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I numeri e De Luca

Il presidente regionale nei mesi scorsi ha alimentato la propria immagine da inscalfibile sceriffo di ferro. Ma il Covid non si combatte con i siparietti, come indicano gli ultimi dati sull’emergenza dalla Campania

Ha funzionato tantissimo il personaggio di De Luca sceriffo durante il Covid. Non solo lui, gli sceriffi ultimamente piacciono a tanti, soprattutto se si atteggiano ma poi invece lasciano fare, ma De Luca che dava al governo lezioni di muscolare arroganza e racimolava consensi con battute divertenti contro Salvini e la sua banda è diventato un trend anche sui social, anche tra i giovani: ogni conferenza stampa aveva una drammaturgia perfetta per diventare un filmato da fare girare fino allo sfinimento. I lanciafiamme da usare per sgomberare gli assembramenti, paternalismo à gogo e quell’immagine da inscalfibile sceriffo di ferro che si porta dietro fin dai tempi in cui era sindaco di Salerno.

Ieri i nuovi contagi in Campania (quelli intercettati dal tampone) erano 757, il giorno precedente 544 e se davvero dobbiamo scavare a fondo nelle responsabilità che stanno dietro i numeri (perché questo dovremmo fare, mica solo quando c’è da impallinare giustamente Fontana e Gallera) allora si potrebbe dire anche che in Campania i tamponi continuano a essere pochi, pochissimi: una media di 7.000 tamponi al giorno con un rapporto tra testati e positivi che è in continuo aumento. Con un rapporto così alto tra persone testate e positivi evidentemente qualcosa non sta funzionando e molto probabilmente qualcosa sta pericolosamente sfuggendo.

Code chilometriche di cittadini preoccupati che aspettano fino a otto ore sotto la pioggia, gente che si presenta di prima mattina per riuscire a ottenerlo, gente che infine rinuncia. La coda di fronte al Frullone, struttura dell’Asl Napoli 1, addirittura intralcia l’ingresso dei dipendenti. Eppure la Campania dall’inizio dell’emergenza ha speso in appalti qualcosa come 204 milioni tra il primo gennaio e il 30 aprile (lo dice l’Anac in una relazione depositata in Parlamento) spendendo più del Veneto, quarta regione dopo Lombardia, Toscana e Piemonte.

Dei 3 ospedali Covid solo quello di Napoli è perfettamente operativo mentre a Salerno e a Caserta tutto per ora tace mentre la Procura indaga per turbativa d’asta e frode in pubbliche forniture, in relazione alle procedure di aggiudicazione e di esecuzione dei lavori.

Insomma il Coronavirus non si sconfigge con le parole e nemmeno con i siparietti (e tantomeno negandolo) ma organizzando seriamente la solita vecchia storia delle 3 “t” che qualcuno sembra avere già dimenticato: testare, tracciare, trattare.

La campagna elettorale è finita, come direbbe De Luca “le parole stanno a zero” e forse sarebbe il caso di spiegare e di rispondere. A proposito di rispondere: il presidente della Campania qualche giorno fa ha vietato agli operatori sanitari di parlare con i giornalisti. Un po’ meno tifo, per favore, e un po’ più di governo. Perché il populismo è ammaliante per tutti, a destra e a sinistra.

Buon venerdì.

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Trump e lo show del Covid da cui uscire vincitore

L’ultimo in ordine di tempo è Donald Trump ma gli esempi si sprecano. Il presidente USA è risultato positivo al Coronavirus e la sua situazione continua a preoccupare i medici. Alcuni media USA rilanciano addirittura la notizia che il presidente avrebbe saputo di essere positivo fin dallo scorso giovedì, addirittura prima di apparire sul canale Fox ma non avrebbe rivelato nulla limitandosi solo a confermare la positività di alcune persone vicino a lui. Ma non è questo il punto: ieri Trump ha lasciato il Walter Reed Military Medical Center di Bethseda per un piccolo giro con il suo suv presidenziale salutando i suoi sostenitori richiamati con un messaggio su Twitter. Anche questo non stupisce: chi ha negato per mesi la pericolosità del virus (addirittura come nel caso di Trump mettendo in dubbio le statistiche sui decessi) e chi per mesi si è vantato di non indossare la mascherina (nel suo confronto televisivo con il democratico Biden Trump non ha esitato a prenderlo in giro proprio perché indossava sempre la mascherina) ha bisogno di un po’ di bullismo mediatico per rinverdire la propria immagine di uomo forte.

