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leoluca orlando

Indovina con chi va il Pd? Con Angelino Alfano. A Palermo, intanto

Nonostante sia un copione liso e scontato, provoca il sorriso la testardaggine con cui questi si ostinano a smentirla: a Palermo, in vista delle prossime elezioni amministrative, il Pd sosterrà l’attuale sindaco Leoluca Orlando (a cui, dicono, hanno fatto opposizione dura in questi ultimi cinque anni, per dire) insieme agli alsaziani (quel che ne resta) e ai rimasugli dell’Udc.

Ne esce una lista (dal nome appetitosissimo “Democratici e Popolari”) che richiama lontanamente i colori e le grafiche del Partito Democratico e di Alternativa Popolare (la neonata creatura di Angelino Alfano) senza però citarli; Leoluca Orlando, del resto, da mesi continua a spiegare un po’ dappertutto che Fassino ha perso proprio per “colpa” del partito. Quindi? Quindi tutti civici per finta con la pretesa di riuscire a darcela a bere. Democratici e popolari. Appunto.

 

(continua su Left)

Io non voglio morire d’intenti

Schermata 2013-01-01 alle 16.53.17Non ho mai ben capito se gli intenti vadano scritti la sera dell’ultima sera dell’ultimo giorno dell’anno o la mattina del primo dell’anno successivo. Confesso che non sono mai stato bravo con i bilanci e i consuntivi: mi immalinconiscono come le anziane nel letto d’ospedale che non ricevono mai visite e fingono di farsi compagnia con i parenti degli altri, promettendosi che gli basti così. Peggio ancora con gli esami di coscienza: ho un incalcolabile difficoltà con i sensi di colpa che mi rende clinicamente ossessivo e compulsivo verso le mie mancanze.

Potrei anche sognare intanto un anno che mi liberi le spalle da blindature e scorte. Non ci avevo mai pensato in questi ultimi anni, era un desiderio nella cesta dei desideri indesiderabili e invece mi si è acceso giusto giusto ieri notte mentre i botti diventavano un soffio rauco di polvere da sparo incollacciata sul marciapiede. E’ stato un desiderio che mi ha sorpreso: un ardimento spericolato dove ho pensato a me stesso con la cura che non pensavo di riuscire più ad usare. Perché se c’è un alone che mi ha unto in questi ultimi anni è proprio questa sensazione di eterna solitudine sorvegliata a vista che mi fa sentire di troppo in un mare di troppo poco e che non sono mai riuscito a spiegare. Rileggo il pezzo di Marco di due anni fa e mi sembra che ci sia la stessa musica di sottofondo. Non so se mi spiego: anni come un recinto che disegna i cerchi del mio tronco con le cicatrici al posto delle linee della crescita. Una cosa così. Pensavo che la mia vita fosse in una parentesi di controffensiva difensiva e invece è l’imboccatura di una strada di cui non se ne vede l’orizzonte. Niente panico o letteratissimi tormenti, per carità, ma una noia usurante che ha l’abitudine come unica lenizione possibile.

C’è il lavoro: il mio lavoro con la parola e la scena. In un anno di ricerca di nettare e nido tornare in scena con Duomo d’onore è stato un dito che ha toccato corde che temevamo non suonassero più. Ho bisogno di stare sul palcoscenico per parlare con me. Semplicemente. E non dovere rendere conto a nient’altro che i fatti e la bellezza: due compagni che litigano spesso. Ho ritrovato la mia quotidianità nel freddo e il disordine dei camerini, nei “due minuti” dati prima di cominciare bussando piano alla porta, nei vestiti di scena stropicciati come le donne bellissime con le loro rughe, negli amici che ti danno il cenno che è andata bene e nelle cene mangiate troppo tardi con la fame che corre contro il sonno. Se dovessi augurare un lavoro ai miei figli gli augurerei la fortuna di lavorare con la soddisfazione che va a dormire dopo di te, come capita a me. C’è la scrittura: questo 2012 è stato un anno di scrittura a singhiozzo tra la quotidianità delle cose quotidiane che lasciano sabbia nei reni e negli ingranaggi della penna. Mi ero promesso un romanzo per provare a volare e mi hanno lasciato a terra le informative, le sentenze e le scelte: questo mio nuovo anno ha quel romanzo da recuperare tra i bagagli smarriti.

