Vai al contenuto

libri

Una riflessione sulla colletta alimentare

Su La pentola d’oroNiente scava più distanza tra la ricchezza e la povertà della beneficenza, ma la beneficenza fatta per interposta persona, mica quella dei cinque euro messi in mano al Senegalese che vende i libri per strada: quello ti viene tanto vicino che puoi vedere le sue labbra spaccate, i suoi occhi stanchi, i suoi denti rosi dalla carie. E ti vengono i brividi, perché lo sai di avere un dente cariato pure tu, ma per andare dal dentista hai deciso di aspettare tempi migliori. Prende il tuo stesso treno, il Senegalese, perché come te abita fuori città, dove l’affitto costa meno. Nei giorni feriali avete più o meno lo stesso odore. Certe mattine daresti una mano per non incontrarlo mai più. Daresti un pacco di biscotti al giorno, per tutta la vita, per non incontrarlo mai più. Dedicato a tutti coloro che oggi, giornata nazionale della colletta alimentare, se la sono presa con iWu Ming pur di non ammettere che l’evento sia organizzato da CL e che non sia, quindi, pura emanazione della bontà sociale, cui affidare ciecamente la propria offerta apotropaica. Immagino facciate parte dell’85% di italiani che si dicono spaventati dal futuro. Ne faccio parte anch’io, in pieno. Ho anche paura dell’aereo, degli incendi, dei botti di capodanno, dell’autostrada e se sono da sola a casa anche il buio mi inquieta un po’. Ma la paura dei poveri è troppo vigliacca persino per me.

Il movimento del 99 per cento può cambiare il mondo

Un pezzo che è un manifesto. Senza scenografie e senza tutti i coriandoli intorno. Stiamo lavorando e la prossima settimana partiamo (#agorà). Il pezzo di Ulrich Beck è il punto da cui partire.

Com´è possibile che un caldo autunno americano, sul modello della primavera araba, distrugga il credo dell´Occidente, cioè la visione economica dell´american way? Com´è possibile che il grido “Occupy Wall Street” raggiunga e trascini nelle piazze non soltanto i ragazzi di altre città americane, ma anche quelli di Londra, Vancouver, Bruxelles, Roma, Francoforte e Tokio? I contestatori non sono andati soltanto a far sentire la loro voce contro una cattiva legge o a sostenere qualche causa particolare: sono scesi in piazza a protestare contro “il sistema”. Ciò che fino a non molto tempo fa veniva chiamato “libera economia di mercato” e che ora ricomincia a essere chiamato “capitalismo” viene portato sul banco degli accusati e sottoposto a una critica radicale. Perché il mondo è improvvisamente disposto a prestare ascolto, quando Occupy Wall Street rivendica di parlare a nome del 99% dei travolti contro l´1% dei profittatori?
Sul sito web “WeAreThe99Percent” si possono leggere le esperienze personali di quel 99%: quelli che hanno perduto la casa nella crisi del settore immobiliare; quelli che costituiscono il nuovo precariato; quelli che non possono permettersi nessuna assicurazione contro le malattie; quelli che devono indebitarsi per poter studiare. Non i “superflui” (Zygmunt Bauman), non gli esclusi, non il proletariato, ma il centro della società protesta nelle pubbliche piazze. Questo delegittima e destabilizza “il sistema”.
Certo, il rischio finanziario globale non è (ancora) una catastrofe finanziaria globale. Ma potrebbe diventarlo. Questo condizionale catastrofico è l´uragano abbattutosi nel mezzo delle istituzioni sociali e della vita quotidiana delle persone sotto forma di crisi finanziaria. È irregolare, non si muove sul terreno della costituzione e della democrazia, reca in sé la carica esplosiva di un fenomeno ancora in gran parte sconosciuto, anche se stentiamo ad ammetterlo, e che spazza via le nostre consuete coordinate orientative. Nello stesso tempo, in questo modo una sorta di comunità di destino diventa un´esperienza condivisa dal 99%. Ne possiamo cogliere il segno nei saliscendi repentini delle curve finanziarie, che con le loro montagne russe rendono immediatamente percepibile il legame tra i mondi. Se la Grecia affonda, è un nuovo segnale del fatto che la mia pensione in Germania non è più sicura? Cosa significa “bancarotta di Stato”, per me? Chi avrebbe immaginato che proprio le banche, così altezzose, avrebbero chiesto aiuto agli Stati squattrinati e che questi Stati dalle casse cronicamente vuote avrebbero messo in un batter d´occhio somme astronomiche a disposizione delle cattedrali del capitalismo? Oggi tutti pensano più o meno così. Ma questo non significa che qualcuno lo capisca.
Questa anticipazione del rischio finanziario globale, che si fa sentire fin nei capillari della vita quotidiana, è una delle grandi forme di mobilitazione del XXI secolo. Infatti, questo genere di minaccia è ovunque percepito localmente come un evento cosmopolitico che produce un cortocircuito esistenziale tra la propria vita e la vita di tutti. Simili eventi collidono con la cornice concettuale e istituzionale entro cui abbiamo finora pensato la società e la politica, mettono in questione questa cornice dall´interno, ma nello stesso tempo chiamano in causa sfondi e presupposti culturali, economici e politici assai differenti; analogamente, la protesta globale si differenzia a livello locale.
Sotto il diktat dell´emergenza le persone fanno una specie di corso accelerato sulle contraddizioni del capitalismo finanziario nella società mondiale del rischio. I resoconti dei media fanno emergere la separazione radicale tra coloro che generano i rischi e ne traggono profitto e coloro che ne devono scontare le conseguenze.
Nel Paese del capitalismo da predoni, gli Stati Uniti, sta prendendo forma un movimento di critica del capitalismo – ancora una volta, si tratta di un evento imprevedibile. Abbiamo detto “follia” quando è crollato il muro di Berlino. Abbiamo detto “follia” quando, il 9 settembre del 2001, le Twin Towers di New York si sono disfatte nella polvere. E abbiamo detto “follia” quando, con il fallimento di Lehman Brothers, è scoppiata la crisi finanziaria globale. Cosa significa “follia”? Anzitutto una conversione spettacolare: banchieri e manager, i fondamentalisti del mercato per antonomasia, fanno appello allo Stato. I politici, come in Germania Angela Merkel e Peer Steinbrück, che fino a non molto tempo fa esaltavano il capitalismo deregolato, dal giorno alla notte cambiano opinione e bandiera, e diventano fautori di una sorta di socialismo di Stato per ricchi. E ovunque regna il non-sapere. Nessuno sa cosa sia e quali effetti possa realmente produrre la terapia prescritta nella vertigine degli zeri. Tutti noi – vale a dire il 99% – siamo parte di un esperimento economico in grande, che da un lato si muove nello spazio fittizio di un non-sapere più o meno inconfessato (si sa solo che, quali che siano i mezzi adottati e gli obiettivi perseguiti, bisogna impedire qualcosa che non deve in nessun modo accadere), ma, dall´altro, ha conseguenze durissime per tutti.
Si possono distinguere diverse forme di rivoluzione: colpo di Stato, lotta di classe, resistenza civile ecc. I pericoli finanziari globali non sono nulla di tutto ciò, ma incarnano in modo politicamente esplosivo gli errori del capitalismo finanziario neoliberista che è stato ritenuto valido fino a ieri e che, con la violenza del suo trionfo e della catastrofe ora incombente, esige la loro presa d´atto e la loro correzione. Essi sono una sorta di ritorno collettivo del rimosso: alla sicurezza di sé neoliberista vengono rinfacciati i suoi errori di partenza.
Le crisi finanziarie globali, che minacciano in tutto il mondo le condizioni di vita delle persone, producono un nuovo genere di politicizzazioni “involontarie”. Qui sta il loro bello – in senso politico e intellettuale. Globalità significa che tutti sono colpiti da questi rischi, e tutti si ritengono colpiti. Non si può dire che ciò abbia già dato origine a un agire comunitario; sarebbe una conclusione affrettata. Ma c´è qualcosa come una coscienza della crisi, che si nutre del rischio e rappresenta proprio questo tipo di minaccia comune, un nuovo genere di destino comune. La società mondale del rischio – questo mostra il grido del “99%” – può acquisire una consapevolezza matura di sé in un impulso cosmopolitico. Ciò sarebbe possibile se si riuscisse a trasformare la dimostrazione oggettiva di condizioni che si rivolgono contro sé stesse in un impegno politico, in un movimento Occupy globale, nel quale i travolti, i frustrati e gli affascinati, ossia tendenzialmente tutti, scendono in piazza, virtualmente o effettivamente.
Ma da dove nasce la forza o l´impotenza del movimento Occupy? Non può trattarsi soltanto del fatto che perfino gli squali di Borsa si dichiarano solidali. Il rischio finanziario globale e le sue conseguenze politiche e sociali hanno tolto legittimità al capitalismo neoliberista. La conseguenza è che c´è un paradosso tra potere e legittimità. Grande potere e scarsa legittimità da parte del capitale e degli Stati, e scarso potere ed alta legittimità da parte di quelli che protestano in modo pittoresco. È uno squilibrio che il movimento Occupy potrebbe sfruttare per avanzare alcune richieste basilari – come ad esempio una tassa globale sulle transazioni finanziarie – nell´interesse correttamente inteso degli Stati nazionali e contro le loro ottusità. Per applicare questa “Robin Hood Tax” si dovrebbe dar vita in modo esemplare ad un´alleanza legittima e potente tra i movimenti di protesta globali e la politica nazional-statale. Quest´ultima potrebbe così compiere il salto quantico consistente nella capacità degli attori statali di agire in una dimensione trans-statale, cioè al di qua e al di là delle frontiere nazionali. Se questa esigenza viene espressa perfino dalla cancelliera federale tedesca Angela Merkel e dal presidente francese Sarkozy perlomeno nella forma di un bello slogan, allora si può senz´altro accreditare a questo obiettivo una possibilità di realizzazione.
In termini generali, nella consapevolezza globale del rischio, nell´anticipazione della catastrofe che occorre impedire ad ogni costo, si apre un nuovo spazio politico. Nell´alleanza tra i movimenti di protesta globali e la politica nazional-statale ora si potrebbe ottenere, alla lunga, che non sia l´economia a dominare la democrazia, ma sia, al contrario, la democrazia a dominare l´economia.
Contro la percezione – che sta diffondendosi rapidamente – di una mancanza di prospettive forse può aiutare la consapevolezza del fatto che i principali avversari dell´economia finanziaria globale non sono quelli che ora piantano le loro tende nelle pubbliche piazze di tutto il mondo, davanti alle cattedrali bancarie (per quanto importanti, anzi indispensabili siano le iniziative di questi contestatori); l´avversario più convincente e tenace dell´economia finanziaria globale è la stessa economia finanziaria globale.
(Traduzione di Carlo Sandrelli).