Fa niente che il suo show abbia messo rischio la vita di altre persone, questo sembra contare poco. Il dottor James Philips, assistant professor alla Georgetown University, chief of Disaster Medicine al dipartimento di Medicina di emergenza e analista della Cnn che frequenta anche il Walter Reed, è stato netto: «Ogni singola persona che si trovava nel veicolo durante il giro presidenziale completamente inutile ora deve essere messa in quarantena per 14 giorni. Potrebbero ammalarsi. Possono morire. Per una sceneggiata politica. Gli è stato ordinato da Trump che dovevano mettere a rischio le loro vite per una sceneggiata. Questa è follia». Ma il punto interessante è un altro: anche Trump, come molti dei leader politici che si sono ritrovati ad avere esperienza diretta della malattia, ha romanticizzato il suo contagio dicendo di avere imparato molto sul Covid, «è stata una vera scuola», ha detto in un video, ringraziando medici, infermieri e il personale sanitario. Accade sempre così: si nega un pericolo, ci si cade dentro, ci si affida alla scienza e alle regole che prima si sono sempre contestate e infine ci si riallinea velocemente per la paura di morire.

E qui si apre una disdicevole abitudine di quest’era: governanti e pezzi della classe dirigente che imparano la lezione solo se gli cade addosso personalmente, come se i numeri, le notizie, i fatti e le testimonianze non abbiano nessun effetto sulla loro consapevolezza, incapaci di essere riflessivi e empatici su quello che gli accade intorno a meno che non avvenga nel proprio ristretto cortile. E sono quegli stessi governanti che dovrebbero occuparsi delle situazioni più estreme, capaci di sentire tutti i cittadini come propri e capaci di solidarizzare anche e soprattutto con le condizioni lontane da loro. Sono gli stessi governanti (e pezzi di classe dirigente) che faticano a trovare il vocabolario delle povertà, delle disperazioni, dei soprusi e del calpestamento dei diritti dalla loro torre dorata dove vivono una realtà anestetizzata. Ma siamo davvero sicuri che abbiamo bisogno di politici che trasformino le proprie disgrazie in un reality da cui uscire vincitori come se lo scenario di un’intera nazione possa dipendere dagli accadimenti privati? Siamo consapevoli che esistono capi di Stato che hanno a disposizione una schiera di professionisti e di esperti e invece riducono tutto solo al proprio sentire?

Perché a questo punto allora viene il dubbio che potremmo sperare di avere scelte lungimiranti solo passando per l’esperienza diretta, allora dovremo aspettare che i nostri leader del mondo diventino poveri per riuscire a conoscere le povertà, vengano arrestati per rendersi conto della terribile situazione giudiziaria e carceraria, salgano su un gommone per provare l’ebbrezza di una migrazione disperata e così via all’infinito in un tour sentimentale che possa formarli per riuscire a governare. Sarebbe una disgrazia e una partita persa. Quindi attendiamo con fiducia e urgenza di avere leader con visioni larghe e inclusive, davvero, e riconosciamo una volta per tutte che la personalizzazione della realtà è forse il più sfortunato vizio che possiamo ritrovare in un personaggio politico. Stacchiamoci dallo show e pretendiamo governanti educati alla complessità. Ci farà bene a tutti, indipendentemente dalla parte politica. In fretta.

L’articolo Trump e lo show del Covid da cui uscire vincitore proviene da Il Riformista.

Fonte

«Essere antifascisti oggi significa essere contro il razzismo»

Se n’è andata Carla Nespolo, la presidente dell’Anpi e donna coraggiosa e forte. Ma Carla Nespolo ci ha lasciato una lezione che va tenuta bene a mente, va mantenuta in tasca ogni mattina a quando ci si sveglia e ci si alza per andare in giro per il mondo: essere antifascisti oggi è molto di più del fare memoria, significa esercitare memoria e adattarla ai tempi che sono e allargarla ai nuovi pericoli che avanzano.

