Vai al contenuto

Giuliano Pisapia

Ma dove sono i “saggi” milanesi?

205811948--297347a5-785a-433d-903b-36afac92a31bFatemi capire: dove sono tutti i saggi e grandi esperti di politica milanese che si sentivano offesi quando si faceva notare come il “modello Pisapia” non esiste senza Pisapia? Ma davvero credono, a sinistra o giù di lì, che non si noti, da fuori e da lontano, la loro unica preoccupazione di “non sembrare quelli che rompono” e quindi preferiscono sembrare gli utili idioti del PD?

Tutto va ben.

“Non ci sono differenze tra ‪#‎SEL‬ ed il ‪#‎PD‬ nelle scelte importanti”

Parole di Laura Boldrini che, sostenendo la tesi anche di Giuliano Pisapia, sembra dimenticare Jobs Act e Sblocca Italia tutto in un colpo. Ed è la posizione, che personalmente trovo sbagliata e patetica se portata all’estremo, di chi sta cercando di non implodere in quel grosso cortocircuito che saranno le prossime elezioni amministrative. E così succede che per giustificare modelli funzionanti (ma io credo non ripetibili, ad esempio pensando a Milano) ci si spinga all’iperbole. Evviva.

“A Milano le primarie non sono scontate” dice la Serracchiani. Ma nemmeno il PD.

pisapia-renzi-400x241L’ho vissuto sulla mia pelle: Milano è la rappresentazione plastica di come esista una realtà territoriale molto diversa da quella nazionale. Ma non può più essere una scusa. La vittoria di Pisapia non ha nulla a che vedere con il PD che era (nel pieno dell’era Bersani) e tanto meno con quello di adesso (sono diventati tutti renziani quelli che ci si aspettava diventassero renziani e hanno pensato a governare invece tutti gli altri) e il PD milanese (e lombardo) è stato (troppo) spesso un ostacolo piuttosto che un alleato. Il PD non ha mai sopportato Pisapia né prima né adesso.

Quindi: la Renzi e la sua banda (oggi è la Serracchiani ma fa lo stesso) sanno che le primarie come già successo con Pisapia sarebbero un inutile fallimento come lo sono state anche le finte primarie di Ambrosoli per la Regione Lombardia, del resto ,un “patto civico” che i democratici hanno fin da subito letto come un “dentro tutti”.

E quindi non stupisce la stupida uscita della Serrachiani in cui dice che “le primarie a Milano non sono scontate”. Ma nemmeno il PD, lo è. E che sia la volta buona.

Finalmente Pisapia l’ha detto

203716938-72c8f183-ed0c-45c9-a85f-cef3a98ed167Domandano a Giuliano Pisapia: “Qualcuno sta cercando di distruggere l’esperienza milanese?”. E il sindaco, che quel centrosinistra in salsa ambrosiana – Pd e sinistra radicale – lo incarna, risponde così: “Più che un dubbio è una certezza, qualcuno a Roma crede che la realtà milanese sia un percorso da sconfiggere e non da replicare. Dico qualcuno, non tutti, dentro il Pd”.

Ma in ogni caso bisogna reagire: “Non possiamo lasciare che Milano venga fagocitata a livello nazionale, perché questa città è sempre stata un modello, è sempre stata avanti”. Niente di più, niente di meno, ma è abbastanza per mettere un po’ di pepe al dibattito che si è già aperto per il dopo Pisapia in vista delle elezioni comunali dell’anno prossimo.

Il pezzo su Repubblica finalmente dice quello che sembrava non si potesse nemmeno dire.