Da La Repubblica del 01/11/2011.

Il Requiem per l’antimafia di questo Governo

Giornata dura ieri, per la retorica antimafia governativa.

19:39 MAFIA: GRASSO, OGGI CANDIDATURE SERVONO AD AVERE IMMUNITA’ PARLAMENTARI

‘MAGISTRATURA NON FACCIA LISTE MA LA POLITICA SI AUTOLIMITI’ Palermo, 29 ott. – (Adnkronos) – “Oggi le candidature servono quasi per avere immunita’ parlamentare. E’ vero, non e’ la magistratura che deve fare le liste ma la politica si deve autolimitare a candidare solo persone che possano essere candidate. Se uno e’ indagato e l’altro no, non si spiega perche’ si sceglie quasi sempre l’indagato. Quasi in dispregio della magistratura”. Lo ha detto il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso intervenendo a palermo ad un covegno su giustizia e pentiti.
“Non si deve aspettare la sentenza definitiva per candidare un politico -ha aggiunto Grasso- semplicemente la politica deve imparere a scegliere i propri candidati. I cittadini possono manifestare con il proprio voto la mancanza di assenso alla persone incriminate”. Grasso ha parlato brevemente anche del ddl intercettazioni. “Si deve trovare un equilibrio perche’ altrimenti si rischia l’imbarbarimento”.

20:25 MAFIA: GRASSO, DIETRO STRAGI SI INTRAVEDE DELL’ALTRO

Palermo, 29 ott. – (Adnkronos) – Dietro le stragi mafiose del ’92 in cui furono uccisi i giudici Falcone e Borsellino “si intravede dell’altro. E’ un dato di fatto, lo dicono anche i magistati di Caltanissetta che hanno da poco completato questa parte di indagine”. Lo ha detto il procuratore antimafia Pietro Grasso intervenendo questa sera a Palermo a un convegno su mafia e giustizia.
“Il problema e’ come proseguire adesso per potere andare oltre -ha aggiunto Grasso- bisogna che ci siano nuovi spunti e approfondimenti, ecco perche’ oggi ho ribadito che chi sa deve parlare. Non so se devono parlare soltanto uomini della criminalita’ organizzata o chi fa parte di altre istituzioni, ma non si puo continuare nell’indifferenza e nella rassegnazione, perche’ non si possono dimenticare quei brandelli di carne che si intravedevano sui balconi dei palazzi in via D’Amelio oppure l’autostrada di Capaci sventrata con i corpi innocenti”.
Secondo il procuratore nazionale antimafia “qualche memoria e’ tornata e questo ci ha consentito di fare degli approndimenti, ma c’e’ ancora tanta strada da fare per andare piu’ a fondo. Io continuero’ a credere nella ricerca della verita’ e non lascero’ nulla di intentato.
Cosi’ come sono riuscito a prendere per i capelli Gaspare Spatuzza posso ascoltare chiunque altro abbia qualcosa da dirmi”.

20:27 MAFIA: GRASSO, DA NOI RISULTATI MIRACOLOSI MA I MERITI LI PRENDONO ALTRI

Palermo, 29 ott. – (Adnkronos) – “Nonostante i mezzi che ci sono i risultati che facciamo quotidianamente sono miracolosi, perche’ ogni giorno facciamo operazioni di polizia con arresti e sequestri, anche se poi i meriti li prendono gli altri a noi non interessa. Noi continueremo”. Lo ha detto il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso intervenendo questa sera a Palermo ad un convegno su pentiti e giustizia.

Amen

20111030-103117.jpg

“Nebiolo N. 5”, profumo di teatro

da ILCITTADINO

Tra i big Bergonzoni, Baliani e lo stesso direttore Cavalli con la sua dura pièce su Andreotti 

Ha preso forma la nuova stagione della ribalta di Tavazzano 

Come una fragranza storica e preziosa, per intenditori. E in cui si mescolano ingredienti diversi, dalla prosa, alla musica, al cinema, fino alla serate di memoria e di impegno, come quelle dellormai tradizionale Centro di documentazione del teatro civile. Si chiama Nebiolo n°5, come quello Chanel che ha fatto la storia del profumo, la nuova rassegna del teatro Nebiolo di Tavazzano, gestita per il quinto anno consecutivo dalla lodigiana Bottega dei mestieri teatrali, con la direzione artistica dell’autore e attore Giulio Cavalli. Il “profumo” che si respira intorno alla sala via IV novembre è sempre lo stesso, «quello di un progetto che a piccoli passi ci ha portato lontano – spiega lo stesso direttore artistico Giulio Cavalli – , a cui si aggiungono nuove soddisfazioni, come quella di un approccio produttivo in piena collaborazione e sintonia con il Comune e la parrocchia di Tavazzano, con molte associazioni del territorio e con realtà gemelle come il teatro Alle Vigne di Lodi e il teatro di Casale». Tra le novità di quest’anno, infatti, c’è anche il primo segnale di una sorta di un sistema a tre, per esempio con l’inserimento nel calendario di uno spettacolo della stagione del teatro alle Vigne (Urge di Alessandro Bergonzoni, il 23 febbraio all’auditorium Bpl di via Polenghi Lombardo) e la possibilità di pagare il biglietto ridotto esibendo l’abbonamento di una delle altre due sale. Nella prosa, il canto sociale di Vittorio Vaccaro e delle sue Voci del Po (12 novembre), ritratto vivido di uno spazio che è vita e viaggio, lavoro e sopravvivenza di una larga fetta del popolo del Nord; e ancora la Milano degli anni Settanta di Walter Leonardi e Paolo Trotti (Milano 70 Allora, 11 febbraio), finestre di dialoghi “anarchici” e comici, in cui si intrecciano poesia e musica di un periodo ancora buio e a tratti incompreso; fino al “cabaret” di autore unico come Alessandro Bergonzoni (23 febbraio, nella stagione delle Vigne e valido solo per gli abbonati) e alla prosa di narrazione di uno dei più apprezzati attori della scena teatrale italiana come Marco Baliani che porterà a Tavazzano il suo Kohlhaas (2 marzo), scritto con Remo Rostagno e tratto dall’opera Micheal Kohlhass di Heinrech von Kleist, sul difficile destino di un contadino allevatore che solleva domande importanti sulla natura della giustizia umana e divina. In cartellone al Nebiolo anche L’innocenza di Giulio – Andreotti non è stato assolto (19 maggio) di Giulio Cavalli, scritto con collaborazione di Giancarlo Caselli e Carlo Lucarelli. Non mancherà la musica, quest’anno un doppio appuntamento con Munfrà degli Yo Yo Mundi, storie e canzoni d’amore e di festa dei dintorni di Monferrato (10 dicembre) e con i nostrani Aka Beicho che presenteranno il loro nuovo album intitolato A (17 marzo). Due gli appuntamenti anche con la filodrammatiche e la rassegna “Teatro che passione”, che ospiterà ll Pioppo di Luciano Pagetti (con 3 atti e un prologo di Achille Campanile, 14 aprile) e Il Malato immaginario della compagnia Teatro Indirigibile (21 aprile). Novità del 2011, il cinfeforum con quattro appuntamenti organizzati con la collaborazione della commissione cultura, e le serate di storia e memoria stilate insieme al Comune di Tavazzano. Tra gli eventi, Le canzoni di Garibaldi (4 novembre), L’incontro (27 gennaio, con la compagnia Il sipario in scena per narrare la vita di un sopravvissuto a Birkenau) e Tavazzano si racconta, ciclo di serate sulla memoria storica del paese che coinvolgerà direttamente i cittadini. Ad aprire le danze, la serata inaugurale del 29 ottobre con la presentazione della prossima produzione di Giulio Cavalli, sulla corsa e la vita dell’atleta Dorando Pietri. Rossella Mungiello

