consiglio regionale della Puglia. La notizia è passata sottobraccio eppure è una notizia di portata storica perché vede il governo, con il presidente Conte, intervenire per decreto lì dove i consiglieri regionali sono riusciti a dare il peggio di se stessi.

Partiamo dall’inizio: il Consiglio regionale pugliese nell’ultima occasione utile non riesce a introdurre la doppia preferenze di genere così come stabilito dalla legge nazionale, la n.20 del 2016, riuscendo addirittura a farsi bloccare da qualche migliaio di emendamenti da parte di Fratelli d’Italia, quelli della famiglia tradizionale che evidentemente le donne le vorrebbero vedere solo a casa a stirare e accudire i bambini. Che una Regione non riesca a mettersi in regola, dopo oltre quattro anni, con una legge così importante e non riesca a garantire la parità di genere e soprattutto per fare qualcosa di concreto per la partecipazione politica delle donne è la fotografia di un Paese in cui l’autopreservazione (degli uomini) è e rimane uno degli ostacoli principali.

Il governo ha provato a richiamare i consiglieri regionali alle loro responsabilità ma l’invito è caduto nel vuoto: la brama di qualche maschietto di non perdere il posto alle prossime elezioni evidentemente ha contato di più di principi che vengono annunciati e poi mai messi in pratica. Così alla fine è dovuto intervenire il presidente Conte con una mossa che ha qualcosa di storico: il governo ha nominato il prefetto di Bari Antonia Bellomo commissario straordinario con la funzione di provvedere «agli adempimenti strettamente conseguenti per l’attuazione del decreto sulla doppia preferenza di genere nelle Regionali in Puglia». Poche ore dopo il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha firmato il decreto legge.

Ha ragione la ministra per le Pari opportunità e la Famiglia Elena Bonetti quando scrive: «Affermiamo così che la parità di genere è un principio da tutelare in tutto il Paese, in maniera uniforme, perché in maniera uniforme va tutelato il diritto alle pari opportunità. Avevo anticipato negli scorsi giorni la volontà di utilizzare questo strumento inusuale, sperando tuttavia che le istituzioni pugliesi si adeguassero autonomamente. Non avendolo fatto, non abbiamo avuto altra scelta che questa per garantire i diritti e la legalità. Ho chiesto e insistito per un commissario straordinario che sia garante della piena applicazione del decreto e lo abbiamo individuato nella persona del Prefetto di Bari».

È un gesto enorme. E giusto. E dimostra invece la parità degenere della politica quando si occupa solo di sopravvivere.

Ben fatto.

Buon lunedì.

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I candidati del centrodestra alle prossime elezioni regionali: pessime notizie per il Sud e per il Paese

Lo chiamano “accordo nel centrodestra” ma i nomi che sono usciti per le prossime elezioni regionali dicono chiaramente che Salvini ha perso al tavolo delle trattative con Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni e che, probabilmente, non è più l’indiscusso leader che sembrava in grado di dettare legge all’interno della sua coalizione se non addirittura di poterne fare a meno.

Giorgia Meloni riesce a candidare Francesco Acquaroli nelle Marche e l’inossidabile Fitto in Puglia lasciando al leader leghista la sola Toscana dove Susanna Ceccardi sembra non avere praticamente nessuna possibilità di vittoria. In Campania, ancora una volta, a sfidare De Luca sarà quello Stefano Caldoro che Salvini ha osteggiato fino all’ultimo minuto e che invece è riuscito a spuntarla. Si sa, del resto, che fu proprio Salvini a promettere mano libera agli alleati in cambio della candidatura delle Bergonzoni in Emilia su cui aveva scommesso tutto. Aveva scommesso tutto e ha perso. Ora paga pegno.

La politica è fatta di rapporti, rapporti che devono essere consolidati, nutriti, curati con attenzione e Salvini fin dall’inizio ha deciso di presentarsi come colui che poteva fottersene di tutto e di tutti, alleati compresi, per figurare come l’uomo forte che non aveva bisogno di nessuno. La sua pessima comunicazione in tempi di pandemia e la sua arroganza hanno finito per facilitare la crescite della sua alleata Giorgia Meloni e non è un caso che anche la sua leadership in vista delle prossime elezioni politiche sia già stata messa in discussione: “vedremo”, ha detto serafica la leader di Fratelli d’Italia.

Ma le candidature del centrodestra alle prossime elezioni regionali ci dicono anche altro: passano i decenni ma i capibastone sui territori rimangono sempre gli stessi, le elezioni sono una fotocopia di quelle precedenti come se non fosse accaduto nulla e come se non si fosse mosso il mondo intorno. La classe dirigente della Lega al sud è praticamente disastrosa ma anche gli altri partiti di centrodestra non trovano di meglio che proporre le stesse facce, con gli stessi modi, con gli stessi cognomi. E questa, comunque la si pensi politicamente, è una pessima notizia per il Paese, mica solo per il sud.

Leggi anche: De Luca vi fa ridere? La sua violenza verbale fa male alla sinistra ed è un regalo a Salvini

L’articolo proviene da TPI.it qui

Sulla Puglia e sulla democrazia

È una storia antichissima, che viene dalla notte dei tempi, quella del voto utile e di doversi presentare uniti alle elezioni. Su questo ogni volta ci si sfonda in contrapposte tifoserie: c’è chi dice che bisogna stare uniti per battere gli avversari e c’è chi dice che stare uniti se poi non si condividono gli stessi progetti e gli stessi ideali serve a ben poco anzi spesso serve proprio a fare votare gli avversari. Ognuno la pensi come vuole, è la democrazia, bellezza, e i pareri diversi e talvolta contrapposti sono il sale del dibattito politico, almeno su questo bisognerebbe essere d’accordo.