«Essere antifascisti oggi significa essere contro il razzismo, contro chi approfitta anche della crisi sociale per far regredire politicamente, culturalmente, moralmente il nostro Paese», disse Carla Nespolo e qui dentro c’è tutta la battaglia che non bisogna avere paura di combattere. C’è in atto da tempo un vile giochetto, appoggiato anche da sedicenti liberali di un sedicente centrosinistra, di incasellare i vizi del fascismo e i suoi orrori in tempi storici che vengono considerati passati. C’è qualcuno anche dalle parti del presunto centrosinistra che insiste nel negare che essere antifascisti oggi significhi combattere i nuovi razzismi che hanno assunto nuove forme.

A proposito di lezioni. C’è un’altro punto da tenere bene in mente che Carla ci ha lasciato: in tutti i suoi interventi la presidente dell’Anpi ribadiva con forza che la Costituzione italiana non sia “afascista ma antifascista” e che quindi sia un obbligo costituzionale essere contro i fascismi, alla faccia dei tanti che non “sono né di destra né di sinistra” (che alla fine sono sempre di destra) e che vorrebbero elevarsi culturalmente facendo gli equidistanti.

Un ultimo punto: Carla Nespolo notava spesso, lo faceva in pubblico e in privato, quanto i sovranismi di matrice fascista fossero stati bravi a crearsi una rete internazionale e a essere in collegamento tra loro e quanto invece gli antifascisti fossero molto più distratti nel percepire e nel mettere in rete le esperienze degli altri. Un’internazionale antifascista, anche a livello europeo, è un progetto politico che urge da anni e di cui si parla pochissimo.

Insomma Carla ci ha insegnato che la memoria si esercita, mica ci si può ridurre a commemorarla. Se quelli che in questi ore mandano messaggi di affettato cordoglio vogliono rimboccarsi le maniche c’è parecchio da fare: il suo manifesto è chiaro.

Buon martedì.

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Casellati dice che sullo stato d’emergenza Covid qualcuno nasconde la verità. Ma allora faccia i nomi

Hai voglia poi a debellare i negazionisti, a smentire punto su punto tutti i cospirazionisti e ad avere a che fare con i complottisti, se in un Paese come l’Italia la seconda carica dello Stato, la presidente del Senato Elisabetta Casellati, riesce addirittura a rilasciare un’intervista su uno dei principali quotidiani del Paese come il Corriere della Sera e dire tranquilla tranquilla: “Sulla proroga dello stato di emergenza, prima di tutto occorre avere informazioni corrette, senza nascondere i risultati del Comitato tecnico. Se non abbiamo accesso alle informazioni, non possiamo dire nulla. Abbiamo bisogno di verità. Gli italiani sono stanchi di oscillare tra incertezze e paure, in una confusione continua di dati che impedisce tra l’altro di programmare il lavoro”.

Ed è una frase che lascia più che perplessi perché non è chiaro dalle parole della presidente chi starebbe “occultando” la verità e chi, se non lei, che si ritrova ad avere una delle più importanti cariche dello Stato e la più importante del Parlamento, dovrebbe garantire quella “corretta informazione” che proprio lei invoca.

La pubblicizzazione dei pareri del Comitato Tecnico Scientifico è un tema parlamentare ed è un tema politico che va affrontato a viso aperto senza bisbiglii che nulla hanno a che vedere con la responsabilità e l’etica politica. La presidente Casellati crede che qualcuno nasconda delle informazioni? Benissimo: lo dica chiaramente senza giocare di sponda e vedrà che molti si muoveranno per verificare le sue accuse, noi giornalisti per primi.

Il “clima di incertezza” di cui parla è l’inevitabile inquietudine di fronte ai numeri del contagio che salgono e di fronte a uno scenario che per tutto il mondo è praticamente sconosciuto. Adombrare ipotesi che a parlamentari e ai cittadini vengano nascoste informazioni corrette significa svilire di fatto proprio lo stesso Parlamento di cui Casellati è classe dirigente.

Crede che ci sia una regia per imporre uno stato d’emergenza non giustificato? Benissimo, lo dica a chiare lettere senza girarci troppo intorno e ci dia gli elementi oscuri che il Parlamento deve chiarire. Queste mezze frasi di mezza propaganda sono veleni che servono solo a intossicare il dibattito senza nessun elemento aggiuntivo.

“Due parole d’ordine che ci dovranno accompagnare nei prossimi mesi: responsabilità e coraggio”, dice la presidente del Senato nella sua intervista. E allora lo chiediamo noi a lei: abbia responsabilità e coraggio nelle sue esternazioni. Perché le oscillazioni “tra incertezze e paure in una confusione continua di dati” (sono parole sue) nascono da interviste come questa. Ci dica, presidente.