La denuncia “civile” ancora sul palco  con Dalla Chiesa, Caserini e Biacchessi 

La strage di Bologna e il dolore di chi è rimasto, la testimonianza di Nando Dalla Chiesa e gli intrecci tra mafia e politica nella seconda repubblica, la Resistenza vista da Daniele Biacchessi e le vite dei partigiani lodigiani raccontate dall’Anpi provinciale, la responsabilità dell’uomo davanti al “riscaldamento globale” del pianeta raccontato da Stefano Caserini. Torna anche quest’anno la rassegna di incontri del Centro di Documentazione per un teatro civile, nato al Nebiolo e inserito nel progetto di residenza teatrale finanziato da Fondazione Cariplo. Uno spazio unico in Italia, nato per raccogliere esperienze e testimonianze di denuncia e che dalla sua fondazione porta a Tavazzano le vicende di chi ha fatto dell’impegno civile un modo di vivere e di intendere l’arte. Scrittori, attori, giornalisti, magistrati; tanti i volti di chi è passato nella cornice intima del Nebiolo per raccontare un pezzo, spesso indigesto, d’Italia. E che a breve sarà anche aperto al pubblico come archivio, in cui sono stati raccolti libri e copioni. «Abbiamo concluso da poco la raccolta del primo lotto di materiale – spiega il direttore artistico Giulio Cavalli – e saremo pronti per l’apertura alla consultazione già entro la fine della stagione». Una “fucina” di riflessioni che quest’anno aprirà il suo percorso con la testimonianza del lodigiano Stefano Caserini (18 novembre), della sezione ambientale del Politecnico di Milano, che esplorerà il tema del riscaldamento globale e delle responsabilità, spesso ignorate, dell’uomo. Sul palco del Nebiolo anche Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione tra i familiari delle vittime della strage di Bologna del 2 agosto 1980, a Tavazzano il 20 gennaio, mentre Nando Dalla Chiesa porterà il suo libro “La convergenza” sui legami oscuri tra mafia e politica negli ultimi vent’anni di storia italiana (23 marzo), mentre il giornalista Daniele Biacchessi tornerà al Nebiolo con il suo nuovo volume, “Orazione civile per la Resistenza” (28 aprile), in una serata organizzata in collaborazione con l’assessorato alla pace del comune e l’Anpi. E in cui ci sarà spazio anche per narrare dei tanti lodigiani che hanno combattuto dalla parte dei partigiani tra il 1943 e il 1945. (R.M.)

Le macerie dell’antimafia

Lettera dei sindacati di polizia (tutti!) al Ministro Maroni. O meglio: lettera della declinazione istituzionale e operativa dell’Antimafia (quella che respira anche nelle scuole, nei libri, nei comitati, negli incontri, negli studi) ad un Paese che (mentre sbadiglia, si svende e si arrocca) sta mangiandosi il cuore della sua storia migliore. Ma soprattutto: lettera da tenere in tasca in ogni angolo della vostra città in cui ancora danza impunito il mito di un Governo (e un Ministro) che ‘ha fatto’ contro le mafie.

Onorevole Signor Ministro,
ci rivolgiamo a Lei con fiducia nella Sua veste di massima Autorità politica quale Ministro dell’Interno e per quello che in questi anni ha dimostrato con coerenza d’indirizzo, ponendo sempre grande attenzione ai temi riguardanti il contrasto alle mafie.

Non avremmo mai voluto scrivere questa lettera ma gli ultimi avvenimenti che si sono verificati presso la Direzione Investigativa Antimafia ci hanno spinto a farlo. Dai primi giorni di luglio, come Lei sa, si è insediato il Direttore della D.I.A. “pro tempore”, di nuova nomina. Questi, come primo atto, senza concertazione alcuna, ha messo a disposizione del Dipartimento della P.S. l’indennità aggiuntiva che i dipendenti D.I.A. percepiscono dal 1992, come previsto dalla legge istitutiva: un taglio di circa 7 milioni di euro, che comporterà una decurtazione dello stipendio al personale pari al 20%; una “punizione” nei confronti di chi, fino ad oggi, ha costantemente raggiunto brillanti risultati di servizio.

L’indennità “incriminata”, peraltro, è notevolmente inferiore a quella percepita dai dipendenti delle Agenzie di informazione DIS, AISI e AISE e, nonostante sia a questa legata, non è mai stata adeguata a livello ISTAT. I circa 1300 operatori D.I.A., grazie alla loro professionalità, hanno conseguito risultati eccellenti nell’azione di contrasto. A titolo esemplificativo, in tema di aggressione ai patrimoni mafiosi, nel periodo 2009 – 2011 (primo semestre) sono stati sequestrati e confiscati beni stimati, rispettivamente, per un valore di 5,7 miliardi di euro e di 1,2, miliardi di euro. Tutto ciò rende la D.I.A., in termini aziendalistici, “un’impresa in attivo” che contribuisce in maniera significativa ad implementare le risorse del Ministero dell’Interno e della Giustizia attraverso il FUG.

Il vertice della struttura, prima di intraprendere azioni estemporanee, avrebbe potuto proporre risparmi di spesa conseguenti ad una gestione più oculata delle risorse: anziché mettere le mani nelle tasche dei dipendenti, avrebbe potuto operare sui costi di locazione delle sedi occupate dai Centri Operativi trasferendole in immobili demaniali oppure confiscati alla criminalità organizzata. A questo proposito citiamo l’esempio del Centro Operativo di Palermo che in questi giorni si trasferirà presso una villa confiscata alla mafia.

Altra nota dolente è il costo dell’immobile che ospita a Roma, in zona Anagnina, gli uffici centrali della Direzione Investigativa Antimafia, della Direzione Centrale Servizi Antidroga e della Direzione Centrale Polizia Criminale, il cui canone di locazione, esorbitante, ammonta a circa 17 milioni di euro annui.

Con il suo “atto d’imperio” il Direttore della D.I.A. sembra volersi sostituire a Lei ed al Legislatore, quindi all’intero Parlamento.

Come Lei può immaginare, l’iniziativa ha creato malumore e mortificazione in tutto il personale D.I.A., di ogni ordine, qualifica, grado e provenienza (Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri, Guardia di Finanza, Amministrazione Civile dell’Interno), generando in esso un senso di mancata considerazione per l’opera prestata con impegno costante ed abnegazione, a volte mettendo a repentaglio la propria incolumità, nella consapevolezza e convinzione di rendere un servizio al Paese.

Sicuramente l’azione della D.I.A. ha dato prestigio allo Stato in campo nazionale ed internazionale ed ha riscosso il massimo consenso anche nell’opinione pubblica.

I risultati ottenuti sono tangibili: è sufficiente consultare le relazioni semestrali periodicamente inviate al Parlamento.

Tutto ciò con le difficoltà che Lei può immaginare, dovute a risorse economiche destinate alla D.I.A., sempre minori nel corso degli anni: dai 28 milioni di euro stanziati per la D.I.A. nel 2001 si è passati ai 15 milioni di euro attuali; a personale sotto organico, poco più di 1300 unità contro le 1500 previste; a continue emorragie di personale D.I.A. impiegato in “uffici doppione” presso la D.C.P.C. (i gruppi di lavoro sulle “Grandi Opere”, G.I.C.E.R., G.I.C.E.X., G.I.T.A.V.); alla disparità di trattamento nella progressione in carriera riservato al personale D.I.A. nelle rispettive amministrazioni di appartenenza non essendo mai stato istituito il previsto “ruolo speciale”.

Ci creda, Signor Ministro, tutto questo appare avvilente ed inaccettabile. Abbiamo il dovere morale di denunciare questo ennesimo tentativo di depauperamento della D.I.A., così fortemente voluta da Giovanni Falcone, attentando così anche alle sue idee.