Certo le incongruenze dei comportamenti contano, andrebbero comunque ricordate per avere un quadro più chiaro della situazione: quelli che candidano Ivan Scalfarotto alla presidenza della Puglia sono gli stessi che quando stavano nel Pd contestavano addirittura l’esistenza di quelli che chiamavano partitini (li chiamavano proprio così) e condannavano le eventuali candidature al di fuori della coalizione di centrosinistra come personalismi e addirittura boicottaggi.

Sia chiaro: la democrazia consiste nella libertà di unirsi e di dividersi, per fortuna. E quindi da queste parti, dove spesso si è detto e scritto in difesa di quelli che rivendicano il diritto di non assomigliare a una coalizione si difende anche la libera scelta di correre da soli, come farà Scalfarotto in Puglia. Rimane però il dubbio che l’iniziativa politica di Renzi sia, per l’ennesima volta come è nella sua natura, una questione personale che assume connotati politici e a cui si appiccia una giustificazione che appaia come un’idea di governo regionale.

E allora facciamo un patto: i renziani, quelli che sono riusciti per anni a dirci che ogni iniziativa contro il capo Renzi fosse una questione di antipatia o una ricerca di un posto al sole ora ci chiedono scusa e ammettono che in politica capiti di non essere d’accordo, ci sia il diritto di non essere d’accordo.

Per il resto un grande in bocca al lupo a tutti i candidati delle prossime regionali. E un grande in bocca al lupo a questa politica che non riesce a dibattere se non scontrandosi e duellando, sempre pronta a contarsi piuttosto che a contare. Ne abbiamo bisogno, di fortuna, tutti.

Buon lunedì.

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Salta la lista di sinistra alle elezioni europee. E ora? Una soluzione di buonsenso ci sarebbe

“Ancora una volta, e nemmeno di fronte a questo ondata di sovranismo, si è capaci di fare squadra. A questo punto c’è chi sostiene sia meglio investire su una lista ecologista più verde che rossa. Oppure ci sarebbe la soluzione di buonsenso”. Il mio commento per Tpi.it

San Luca, scaduti i termini: nessuno si presenta alle elezioni: “Tanto non servono a niente”

Anche quest’anno nel comune di San Luca (conosciuto per i clan di ‘ndrangheta che infestano il paese) non si svolgeranno le elezioni. Nessuno ha deciso di raccogliere la sfida elettorale e gli stessi cittadini si dicono più tranquilli di un commissario prefettizio piuttosto che un politico. Ed è una sconfitta di cui forse sarebbe il caso di discutere. Ma non ne discute nessuno.
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Elezioni 2018. Tre risposte a “Il Salto”

(fonte)

Elezioni 2018. Tre domande a… Giulio Cavalli, candidato con Liberi e uguali

«Per brevità chiamato artista», dice di sé. Giulio Cavalli in questi anni lo abbiamo letto e apprezzato sui palcoscenici di molti teatri. Alle prossime elezioni del 4 marzo è candidato alla Camera dei deputati al collegio di Monza-Brianza, come indipendente per Liberi e uguali, in quota “società civile”. Non è alla sua prima esperienza elettorale, è già stato consigliere regionale in Lombardia nel 2010, eletto con la lista di Italia dei valori e poi passato a Sel. Il suo collegio non ha un “big” da sfidare ma un intero sistema. «Un collegio in cui il centrodestra ha tradito più di tutti la retorica dell’essere anti mafioso», dice Giulio. «È il collegio in cui, tra Lega e Forza Italia, il big che ho contro è la criminalità organizzata o addirittura il fascismo».

Verso il 4 marzo faremo “Tre domande a…” candidate e candidati, cercheremo di tirar fuori qualcosa di buono e utile dall’ennesima peggiore campagna elettorale di sempre. Le tre domande del Salto a Giulio Cavalli.

Riunioni a porte chiuse, assemblee, parlamentarie… Qualunque lettrice o lettore ti chiederebbe: com’è stata decisa la tua candidatura?
Per competenza e non per appartenenza. Di preciso, per le competenze in materia di criminalità organizzata, il collegio in cui sono candidato è una delle zone della Lombardia con la più alta densità ‘ndranghetista. Uno dei Comuni nel mio collegio è stato sciolto per mafia.

Nella vita scrivi e reciti. Perché hai accettato di candidarti?
Perché scrivere è un atto politico, e perché continuo a credere che gli editoriali scalfiscono molto poco – soprattutto in questo momento – una politica autoreferenziale. Perciò, un editorialista che riesce a tenere l’essere appuntito all’interno di una lista può far bene. Soprattutto perché, se ci pensi, a sinistra manca l’educazione all’autocritica. Probabilmente qualcuno pensa che candidare i giornalisti sia il modo migliore per smussarli… nel caso in cui l’avessero pensato di me approfitto per dire loro che non è così.

Se fossi un ministro ombra di Liberi e uguali, quale saresti e perché?
Il ministro alla solidarietà. È una parola che sembra improvvisamente diventata fuori moda, un Paese solidale è anche un Paese pronto a punire e fermare duramente le ingiustizie. Essere solidali non significa essere morbidi. Ma se devo dire la verità mi piacerebbe anche l’idea di un ministro all’antifascismo, e mi auguro che Liberi e uguali insieme a Potere al popolo possano essere i baluardi dell’antifascismo in questo Paese. Perché non si può essere moderatamente antifascisti, o lo si è o si è inequivocabilmente amici dei fascisti.