Vaccino antinfluenzale: firma la petizione di TPI su Change.org

Leggi anche: 1. Governo e Regioni promuovano una vaccinazione antinfluenzale di massa: la campagna di TPI / 2. Covid, Cartabellotta: “Di questo passo, a Natale 1.000 in terapia intensiva e 12mila in ospedale” | VIDEO / 3. Fino a ieri ha sbeffeggiato il Coronavirus ora Trump (positivo) si affida alla scienza (di G. Cavalli)

L’articolo proviene da TPI.it qui

Politicamente colpevole

Matteo Salvini è colpevole di aver inventato una guerra contro gli ultimi, usato la paura come arma politica, sdoganato il fascismo di ritorno. E non serve una sentenza di un tribunale per capirlo

Sarà il fine settimana del processo a Salvini, ci sarà il leader a sbraitare (lo sta già facendo da tempo) e tutti i suoi fan a inondare televisioni e social, tutti continuamente decisi a trasformare un processo giudiziario in un’arma politica, come sempre, da sempre, in questa politica italiana che si aggrappa ai giudici per avere lezioni etiche e morali, confondendo i due piani a proprio piacimento e sventolando i processi a favore o contro in base alle proprie convenienze. Matteo Salvini ha consegnato la sua difesa, anticipandola, qualche giorno fa a Barbara D’Urso (fate un po’ voi): il leader leghista sa bene che quel processo può essere un capitale da sfruttare fuori dall’aula giudiziaria. Allora lasciando da parte la sfida in punta di diritto conviene comunque tenere a mente qualche ragionamento che sarebbe il caso di ripetere, per l’ennesima volta.

Matteo Salvini è colpevole di avere usato delle persone per spingere una trattativa politica. Anzi: Salvini è colpevole di usare gli stranieri per fare politica. Non serve una sentenza di un tribunale per ripetere le centinaia di volte in cui ha usato un singolo fatto di cronaca nera per riproporlo come paradigma di un mondo. Salvini usa le persone: usa i suoi detrattori per dare sfogo alla sua folla, usa addirittura i presunti assassini perché è incapace di ragionamenti complessi sulla sicurezza, ha usato un citofono privato per fare campagna elettorale e ha usato i naufraghi della Gregoretti (perché erano naufraghi, va ricordato) per trattare con l’Europa, lo scrive lui stesso nella sua difesa in cui dice di averli tenuti alla deriva in attesa della conferma dei ricollocamenti. Un politico che ha bisogno del corpo dei disperati per trattare sui tavoli politici è colpevole di inettitudine e ferocia.

Matteo Salvini è colpevole di avere inventato una guerra contro gli ultimi. E proprio di guerra si tratta: se nella sua difesa dice di avere “difeso” la Patria significa che l’arrivo di quelle persone metteva a rischio la sicurezza nazionale. È un linguaggio sottile che poi esplode nella violenza verbale dei suoi sostenitori.

Matteo Salvini è uno dei mandanti morali del razzismo dilagante in Italia. Come Trump qualche giorno fa Salvini, da anni, non condanna il razzismo per accarezzarlo. Matteo Salvini ha sdoganato nelle sue liste i peggiori xenofobi (e fascisti) che si siano visti negli ultimi anni. Matteo Salvini ha inventato un “razzismo al contrario” contro gli italiani usando lo stesso furbo trucco che venne già usato nel corso della storia.

Matteo Salvini è colpevole di usare la paura come arma politica, ed è una vigliaccheria. Come scrive Jean-Paul Sartre nel suo libro L’antisemitismo – Riflessioni sulla questione ebraica, il razzista «è un uomo che ha paura. Non degli ebrei, certamente: ma di sé stesso, della sua coscienza, della sua libertà, dei suoi istinti, delle sue responsabilità, della solitudine, del cambiamento della società e del mondo; di tutto meno degli ebrei… Sceglie la permanenza e l’impenetrabilità della pietra, l’irresponsabilità totale del guerriero che obbedisce ai suoi capi, ed egli non ha un capo. Sceglie di non acquistare niente, di non meritare niente, ma che tutto gli sia dovuto per nascita – e non è nobile. Sceglie infine che il Bene sia bell’è fatto, fuori discussione, intoccabile… L’ebreo qui è solo un pretesto: altrove ci si servirà del negro o del giallo».

