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LECCO

A Lecco il bar storico è “chiuso per mafia”

Chiuso per mafia. Dalla prefettura hanno imposto la serrata dello storico Caffè Cermenati della centralissima piazza Mario Cermenati di Lecco per il sospetto di possibili infiltrazioni o connivenze mafiose. Il locale risulta intestato alla Laureande Srl, fondata nel 2011, che appartiene alla 34enne Claudia Marinaro di Seriate, socia di maggioranza con l’80% delle quote, e ad Alexandra Pezzati, 30enne di Lecco, sebbene l’amministratore unico sia Marco Padovani, 39enne di Malgrate. La licenza dell’esercizio pubblico è stata però rilevata nel 2013 dalla Giucladeb di Debora Marinaro subentrata a Giuseppina Coco, sorella del boss della ‘ndrangheta lombarda Franco Coco Trovato, che, a 70 anni ormai compiuti, sta scontando l’ergastolo in un carcere di sicurezza, e moglie di Salvatore Marinaro, padre di Debora Marinaro, anche lui arrestato durante la retata di Wall Street.

Dalla prefettura nessuno spiega i motivi per i quali è stata emessa l’informazione interdittiva antimafia in base alla quale poi da Palazzo Bovara hanno dovuto emettere e notificare ai titolari del locale il divieto immediato di prosecuzione dell’attività. Dagli ambienti investigativi trapela tuttavia che durante alcuni accertamenti, compiuti sia dai carabinieri sia dagli agenti della Mobile, sarebbero stati riscontrati legami di carattere finanziario con esponenti della criminalità organizzata, verosimilmente durante il passaggio di consegne del 2013. Il sospetto sarebbe dunque quello che il bar possa fungere da centrale di riciclaggio di soldi di dubbia provenienza e da collegamento economico per gli uomini d’onore. La chiusura del Caffè Cermenati testimonia ancora una volta quando il tessuto sociale lecchese sia a rischio infiltrazioni mafiose, come dimostrano le ripetute inchieste giudiziarie, da Wall Strett a I Fiori della notte di San Vito, da Oversize a Crimine, da Tenacia e Infinito a Metastati, da Braintenopea a Insubria, che hanno tutte coinvolto il territorio provinciale. «Dall’inizio del mandato è il quarto provvedimento antimafia che assumiamo e mettiamo in atto», sottolinea dal canto suo il sindaco Virginio Brivio.

(fonte)

Per la ‘ndrangheta destra e sinistra pari sono

Dopo l’arresto del sindaco di centrosinistra di Valmadrera Marco Rusconi ora davvero ci si aspetta la reazione del Partito Democratico. O no?

Terremoto a Lecco. Nelle prime ore di questa mattina gli uomini della Dda di Milano hanno arrestato dieci persone nel lecchese con l’accusa di associazione mafiosa, corruzione, estorsione e concussione. Tra i dieci in manette spicca il nome del sindaco di Valmadrera Marco Rusconi, 37 anni e il consigliere comunale a Lecco,Ernesto Palermo. In carcere è finito anche Mario Trovatonoto personaggio di spicco di un clan della zona e già più volte condannato, ma anche tre imprenditori della zona, un immobiliarista, un commerciante d’auto e un artigiano, tutti lecchesi. L’operazione è partita nel 2009 e dopo innumerevoli intercettazioni ambientali e telefoniche si è conclusa in giornata.

L’operazione ‘Metastasi ha dimostrato il ‘‘connubio tra ‘braccia armate’ della ‘ndrangheta, addette alle estorsioni e ad altri atti di violenza, con esponenti delle istituzioni”. Lo ha spiegato il procuratore aggiunto Ilda Boccassini che ha coordinato le indagini assieme ai pm Claudio Gittardi e Bruna Albertini. ”Quel ramo del lago di Como non e’ poi cosi’ tranquillo”, ha commentato il procuratore della Repubblica di Milano, Edmondo Bruti Liberati.

IL PROFESSORE – Intercettato al telefono, il consigliere comunale Ernesto Palermo, insegnante in un istituto professionale e iscritto nelle liste del Pd (oggi appartenente a un gruppo misto in Comune), è risultato identificarsi con il clan dei Trovato. Al suo interlocutore diceva: “Siamo il nuovo gruppo dei Trovato a Lecco“. Lo spiega il pubblico ministero Claudio Gittardi, titolare dell’inchiesta “Metastasi” con il pm Bruna Albertini, dicendo che Palermo “parla da uomo di ‘ndrangheta” “si definiva eletto grazie ai voti del clan dei Trovato e dice che se al suo posto ci fosse stato il fratello Coco Franco Trovato (attualmente all’ergastolo, ndr) sarebbe diventato assessore”.