C’è la politica: che è cambiata come un figlio che si fa grande nel tempo del tuo ultimo viaggio e lo ritrovi con la sensazione di avere perso proprio quel minuto in cui ti chiedeva di essere un padre presente. Ho amici sparsi in questa confusa tela di colori diffusi eppure distanti mentre l’occasione ci chiede di essere preparati alla raccolta. Qualcuno mi chiede perché non abbia partecipato alle primarie per il parlamento, qualcuno ancora insiste nel rinfacciarmi un “ritiro” per la presidenza lombarda, qualcuno mi chiede di Luigi De Magistris e gli arancioni (dimenticando Leoluca Orlando e quel pezzo di IDV che ci sta dentro e ci ha sempre voluto fuori), qualcuno mi dice che dovrei seguire Pippo Civati e gli altri (come se fosse un trenino dopo pranzo quando si è tutti un po’ brilli intorno ai tavoli con la cravatta slacciata) e qualcuno dice che Cavalli ha un assessorato promesso da Ambrosoli: continuiamo il nostro lavoro in Lombardia, semplicemente, con la serietà dei progetti iniziati e degli impegni presi con un Formigoni in meno. Non sembra difficile capire che la politica diffusa non è confusione nello spazio ma allargamento di persone e di idee. Fare rete piuttosto che preoccuparsi di stare in un buon posto nella rete.

Poi c’è la vita: e quest’anno la vita mi ha aperto stanze meravigliose e fresche, mi ha sbattuto in faccia porte che mi hanno fatto male e insegnato l’impegno e l’etica degli affetti. Vorrei imparare ad essere coraggioso senza bisogno di baldanza, vorrei fare pace con i dolori che non ho mai voluto guardare negli occhi, vorrei essere capace di sorridere di avere un fratello trentaquattro anni dopo che lo siamo stati prima di non saperlo fino ad oggi, vorrei togliermi l’alibi della solitudine per nascondere la cura che non mi voglio prendere, vorrei trovare le parole per spiegare ai miei figli che le scelte sono i mattoni necessari per i muri portanti della dignità, vorrei ascoltare chi ho deluso, ascoltarli per ore senza avere la debolezza di interromperli per giustificarmi, vorrei convincere più gente possibile che restare umani paga, e vorrei convincermene anch’io, vorrei avere l’intelligenza di perdonare con durezza e difendermi senza la macchia della vendetta, vorrei riconoscermi e farmi riconoscere in quello che faccio, quello che dico e quello che scrivo senza lasciare spifferi per dietrologie e isterismi.

Vorrei anche avere usato il “voglio” e non il condizionale ma non voglio tornare indietro a correggere le ultime righe. Le tengo così, come un impegno più che non un intento. Per non morire d’intenti. Con intenzioni serie.

Che sia un buon 2013.

 

 

#ballottaggi e sballottati

Non mi piacciono i commenti a caldo. Mi piace leggere i numeri prima di proporre le analisi e invece sento già molti lanciati in tribune televisive con la smania dei cacciatori al safari di ferragosto. Non mi piace questa abitudine tutta italiana di deridere le vittorie degli altri, appropriarsi vittorie di sponda e questa eterna indecisione nell’ammettere le proprie debolezze. Le amministrative dicono che contano le persone oltre che i partiti (ricordate quanto l’hanno ripetuto nelle scorse settimane?): bene, le persone da candidare le scelgono i partiti (ne dovrebbero essere la sintesi politica) e la classe dirigente non può esimersi da questa responsabilità. Perché qui quando vince qualcuno diventa sempre “nostro” in senso larghissimo. Personalmente sono contento dei nuovi sindaci che conosco da vicino, penso a Fois a Senago, Lucini a Como, Scanagatti a Monza, Monica Chittò a Sesto San Giovanni e tanti altri: hanno l’occasione di provare a raccontare un’altra storia, sul serio. Non mi conforta Leoluca Orlando a Palermo: l’ho conosciuto da vicino, non mi piace, ma gli elettori hanno scelto lui (nell’anno del ventennale della morte di Falcone, poi).

Una cosa mi piace: Roberto Formigoni è stato sfiduciato dagli elettori in Lombardia. Ma questo non significa che dall’altra parte per forza si sia pronti ad essere convincenti. Partire da qui sarebbe un buon punto per qualcosa di veramente diverso. Ora studio e vediamo di andare più a fondo. A dopo.

Chissà cosa ne pensa Leoluca Orlando

Del passaggio a Palermo nel gruppo IDV del consigliere Paolo Caracausi. Caracausi, consigliere in quota Pid, ha sempre sostenuto Saverio Romano e Cammarata. E siamo a pochi giorni dalle primarie e a pochi mesi dalle elezioni.

Il cambiamento preconfezionato: Leoluca Orlando sindaco di Palermo

Sarà che la Storia se non si impara si è condannati a riviverla, sarà che tutti parlano di cambiamento e vogliono farci l’ultimo giro possibilmente senza cambiare ma la notizia di Leoluca Orlando che si propone sindaco di Palermo è la sostituzione della politica del cambiamento con la politica cangiante. Che non sono proprio la stessa cosa. E tra il PD che appoggia la giunta Lombardo in Sicilia, Genchi che ne è consulente e un’orda di indagati tra gli eletti, rischierebbe anche di sembrare una buona notizia. Cambiare significa farsi da parte. Almeno a 64 anni dopo avere già dato e già preso. Per favore.

