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gianni de gennaro

Pesta e fai carriera: come sono finiti in alto i poliziotti del G8

Marco Preve scrive per Repubblica un articolo importante per non dimenticare e per capire come viene scelta la classe dirigente di questo Paese:

GIANNI DE GENNARO FOTO ANDREA ARRIGA

Banche, squadre di calcio, aziende di Stato. In attesa di indossare di nuovo la divisa. Ricche consulenze per i big rimasti (temporaneamente) fuori dal corpo, e neppure un giorno di sospensione per i capisquadra che guidarono gli agenti torturatori. Con i protagonisti di una delle pagine più nere della democrazia italiana, in fondo, la sorte non è stata così maligna.

Ed è anche questo aspetto, quello di un’impunità quasi totale, che ha influito non poco nel giudizio con cui la Corte Europea dei Diritti Umani ha condannato l’Italia per le torture avvenute all’interno della scuola Diaz al G8 genovese del 2001. La Corte di Strasburgo ha sottolineato che di fronte al semplice sospetto di gravi abusi commessi da appartenenti alle forze dell’ordine la Convenzione dei Diritti dell’uomo prevede l’allontanamento degli stessi dalle posizioni che occupano già nella fase d’indagine.

FRANCO GRATTERI
FRANCO GRATTERI

 

Invece per la Diaz è accaduto l’esatto contrario, molti di loro sono stati promossi questori, capi di dipartimento, prefetti, e da indagati e condannati hanno raggiunto livelli apicali. Quelli che hanno dovuto lasciare la divisa sono quasi tutti “caduti in piedi” e gli altri rappresentano ancora lo Stato nelle strade e nelle piazze d’Italia.

 

Gilberto Caldarozzi
Gilberto Caldarozzi

Quando nel luglio 2012 la Cassazione conferma le pesanti condanne di appello per falso (le uniche che si sono salvate dalla prescrizione a differenza delle lesioni gravi) Franco Gratteri è il capo della Direzione centrale anticrimine, Gilberto Caldarozzi, capo dello Servizio centrale operativo, Giovanni Luperi, capo del dipartimento analisi dell’Aisi, l’ex Sisde, Filippo Ferri, il più giovane, figlio dell’ex ministro e fratello del sottosegretario alla giustizia, guida la squadra mobile di Firenze. L’interdizione dai pubblici uffici obbliga il ministero ad espellerli.

GIOVANNI LUPERI

  Non restano a spasso per molto. Ferri diventa responsabile della sicurezza del Milan e per alcuni mesi è l’angelo custode di Mario Balotelli. Gilberto Caldarozzi lavora prima per le banche e poi viene chiamato come consulente della sicurezza a Finmeccanica dal suo vecchio capo, Gianni De Gennaro. Indiscrezioni raccontano che anche Franco Gratteri abbia avuto rapporti con il colosso di Stato ma dall’ufficio stampa dicono che non risulta. A Gratteri, nel 2013 il ministero pagava ancora un appartamento di servizio nel centro di Roma, ufficialmente per motivi di sicurezza.


 

filippo ferri
Filippo Ferri

Tra gli altri funzionari di vertice che si sono riciclati come consulenti c’è anche Salvatore Gava ex dirigente di squadra mobile che oggi lavora per Unicredit. Attività manageriale starebbe svolgendo anche un altro condannato per la Diaz, quel Fabio Ciccimarra che è stato condannato in appello (prescritto in Cassazione) per sequestro di persona per i fatti del G7 di Napoli alla Caserma Raniero, sempre nel 2001.

SALVATORE GAVA
SALVATORE GAVA

 

Ciccimarra da indagato in due processi e già con condanne in primo grado era un funzionario in carriera fino al 2012, quando il definitivo per la Diaz lo colse capo della squadra mobile all’Aquila. Vincenzo Canterini, il capo del reparto mobile di Roma dopo il 2001 ha avuto prestigiosi incarichi nelle ambasciate europee e una volta in pensione si è dedicato anche a rievocare, a modo suo, la vicenda Diaz in un libro.

Il suo vice Michelangelo Fournier, il funzionario che interruppe i pestaggi al grido di “basta basta”, che al processo parlò di “macelleria messicana”, ma che non fu mai in grado di individuare neppure un responsabile delle brutalità tra i suoi uomini, oggi è sempre in servizio e ricopre anche un ruolo sindacale.

FABIO CICCIMARRA
FABIO CICCIMARRA

Se, per questioni anagrafiche, i cinque anni di interdizione dai pubblici uffici mettono fuori gioco Gratteri e Luperi (anche se non sono vietate consulenze con i servizi segreti), per i più giovani non è escluso, ed è anzi previsto, un ritorno in divisa una volta scontato il periodo. Nessun esponente di governo ha infatti mai specificato che non saranno riammessi.

Potrebbero indossarla ancor prima due funzionari responsabili di condotte minori nella vicenda Diaz. Uno di loro è quel Pietro Troiani che diede ordine al suo autista di trasferire dal blindato al cortile della scuola Diaz il sacchetto con le molotov poi addebitate ingiustamente ai manifestanti. L’aver beneficato dell’affidamento ai servizi sociali per i pochi mesi da scontare non coperti dall’indulto consente infatti di ottenere la cancellazione dell’interdizione.

VINCENZO CANTERINI

 Grazie alla prescrizione per le lesioni gravi non hanno invece subito nessuna interdizione i capisquadra condannati: Fabrizio Basili, Ciro Tucci, Carlo Lucaroni, Emiliano Zaccaria, Angelo Cenni, Fabrizio Ledoti, Pietro Stranieri. Hanno continuato a fare il loro lavoro.

