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femminicidi

Per l’8 marzo scriviamo alle donne un’altra storia

rectangleL’uomo è cacciatore. 
È da quando ho le orecchie per sentire che questo modo di dire ritorna inesorabile in ogni discorso in cui si voglia giustificare in un uomo l’attitudine all’incostanza sentimentale, l’insistenza ottusa nel corteggiamento o la frustrazione di chi si è visto sfuggire di mano la preda perché lei, rompendo le regole del gioco di ruolo, gli ha imposto un rifiuto netto e non previsto. Lo dicono i padri ai figli e le madri alle figlie; se lo ripetono tra loro gli amici ammiccanti con una pacca sulle spalle e lo mormorano le donne alle amiche con un’alzata di occhi al cielo, tutti con la stessa leggerezza: “he, che ci vuoi fare… L’uomo è cacciatore e la donna è preda”. 
Magari dopo averla detta sorridono. 
Non realizzano di avere dentro alla testa l’associazione micidiale tra seduzione e morte
Fanno finta di non ricordarsi che il cacciatore la preda la insegue per ucciderla.

Le donne in quella frase ascoltano una storia dove si dice loro che essere desiderate implica il rischio di essere uccise. 
Ogni volta che quella frase viene ripetuta, si consolida inconsapevolmente in chi ascolta la convinzione che quello che viene messo in scena a parole sia non solo accettabile, ma faccia addirittura parte della natura della cose: l’uomo insegue, la donna scappa, l’uomo spara, la donna muore, amico: che ci vuoi fare? Il linguaggio comune è pieno di espressioni simili. Chi le usa non pensa ai loro sottotesti, ma questi passano anche se chi li veicola non ne è perfettamente consapevole, perché le parole hanno un grande potere: confermano immaginari, consolidano visioni e generano realtà.

Il numero di donne uccise dagli uomini ogni anno in questo paese parla chiaro: per quanto si cerchi ancora di rubricarli come casi singoli di follia circoscritta, i femminicidi appaiono sempre più chiaramente come un fenomeno culturale, la radiografia di una società maschilista in crisi dove il prezzo della vita delle donne è messo in conto come danno collaterale alla perdita degli equilibri di ruolo. In questo processo di minimizzazione le parole che usiamo per raccontare gli uomini, le donne e le loro relazioni hanno un peso enorme e ancora troppo poco considerato da chi pratica parola pubblica e ha la responsabilità di renderne conto.

Una splendida e appuntita Michela Murgia, come sempre, da leggere piuttosto della mimosa.

Riscrivere i femminicidi: l’etica e il giornalismo

Prendete una notizia di Repubblica:

Notizia originale di oggi su Repubblica.it

Fano, uccide la moglie in un raptus di gelosia

L’uomo, di origini albanesi, ha accoltellato la donna, che ha tentato di difendersi inutilmente, dopo un violento litigio davanti ai quattro figli. Poi ha chiamato la polizia che lo ha arrestato

Un albanese ha ucciso la moglie questo pomeriggio, poco prima delle 16, a Fano, nell’abitazione della coppia in via Goldoni. Sembra che l’omicidio sia da attribuire alla gelosia dell’uomo nei confronti della vittima. L’uomo, che è un muratore di 40 anni, incensurato, ha accoltellato la moglie, 32 anni, al culmine di un litigio. La coppia ha 4 figli. L’albanese subito dopo l’omicidio si è costituito alla polizia. Ora è in commissariato in stato d’arresto. La vittima si chiamerebbe Mariola e l’aggressione sarebbe avvenuta davanti ai figli della coppia. L’uxoricida avrebbe infierito più volte con un coltello sulla vittima, che ha cercato inutilmente di difendersi.

Ora immaginatela riscritta con etica e responsabilità. Magari così:

Fano, giovane donna uccisa a coltellate davanti ai suoi figli.

Arrestato l’autore del violento femminicidio: era il marito.

Mariola F. aveva 32 anni e faceva la casalinga. Aveva quattro figli piccoli ed è proprio davanti a loro che oggi alle 16 suo marito S. F. l’ha assassinata alla fine di un litigio per futili motivi, accoltellandola ripetutamente mentre lei cercava senza esito di difendersi. Dopo aver compiuto l’efferato femminicidio l’assassino, un muratore di 40 anni, si è costituito alla polizia e ora si trova in stato di arresto al commissariato di Fano. I figli della coppia sono stati affidati ai nonni materni. Le donne che subiscono violenza psichica o fisica, fuori o dentro le mura di casa, possono denunciare chi le minaccia al numero 06.37.51.82.82 dell’associazioneTelefono Rosa, dove troveranno protezione e supporto legale e psicologico.

L’ha fatto Michela Murgia. E sarebbe un paese più civile. Sicuro.