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Giuseppe Nista

Domenico Nista e il fratello ammazzato: 18 omicidi in 5 anni in Lombardia dove la mafia non esiste

Un bel pezzo dell’amico Davide Milosa (ma va?) su Domenico Nista “Tyson” e il fratello Giuseppe Nista. Come avevamo raccontato.

Franco lo zoppoPeppe di CittanovaMaurizio detto Maurino, il Macellaio e Mannaia Dio. Alias di malavita. Pseudonimi da verbali di polizia. Nomignoli da strada. Che puzzano di cordite e cocaina. Gente abituata a sfrecciare a bordo di grossi scooter. Con i sedili armati di 357 magnum. Gente che spara e gambizza. Minaccia ed estorce. Picchia e recupera il denaro della roba. Ombre che girano “accavallate” (armate,ndr) da quando si alzano a quando vanno a letto. Balordi di periferia zeppi di denaro racimolato a suon di buste di droga, trafficate all’ingrosso e spacciate per quartiere. Soldati di un esercito che tra i palazzoni dormitorio di Milano controllano e comandano. In nome e per conto dei boss. Calabresi. Senza dubbio. Tradotto: ‘ndrangheta. Ma non quella che punta al business pulito o ai rapporti con la politica lombarda. Non quella che sorseggia calici di champagne. L’altra: quella che corre lungo i perimetri urbani carburando con pippotti e bicchierate di Vat 69.

Il risultato, però, non cambia. E anzi è ancora peggio. Perché tocca la vita quotidiana dei cittadini assediati da chi va per bar e spara. Picchia in mezzo alla strada. Magari davanti a donne e bambini. Senza scrupoli. Come cani rabbiosi. Non ieri, ma oggi. Perché le grandi indagini della procura di Milano, gli arresti numerosi e le cupole (vere o presunte) hanno offuscato l’allarme sociale della mafia: il controllo del territorio. E così oggi, a due giorni dai tre colpi di 7 e 65 che hanno ferito e poi ucciso Giuseppe Nista, 44 anni, balordo come sopra, la partita di quartiere giocata da boss e gregari ritorna su come un rigurgito. Perché Beppe Nista era un tipo da armi e cocaina. Pregiudicato e socio di uno sfasciacarrozze a Segrate. Qui, poche centinaia di metri dopo, in via dei Mille a Vimodrone, i killer lo hanno seguito e freddato.

Quarantotto ore dopo i carabinieri di Monza vagliano piste e spulciano verbali. Hanno un’idea? Più di una. Diverse. Forse Giuseppe Nista ha “scopato nel letto sbagliato”. Un’eventualità. Sulla quale pesa la modalità dell’omicidio. Mafiosa senza dubbio. E allora forse quel letto era di qualcuno di rispetto. O magari, e l’ipotesi viene ritenuta credibile, tutto sta nelle parole del fratello di Giuseppe. Lui come il Peppe di Cittanova o il macellaio legato ai boss di Rosarno, ha un soprannome: lo hanno sempre chiamato tyson per via dei modi spicci e del grilletto facile. In carcere ci finisce nel 2005. Sedici anni e pena blindata. Nel 2007, però, Tyson classe ’70, inizia a parlare con i magistrati della procura di Milano. Riempie verbali, almeno quattro, e soprattutto fa nomi. Decine di nomi. Un lungo elenco dal quale spuntano protagonisti e comparse di un brutto romanzo criminale. Ma c’è di più: nel 2010 Nista arriva in aula come testimone. A Monza dove si sta celebrando il processo contro la ‘ndrangheta accusata di essersi infiltrata negli appalti Tav. Alla sbarra ci sono personaggi di peso: la famiglia Paparo, legata alle cosche di Isola Capo Rizzuto, gente dal nome nobile come Arena e NicosciaTyson parla e accusa: tira in ballo i boss, colloca azioni, le descrive, entra nei particolari. Cita la cosca di Pioltello costituita da Cosimo Maiolo e Alessandro Manno. Gente di Caulonia che tira avanti con droga, pizzo e violenza. Poi Nista sposta il tiro e racconta degli affari diPio Candeloro, padrino in stile Soprano, oggi in attesa di giudizio nel processo Infinito.