Le nostre parole non sono una difesa corporativista della Struttura ove siamo onorati di prestare servizio ed a cui abbiamo dedicato con orgoglio gran parte del nostro percorso professionale: sono invece espressione del senso di sentita appartenenza allo Stato per il quale magistrati, uomini e donne delle Forze di Polizia e cittadini hanno dato la propria vita.
Signor Ministro, ci dia una risposta: è stato questo soltanto il frutto di un’iniziativa scomposta da parte di un alto burocrate del Dipartimento o è l’espressione di una precisa volontà politica?

In quest’ultimo caso, La invitiamo ad assumersi, innanzi al Paese, la responsabilità, chiara e trasparente, di “cancellare” l’Istituzione che rappresenta l’organismo antimafia per eccellenza. Se, invece, tutto ciò è avvenuto a sua insaputa, come noi crediamo, ci attendiamo un suo immediato, diretto e risolutivo intervento, capace di restituire a tutto il personale della D.I.A. la serenità necessaria ad operare in un settore così delicato della sicurezza.

Bruceranno i libri

Non c’è bisogno che vi ricordi. [discorso di Kien, studioso di sinologia, ai libri della sua biblioteca, tratto da Auto da fé] in modo particolareggiato la storia antichissima e superba delle vostre sofferenze. Scelgo soltanto un esempio per mostrarvi in maniera persuasiva quanto vicini siano odio e amore. La storia d’un paese che tutti noi in egual misura veneriamo, di un paese in cui voi avete goduto delle più grandi attenzioni e dell’affetto più grande, di un paese in cui vi si è tributato persino quel culto divino che ben meritate, narra un orribile evento, un crimine di proporzioni mitiche, perpretato contro di voi da un sovrano diabolico per suggerimento di un consigliere ancor più diabolico. Nell’anno 213 avanti Cristo, per ordine dell’imperatore cinese Shi Hoang-ti − un brutale usurpatore che ebbe l’ardire di attribuire a se stesso il titolo di “Primo, Augusto, Divino” − vennero bruciati tutti i libri esistenti in Cina. Quel delinquente brutale e superstizioso era per parte sua troppo ignorante per valutare esattamente il significato dei libri sulla base dei quali veniva combattuto il suo tirannico dominio. Ma il suo primo ministro Li-Si, un uomo che doveva tutto ai propri libri, e dunque uno spregevole rinnegato, seppe indurlo, con un abile memoriale, a prendere questo inaudito provvedimento. Era considerato delitto capitale persino parlare dei classici della poesia e della storia cinese. La tradizione orale doveva venire estirpata a un tempo con quella scritta. Venne esclusa dalla confisca solo una piccola minoranza di libri; quali, potete facilmente immaginare: le opere di medicina, farmacopea, arte divinatoria, agricoltura e arboticoltura − cioè tutta una marmaglia di libri di puro interesse pratico. «Confesso che il puzzo di bruciato dei roghi di quei giorni giunge ancor oggi alle mie narici. A che giovò il fatto che tre anni più tardi a quel barbaro imperatore toccasse il destino che s’era meritato? Morì, è vero, ma ai libri morti prima di lui ciò non arrecò alcun giovamento. Erano bruciati e tali rimasero. Ma non voglio tacere quale fu, poco dopo la morte dell’imperatore, la fine del rinnegato Li-Si. Il successore al trono, che aveva ben capito la sua natura diabolica, lo destituì dalla carica di primo ministro dell’impero che egli aveva rivestito per più di trent’anni. Fu incatenato, gettato in prigione e condannato a ricevere mille bastonate. Non un colpo gli venne risparmiato. Fu costretto a confessare mediante la tortura i suoi delitti. Oltre all’assassinio di centinaia di migliaia di libri aveva infatti sulla coscienza anche altre atrocità. Il suo tentativo di ritrattare più tardi la propria confessione fallì. Venne segato in due sulla piazza del mercato della città di Hien-Yang, lentamente e nel senso della lunghezza, perché in questo modo il supplizio dura più a lungo; L’ultimo pensiero di questa belva assetata di sangue fu per la caccia. Oltre a ciò non si vergognò di scoppiare in lacrime. Tutta la sua stirpe, dai figli a un pronipote di appena sette giorni, sia donne che uomini, venne sterminata: tuttavia, invece di essere condannati al rogo, come sarebbe stato giusto, ottennero la grazia di venir passati a fil di spada. In Cina, il paese in cui la famiglia, il culto degli antenati, il ricordo delle singole persone sono tenuti così in gran conto, nessuna famiglia a mantenuto viva la memoria del massacratore Li-Si; solo la storia l’ha fatto, proprio quella storia che l’indegna canaglia, più tardi finita come ho detto, aveva voluto distruggere. (Elias Canetti)

Mantova brucia /2

Dopo la prima puntata, Mantova continua a bruciare. Basta mettere in fila tre articoli. Non c’è nemmeno bisogno di un commento. (Grazie a Maria Regina)

2 0ttobre 2011 – MANTOVA.

Un rogo con la firma della mafia 

Incendio nell’azienda Villagrossi di Rivalta. A fuoco otto betoniere. A incendiarle due individui con una tanica di benzina. Sale l’allarme per le infiltrazioni. Domani la riunione del comitato per la sicurezza

Il rogo alla Villagrossi di Rivalta (Rodigo) è stato uno shock. Metodi tipici dei clan sono ormai all’ordine del giorno e le istituzioni, restie ad ammettere infiltrazioni nel Mantovano della malavita organizzata, devono prendere atto che il livello delle intimidazioni ha raggiunto la soglia d’allarme. A Mantova arriverà l’antimafia. Vuole vederci chiaro nell’incendio che sabato ha distrutto otto betoniere dell’azienda Villagrossi.

Un rogo doloso, come aveva detto da subito il titolare dell’impresa. Un incendio che porta la firma della criminalità organizzata. Le fiamme, secondo le prime ricostruzioni, sarebbero state provocate da due uomini, ripresi dalle telecamere, che hanno agito con precisione quasi chirurgica. Hanno versato la benzina in maniera tale da incendiare le otto betoniere (costo 350-400.000 euro l’una) che servivano per trasportare il calcestruzzo nei cantieri di cui la Villagrossi è fornitrice. L’ultima fornitura di rilievo dell’impresa di Rivalta sul Mincio è per piazzale Mondadori a Mantova, per il cantiere gestito dalle imprese di Antonio Muto e della cooperativa La Leale.

Il prefetto ha convocato per martedì il comitato provinciale per la sicurezza e l’ordine pubblico. Ma l’allarme è salito all’improvviso. Se il prefetto Ruffo annuncia il coinvolgimento degli uomini dell’antimafia, gli industriali cominciano a mostrare segni di preoccupazione. “Facciamo quadrato contro la criminalità – dice il presidente di Assindustria, Alberto Truzzi – è un episodio che non mi sarei mai aspettato, cado dalle nuvole”.

Ma i segnali premonitori non erano mancati, come ha messo in luce nel luglio scorso l’inchiesta della Gazzetta di Mantova sulla recrudescenza di attentati incendiari. “E’ vero – risponde Truzzi – ma finora sono sempre stati episodi isolati. Rimane in me la convinzione che  questa criminalità sia estranea al tessuto sociale e produttivo del nostro territorio”.

E l’azienda di Rivalta come commenta? “Non abbiamo mai subito intimidazioni e minacce – spiega Teresa Villagrossi, figlia di Aldo, uno dei fondatori dell’impresa – per questo l’attentato alla nostra azienda ci sconvolge e ci preoccupa. Voglio comunque tranquillizzare tutti: la nostra azienda rispetterà il calendario delle consegne e i nostri dipendenti non perderanno una sola giornata di lavoro”. Il contratto della Villagrossi con il cantiere di Piazzale Mondadori, a trattativa privata, ammonta a due milioni di euro per la durata di due anni. I danni subiti dall’impresa sono rilevanti: altre alle otto betoniere distrutte, sono stati danneggiati altri sei automezzi e una parte del capannone. Gli attentatori erano molto informati. Hanno approfittato dell’assenza del custode e hanno sapiuto evitare gran parte delle telecamere. Come dire, sapevano parecchio di quell’impresa.

Dati inequivocabili: secondo le notizie di reato che il comando dei vigili del fuoco ha mandato in Procura nel primo semestre del 2011 su 27 incendi di autoveicoli e mezzi pesanti, ben 12 sono stati dolosi. A questo numero vanno aggiunti il rogo dell’Audi di Gaetano Muto a Buscoldo e l’incendio a Rodigo. Difficile credere ancora alla favola delle auto, nuove di pacca, che bruciano per “autocombustione”, per colpa del caldo, del freddo o del caso.

