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francesco paolo tronca

Ancora ancora ancora mafia dentro EXPO

Lo avevamo riportato qualche tempo fa in questa inchiesta: il rischio che le imprese in odor di mafia escano dalla porta di Expo per rientrarvi dalla finestra è altissimo, probabilmente è già la normalità. Sei mesi dopo la conferma: a margine della seduta del 24 novembre della Commissione Parlamentare Antimafia in trasferta alla prefettura di Milano si apprende che, lo riporta Il Giorno, tre imprese che erano riuscite a vincere i lavori per spazi espositivi esteri sono già state allontanate dai cantieri perché in odore di mafia. E in alcuni casi si tratta di imprese che avevano già tentato l’approccio con Expo: «Cacciate dalla porta, hanno cercato di rientrare dalla finestra» ha detto il presidente della commissione Rosi Bindi. Poteri paranormali? No, anzi, come abbiamo riconosciuto noi una possibilità di «uscire dalla porta e rientrare dalla finestra», così l’hanno riconosciuta pure le imprese.

Gli espositori esteri infatti non erano tenuti alla firma obbligatoria dei protocolli antimafia, così solo in 7 su 53 hanno aderito in questi mesi ai protocolli antimafia. All’epoca del nostro primo pezzo sul tema era addirittura la sola Germania ad aver firmato. Ieri, solo ieri, «Su decisione del prefetto Francesco Paolo Tronca e del commissario unico Giuseppe Sala – spiega la Bindi, ripresa di nuovo da Il Giorno – è stato chiesto ai Paesi ospiti di presentare la lista delle imprese che si sono aggiudicate i lavori per la realizzazione dei loro padiglioni».

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Questa volta però nessuna facoltà, ma un obbligo. Lo stesso prefetto di Milano Francesco Paolo Tronca ha informato la commissione antimafia che le interdittive sono ormai più di 60. Sono 63. «Le ultime 7 – ha spiegato la presidente della commissione parlamentare antimafia – sono state firmate l’altroieri e hanno colpito, di nuovo, aziende che si erano aggiudicate appalti per opere connesse o per i lavori di allestimento del sito».

Si è poi parlato di “opera di prevenzione antimafia” per evitare di perdere tempo e sperperare denaro. Inutile dire che a nemmeno sei mesi dall’inaugurazione di Expo se ancora si verificano eventi come questi, per quanto efficaci possano essere le interdittive o meno, sembra essere sempre tardi per accennare alla prevenzione.

(fonte)

Toh: alla fine c’è la ‘ndrangheta in Expo

Parola di Prefetto, mica di “sedicenti” antimafiosi. Ma non ci avevano parlato di strumenti, commissioni e di promesse? Chi ne risponde?

Il Prefetto di MilanoFrancesco Paolo Tronca, nella sua relazione alla Commissione Parlamentare afferma la certezza di infiltrazioni mafiose negli appalti di Expo 2015. Lo afferma davanti al presidente della CommissioneRosi Bindi lo scorso dicembre. Il rischio che nei lavori di Expo partecipino imprese legate al sistema della mafia è elevato e concreto. Diversi sarebbero gli episodi di intimidazione registrati nelle inchieste passate. Già nella inchiesta Crimine-Infinito del 2010, il dato della partecipazione mafiosa è molto più che un sospetto. E’ un vero e proprio elemento concreto. Sempre in Commissione Parlamentare Antimafia, il Prefetto Francesco Paolo Tronca, parla di numeri precisi. In data 14 dicembre 2013 sono più di 2 mila i fascicoli presi in considerazione per attività collegate ad Expo. Il risultato del controllo antimafia consiste in 29 interdittive, 10 interdittive atipiche che non implicano l’esclusione dell’azienda alla partecipazione di Expo, 6 società non ammesse nella White List. Inoltre, ci sarebbero altre società non ancora prese in considerazione dal controllo antimafia. Nuove imprese, nate di recente, che non sono ancora state censite dalle Prefetture competenti per territorio, ma che lo saranno a breve. E non è tutto. Poi ci sarebbero i risultati del controllo di legalità effettuato su imprese che non sono direttamente inerenti ad Expo. Sono le opere connesse alla Esposizione Universale, come la TEM(Tangenziale Esterna di Milano) che detiene il primato delle interdizioni. Il Procuratore aggiunto Ilda Boccassinisottolinea che tra le associazioni criminali coinvolte nei lavori di Milano il record di partecipazione spetta alla ‘Ndrangheta. La ‘Ndrangheta, caratterizzata da una struttura di”anarchia organizzata”, avrebbe un concreto interesse a prendere parte agli appalti di Milano. Interessi e legami con il mondo delle imprese e della politica. Expo rappresenta un’ottimo affare per mafiosi e corruttori. Quindi, non solo infiltrazioni mafiose, ma anche funzionari corrotti. Dario Comini, coordinatore di sicurezza in Expo e funzionario della Metropolitana Milanese, avrebbe incassato illecitamente alcuni benefit dalla Cmc, società di Ravenna. Secondo una inchiesta giudiziaria della Procura di Milano, Comini, avrebbe poi avuto, senza giustificato motivo, il possesso di un’Alfa Romeo Giulietta, una scheda carburante per 4 mila euro e una tessera telepass.