Una sola audizione per dire molto, forse troppo. Quindi la beffa: niente programma di protezione. Ufficialmente Domenico Nista non sarà mai un collaboratore di giustizia. Solo otterrà, nel carcere di Torino, un regime speciale. I magistrati e i giudici, che nel processo ai Paparo, annulleranno l’accusa per 416 bis (mantenendo alcuni reati fine), ritengono provate le sue dichiarazioni ma non utili al processo, perché vanno troppo indietro nel tempo. Due anni dopo i killer gli uccidono il fratello.

Eppure è proprio da quei verbali, comunque allegati agli atti del processo e dunque acquisibili dagli imputati, che emerge un mondo di malavita del quale faceva parte il defunto Giuseppe Nista. “Mio fratello – dice Nista – in più occasioni mi mostrò diversi tipi di armi quali pistole, fucili a pompa e mitra, mi raccontò anche di avere la disponibilità di 50 chili di esplosivo al plastico (…). Non so dove occultasse le armi. E’ appassionato e va a sparare alla cava di San Maurizio al Lambro”.

Domenico Nista inizia a collaborare il 22 novembre 2007. Tyson si trova al sesto piano della procura di Milano. Racconta di una famiglia, il cui nome è noto tra le strade di Cologno Monzese e che nel 1999 fu coinvolta in un traffico di armi poi rivendute alla camorra. Parla di A.G. “Quando era ragazzino frequentava il bowling di Pessano con Bornago. Io lo vedevo prendere i soldi dai ragazzini, a cui portava via anche i ciclomotori, in sostanza faceva piccole estorsioni e chiedeva il “pizzo” nei locali”. A comandare, però, è il fratello V.G. “Mi disse che lui e i suoi erano affiliati alla ‘ndrangheta, mi raccontò che aveva “la terza”, cioè che aveva la possibilità di battezzare nuovi adepti e creare un’altra famiglia. Se ho inteso bene, il grado della “terza” dovrebbe corrispondere a quello di “sgarrista”.

Nista Tyson racconta che quelli hanno tentato di farlo fuori e che lui voleva vendicarsi. Ma poi, nel 2002, alla gelateria Visconti sempre a Cologno c’è un incontro con gli uomini dei Nicoscia. C’è da parlare di droga e di traffico. “Mi dissero che avremmo dovuto lavorare tutti insieme, sia per la droga, sia per le estorsioni ed aggiunse che già sulle estorsioni stavano lavorando loro. In sostanza, mi chiesero di lavorare con loro perché mi sapevano “uomo d’azione””. Non solo: Domenico Nista all’epoca tratta chili di droga. E per qualche tempo concilia affari e sentimenti. La sua donna, madre di sua figlia, “aveva il compito (…) di tenere la contabilità dei miei traffici, aveva un libricino in cui segnava tutte le entrate e le uscite sulla base delle mie indicazioni”.

Insomma, Mimmo Tyson Nista non è un boss ma nemmeno un “pisciaturi” qualunque. E’ uno che i piedi in testa mai. E sei i suoi quarti di nobiltà mafiosa se li è guadagnati tra i palazzoni di Milano, alcuni nomi che contano li conosce. Come Cosimo Maiolo: “Un personaggio di spessore”. E giù particolari: “Nelle baracche nella campagna di Seggiano di Pioltello c’erano degli incontri di “calabresi pesanti”. Ho partecipato anch’io in qualche occasione a queste riunioni, si faceva da mangiare e si parlava di traffici illeciti”. Da Caulonia a Rosarno, Tyson mette in agenda anche il nome di Pino Ferraro detto u Massune e del suo tirapiedi Giuseppe Celentano detto Peppe u macellaio. Nel carcere di Sollicciano, addirittura incrocia un tizio, soprannominato Mescal, che gli racconta di traffici di droga (cento chili arrivati a Ventimiglia) che coinvolgono uomini dei Ros.

E nonostante questo, le sue parole rimarranno per sempre lettera morta. Non serviranno ai giudici di Monza che le riterranno vere ma non utili. E nemmeno saranno utilizzate dalla procura di Milano che non avvierà indagini nemmeno su un’ipotesi di sequestro, così racconta Nista, ideato dal braccio lombardo dei Nicoscia ai danni della figlia di suo fratello. Oggi orfana di un padre ammazzato in un pezzo d’asfalto non distante dal cuore di una Milano che nel silenzio mediatico aggiorna a 18 gli omicidi di mafia negli ultimi cinque anni. La prima fu l’avvocato Maria Spinella(freddata da Luigi Cicalese, killer della ‘ndrangheta oggi pentito). L’ultimo Peppe Nista. In mezzo l’esecuzione di Carmelo Novella (2008) il capo delle cosche lombarde che voleva fare la secessione dalla Calabria e finì ucciso in un circolo di San Vittore Olona. E ancora: Giovanni Di Muro (2009), imprenditore vicino a Cosa nostra e spione per conto dei Servizi segreti. Poi Natalino Rappocciolo (2009) figlio d’arte e di mafia giustiziato a bordo strada, la sua auto bruciata, il corpo chiuso in un sacco con un testa di cane mozzata al fianco.  Il resto è cronaca di ieri e di oggi. Cronaca di mafia a Milano.