La cronaca dell’incendio di Igor Cipollina

RODIGO. Le otto betoniere fumano ancora, quasi fossero di carta e cenere. A sciogliere subito il sospetto è uno dei titolari, mentre vigili del fuoco e carabinieri si affannano attorno alle lamiere annerite. «Doloso al massimo», ringhia affranto Alfredo Villagrossi, titolare insieme al fratello Aldo dell’omonima azienda in strada Settefrati, Rivalta sul Mincio. Cave, calcestruzzi, lavori stradali. Tre impianti produttivi, trenta automezzi, una cinquantina di dipendenti. Un’azienda larga sulla quale si allunga l’ombra di un incendio appiccato in segno di sfida, sfregio, avvertimento. Ieri sera, intorno alle 20, nonostante gli occhi di dieci telecamere, approfittando dell’assenza del custode. La firma sarebbe nella lingua di fuoco che Alfredo racconta di aver visto correre davanti alle cabine delle sette betoniere parcheggiate l’una di fianco all’altra. L’ottava era posteggiata più in là, impossibile che sia bruciata per contatto con le altre.

Alfredo, 80 anni, è stato il primo ad arrivare, insospettito dal fumo. Passava di lì, sulla provinciale che allaccia Rivalta a Goito. È inciampato nell’incendio quasi per caso, ed è ancora frastornato dall’inferno di gomme, serbatoi, lamiere. Dalla violenza delle fiamme che hanno aggredito la sua azienda. Perché? La domanda sembra tormentare anche Aldo, suo fratello gemello, che vaga a piedi nudi, le ciabatte in mano. Vero, grazie ai suoi numeri, gli impianti, i mezzi, i dipendenti, nel corso degli anni la Villagrossi ha partecipato alle opere più importanti, dall’ospedale Poma alla Spolverina. Ma sempre attraverso forniture, mai con appalti pubblici.

Attualmente è impegnata nel cantiere di piazzale Mondadori, a Mantova (gestito dalle imprese Muto e cooperativa La Leale). Orgoglio, rabbia, incredulità s’impastano nelle parole di Teresa, figlia di Aldo, che cerca di alleviare lo sconforto del padre e dello zio. È lei a rispondere alle domande, gentile e garbata nonostante l’azienda in fumo e la puzza acre di gomma bruciata. Il danno? Nessuno azzarda una cifra, non ancora.

Si può solo osare un calcolo approssimativo, considerando che una betompompa nuova costa 400mila euro. Il danno potrebbe ammontare a due milioni di euro, senza contare che adesso l’attività dell’azienda frenerà bruscamente. E poteva anche andare peggio se Gianpaolo Ballarini, dipendente da dodici anni, non avesse strappato alle fiamme altre tre, forse quattro betoniere. Arrampicandosi sula cabina per metterle al riparo, lontano dalla lingua di fuoco.

4 0ttobre 2011 – – MANTOVA.

Le cosche del mattone.  Investimenti edilizi con i soldi della droga

di Rossella Canadè

MANTOVA Il diavolo come vicino di casa. Nicolino Grande Aracri è tornato a Brescello. Sarebbe proprio il ritorno alla libertà – per un ricalcolo della pena – di “Manuzza”, il boss riconosciuto della ’ndrangheta, con 37 ordinanze di custodia cautelare in carcere sul groppone, condannato a 17 anni per associazione mafiosa e tentato omicidio, una delle cause, se non la causa, dell’accelerazione delle incursioni di violenza di questi mesi. Nel Crotonese, innanzitutto, nel Reggiano, territorio scelto da tempo da molte ’ndrine, e di riflesso nel Mantovano. Secondo gli investigatori calabresi, Manuzza starebbe muovendo pedine per riacquistare la postazione che ritiene gli spetti di diritto: recuperare terreno, ristabilire gli equilibri. Ipotesi, per ora, che tengono gli inquirenti mantovani con gli occhi puntati su quello che accade dall’altra sponda del grande fiume. «La ’ndrangheta non consente una libera forma di concorrenza. Quello che sta accadendo vicino al Po segue il modello calabrese» a dirlo è Antonio Nicaso, uno dei massimi esperti di criminalità calabrese, giornalista e scrittore, autore di diversi libri a quattro mani con il magistrato antimafia Nicola Gratteri. Non è stupito, Nicaso, dell’episodio di Rodigo che ha invece lasciato sbigottiti cittadini, politici e forze dell’ordine. «È un fatto grave, eclatante: significa che la posta in gioco è alta. La tattica della ’ndrangheta in fondo è quella di punirne uno per educarne cento. Al Nord bisogna smetterla di pensare che ci siano anticorpi. Non è vero: la ’ndrangheta ha 44 miliardi di euro di fatturato, sono stime Eurispes. Può corrompere chi vuole con questi soldi: dai politici ai colletti bianchi delle banche, per avere informazioni sugli imprenditori in difficoltà. I mafiosi sono ignoranti, come Riina? Certo, ma hanno i soldi per assumere professionisti che hanno studiato e sono capaci di costruire relazioni». Denaro sporco da riciclare e investire: è questa, secondo Nicaso, la traccia da seguire. La cocaina ha portato alle ’ndrine bottini inimmaginabili, che ora devono essere investiti, «mai al Sud, ma sempre al Nord, dove ad una maggiore ricchezza corrisponde una minore percezione del rischio. Allora si aprono supermercati e si creano filiere edilizie: così si dà lavoro, si costruiscono rapporti con famiglie e persone che poi vanno a votare: si crea consenso sociale». La polvere grigia, spiega Nicaso, è la faccia della ’ndrangheta. L’edilizia, il movimento terra, il trasporto di inerti non richiedono grandi know-how: basta avere denaro fresco in tasca. «In questo modo le ’ndrine al Nord trovano facilmente anche la manovalanza. Con il consenso ottenuto con valigie di denaro riescono a gestire gli affari in un regime di monopolio». Quando qualcosa va storto, qualcosa di succulento, scatta la rappresaglia. «Credo che possa essere successo questo. Un appalto importante finito in mani non gradite alla ’ndrangheta, che reagisce in maniera inequivocabile. La ditta di calcestruzzi immagino che sia assolutamente estranea a queste logiche, ma probabilmente quella commessa doveva finire in altre mani». Secondo questa lettura, forse lo scopo di chi ha ordinato di appiccare il fuoco non era solo quello di spaventare i titolari di Villagrossi, un avvertimento, ma di mettere in ginocchio la ditta, una delle più attive e robuste nel settore. Neutralizzarla per mettere al suo posto, nell’affare di piazzale Mondadori, quella “giusta”.

5 0ttobre 2011 – – MANTOVA.

Villagrossi consegna la lista dei debitori Una pista per il rogo? 

L’azienda ricostruisce con i carabinieri anni di affari.  E spuntano i no a spartire le commesse con i concorrenti  – di Rossella Canadè