Addirittura il governo italiano, come si legge nella sentenza della Corte europea, non ha mai voluto informare i giudici di Strasburgo circa le sanzioni disciplinari adottate. E lo stesso sta facendo il ministro Angelino Alfano da due anni esatti. Nel maggio del 2013 i parlamentari di Sel presentarono un’interrogazione al Viminale per sapere quali misure disciplinari fossero state prese nei confronti dei condannati per la Diaz. La risposta deve ancora arrivare.

Solidali dalla parte sbagliata

Invece, a voler fare uno sforzo di giudicare le cose come in un paese normale, succede che un ex capo della polizia e oggi sottosegretario alla Presidenza del Consiglio si sia detto “solidale” con dei dirigenti di polizia condannati in via definitiva per aver mentito e cercato di occultare le violenze compiute nella scuola Diaz, e le cui responsabilità in quelle violenze non sono state sanzionate solo per prescrizione dei reati. Succede che il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio si metta dalla parte di chi, invece di proteggere delle persone, si è occupato di aggredirle, picchiarle, e far sparire le tracce di queste aggressione, cercando di addossare la responsabilità ad altri.

Succede, insomma, che ci aspetteremmo che un sottosegretario alla Presidenza del Consiglio oggi presenti le sue dimissioni, o che oggi lo stesso Presidente del Consiglio faccia in modo di ottenerle. Perché non è pensabile che si faccia come se fosse normale tutto questo, in un paese normale.

Luca Sofri scrive delle strabiche solidarietà di questo paese.

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Le due giustizie di Genova 2001

C’è una giustizia che assolve e addirittura promuove De Gennaro e una giustizia che condanna per devastazione e saccheggio. Ma il punto è politico e di memoria collettiva. Per questo ho firmato l’appello di 10×100 che ha un senso di memoria e libertà.

APPELLO ALLA SOCIETÀ CIVILE E AL MONDO DELLA CULTURA

La gestione dell’ordine pubblico nei giorni del G8 genovese del luglio del 2001, rappresenta una ferita ancora oggi aperta nella storia recente della repubblica italiana.

Dieci anni dopo l’omicidio di Carlo Giuliani, la “macelleria messicana” avvenuta nella scuola Diaz, le torture nella caserma di Bolzaneto e dalle violenze e dai pestaggi nelle strade genovesi, non solo non sono stati individuati i responsabili, ma chi gestì l’ordine pubblico a Genova ha condotto una brillante carriera, come Gianni De Gennaro, da poco nominato Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio.

Mentre lo Stato assolve se stesso da quella che Amnesty International ha definito “la più grande sospensione dei diritti democratici in un paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale”, il prossimo 13 luglio dieci persone rischiano di diventare i capri espiatori e vedersi confermare, in Cassazione, una condanna a cento anni di carcere complessivi, in nome di un reato, “devastazione e saccheggio”, che rappresenta uno dei tanti detriti giuridici, figli del codice penale fascista, il cosiddetto Codice Rocco.

Un reato concepito nel chiaro intento, tutto politico, di perseguire chi si opponeva al regime fascista. Oggi viene utilizzato ipotizzando una “compartecipazione psichica”, anche quando non sussiste associazione vera e propria tra le persone imputate. In questo modo si lascia alla completa discrezionalità politica degli inquirenti e dei giudici il compito di decidere se applicarlo o meno.

E’ inaccettabile che, a ottant’anni di distanza, questa aberrazione giuridica rimanga nel nostro ordinamento e venga usata per condannare eventi di piazza così importanti, che hanno coinvolto centinaia di migliaia di persone, come le mobilitazioni contro il G8 a Genova nel 2001.

Non possiamo permettere che dopo dieci anni Genova finisca così, per questo facciamo appello al mondo della cultura, dello spettacolo, ai cittadini e alla società civile a far sentire la propria voce firmando questo appello che chiede l’annullamento della condanna per devastazione e saccheggio per tutti gli imputati e le imputate.

Per una battaglia che riguarda la libertà di tutte e tutti.

Firma l’appello.

Hanno promosso il sangue a sottosegretario

scritto per IL FATTO QUOTIDIANO

Ha un curriculum di tutto rispetto. Era nella catena di comando de «La più grave sospensione dei diritti democratici in un Paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale» (cit. Amnesty International). L’ex capo della Polizia e capo gabinetto del Viminale, Gianni De Gennaro, è stato nominato sottosegretario di Stato e lascia quindi il Dis, Dipartimento informazioni per la sicurezza, che ha guidato per quattro anni, dal 2008.

Questo Paese ha un rapporto controverso con il sangue: piuttosto che farsene carico decide di scavalcarlo e, al limite, promuoverlo.

Abbiamo creduto che ci fosse da vergognarsi per la mancata commissione d’inchiesta sui fatti di Genova nel 2001 in occasione del G8 e invece siamo riusciti a fare di peggio.

E non stupisce che a correre per complimentarsi per una nomina così inopportuna siano stati in fila:Gianfranco Fini (che a Genova nel 2001 ha esercitato la propria idea di democrazia), Massimo D’Alema (e ti pareva), Francesco Rutelli, Pierferdinando Casini e (udite, udite) Schifani. A volte ti assale il dubbio che alcune ombre siano drammaticamente bipartisan, ora siamo più tranquilli: sono anche tecniche del governo dei tecnici.