Mario Trovato infatti è fratello di Franco Coco Trovato in carcere con condanna all’ergastolo, ritenuto l’attuale reggente della locale di Lecco. Secondo Boccassini, la famiglia dei Trovato mantiene la sua influenza nel lecchese ancora a 20 anni di distanza dall’operazione Wall Street, famosa inchiesta degli anni Novanta sulla ‘ndrangheta in Lombardia.

Fra i vari episodi, Palermo avrebbe anche offerto ‘protezione’ a un imprenditore che stava aprendo un nuovo ristorante. Dopo che la sua proposta era stata rifiutata, spiega Gittardi, “sono stati sparati dei colpi di pistola nella notte contro il ristorante” e, in seguito all’attentato, Palermo ha provato a riproporre il suo ‘appoggio’ al titolare dell’esercizio. Il pubblico ministero ha sottolineato la pericolosita’ di soggetti come Palermo, “consigliere comunale e insegnante, perfettamento normo – inserito nella societa”.

Da consigliere comunale, Palermo si sarebbe occupato per conto del clan di acquisire “appalti e concessioni” e di intervenire per modificare il piano di governo del territorio per favorire gli interessi dell’ associazione mafiosa. Secondo l’accusa, inoltre, Palermo, che e’ anche accusato di estorsione, corruzione e turbativa d’asta, si sarebbe attivato per fare acquisire alla famiglia dei Trovato la concessione di un’area comunale sul Lido di Valmadrera, nel Lecchese. Secondo le indagini, per tale concessione, il sindaco di Valmadrera, Marco Rusconi, avrebbe intascato una tangente per circa 10 mila euro.

Nell’ambito dell’operazione sono stati sequestrati 17 immobili, tra abitazioni e box, 5 autoveicoli, quote di partecipazione in tre societa’, due bar e circa 700 mila euro distribuiti in otto depositi titoli.

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Buca le gomme

Io non so cosa deve succedere d’altro per raggiungere il colmo, non so nemmeno se l’etica sia finita qualche decennio fa e forse noi non ce ne siamo accorti e questi episodi non siano altro che le macerie che cominciano ad emergere e galleggiare ma che un Presidente dell’Aler (Antonio Piazza, uomo PDL a capo dell’Aler di Lecco) parcheggi la sua Jaguar in un posto riservato ai disabili e poi costretto a spostarla per le proteste di un disabile decida di tagliargli le gomme dell’auto mi sembra oggettivamente troppo. Perché qui non si tratta di antipolitica ma di un’insofferenza cronica per un malcostume che qui da noi diventa classe dirigente, per una carriera che sembra inversamente proporzionale allo spessore umano. Altro che meritocrazia, in Italia siamo arrivati alla perversione.

E la piccolezza si legge (ed è ancora più insopportabile) nelle scuse offerte dal dirigente: Venerdì ero a pranzo con 36 disabili. Dal punto di vista dell’azienda lombarda mi sono sempre comportato bene e non è nella mia indole offendere queste persone». Piazza, che faceva parte anche del direttivo provinciale del Pdl, vuole chiudere il capitolo. Le dimissioni? «Sono giustissime infatti le ho date, devo fare atto di penitenza, poi con il tempo, se c’è la passione e la possibilità di ripartire. Ma – aggiunge – c’è gente che ha fatto cose peggio di me ed è ancora lì. Io non sono così. Ognuno nelle proprie scelte è responsabile, io per quello che ho fatto ritengo che sia giusto dimettermi dalle cariche pubbliche che ricoprivo. Cercherò di tornare umile, di ripartire. Gli sbagli fanno crescere. Dice Piazza.

No, caro Piazza, gli sbagli fanno crescere se non sono sempre gli altri a pagarli. Altrimenti si chiamano danni, non errori. E in una Lombardia intollerante con le fragilità e le debolezze forse è arrivato il momento di diventare intolleranti con le prepotenze. Democraticamente intolleranti ma fermi. Perché un dirigente pubblico che taglia le gomme di un disabile non può essere classe dirigente nel Paese che vogliamo costruire. Per questo abbiamo scritto oggi all’assessore competente chiedendo che le dimissioni del presidente Aler vengano accettate il prima possibile e che ne venga data tempestiva comunicazione.

Non levano le tende

Ma sfregiano la tenda della Memoria di Libera a Lecco. Mafiosi e paramafiosi (o bulli imbecilli) si distinguono per mediocrità e imbecillità. Non ci rimane che denunciare il fatto alle autorità e sperare che il telo sia rimesso al suo posto da chi l’ha voluto profanare. L’episodio non ci ha certo scoraggiato, né noi operatori di Libera e Legambiente, né noi giovani volontari che subito cercheremo di risistemare e ricucire la ferita della tenda, convinti che la migliore risposta sia quella di proseguire lungo il percorso di impegno e di legalità intrapreso attraverso questa esperienza.