RODIGO (Rivalta)  «Ci chiamano da tutt’Italia, ogni minuto. Guardi, i nostri telefonini sono perennemente scarichi. Leggono i titoli sui giornali e ci chiedono in che guai ci siamo cacciati. Non per curiosità o diffidenza, ma per manifestarci solidarietà, appoggio aiuto. Tutti ci conoscono e sanno come lavoriamo. Quello che è successo è stato un fulmine a ciel sereno». È una donna garbata, Teresa Villagrossi, una che misura le parole ad una ad una per non farsi scappare accenti di polemica, di rabbia. Per non ferire nessuno, anche dopo che il rogo che ha distrutto le betoniere ha rischiato di mandare all’aria la ditta. «Non ce l’hanno fatta. La nostra attività continua, e continueremo a dare lavoro ai nostri dipendenti. È questa la cosa più importante». Pensa a loro, quando sente parole come mafia, ’ndrangheta, cosche del mattone, «ho paura che abbiano paura, ecco, questo. Ma la solidarietà che tutti ci stanno dimostrando ci fa andare avanti».  Cresciuta a fatica e conti da far quadrare, in mezzo a gente che si alza all’alba e va a letto al tramonto, i mafiosi se li immagina con coppola e mitraglietta a tracolla, gente con cui i Villagrossi non hanno mai avuto a che fare. Sabato ha toccato con mano che mafia significa anche ritorsione, ricatto, intimidazione, avvertimento. Vendetta di qualcuno che hai danneggiato, magari senza saperlo. Perché lavori più di lui, perché hai i prezzi più bassi, perché non scendi a patti. Qualcuno che non esita a fartela pagare, con i mezzi drastici della criminalità organizzata: colpirne uno per educarne cento. Questa mafia a Teresa Villagrossi sembra meno lontana. «In questi ultimi anni, con la crisi del nostro settore, ci siano trovati ad aver a che fare con gente che non pagava. Abbiamo dato queste grane in mano al nostro avvocato, che ha fatto dei decreti ingiuntivi per farci recuperare gli insoluti. Non escludo che qualcuno sia fallito o che si sia trovato in serie difficoltà. E abbia visto in noi il suo nemico, quello che lo aveva mandato a gambe all’aria». Registri, carte, fatture: in queste ore i Villagrossi stanno passando al setaccio la contabilità, le lettere di ingiunzioni di pagamento che poi verranno acquisite dai carabinieri. Con cifre e nomi in mano, la caccia ai piromani e ai loro mandanti potrebbe trovare un sentiero. «La fame di soldi può spingere le persone a compiere gesti sconsiderati. Uno si sente danneggiato e perde la testa. Posso immaginarlo. Ma non riesco a capire chi possa essere. È capitato anche che abbiamo smesso di vendere il calcestruzzo a qualcuno dopo che non ci aveva pagato alcune forniture. Questo crea danno, è indubbio, perché se una ditta non arriva allo stato di avanzamento lavori paga ingenti penali. Forse è uno di questi, ma io non sono in grado di saperlo. Forse abbiamo fatto uno sgarbo a qualcuno, e questo mi ha bruciato i camion. Non lo avremmo mai immaginato».  A Rivalta non sono mai arrivate minacce, né preavvisi di rappresaglie, «le uniche cose che mi sono venute in mente in queste ore convulse sono le conversazioni con alcuni concorrenti, o meglio colleghi che in alcune occasioni ci hanno chiesto con insistenza di spartire con loro i lavori più grossi. Perché ne abbiamo tanti, non solo piazzale Mondadori. Non abbiamo partecipato a gare, ma sono state tutte trattative private: le nostre offerte evidentemente erano le più convenienti». Alcuni impresari del settore si sono già offerti di dare una mano, con macchine in prestito o a noleggio, «con questi aiuti non avremo problemi».  I fotogrammi che ritraggono l’incursione dei due piromani all’interno della Villagrossi sono all’esame dei carabinieri di Mantova, che hanno già interessato i comandi interprovinciali della Dia e della Dda, ma i titolari dell’impresa hanno potuto visionarli, «sapevano come muoversi e, dato che sui nostri dipendenti mettiamo la mano sul fuoco, significa che ci hanno studiato».

Anna Stepanovna Politkovskaja e il bavaglio nelle sue declinazioni

Sono una reietta. È questo il risultato principale del mio lavoro di giornalista in Cecenia e della pubblicazione all’estero dei miei libri sulla vita in Russia e sul conflitto ceceno. A Mosca non mi invitano alle conferenze stampa né alle iniziative in cui è prevista la partecipazione di funzionari del Cremlino: gli organizzatori non vogliono essere sospettati di avere delle simpatie per me. Eppure tutti i più alti funzionari accettano d’incontrarmi quando sto scrivendo un articolo o sto conducendo un’indagine. Ma lo fanno di nascosto, in posti dove non possono essere visti, all’aria aperta, in piazza o in luoghi segreti che raggiungiamo seguendo strade diverse, quasi fossimo delle spie. Sono felici di parlare con me. Mi danno informazioni, chiedono il mio parere e mi raccontano cosa succede ai vertici. Ma sempre in segreto. È una situazione a cui non ti abitui, ma impari a conviverci: erano queste le condizioni in cui lavoravo durante la seconda guerra in Cecenia, scoppiata nel 1999. (da Il mio lavoro a ogni costoInternazionale, 26 ottobre 2006)

Nelle migliori librerie

Ecco, i libri distribuiti nelle migliori librerie o nelle migliori edicole italiane non se li fila nessuno. Anzi, già sanno che non se li filerà nessuno. La penna di un libraio chiarisce. Perché tra i librai c’è chi pensa che “il tempo è denaro” e c’è, invece, chi pensa che “il denaro è tempo”. I primi consigliano libri di un certo tipo, i secondi consigliano libri di un altro tipo.

Testo Unico Antimafia: per il gusto civile di studiare

Per chi ha voglia, tempo e interesse: il testo appena licenziato dal Governo. Per parlarne, analizzare, e poi fare. E discuterne qui.

Si tratta del decreto legislativo recante il “Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010 n. 136

Un vero e proprio Testo Unico, dunque, approvato dal Governo nell’esercizio della delega conferitagli dal Parlamento (praticamente all’unanimità) con la legge 136 del 2010 (“Piano straordinario antimafia”).

Sommario

  • Libro I – Le misure di prevenzione (articoli 1-81)
  • Libro II – Nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia (articoli 82-101)
  • Libro III – Attività informative ed investigative nella lotta contro la criminalità organizzata (articoli 101-114)
  • Libro IV – Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e alla legislazione penale complementare. Abrogazioni. Disposizioni transitorie e di coordinamento (articoli 115-120)

 

Testo

Decreto Legislativo recante “Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010 n. 136″


Libro I – Le misure di prevenzione (articoli 1-81)

Titolo I

Le misure di prevenzione personali

Capo I: Le misure di prevenzione personali applicate dal questore

Art. 1

(Soggetti destinatari)

 

1. I provvedimenti previsti dal presente capo si applicano a:

a) coloro che debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi;

b) coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose;

c) coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica.

 

 

Art. 2

(Foglio di via obbligatorio)

1. Qualora le persone indicate nell’articolo 1 siano pericolose per la sicurezza pubblica e si trovino fuori dei luoghi di residenza, il questore può rimandarvele con provvedimento motivato e con foglio di via obbligatorio, inibendo loro di ritornare, senza preventiva autorizzazione ovvero per un periodo non superiore a tre anni, nel comune dal quale sono allontanate.

 

Art. 3

(Avviso orale)

1. Il questore nella cui provincia la persona dimora può avvisare oralmente i soggetti di cui all’art. 1 che esistono indizi a loro carico, indicando i motivi che li giustificano.

2. Il questore invita la persona a tenere una condotta conforme alla legge e redige il processo verbale dell’avviso al solo fine di dare allo stesso data certa.

3. La persona alla quale è stato fatto l’avviso può in qualsiasi momento chiederne la revoca al questore che provvede nei sessanta giorni successivi. Decorso detto termine senza che il questore abbia provveduto, la richiesta si intende accettata. Entro sessanta giorni dalla comunicazione del provvedimento di rigetto è ammesso ricorso gerarchico al prefetto.

4. Con l’avviso orale il questore, quando ricorrono le condizioni di cui al comma 3, può imporre alle persone che risultino definitivamente condannate per delitti non colposi il divieto di possedere o utilizzare, in tutto o in parte, qualsiasi apparato di comunicazione radiotrasmittente, radar e visori notturni, indumenti e accessori per la protezione balistica individuale, mezzi di trasporto blindati o modificati al fine di aumentarne la potenza o la capacità offensiva, ovvero comunque predisposti al fine di sottrarsi ai controlli di polizia, armi a modesta capacità offensiva, riproduzioni di armi di qualsiasi tipo, compresi i giocattoli riproducenti armi, altre armi o strumenti, in libera vendita, in grado di nebulizzare liquidi o miscele irritanti non idonei ad arrecare offesa alle persone, prodotti pirotecnici di qualsiasi tipo, nonché sostanze infiammabili e altri mezzi comunque idonei a provocare lo sprigionarsi delle fiamme, nonché programmi informatici ed altri strumenti di cifratura o crittazione di conversazioni e messaggi.

5. Il questore può, altresì, imporre il divieto di cui al comma 4 ai soggetti  sottoposti alla misura della sorveglianza speciale, quando la persona risulti definitivamente condannata per delitto non colposo.

6. Il divieto di cui ai commi 4 e 5 è opponibile davanti al tribunale in composizione monocratica.

 

 

Capo II: Le misure di prevenzione personali applicate dall’autorità giudiziaria

Sezione I: Il procedimento applicativo

Art. 4

(Soggetti destinatari)

 

1. I provvedimenti previsti dal presente capo si applicano:

a) agli indiziati di appartenere alle associazioni di cui all’articolo 416-bis c.p.;

b) ai soggetti indiziati di uno dei reati previsti dall’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale ovvero del delitto di cui all’articolo 12-quinquies, comma 1, del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356;

c) ai soggetti di cui all’articolo 1;

d) a coloro che, operanti in gruppi o isolatamente, pongano in essere atti preparatori, obiettivamente rilevanti, diretti a sovvertire l’ordinamento dello Stato, con la commissione di uno dei reati previsti dal capo I, titolo VI, del libro II del codice penale o dagli articoli 284, 285, 286, 306, 438, 439, 605 e 630 dello stesso codice nonché alla commissione dei reati con finalità di terrorismo anche internazionale;

e) a coloro che abbiano fatto parte di associazioni politiche disciolte ai sensi della legge 20 giugno 1952, n. 645, e nei confronti dei quali debba ritenersi, per il comportamento successivo, che continuino a svolgere una attività analoga a quella precedente;

f) a coloro che compiano atti preparatori, obiettivamente rilevanti, diretti alla ricostituzione del partito fascista ai sensi dell’articolo 1 della legge n. 645 del 1952, in particolare con l’esaltazione o la pratica della violenza;

g) fuori dei casi indicati nelle lettere d), e) ed f), siano stati condannati per uno dei delitti previsti nella legge 2 ottobre 1967, n. 895, e negli articoli 8 e seguenti della legge 14 ottobre 1974, n. 497, e successive modificazioni, quando debba ritenersi, per il loro comportamento successivo, che siano proclivi a commettere un reato della stessa specie col fine indicato alla lett. d);

h) agli istigatori, ai mandanti e ai finanziatori dei reati indicati nelle lettere precedenti. E’ finanziatore colui il quale fornisce somme di denaro o altri beni, conoscendo lo scopo cui sono destinati;

i) alle persone indiziate di avere agevolato gruppi o persone che hanno preso parte attiva, in più occasioni, alle manifestazioni di violenza di cui all’articolo 6 della legge 13 dicembre 1989, n. 401.