Sempre il solito, inguaribile Ortomercato di Milano e le mafie

Questa volta c’è un Prefetto che avverte la Commissione Parlamentare Antimafia senza remore o negazionismi con una relazione di cinquantasei pagine consegnata alla Presidente Rosy Bindi e ai membri di Commissione. Nomi e cognomi che sono sempre gli stessi che continuano a circolare da decenni cambiando al massimo di una generazione raccontando benissimo come l’attività investigativa e giudiziaria non bastino per estirpare ma al massimo a “cogliere”. Il Comune di Milano ha tutti i saperi a disposizione per segnare un cambio di rotta forte e deciso e, come continua a ricordare Pisapia, una “legalizzazione” dell’Ortomercato sarebbe un successo per la città. E noi ce lo aspettiamo anzi: lo pretendiamo. Ne scrive Davide Milosa:

 Nelle 56 pagine della relazione consegnata a deputati e senatori arrivati in trasferta sotto al Duomo il 13 dicembre 2013, viene dedicato ampio spazio al rischio d’infiltrazione mafiosa all’interno dell’Ortomercato definito un “centro particolarmente esposto agli interessi dei clan”. Di più: l’infrastruttura che per la distribuzione alimentare copre un bacino di utenza di circa 10 milioni di abitanti, è “un terreno d’elezione dominato dalle diverse espressioni della mafia siciliana (in particolare quella gelese) con la quale, negli anni, hanno collaborato anche clan della camorra e cosche della ‘ndrangheta”. Da questo ragionamento emerge il dato inquietante della presenza di alcune società di movimento terra delle famiglie Trimboli e Catanzariti a loro volta legate alla cosca Barbaro di Platì che da anni pianifica i suoi affari criminali da ville e bar del comune di Buccinasco. Mafia di altisismo livello. Tanto che una recente indagine della Dda milanese ha indicato in Rocco Barbaro, detto u Sparitu, il nuovo referente della ‘ndrangheta in Lombardia.

La vicenda segnalata dal Prefetto al presidente della commissione Rosi Bindi emerge dopo un mirato controllo della Dia nel cantiere del nuovo mercato avicunicolo aperto nel Lotto 3 di via Lombroso esattamente contiguo a quello ittico. L’appalto viene vinto il 17 settembre dalla società Christan Color. Il 23 ottobre Sogemi consegna il cantiere. Quindici giorni dopo si presentano gli investigatori della Direzione investigativa antimafia. In mano hanno un decreto del Prefetto, datato 6 novembre 2013, che invita a eseguire controlli sui camion del movimento terra, settore dell’edilizia nel quale la ‘ndrangheta detiene il monopolio assoluto. Nel mirino così finiscono sei società di trasporti. Ma è su due che pesano forti sospetti di collegamenti con la criminalità organizzata. Alla base ci sono rapporti di affari tra alcuni trasportatori e gli uomini del clan, oltre a frequentazioni “rilevate nell’attività info-investigativa”. Una contiguità, ragiona il Prefetto, “desunta anche dalla presenza di automezzi su terreni nella disponibilità della suddetta famiglia”.

Con in mano questi dati, l’avvocato Stefano Zani, direttore generale di Sogemi, il 17 novembre 2013 decide di chiudere il cantiere. Contemporaneamente scrive all’azienda appaltatrice e alla Rial sas, titolare del subappalto per il movimento terra, intimando entrambe a non far entrare i camion delle sei aziende di trasporti. Quindi invia un esposto alla Procura di Milano “per gli accertamenti su eventuali profili penali”. Naturalmente Sogemi come anche Christian Color non hanno responsabilità nell’aver aperto le porte dell’Ortomercato ai mezzi delle cosche. Colpe, penalmente non rilevanti, potrebbero, invece, essere date alla Rial che da subappaltatrice affida il lavoro “di sbancamento, con carico e trasporto agli impianti di stoccaggio”, alle sei società finite sotto la lente dell’antimafia milanese. In particolare, ragiona Sogemi, la responsabilità di Rial è legata alla ritardata comunicazione delle imprese poi utilizzate per movimentare la terra. Da qui l’ipotesi di revocare alla stessa Rial i lavori. Revoca che potrebbe arrivare già la prossima settimana e potrebbe diventare operativa fra 15 giorni. Intanto negli uffici della Dia in via Mauro Macchi gli investigatori del capo centro Alfonso De Vito stanno ultimando le interdittive antimafia che riguarderanno due società di trasporti.

Insomma, al di là del caso particolare sulla cosca Barbaro, i Mercati generali restano un obiettivo prediletto dei clan. Tanto che spesso dal suo monitoraggio gli investigatori prendono spunto per inchieste che poi nulla hanno a che vedere con l’Ortomercato. E’ successo poche settimane fa per l’arresto di Antonio Papalia, classe ’75, fermato per droga e associazione mafiosa. Il suo nome emerge da un fascicolo poi archiviato aperto dalla Procura di Milano su alcuni episodi di estorsione all’interno della struttura di via Lombroso 54. Stesso civico al quale faceva riferimento fino al 2009 la società di agrumi di Antonio Piromalli, figlio del capo dei capi della ‘ndrangheta della Piana di Gioia Tauro.