Sangue per terra: a Vimodrone ci rimane sparato Giuseppe Nista, il fratello di Tyson

Le notizie che arrivano vagliano tutte le piste possibili. Ma se l’omicidio fosse collegato alle dinamiche della criminalità organizzata l’indicazione è allarmante: nuovi equilibri cercano di assestarsi e probabilmente a qualcuno a Buccinasco stanno fischiando le orecchie.

Tre colpi di calibro 7 e 65 sparati da uno scooter in corsa. Tutti hanno raggiunto il bersaglio.Giuseppe Nista, pregiudicato 44 enne, nato a Melzo, legato ad ambienti della criminalità calabrese, è morto al Policlinico di Milano. Indagano i carabinieri di Monza comandati dal colonnello Giuseppe Spina.

Nista, che era titolare di uno sfasciacarrozze a Segrate, è stato colpito in via dei Mille a Vimodrone. Pochi minuti dopo le otto del mattino, uno scooter con a bordo due uomini si è avvicinato. La sparatoria è stata velocissima. Quindi la fuga. In zona nessun ha visto o sentito nulla. Tre ore dopo il decesso in ospedale. Gli investigatori indagano su diversi fronti. Anche se la matrice più gettonata resta quella del regolamento di conti. E’ mafia? Ancora non si può dire, anche se le modalità propendono per questa pista.

Se così fosse, quattro anni dopo l’omicidio di Carmelo Novella, a Milano tornerebbe a scorrere il sangue dei clan. Un’ipotesi, quella dell’ambito mafioso, sulla quale stanno lavorando i carabinieri di Monza. Giuseppe Nista, infatti, era il fratello di Domenico Nista, arrestato nel 2005 per traffico di droga e che a partire dal 2007 ha reso dichiarazioni all’autorità giudiziaria. Il suo nome compare in almeno due inchieste. La prima è quella che nel 2009 ha raccontato le infiltrazioni della ‘ndrangheta negli appalti della Tav. Un’indagine che però a processo ha visto cadere l’accusa di associazione mafiosa imputata dall’accusa alla famiglia Paparo. Nell’ambito di quella operazione il pm Mario Venditti annota nella sua richiesta alcune dichiarazioni di Nista sul rapporto tra i Paparo e la potente cosca Nicoscia di Isola Capo Rizzuto.

Le parole di Domenico Nista, soprannominato Tyson e che già nel 1995 era definito uno “spacciatore di medio calibro” vengono riprese dagli stessi carabinieri di Monza nella informativa conclusiva agli atti dell’inchiesta Infinito. In quel frangente Nista parla di Pio Candeloro, uno dei capi della ‘ndrangheta di Desio. “Dai Pio – racconta – ritiravo non meno di 5 chili per volta e la sostanza aveva un elevato grado di purezza”.

Decisamente particolareggiate sono, poi, i suoi racconti sulla locale di Pioltello comandata da Cosimo Maiolo e Alessandro Manno. Una locale che, raccontano i pm, fu aperta dallo stesso Carmelo Novella. “I due – annotano gli investigatori – vengono ricordati da Domenico Nista in occasione di più dichiarazioni rese in qualità di collaboratore di giustizia”. Qui “Nista più volte faceva riferimento ai Manno-Maiolo come persone che sono state in grado di gestire con la propria organizzazione, un vasto traffico di stupefacenti negli anni “90. Di più, il fratello dell’uomo ucciso questa mattina, sostiene di aver ritirato “dai Manno e Maiolo considerevoli quantità di stupefacente e che il loro rapporto si interrompeva dopo circa un anno e mezzo, dopo una lite che sfociava in un conflitto a fuoco” . Dopo tutto questo Domenico Nista non è entrato nel programma di protezione. E oggi si trova in carcere a Torino. Suo fratello, invece, è morto.