 

 

Art. 5

(Titolarità della proposta. Competenza)

 

1. Nei confronti delle persone indicate all’articolo 4 possono essere proposte dal questore, dal procuratore nazionale antimafia, dal procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo di distretto ove dimora la persona e dal direttore della Direzione investigativa antimafia le misure di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e dell’obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale.

2. Nei casi previsti dall’articolo 4, comma 1, lettera c) e lettera i), le funzioni e le competenze spettanti al procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto sono attribuite al procuratore della Repubblica presso il tribunale nel cui circondario dimora la persona; nei medesimi casi, nelle udienze relative ai procedimenti per l’applicazione delle misure di prevenzione le funzioni di pubblico ministero possono essere esercitate anche dal procuratore della Repubblica presso il tribunale competente.

3. Salvo quanto previsto al comma 2, nelle udienze relative ai procedimenti per l’applicazione delle misure di prevenzione richieste ai sensi del presente decreto, le funzioni di pubblico ministero sono esercitate dal procuratore della Repubblica di cui al comma 1.

4. La proposta di cui al comma 1 è presentata al presidente del Tribunale del capoluogo della provincia in cui la persona dimora.

 

Art. 6

(Tipologia delle misure e loro presupposti)

 

1. Alle persone indicate nell’articolo 4, quando siano pericolose per la sicurezza pubblica, può essere applicata, nei modi stabiliti negli articoli seguenti, la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza.

2. Salvi i casi di cui all’articolo 4, comma 1, lettere a) e b), alla sorveglianza speciale può essere aggiunto, ove le circostanze del caso lo richiedano, il divieto di soggiorno in uno o più comuni, diversi da quelli di residenza o di dimora abituale o in una o più Province.

3. Nei casi in cui le altre misure di prevenzione non sono ritenute idonee alla tutela della sicurezza pubblica può essere imposto l’obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale.

 

Art. 7

(Procedimento applicativo)

1. Il tribunale provvede, con decreto motivato, entro trenta giorni dalla proposta. L’udienza si svolge senza la presenza del pubblico. Il presidente dispone che il procedimento si svolga in pubblica udienza quando l’interessato ne faccia richiesta.

2. Il presidente del collegio fissa la data dell’udienza e ne fa dare avviso alle parti, alle altre persone interessate e ai difensori. L’avviso è comunicato o notificato almeno dieci giorni prima della data predetta. Se l’interessato è privo di difensore, l’avviso è dato a quello di ufficio.

3. Fino a cinque giorni prima dell’udienza possono essere presentate memorie in cancelleria.

4. L’udienza si svolge con la partecipazione necessaria del difensore e del pubblico ministero. Gli altri destinatari dell’avviso sono sentiti se compaiono. Se l’interessato è detenuto o internato in luogo posto fuori della circoscrizione del giudice e ne fa tempestiva richiesta, deve essere sentito prima del giorno dell’udienza, dal magistrato di sorveglianza del luogo. Ove siano disponibili strumenti tecnici idonei, il presidente del collegio può disporre che l’interessato sia sentito mediante collegamento audiovisivo ai sensi dell’art.146-bis, commi 3, 4, 5, 6 e 7 disp. att. c.p.p..

5. L’udienza è rinviata se sussiste un legittimo impedimento dell’interessato che ha chiesto di essere sentito personalmente e che non sia detenuto o internato in luogo diverso da quello in cui ha sede il giudice.

6. Ove l’interessato non intervenga ed occorra la sua presenza per essere interrogato, il presidente del tribunale lo invita a comparire e, se egli non ottempera all’invito, può ordinare l’accompagnamento a mezzo di forza pubblica.

7. Le disposizioni dei commi 2, 4, primo, secondo e terzo periodo, e 5, sono previste a pena di nullità.

8. L’esame a distanza dei testimoni può essere disposto dal presidente del collegio nei casi e nei modi indicati all’art. 147-bis, comma 2, disp. att. c.p.p..

9. Per quanto non espressamente previsto dal presente decreto, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni contenute nell’articolo 666 del codice di procedura penale.

10. Le comunicazioni di cui al presente titolo possono essere effettuate con le modalità previste dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.

 

Art. 8

(Decisione)

 

1. Il provvedimento del tribunale stabilisce la durata della misura di prevenzione che non può essere inferiore ad un anno né superiore a cinque.

2. Qualora il tribunale disponga l’applicazione di una delle misure di prevenzione di cui all’art. 6, nel provvedimento sono determinate le prescrizioni che la persona sottoposta a tale misura deve osservare.

3. A tale scopo, qualora la misura applicata sia quella della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e si tratti di persona indiziata di vivere con il provento di reati, il tribunale prescrive di darsi, entro un congruo termine, alla ricerca di un lavoro, di fissare la propria dimora, di farla conoscere nel termine stesso all’autorità di pubblica sicurezza e di non allontanarsene senza preventivo avviso all’autorità medesima.

4. In ogni caso, prescrive di vivere onestamente, di rispettare le leggi, e di non allontanarsi dalla dimora senza preventivo avviso all’autorità locale di pubblica sicurezza; prescrive, altresì, di non associarsi abitualmente alle persone che hanno subito condanne e sono sottoposte a misure di prevenzione o di sicurezza, di non rincasare la sera più tardi e di non uscire la mattina più presto di una data ora e senza comprovata necessità e, comunque, senza averne data tempestiva notizia all’autorità locale di pubblica sicurezza, di non detenere e non portare armi, di non partecipare a pubbliche riunioni.

5. Inoltre, può imporre tutte quelle prescrizioni che ravvisi necessarie, avuto riguardo alle esigenze di difesa sociale; ed, in particolare, il divieto di soggiorno in uno o più Comuni, o in una o più Province.

6. Qualora sia applicata la misura dell’obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale o del divieto di soggiorno, può essere inoltre prescritto:

1) di non andare lontano dall’abitazione scelta senza preventivo avviso all’autorità preposta alla sorveglianza;

2) di presentarsi all’autorità di pubblica sicurezza preposta alla sorveglianza nei giorni indicati ed a ogni chiamata di essa.

7. Alle persone di cui al comma 6 è consegnata una carta di permanenza da portare con sé e da esibire ad ogni richiesta degli ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza.

8. Il provvedimento è comunicato al procuratore della Repubblica, al procuratore generale presso la Corte di appello ed all’interessato.

 

Art. 9

(Provvedimenti d’urgenza)

1. Se la proposta riguarda la misura della sorveglianza speciale con l’obbligo o il divieto di soggiorno, il presidente del tribunale, con decreto, nella pendenza del procedimento di cui all’articolo 7, può disporre il temporaneo ritiro del passaporto e la sospensione della validità ai fini dell’espatrio di ogni altro documento equipollente.

2. Nel caso in cui sussistano motivi di particolare gravità, può altresì disporre che alla persona denunciata sia imposto, in via provvisoria, l’obbligo o il divieto di soggiorno fino a quando non sia divenuta esecutiva la misura di prevenzione.

 

 

Sezione II: Le impugnazioni

Art. 10

(Impugnazioni)

 

1. Il procuratore della Repubblica, il procuratore generale presso la corte di appello e l’interessato hanno facoltà di proporre ricorso alla corte d’appello, anche per il merito.

2. Il ricorso non ha effetto sospensivo e deve essere proposto entro dieci giorni dalla comunicazione del provvedimento. La corte d’appello provvede, con decreto motivato, entro trenta giorni dalla proposizione del ricorso. L’udienza si svolge senza la presenza del pubblico. Il presidente dispone che il procedimento si svolga in pubblica udienza quando l’interessato ne faccia richiesta.