La rivoflessione arancione

Tra i tanti motivi per cui vale la pena leggere LEFT questa settimana (in edicola da ieri) c’è un pezzo che ho scritto raccogliendo le sensazione dei vari dirigenti di partito sulla rinuncia di Giuliano Pisapia a ricandidarsi sindaco di Milano. Devo dire che difficilmente ricordo un silenzio più rumoroso dopo l’annuncio di Giuliano (hanno finto di rammaricarsi ma non gli hanno chiesto di ripensarci) e ascoltando alcune voci sia del PD che di SEL si coglie quanto la rivoluzione arancione forse abbia faticato nel trovare dirigenti all’altezza. Ovviamente questo non lo dicono i vari segretari di partito ma ascoltandoli (e riportandoli su pagina) mi ha colto una grigia malinconia: sotto la brace brucia una mai sopita soddisfazione di vedere il civismo fallire e così il partitismo (nella sua forma peggiore) può ricominciare a dire di tutto senza dire niente, lasciando a Giuliano gli eventuali fallimenti e portandosi in campagna elettorale le note positive da rivendere alla prossima votazione. Peccato.

(Per chi crede che questo post sia anche pubblicità per LEFT: sì, certo. Mi auguro di avere a lungo un posto così comodo e umano per allenare il muscolo della curiosità)

LEFT di questa settimana: cosa ci abbiamo messo dentro

20150403_Left_N122015-800x500

La direttora Ilaria Bonaccorsi presenta il numero in uscita domani in tutte le edicole:

Il 6 aprile di sei anni fa L’Aquila tremava. Sei anni dopo L’Aquila teme. Teme di non tornare più alla vita.

Siamo tornati nella città con la macchina fotografica di Stefano D’Amadio che per Leftha realizzato un reportage e con le parole di Angela Ciano che ci ha accompagnato tra i vicoli di un “non luogo” abitato da operai, tecnici, capocantieri. “I mangiapolvere”, come li chiama il professor Colapietra.

La ricostruzione delle facciate procede ma è una ricostruzione sbagliata. Perché ha allontanato invece di riavvicinare, di unire la cittadinanza dispersa nelle new town di berlusconiana fattura. «La ricostruzione ha un carattere antiquiario, non c’è recupero urbano e sociale. Non c’è più quotidianità a L’Aquila…» racconta il professore, memoria storica della città e testardo abitante del centro storico. «Non ho mai voluto abbandonare i miei libri e i miei gatti». Leggerete la sua storia e le parole di Fabrizio Barca intervistato da Raffaele Lupoli, unico ministro (della Coesione territoriale dal 2011 al 2013) ad aver lavorato ad una strategia per il recupero della città: da una ricostruzione “autoritaria” era necessario passare a un vero proprio piano di sviluppo “da dentro” che mettesse in connessione natura e centri di competenza. Ma Renzi latita, così come una nuova regia per la città.

E poi tanto altro, Milano e cosa resta degli arancioni dopo la rinuncia di Giuliano Pisapia; una lunga e ragionata intervista a Sergio Cofferati che non risparmia critiche all’attuale segretario Cgil e fa il suo in bocca al lupo alla Coalizione sociale di Maurizio Landini; il gioco dell’oca delle leggi sulle Unioni civili, tra rinvii e stop con ritorno al via e apparenti lieti fine.

Negli esteri Maziyar Ghiabi ci racconta le banlieu parigine dopo Charlie Ebdo, dove tra islamofobia e violenza nasce il Red star football club e poi Bosnia e Yemen, nuova polveriera del Medio Oriente. In cultura Piero della Francesca, scienziato-artista e la grande mostra a lui dedicata inaugurata a Reggio Emilia; le meravigliose immagini delle grotte di Latmos. L’intervista ad Edgar Reitz nella quale ci racconta la storia dell’Altra Heimat, quando nel XIX secolo i tedeschi erano costretti a migrare in cerca di fortuna e per chiudere la musica dei Negrita. Buona lettura!

Sprecare anche Milano

t5_milano_galleria_4e6e5f70ed611_20110912_093720Il solito Guerini (che scopriremo essere “sinistro” piuttosto che di sinistra quando ormai sarà tardi) propone di fare di Milano ciò che è del Governo nazionale ovvero un bel miscuglio di democristiani dislocati qua e là immaginando quindi una coalizione ben diversa rispetto quella spostata a sinistra che ha eletto Giuliano Pisapia alle ultime elezioni.