Nuove dichiarazioni di solidarietà per l’attore Giulio Cavalli

Ieri (27 Novembre), durante la seduta alla Camera per discutere del decreto legge 1857, l’on. Luisa Bossa ha espresso solidarietà all’attore e autore teatrale antimafia Giulio Cavalli:

(…) Abbiamo letto stamattina che la giunta di destra di Milano ha negato la cittadinanza onoraria a Roberto Saviano, lo scrittore perseguitato dalla camorra. A Lodi, mentre era lì per uno spettacolo, Giulio Cavalli, nonostante viva sotto scorta, ha trovato scritte minatorie sulla sua auto. Milano chiama Lodi: comuni del nord. Non vi è alcuna preoccupazione per la vita di questi ragazzi (…).

Ieri pomeriggio è arrivato anche l’attestato di solidarietà da parte del responsabile dei giovani dell’Associazione Mafia Contro di Palermo, Giancarlo Russello: « a Giulio Cavalli va tutta la nostra solidarietà. Non fermarti davanti a gesti così ignobili e compiuti da anonimi codardi! »

Dopo le minacce mafiose a Cavalli, continuano ad arrivare attestati di solidarietà e di stima nei confronti dell’attore lodigiano. Oltre le rilevanti e già citate di mercoledì da parte di Giovanni Impastato, Paolo Rossi, Antonio Ingroia, Pino Maniaci, Leoluca Orlando, Carlo Lucarelli (tornato sull’argomento stamattina con un editoriale sull’Unità), Giuseppe Lumia, Sergio Nazzaro, Pino di Maula, Vito lo Monaco, Vincenzo Conticello e Rosario Crocetta, giungono quelle di:

Salvatore Borsellino, Benny Calasanzio: Non esprimiamo soltanto solidarietà, ma ci impegnamo a partecipare in prima persona agli spettacoli e alle manifestazioni che vedranno protagonista Giulio, coscienti che non debba essere prerogativa solo dello Stato proteggere Cavalli, ma anche impegno dei suoi spettatori e dei suoi colleghi, perché a queste minacce si deve rispondere con la partecipazione, con la diffusione del messaggio di Giulio.
Solo così minacciare uno come Cavalli diventerà controproducente. Giulio rappresenta la prosecuzione di quello che fu il messaggio di Peppino Impastato e mette a nudo la pochezza e la nullità di questa gentaglia senza arte né parte che si fa chiamare “d’onore”.
Se vogliono far del male a Giulio devono prima farlo ai suoi spettatori, e Salvatore Borsellino e Benny Calasanzio saranno in prima fila.

Carlo Lucarelli (dall’editoriale di questa mattina sul quotidiano L’Unità): Giulio Cavalli come Peppino Impastato ride di mafia, (…) così Giulio è sotto protezione da parte delle forze dell’ordine (…), allora non dimentichiamoci che siamo in Italia, perché è da un po’ che sta succedendo questa cosa, che oltre a quelli che stanno in prima linea nella lotta alla mafia, come magistrati, forze dell’ordine, amministratori e giornalisti, vengono minacciati e colpiti anche gli scrittori, anche gli attori, anche i giullari, oltre che i semplici
cittadini. E questo significa due cose. Che la cultura fa paura come la legge e l’informazione perché è lei stessa legalità e informazione.

Davide Enia (attore teatrale): sono assolutamente solidale con Giulio. Il fatto che stia rompendo i coglioni è indice della bontà del lavoro che sta facendo ed è altresì evidente che questo sia il nervo scoperto di un paese che disconosce la legalità e la correttezza. Giustizia e legalità non sono parole, ma prospettive. In quanto tali hanno una capacità di raccontare il presente e questo presente, è fatto di strada che puzza di pisci, eroina che è tornata nei quartieri e di mala amministrazione.

Lorenzo Guerini, Sindaco di Lodi e Andrea Ferrari, Assessore alla Cultura: la nuova minaccia che ha colpito la Bottega dei Mestieri Teatrali e l’attore Giulio Cavalli che da molti mesi portano avanti un importante progetto di controinformazione rispetto alla criminalità mafiosa è un fatto grave che preoccupa, anche per le modalità con cui è avvenuto e in territorio, quello lodigiano, sostanzialmente estraneo a simili episodi.
Il Comune di Lodi è stato tra i promotori principali insieme al Comune di Gela e alla Bottega dello spettacolo Do Ut Des che ha aperto una importante collaborazione tra due Comuni apparentemente distanti ma uniti dalla voglia di combattere la cultura della illegalità.
La nostra solidarietà non è quindi formale ma vuole sottolineare il nostro impegno a non lasciare solo chi tenta di aprire, anche al nord, una importante operazione di carattere culturale rispetto a dei temi che, troppo spesso, vengono sottovalutati.