Matteo Salvini è colpevole di avere sdogano il fascismo di ritorno. L’ha fatto furbescamente iniettando un po’ di antiantifascismo e ogni volta finge di non avere consapevolmente eccitato gli animi di certa destra eppure ai suoi comizi sono rispuntati coloro che fino a ieri si vergognavano di essere fascisti e invece oggi lo gridano fieri.

Questo al di là della sentenza sulla Gregoretti. Perché sarebbe ora di prendersi la responsabilità di dare giudizi politici, senza aspettare processi.

Buon venerdì.

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Decretano insicurezza

Il M5s frena sulla reintroduzione della protezione umanitaria, abolita con i decreti Sicurezza. Rischiando di fare un favore a Salvini proprio mentre sta crollando nei sondaggi

Mentre Salvini si prepara a montare il suo circo per l’udienza preliminare del suo processo in cui viene accusato di sequestro di persona aggravato a Catania, chiamando a raccolta tutti i suoi scherani che le proveranno tutte per trasformarlo in vittima come hanno imparato dal loro antico padrone Berlusconi, il governo Conte dovrebbe finalmente abolire i decreti Sicurezza che proprio il leader leghista ha lasciato come eredità e che da più di un anno rimangono lì impuniti.

Da fuori un cittadino potrebbe pensare che non ci sia occasione migliore per rivendicare una “discontinuità” rispetto alla politica leghista (ve lo ricordate, vero, Conte che prometteva discontinuità?) e per affermare senza remore la propria diversità in tema di diritti e invece accade (piuttosto sottovoce, almeno questo) tutto il contrario. L’abolizione dei decreti sicurezza infligge talmente tanta insicurezza in alcune compagini di governo che si è pensato di fare passare le regionali per non dare “un assist a Salvini”, dicevano così le voci in Parlamento. Come si possa fare un favore a un avversario abolendo un suo errore è un mistero ma evidentemente a qualcuno quei decreti piacciono parecchio, anche se si vergogna di dirlo.

Il 27 settembre il premier Conte ha annunciato l’abolizione dei decreti sicurezza «nel primo consiglio dei ministri utile» (è la formula che si ripete da mesi) e l’accordo (vale la pena ricordarselo) era stato firmato davanti alla ministra dell’Interno Lamorgese alla fine di luglio da tutti i rappresentanti della maggioranza. Alla fine di luglio, eh. Siamo a ottobre è proprio ieri, udite udite, esce l’ultimo intoppo: il Pd accusa il Movimento 5 stelle di non volere la reintroduzione della protezione umanitaria che una parte dei grillini riterrebbe inaccettabile (la protezione umanitaria, eh) e ieri sera il deputato grillino Francesco Berto (confermando di fatto il retroscena) su Twitter ha scritto: «Contrariamente a quanto affermato dal Pd, la reintroduzione della protezione umanitaria non era prevista nelle bozze dei dl Sicurezza e immigrazione. Siamo sempre aperti al confronto, ma non si facciano forzature sulla verità e su temi così delicati per il Paese».

E quindi? Quindi siamo daccapo. Un punto però è certo: l’abolizione dei decreti Sicurezza di Salvini ha decretato la più evidente insicurezza di un governo che sul tema sta facendo tutto nel modo peggiore possibile ottenendo addirittura il risultato di riuscire a scontentare tutti, sia i buonisti che i cattivisti.

Perché bisognerebbe avere il coraggio di appoggiare le decisioni che si prendono e togliersi una volta per tutte quell’espressione di fastidio come quelle coppie che stanno insieme e non si sopportano più. Anche perché fare un favore a Salvini proprio mentre quello crolla nei sondaggi sembra proprio un regalo eccessivo. Non dico di fare qualcosa di sinistra ma almeno un po’ di coraggio, dai, per favore, su. Un po’ di sicurezza.

Buon giovedì.

