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Francesco Curcio

Ma la soddisfazione del repulisti è breve

Siamo ancora in quel momento in cui l’eliminazione delle pedine precedenti viene considerata una vittoria, dove ad esempio le dimissioni forzate di Domenico Arcuri bastano per fare esultare elettori e per infervorare capi di partito che si appuntano la medaglia il merito della cacciata (su Arcuri sono Renzi e Salvini, curioso nevvero?) e dove “basta non vedere più certe facce” per sentirsi già meglio, secondo alcuni. Il governo Draghi è all’inizio della sua opera, sentimentalmente è ancora acerbo e il profumo della vendetta continua a spirare. Però alcuni fatti incontestabili si scorgono.

Innanzitutto in meno di una settimana Mario Draghi ha cambiato le persone apicali a cui è affidata la missione contro la pandemia. Non è una scelta di poco conto, soprattutto in un Paese che piuttosto avrebbe mediato, spacchettato e mischiato le competenze per tenere in bilico assetti nuovi e quelli passati. Di questo gli va dato atto: si è preso la responsabilità di imprimere una svolta (per ora almeno sui nomi e poi naturalmente anche sulle dinamiche) della distribuzione del vaccino e della gestione dell’emergenza. Ieri ha preteso le dimissioni del commissario straordinario all’emergenza Domenico Arcuri, prima aveva sostituito il capo della Protezione civile Angelo Borrelli richiamando Francesco Curcio e al coordinamento dei servizi segreti ha messo il capo della polizia Franco Gabrielli, al posto del diplomatico Piero Benassi.

Qualcuno in queste ore ci dice che la dipartita di Arcuri (che per ora cade perfettamente in piedi visto che è e rimane a capo di Invitalia) sarebbe “una vittoria della destra”: falso. Arcuri è, forse sì, uomo molto stretto a Giuseppe Conte ma le osservazioni sul suo operato sono arrivate da più parti. È l’Arcuri che ha fallito su tutta la linea con l’app Immuni, è l’Arcuri dei banchi a rotelle tra l’altro arrivati persino troppo tardi, è l’Arcuri delle costose e inutili primule come centri vaccinali, è l’Arcuri sempre tronfio in conferenza stampa che non rispondeva ai giornalisti o se rispondeva lo faceva con una querela, è l’Arcuri soprattutto che c’entra con l’inchiesta della procura di Roma per traffico di influenze illecito nell’acquisto di 1,25 miliardi di euro in mascherine cinesi intermediato da un giornalista Rai in aspettativa, Mauro Benotti, che ha ottenuto 12 milioni di euro per la mediazione che ha avuto 1282 contatti con Arcuri tra gennaio e maggio 2020. Insomma Arcuri ha molto da spiegare e molto da farsi perdonare e anche su queste pagine ne abbiamo scritto spesso.

Ieri sui social girava una card di pessimo gusto di PiùEuropa (quelli che dovrebbero essere seri) che diceva “ciao #Arcuri” con la scritta “Liberisti da divano te salutant”. Salviniani e renziani hanno esultato sbracciandosi. Siamo ancora nel tempo del rancore. E intanto ci ritroviamo pezzi di esercito a gestire la pandemia, con l’aria di un’idea militarizzante che ricorda tanto ciò che fa Bolsonaro in Brasile. E a nessuno viene il dubbio che per quel compito ci sarebbe, proprio per sua natura, ad esempio anche la Protezione civile. Ma quando finirà la voglia di rottamazione, finalmente, osserveremo e giudicheremo i risultati.

Buon martedì.

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Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

A proposito del “Prinicipe” Giannini

Ne avevo scritto in tempi non sospetti (qui) e ora è rinviato a giudizio:

Giannini9192C’è anche Giuseppe Giannini, ex calciatore della Roma e della Nazionale e oggi ct della Nazionale libanese, tra le 104 persone rinviate a giudizio ieri nell’ambito dell’operazione Aracne: l’inchiesta è quella dei pm Francesco Curcio e Marco Del Gaudio, che nel gennaio dello scorso anno rivelò quanto massicci fossero gli interessi del clan Contini su Roma. La decisione del gup Rosa De Ruggiero è arrivata appena in tempo per evitare che scadessero i termini di custodia cautelare per numerosi imputati: proprio per questo udienze straordinarie erano state fissate il 31 dicembre e il 2 gennaio.
I reati, contestati agli imputati a vario titolo, sono associazione di stampo mafioso, estorsione, riciclaggio di denaro sporco, intestazione fittizia di beni e frode nelle competizioni sportive. Proprio quest’ultimo reato è contestato a Giuseppe Giannini; l’aggravante della matrice camorristica, contetsata in un primo momento dai pm, è caduta dopo l’avviso di chiusura delle indagini preliminari. Il processo comincerà il 17 febbraio prossimo davanti alla III sezione del Tribunale, collegio B. L’ex calciatore della Nazionale è stato in rapporti di amicizia Salvatore Righi, considerato un prestanome del boss Eduardo Contini, potentissimo capoclan del Vasto: il figlio Ivano è stato infatti fidanzato con Francesca Giannini. Nel campionato 2008 – 2009 Giannini allenava la squadra del Gallipoli, militante nel campionato di Lega Pro, Prima Divisione, girone B. Per consentire la promozione della squadra, i Righi, secondo l’accusa, in concorso con Giannini e con il direttore sportivo del Gallipoli, Luigi Dimitri, corruppero con 50.000 euro alcuni giocatori del Real Marcianise. La penultima partita di campionato, giocata a Lanciano, si era conclusa per il Gallipoli con la sconfitta di 2 a 1. Per ottenere la promozione era dunque decisiva l’ultima gara: si giocò il 17 maggio e la squadra salentina si impose per 3 a 2 su quella casertana. Il Gallipoli ottenne con 63 punti la promozione in serie B e il risultato fu definito «storico». «I calciatori del real Marcianise coinvolti nella frode — scriveva nell’ordinanza di custodia cautelare il gip Raffaele Piccirillo — sono tutti originari della zona del Buvero (cioè del Borgo Sant’Antonio Abate, ndr) e sono tutti legati a Tommaso Cristiano, il figlio del boss continiano della zona».
La vicenda della gara truccata era stata definita emblematica dal gip: «Seppure non direttamente attinente al compito riciclatorio dei Righi, colora la prova dei saldi legami di Salvatore e Ivano Righi con il clan Contini e in particolare con la famiglia Cristiano, che coordina le attività di quel clan nel Borgo di Sant’Antonio». Giuseppe Giannini, che ha 51 anni, nella sua quasi ventennale carriera di calciatore, come recita Wikipedia, ha vestito per quindici anni la maglia della Roma, diventando anche suo capitano, e per 47 volte quella della Nazionale A. Ha militato nelle file di Sturm Graz, Napoli e Lecce. Dal 2004 è allenatore. Il 28 giugno 2013 è stato nominato nuovo selezionatore della Nazionale libanese.

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