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ken loach

Daniel Blake secondo Leonardo Tondelli

«C’è chi dice che non è cinema, Ken Loach, e in effetti può darsi. Ma certi giorni mi sembra di non avere poi così bisogno del cinema, mi sembra di avere più bisogno di Ken Loach.»

Leonardo Tondelli scrive di Daniel Blake e Ken Loach e vale proprio la pena leggerlo:

«Daniel Blake un giorno era un signore che si fece arrestare fuori da un ufficio dell’impiego. Non ce la faceva più. Dopo un infarto il medico del lavoro gli aveva proibito di lavorare. La previdenza sociale, per dargli il sussidio, pretendeva che cercasse un lavoro. Così lui andava in giro cardiopatico per le officine, lasciava il suo curriculum, e il bello è che qualche lavoro glielo offrivano pure ma lui doveva dire di no, lui non poteva lavorare. Poteva solo cercare lavoro, anzi era obbligato a farlo.

(C’è chi dice che i film di Ken Loach non sono cinema. Tanto per cominciare sono tutti a tesi, e pure la tesi è sempre quella, non potrebbe almeno cambiarla un po’? E poi è sempre tutto così appiattito, così realistico – ma senza quella fissa per i dettagli dei cineasti che hanno pretese – in una parola, così televisivo).»

(continua qui)

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«Privatizziamo il suo funerale. Lo mettiamo sul mercato e accettiamo l’offerta più economica. È quello che avrebbe voluto»

(Ken Loach, via Lettera43

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Il centrosinistra secondo Ken Loach

“In Gran Bretagna si prepara a vincere, ma non credo che il centrosinistra esista: se si è a favore del mercato e della deregulation si è di destra, se si crede nell’economia pianificata e nella proprietà comune si è di sinistra, chi rimane al centro della strada di solito viene investito. Non so in Italia, ma da noi il centrosinistra si dice d’accordo a mantenere le misure di austerità e a proseguire le privatizzazioni, solo più lentamente. Ma se dovete essere comunque strangolati, il tempo non fa la differenza”. (Ken Loach)

Al Torino Film Festival Ken Loach proietta i diritti (in cambio del premio)

Una bella lezione di solidarietà:

COMUNICATO STAMPA DI KEN LOACH  SUL PREMIO DEL TORINO FILM FESTIVAL
È con grande dispiacere che mi trovo costretto a rifiutare il premio che mi è stato assegnato dal Torino Film Festival, un premio che sarei stato onorato di ricevere, per me e per tutti coloro che hanno lavorato ai nostri film.
I festival hanno l’importante funzione di promuovere la cinematografia europea e mondiale e Torino ha un’eccellente reputazione, avendo contribuito in modo evidente a stimolare l’amore e la passione per il cinema.
Tuttavia, c’è un grave problema, ossia la questione dell’esternalizzazione dei servizi che vengono svolti dai lavoratori con i salari più bassi. Come sempre, il motivo è il risparmio di denaro e la ditta che ottiene l’appalto riduce di conseguenza i salari e taglia il personale. È una ricetta destinata ad alimentare i conflitti. Il fatto che ciò avvenga in tutta Europa non rende questa pratica accettabile.
A Torino sono stati esternalizzati alla Cooperativa Rear i servizi di pulizia e sicurezza del Museo Nazionale del Cinema (MNC). Dopo un taglio degli stipendi i lavoratori hanno denunciato intimidazioni e maltrattamenti. Diverse persone sono state licenziate. I lavoratori più malpagati, quelli più vulnerabili, hanno quindi perso il posto di lavoro per essersi opposti a un taglio salariale. Ovviamente è difficile per noi districarci tra i dettagli di una disputa che si svolge in un altro paese, con pratiche lavorative diverse dalle nostre, ma ciò non significa che i principi non siano chiari.
In questa situazione, l’organizzazione che appalta i servizi non può chiudere gli occhi, ma deve assumersi la responsabilità delle persone che lavorano per lei, anche se queste sono impiegate da una ditta esterna. Mi aspetterei che il Museo, in questo caso, dialogasse con i lavoratori e i loro sindacati, garantisse la riassunzione dei lavoratori licenziati e ripensasse la propria politica di esternalizzazione. Non è giusto che i più poveri debbano pagare il prezzo di una crisi economica di cui non sono responsabili.
Abbiamo realizzato un film dedicato proprio a questo argomento, «Bread and Roses».
Come potrei non rispondere a una richiesta di solidarietà da parte di lavoratori che sono stati licenziati per essersi battuti per i propri diritti? Accettare il premio e limitarmi a qualche commento critico sarebbe un comportamento debole e ipocrita. Non possiamo dire una cosa sullo schermo e poi tradirla con le nostre azioni.
Per questo motivo, seppure con grande tristezza, mi trovo costretto a rifiutare il premio.

Ken Loach