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E insomma galleggiano

I partiti e i leader dopo le elezioni regionali. E i cittadini italiani dopo il referendum costituzionale, in attesa delle riforme che sono state promesse

Primo dato, appariscente e importante: questo refrain che gli italiani non vedessero l’ora di andare a votare per prendere a calci i partiti del governo e per incoronare la destra di Salvini e di Meloni è una bufala pazzesca. Nei giorni scorsi qualcuno, Salvini in testa, sognava e sparlava di una vittoria clamorosa e invece quel turbine sovranista che latra sui social, sui giornali e in televisione è solo un ruttino. Matteo Salvini ha voluto trasformare questo voto in un voto nazionale e ha sbagliato. A proposito: la Lega stravince in Veneto ma la lista di Zaia stravince relegando la lista ufficiale del partito a percentuali per niente eclatanti. Per intendersi: ha stravinto Zaia, più della Lega e presto farà valere il suo peso politico anche sul resto del partito. Il centrodestra galleggia.

Il Partito Democratico tiene, vince in Toscana e si afferma come partito, vince in Puglia con candidato che non voleva nessuno (Emiliano) e stravince in Campania con De Luca (ma quella è una vittoria di De Luca). Zingaretti ha rischiato ma è riuscito a rimanere in piedi. C’è da dire che nessuno dei candidati è un “suo” uomo. Ora chissà se riuscirà a fare il segretario e a governare con decisionismo il partito. Si rimane in attesa, come sempre. Una notazione: Zingaretti in conferenza stampa è riuscito a proporsi come rappresentante di chi ha votato Sì e anche di chi ha votato No al referendum, come se con un po’ di retorica si potesse tenere i piedi in tutte le scarpe. Il Pd galleggia.

Il Movimento 5 Stelle si sa che avrebbe deluso e infatti Di Maio corre in conferenza stampa intestandosi la vittoria del referendum e poi lascia agli altri l’incombenza di analizzare i deludenti risultati delle regionali. Ora si giocherà la battaglia interna nei prossimi Stati Generali e lì si capirà di più. Insomma il M5S galleggia.

Matteo Renzi si è tolto la soddisfazione di esistere solo per fare perdere il centrosinistra e non ci è riuscito. Incassa un risultato patetico ma non se ne renderà conto. Sono anni che non riesce a fare i conti con la realtà. E quindi galleggerà continuando a pestare i piedi.

Intanto per il taglio dei parlamentari stravince il Sì ma verrebbe da chiedersi chi rappresenti quel 30% di No. Ora tutti ci promettono che faranno le riforme. Restiamo in attesa di sapere quali siano le idee. Insomma, galleggiamo anche noi.

Buon martedì.

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“Il Parlamento è inutile”

7 giugno 2013. Beppe Grillo scriveva sul suo blog: “Il Parlamento ha ancora un senso? Va riformato, abolito? Una cosa è certa, oggi non serve praticamente a nulla. Il Parlamento, luogo centrale della nostra democrazia, è stato spossessato dal suo ruolo di voce dei cittadini. Emette sussurri, rantoli, gemiti come un corpo in agonia che sono raccolti da volenterosi giornalisti per il gossip quotidiano. Chi rappresenta ormai questo luogo? Deputati e senatori sono nominati dai dirigenti della “ditta” del pdmenoelle (così si dice la chiami Gargamella Bersani in privato) e di un condannato in secondo grado per evasione fiscale che altrove sarebbe in fuga in lidi lontani. I parlamentari nominati dai partiti non rappresentano nessun elettore, neppure sé stessi. Sono solo impiegati con un ottimo stipendio adibiti a pigiare bottoni a comando. Qualcuno, scelto tra i più fedeli, viene utilizzato alla bisogna per raccontare frottole in televisione su canali lottizzati”.

E poi: “Fare leggi è il suo compito, ma le leggi, al suo posto, le fa il Governo sotto forma di decreti a pioggia, quasi sempre approvati in aula. Il Governo, in teoria, ha il compito di governare, non di sostituirsi al Parlamento”.

“Il Parlamento potrebbe chiudere domani, nessuno se accorgerebbe. È un simulacro, un monumento ai caduti, la tomba maleodorante della Seconda Repubblica. O lo seppelliamo o lo rifondiamo. La scatola di tonno è vuota. Ripeto: la scatola di tonno è vuota”.

Poi, luglio 2018. Dice Grillo nel corso di una intervista rilasciata alla trasmissione americana Gzero Word: “Io penso –  ha proseguito – che potremmo scegliere una delle due camere del Parlamento casualmente, in maniera proporzionata per età, sesso, reddito, provenienza geografica sud/nord. Solo così l’assemblea potrebbe essere veramente rappresentativa del Paese”.

