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Lo spacciatore di “spacciatori dal Gambia”

“Vendere droga da oggi è legale se sei disoccupato! Lo affermano i Giudici del Tribunale del Riesame di Milano! Condividi se sei indignato!!!”

E poi.

«Il pusher rimesso in libertà: “Si mantiene con lo spaccio”» titola quel quotidiano buono per incartare il pesce che sulle bufale e sul terrorismo si mantiene in vita.

E poi.

“Spaccia droga per necessità”

E alla fine, ovviamente, con il tempismo delle mosche arriva lui: «Roba da matti. Un immigrato del Gambia, con precedenti penali, beccato a spacciare morte, è stato scarcerato perché per i giudici del tribunale di Milano: “Vendere droga è la sua sola fonte di sostentamento”. Poverino…» ha twittato il ministro dell’inferno Salvini.

Ma davvero c’è uno spacciatore che è stato assolto e scarcerato in giro per Milano, graziato dal fatto che spacciare sia il suo unico sostentamento economico? No, ça va sans dire.

C’è un presunto spacciatore che è stato fermato con cinque pastiglie in tasca (e quindi nemmeno in flagranza di reato come scrive qualcuno). C’è un Tribunale del Riesame che ha valutato l’opportunità di tenerlo in carcere in attesa di giudizio. Avete letto bene: quest’uomo non è ancora stato giudicato. E, spiace dirlo a qualcuno che non se n’è ancora reso conto, non valgono Facebook e Twitter come giurie popolari (anche perché altrimenti Berlusconi sarebbe diventato Mandela, in tempi piuttosto recenti). La carcerazione preventiva è possibile solo se ci sono i presupposti stabiliti dalla legge e non è un vezzo del giudice di turno. Quando i giudici scrivono che il reo non ha nessuna fonte legale di reddito lo scrivono per avvalorare l’accusa, mica la difesa. Ci sarà un processo che accerterà le responsabilità e, nel caso, emetterà sentenza di condanna.

Ci sono però alcuni particolari su cui soffermarsi: il dibattito a cui avete assistito è spazzatura, le informazioni che vi hanno dato sono volutamente incomplete se non addirittura false.

E poi.

Salvini ci si è buttato perché il reo è gambiano. Come al solito. Ma Salvini è ministro dell’Interno, al governo, addirittura vicepremier: ogni volta che Salvini twitta indignato una presunta schifezza italiana sta rubando tempo a se stesso che è profumatamente pagato per studiarla e risolverla.

E infine: Salvini non ha rimesso in libertà il principale imputato del furto di 49 milioni di euro. Ha fatto di peggio: Umberto Bossi se l’è portato in Senato e si prepara a cambiare il nome al proprio partito per non restituire il malloppo. Vicepremier del governo finge di avere perso i documenti per passarla liscia, è finita la pacchia!, scriverebbe lui.

Buon lunedì.

Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui https://left.it/2018/09/03/lo-spacciatore-di-spacciatori-dal-gambia/ – e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

Dopo 22 anni il Gambia cambia.

Aveva detto “guiderò il paese per un miliardo di anni” invece dopo ‘soli’ 22 anni, il presidente del Gambia Yahya Jammeh ha riconosciuto la sconfitta elettorale contro lo sfidante Adama Barrow e si prepara a lasciare il potere. “Il popolo ha deciso che devo fare un passo indietro” ha dichiarato in un messaggio alla nazione trasmesso dalla televisione di stato il leader gambiano, alla guida del piccolo paese africano da quando 29enne salì potere nel 1994 con un colpo di stato militare. Jammeh ha riconosciuto la “chiara vittoria” del candidato di opposizione, al termine di una notte scandita dal conteggio dei voti, che molti gambiani hanno seguito alla radio in un clima di entusiasmo misto a timore.

I timori prima del voto

La paura di molti – smentita dalla dichiarazione di poche ore fa del presidente – era legata al fatto che quest’ultimo potesse rifiutarsi di riconoscere il risultato delle urne, alimentando disordini tra i sostenitori delle due parti. Invece, l’annuncio dei risultati definitivi – oltre il 45% dei consensi per lo sfidante contro il 36% circa del presidente uscente – è stato accolto con caroselli e gente in piazza nella capitale Banjul.

Un leader eccentrico e spietato

Nei 22 anni in cui ha guidato il Gambia con il pugno di ferro, il dittatore africano si è conquistato la fama di leader tra i più eccentrici e spietati del continente. In più di un’occasione ha dichiarato di possedere poteri taumaturgici che guariscono dall’Aids e dall’infertilità, e ha dichiarato da un giorno all’altro il paese “una nazione islamica”. Ultraconservatore e strenuo repressore di oppositori politici, attivisti, gay e giornalisti, Jammeh lascia un’economia disastrata e uno stato che – sebbene le piccole dimensioni e una popolazione di appena due milioni di persone – figura tra i primi nelle liste di quelli da cui i giovani africani cercano di fuggire.

Fino alla fine, Jammeh ha represso e incarcerato i membri del Partito Democratico Unito di opposizione che però ha potuto contare su un forte sostegno della popolazione e, dal punto di vista economico, dei gambiani all’estero.

Chi è Barrow lo sfidante che ha vinto

La sua principale intuizione è stata quella di mettere d’accordo tutte le formazioni di opposizione ad esprimersi con un solo candidato. Si è rivelata la mossa vincente di quello che oggi il New York Times definisce “un presidente per caso”, divenuto lo sfidante prescelto dopo che altri soo morti o sono stati incarcerati. In campagna elettorale ha promesso di voler lavorare con la comunità internazionale per cercare di ripristinare l’economia e la sanità, di voler favorire l’accesso all’educazione base e riportare il Gambia tra i paesi che rispettano i diritti umani.

Un esempio in controtendenza

Il timore di molti, ora, è che nei due mesi che mancano alla sua destituzione e all’insediamento di Barrow, il presidente uscente possa escogitare qualcosa per non rispettare il voto popolare. Preoccupazioni che tuttavia non devono offuscare quanto accaduto nel piccolo paese, incuneato nel Senegal se non per il suo affaccio sull’Atlantico. Si tratta infatti un evento che va in direzione contraria a quanto solitamente e, sempre più spesso, accade in buona parte dell’Africa dove i leader al potere da decenni, tentano di modificare la Costituzione per estendere il mandato o , in alternativa, indicono elezioni quasi sempre solo per vincerle.

(fonte)