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Satira politica o è la politica ad essere satirica?

Le_Rane

Luciano Canfora azzarda un’analisi che rovescia il senso:

“La peculiarità del tempo nostro invece è che i principali comici non sono più i vignettisti o gli attori satirici, ma direttamente i politici stessi. Di solito si pensa che all’Italia spetti un primato in questo campo, dal momento che nell’ultimo ventennio (1994-2011) per una dozzina d’anni è stato Presidente del Consiglio un brillante showman che si era addestrato sulle navi da crociera.

Ciò non toglie che costui si sia rivelato un abile animale politico, deposto con la forza da una specie di golpe bianco e che abbia, al tempo stesso, creato all’estero l’immagine di un Paese governato da un grande comico. Attualmente gli è subentrato un comico molto più giovane e assai più ripetitivo, certamente meno abile nel giocare la tastiera della comicità e forse già avviato a una parabola discendente. Il suo grande interprete è un attore comico di una certa efficacia che si sforza di farne la satira ogni martedì e venerdì, ma quest’ultimo, molte volte, è al di sotto del modello, dal punto di vista dell’efficacia comica.

Una situazione del genere, sia pure in tono minore, si è verificata nella vicina Repubblica francese al vertice della quale si sono alternati due diversi interpreti della comicità (Dominique Strauss-Kahn e François Hollande, ndr), il secondo dei quali, in casco e motoretta, ha scalato le classifiche del primato comico. In ogni caso è stato un esito meno grave di quello che si sarebbe prodotto, anche dal punto di vista dei rapporti interpersonali con lo staff presidenziale, ove l’ex capo del Fondo Monetario Internazionale, arrestato in un albergo statunitense, fosse diventato presidente della Repubblica francese.

Il venir meno della netta distinzione tra politici e satirici alla fine ha nuociuto più alla satira che alla politica. Ad Atene o a Roma questo sarebbe stato inconcepibile”.

Il resto è qui.