Sempre in quei giorni Davide Casaleggio in un’intervista a La Verità diceva: “Il Parlamento continuerebbe ad esistere con il suo primitivo e più alto compito: garantire che il volere dei cittadini venga tradotto in atti concreti e coerenti. Ma tra qualche lustro è possibile che la sua esistenza non sia più necessaria nemmeno in questa sua forma. Anche perché c’è una democrazia diretta che è già una realtà grazie a Rousseau che per il momento è adottato solo dal M5s ma che potrebbe essere adottato in molti altri ambiti”. Per inciso: Rosseau è quella piattaforma che proprio ieri Casaleggio ha minacciato di chiudere, essendo una sua proprietà privata.

Ieri Grillo ha detto: “In Parlamento ci occupiamo di cose inutili, paradosso che le dittature funzionino meglio delle democrazie”.

Ora, ognuno la pensi come vuole, per carità, ma vi rassicurano queste parole che sono un certo impianto culturale che sta dietro al taglio dei parlamentari? Così, per sapere.

Buon giovedì.

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Lettera ai negazionisti: “Venite a Lodi a tenere i vostri comizi davanti a orfani del Covid”

Oggi è il giorno in cui anche l’Italia si accoda ai negazionisti in piazza, per non essere meno con la cretinità del mondo. Oggi è il giorno in cui alle 16 in piazza Bocca della Verità a Roma ci sarà l’annunciata manifestazione contro la “dittatura sanitaria” orchestrata, come accade in quasi tutto il mondo, dalla destra più destrorsa, quella del pregiudicato Giuliano Castellino e che raggruppa come sempre accade, tutti quelli che per mancanza di profondità delle proprie opinioni ha bisogno di negare, di aizzare i complotti, di disegnare un fantasioso mondo da combattere, tutti presenti con gli accoliti di Forza Nuova, i No Vax, i No Mask, l’arruffato provocatore Vittorio Sgarbi e perfino l’indimenticato ex M5S Davide Barillari.

E mi sarebbe tanto piaciuto andarci, essere invitato, avere avuto l’occasione di intervenire anch’io per raccontargli la storia di quelli che il Covid l’hanno vissuto. Gli avrei raccontato, ad esempio, di cosa abbia significato vivere a Lodi nel momento in cui Lodi era la ferita più sanguinante del Paese, quando l’unica colonna sonora di giornate schiacciate dalla paura erano le sirene delle ambulanze che incessantemente, come una goccia che ti fa impazzire il sonno, passavano sotto le mie finestre a qualsiasi ora del giorno, in una macabra e lenta processione che ancora adesso risuona e ci lascia storditi, che ci accomuna mentre camminiamo per strada.

Avrei voluto raccontargli che qui il Covid, dalle nostre parti, è stata una tagliola che ha cambiato la geografia della città, che ha disegnato assenze nei nostri luoghi abituali, che ha spazzato via le stesse persone con cui dividevamo gli aperitivi. Avrei voluto raccontargli di coetanei che hanno avuto nel giro di pochi giorni entrambi i genitori rinchiusi dentro i sacchi senza nemmeno il tempo di sentirsi arrivare addosso il lutto, con partenze che sono state sparizioni. Avrei potuto raccontargli la difficoltà di parlare ai nipoti, spiegargli che i nonni sono partiti e non tornano più perché la morte spazza via certe generazioni.

Avrei potuto raccontargli del lutto che ancora oggi si respira nella piazza e nel corso, come una nebbia ancora prima della stagione della nebbia. Gli avrei proposto di venire qui, da noi, a dire che è tutto finto, a parlare di un’invenzione dei poteri forti, di tenere i loro comizi guardando negli occhi gli orfani, senza abbassare lo sguardo, senza sentirsi gli usurpatori di carogne che sono. Vedere se davvero riuscirebbero a non vergognarsi.

Leggi anche: 1. Coronavirus, a Roma la manifestazione dei negazionisti No Mask / 2. Forza Nuova, Sgarbi, Povia: negazionisti Covid in piazza a Roma. “Contro la dittatura sanitaria”

3. Berlino, corteo negazionisti Covid sciolto dalla polizia: “Mancato rispetto norme anti-contagio” /4. Coviddi (non) ce n’è: la crociata negazionista degli anti-virus

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