Oltre ad essere l’ennesimo segnale di un PD ormai inesistente rispetto a ciò che voleva essere è anche l’occasione per vedere se SEL (o quel che ne resta) avrà un moto d’orgoglio. O quel che ne resta.

Enzo Baldoni: a Milano ci sarà una via

Buone notizie:

Il sindaco di Milano ha tempestivamente accolto l’iniziativa: “Nei prossimi giorni – ha scritto Pisapia su Facebook – incontrerò i rappresentanti dell’associazione Articolo 21 che, a dieci anni dalla sua drammatica scomparsa in Iraq, ha promosso una petizione su Change.org affinché venga dedicato ad Enzo Baldoni uno spazio nella città di #Milano. Richiesta a cui verrà dato sicuramente seguito.

L’articolo è qui.

Giuliano nel Paese delle Meraviglie

Esce un’Ansa con alcune dichiarazioni di Giuliano Pisapia:

(ANSA) – MILANO, 2 LUG – Le imprese straniere sono ”ben accette” per partecipare all’Expo ed investire anche successivamente tuttavia ”non possono pensare di venire qui a comandare come talvolta hanno fatto in passato”. Lo ha detto il sindaco di Milano GIuliano Pisapia all’assemblea di Anie-Confindustria spiegando che ”l’obiettivo deve essere la crescita comune e non l’espropriazione del territorio”.
    Quanto invece ai rischi di infiltrazione mafiosa ”gli anticorpi che abbiamo costruito – ha assicurato – hanno consentito di respingere tentativi di ingresso”. Citando Giovanni Falcone Pisapia ha ricordato che ”là dove ci sono soldi e imprese arriva la mafia, ma in Expo non è riuscita ad inserirsi grazie alle indagini della magistratura, ai controlli della Dia e anche della Polizia Locale”.
    Per questo Pisapia, riferendosi ad Expo ha affermato: ”io ci credo e l’immagine negativa che si è data non corrisponde alla realtà”. (ANSA).

Io non so se Giuliano davvero pensi che Milano sia così stupida da credere ancora nella differenza “a piacimento” tra mafia e corruzione come se l’una sia peggiore dell’altra, completamente slegate e non so nemmeno se sia a conoscenza di tutti i rivoli delle ultime indagini della Procura che indicano chiaramente come i “servizi” legati ad Expo siano materia di trattative mafiose. Certo rimpiango la negazione perenne della Moratti: almeno lei era ignorante, lui no.

Forse vale anche la pena ascoltare Dalla Chiesa qui.

EXPO: dopo le tangenti vogliono anche più soldi

Fabrizio Gatti squarcia un altro velo. In Lombardia e su Milano, tra Comune e Regione, (mi raccomando) continuate pure a stare tutti zitti, eh:

I lavori per l’Expo 2015 potrebbero costarci molto più del previsto. La Mantovani spa, la società che ha realizzato la piastra su cui saranno costruiti i padiglioni dell’Esposizione universale, pretende ora 110 milioni in più rispetto al prezzo che la stessa Mantovani aveva formulato per strappare l’appalto alle concorrenti. L’impresa è ora al centro dello scandalo tangenti a Venezia per il periodo in cui era amministrata da Piergiorgio Baita, già arrestato e condannato nei mesi scorsi. La capocordata, insieme con altre imprese appartenenti all’intera lobby parlamentare dal Pdl alla Lega Coop, si era aggiudicata il contratto più grosso di Expo con l’offerta di 165 milioni, partendo da una base d’asta di 272 milioni. Un ribasso che aveva scandalizzato perfino un politico navigato come il celeste senatore Roberto Formigoni, allora governatore ciellino della Lombardia e ora imputato per la corruzione sulla sanità.