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foglioline

Pur di parlare d’altro: “foglioline”

Quindi ora la discussione politica su Liberi e Uguali è tutta sulle “foglioline”. In molte e molti (curiosamente in gran parte provenienti dalla compagine del trio di governo Renzi-Alfano-Berlusconi) lamentano il fatto che Pietro Grasso ospite ieri di Fabio Fazio abbia indicato come “foglioline” le donne in riferimento al logo della sua lista che unisce la sinistra per le prossime elezioni.

 

Balzano all’occhio due questioni. La prima: da anni qualcuno a sinistra (inascoltato) parla di questioni di genere e di ambiente (a proposito: vi ricordate le grasse risate sulla Tampon Tax per abbassare l’iva sugli assorbenti? Ecco. Perché le facce sono più o meno quelle dei pontificatori di oggi) e oggi invece si riscoprono tutti sensibili per il logo di un avversario politico. Se ci deve essere un genere di questa ultima questione è da catalogarsi nell’ipocrisia. La seconda, più grave, è questa indignazione che si solleva su una frase mai pronunciata (a proposito di fake news o peggio fake politic). Ecco il dialogo (qui c’è il video):

 

Grasso: «C’è un liberi/libere, perché noi abbiamo come elemento fondante la parità di genere».
Fazio: «Cioè, le foglioline…?».
Grasso: «Ci sono delle foglioline accanto alla I che danno l’idea dell’ambiente per le foglie, e questa E che dà la possibilità di individuare le donne come elemento fondante della nostra formazione politica, del resto le madri, sorelle, compagne, lavoratrici sono veramente coloro che possono aiutarci a cambiare questo paese».

 

Il nesso foglioline-donne insomma non esiste. C’è l’ambiente (quello che oggi l’ISPRA certifica come devastato dal consumo di suolo su cui questa legislatura non è intervenuta) e c’è la volontà di individuare le donne come “elemento fondante”. Grasso dice “liberi/libere”. E poi c’è l’arguzia di Fazio.

 

Anzi, volendo vedere, ci sarebbe anche da discutere di una politica che (come nel Paese) fatica a declinare una classe dirigente al femminile e ci sarebbe da augurarsi (ne scrive Civati qui) di un’Italia femminile, plurale e costituzionale. Ci sarebbe da discutere di una modifica della legge sulle molestie e violenze sessuali (ne abbiamo parlato in una conferenza stampa alla Camera, evidentemente era meno interessante di una discussione sul simbolo) e ci sarebbe da  discutere di una parità che si raggiunge con le leggi piuttosto che con i simboli (e magari senza medievali Fertility Day). Questo, ci sarebbe. Ma è politica, sì, politica: e qualcuno si accontenta della baruffa. Ecco tutto.