3. Avverso il decreto della corte d’appello, è ammesso ricorso in cassazione per violazione di legge, da parte del pubblico ministero e dell’interessato, entro dieci giorni. La Corte di cassazione provvede, in camera di consiglio, entro trenta giorni dal ricorso. Il ricorso non ha effetto sospensivo.

4. Salvo quando è stabilito nel presente decreto, per la proposizione e la decisione dei ricorsi, si osservano in quanto applicabili, le norme del codice di procedura penale riguardanti la proposizione e la decisione dei ricorsi relativi all’applicazione delle misure di sicurezza.

 

 

Sezione III: L’esecuzione

Art. 11

(Esecuzione)

 

1. Il provvedimento di applicazione delle misure di prevenzione è comunicato al questore per l’esecuzione.

2. Il provvedimento stesso, su istanza dell’interessato e sentita l’autorità di pubblica sicurezza che lo propose, può essere revocato o modificato dall’organo dal quale fu emanato, quando sia cessata o mutata la causa che lo ha determinato. Il provvedimento può essere altresì modificato, anche per l’applicazione del divieto o dell’obbligo di soggiorno, su richiesta dell’autorità proponente, quando ricorrono gravi esigenze di ordine e sicurezza pubblica o quando la persona sottoposta alla sorveglianza speciale abbia ripetutamente violato gli obblighi inerenti alla misura.

3. Il ricorso contro il provvedimento di revoca o di modifica non ha effetto sospensivo.

4. Nel caso di modificazione del provvedimento o di taluna delle prescrizioni per gravi esigenze di ordine e sicurezza pubblica, ovvero per violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale, il presidente del tribunale può, nella pendenza del procedimento, disporre con decreto l’applicazione provvisoria della misura, delle prescrizioni o degli obblighi richiesti con la proposta.

 

Art. 12

(Autorizzazione ad allontanarsi dal comune di residenza o dimora abituale)

 

1. Quando ricorrono gravi e comprovati motivi di salute, le persone sottoposte all’obbligo di soggiorno possono essere autorizzate a recarsi in un luogo determinato fuori del comune di residenza o di dimora abituale, ai fini degli accertamenti sanitari e delle cure indispensabili, allontanandosi per un periodo non superiore ai dieci giorni, oltre al tempo necessario per il viaggio. L’autorizzazione può essere concessa, nel medesimo limite temporale, anche quando ricorrono gravi e comprovati motivi di famiglia che rendano assolutamente necessario ed urgente l’allontanamento dal luogo di soggiorno coatto.

2. La domanda dell’interessato deve essere proposta al presidente del tribunale competente ai sensi dell’articolo 5.

3. Il tribunale, dopo aver accertato la veridicità delle circostanze allegate dall’interessato, provvede in camera di consiglio con decreto motivato.

4. Nei casi di assoluta urgenza la richiesta può essere presentata al presidente del tribunale competente ai sensi dell’articolo 5, il quale può autorizzare il richiedente ad allontanarsi per un periodo non superiore a tre giorni, oltre al tempo necessario per il viaggio.

5. Il decreto previsto dai commi 3 e 4 è comunicato al procuratore della Repubblica ed all’interessato che possono proporre ricorso per cassazione per violazione di legge. Il ricorso non ha effetto sospensivo.

6. Del decreto è altresì data notizia all’autorità di pubblica sicurezza che esercita la vigilanza sul soggiornante obbligato, la quale provvede ad informare quella del luogo dove l’interessato deve recarsi e a disporre le modalità e l’itinerario del viaggio.

 

Art. 13

(Rapporti della sorveglianza speciale con le misure di sicurezza e la libertà vigilata)

 

1. Quando sia stata applicata una misura di sicurezza detentiva o la libertà vigilata, durante la loro esecuzione non si può far luogo alla sorveglianza speciale; se questa sia stata pronunciata, ne cessano gli effetti.

 

Art. 14

(Decorrenza e cessazione della sorveglianza speciale)

 

1. La sorveglianza speciale comincia a decorrere dal giorno in cui il decreto è comunicato all’interessato e cessa di diritto allo scadere del termine nel decreto stesso stabilito, se il sorvegliato speciale non abbia, nel frattempo, commesso un reato.

2. Se nel corso del termine stabilito il sorvegliato commette un reato per il quale riporti successivamente condanna e la sorveglianza speciale non debba cessare, il tribunale verifica d’ufficio se la commissione di tale reato possa costituire indice della persistente pericolosità dell’agente; in tale caso il termine ricomincia a decorrere dal giorno nel quale è scontata la pena.

 

Art. 15

(Rapporti dell’obbligo di soggiorno con la detenzione, le misure di sicurezza e la libertà vigilata)

 

1. Il tempo trascorso in custodia cautelare seguita da condanna o in espiazione di pena detentiva, anche se per effetto di conversione di pena pecuniaria, non è computato nella durata dell’obbligo del soggiorno.

2. L’obbligo del soggiorno cessa di diritto se la persona obbligata è sottoposta a misura di sicurezza detentiva. Se alla persona obbligata a soggiornare è applicata la libertà vigilata, la persona stessa vi è sottoposta dopo la cessazione dell’obbligo del soggiorno.

Titolo II

Le misure di prevenzione patrimoniali

 

Capo I: Il procedimento applicativo

Art. 16

(Soggetti destinatari)

 

1. Le disposizioni contenute nel presente titolo si applicano:

a) ai soggetti di cui all’articolo 4;

b) alle persone fisiche e giuridiche segnalate al Comitato per le sanzioni delle Nazioni Unite, o ad altro organismo internazionale competente per disporre il congelamento di fondi o di risorse economiche, quando vi sono fondati elementi per ritenere che i fondi o le risorse possano essere dispersi, occultati o utilizzati per il finanziamento di organizzazioni o attività terroristiche, anche internazionali.

2. Nei confronti dei soggetti di cui all’articolo 4, comma 1, lett. i), la misura di prevenzione patrimoniale della confisca può essere applicata relativamente ai beni, nella disponibilità dei medesimi soggetti, che possono agevolare, in qualsiasi modo, le attività di chi prende parte attiva a fatti di violenza in occasione o a causa di manifestazioni sportive. Il sequestro effettuato nel corso di operazioni di polizia dirette alla prevenzione delle predette manifestazioni di violenza è convalidato a norma dell’articolo 22, comma 2.

 

 

Art. 17

(Titolarità della proposta)

 

1. Nei confronti delle persone indicate all’articolo 16 possono essere proposte dal procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo di distretto ove dimora la persona, dal questore o dal direttore della Direzione investigativa antimafia le misure di prevenzione patrimoniali di cui al presente titolo.

2. Quando le misure di prevenzione patrimoniali sono richieste nei confronti dei soggetti di cui all’art. 4, comma 1, lett. c), le funzioni e le competenze spettanti al procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto sono attribuite al procuratore della Repubblica presso il tribunale nel cui circondario dimora la persona; nei medesimi casi, nelle udienze relative ai procedimenti per l’applicazione delle misure di prevenzione le funzioni di pubblico ministero possono essere esercitate anche dal procuratore della Repubblica presso il tribunale competente.

3. Salvo quanto previsto al comma 2, nelle udienze relative ai procedimenti per l’applicazione delle misure di prevenzione richieste ai sensi del presente decreto, le funzioni di pubblico ministero sono esercitate dal procuratore della Repubblica di cui al comma 1.

 

Art. 18

(Applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali. Morte del proposto)

 

1. Le misure di prevenzione personali e patrimoniali possono essere richieste e applicate disgiuntamente e, per le misure di prevenzione patrimoniali, indipendentemente dalla pericolosità sociale del soggetto proposto per la loro applicazione al momento della richiesta della misura di prevenzione.

2. Le misure di prevenzione patrimoniali possono essere disposte anche in caso di morte del soggetto proposto per la loro applicazione. In tal caso il procedimento prosegue nei confronti degli eredi o comunque degli aventi causa.

3. Il procedimento di prevenzione patrimoniale può essere iniziato anche in caso di morte del soggetto nei confronti del quale potrebbe essere disposta la confisca; in tal caso la richiesta di applicazione della misura di prevenzione può essere proposta nei riguardi dei successori a titolo universale o particolare entro il termine di cinque anni dal decesso.

4. Il procedimento di prevenzione patrimoniale può essere iniziato o proseguito anche in caso di assenza, residenza o dimora all’estero della persona alla quale potrebbe applicarsi la misura di prevenzione, su proposta dei soggetti di cui all’articolo 17 competenti per il luogo di ultima dimora dell’interessato, relativamente ai beni che si ha motivo di ritenere che siano il frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego.

5. Agli stessi fini il procedimento può essere iniziato o proseguito allorché la persona è sottoposta ad una misura di sicurezza detentiva o alla libertà vigilata.

 

Art. 19

(Indagini patrimoniali)

 

1. I soggetti di cui all’articolo 17, commi 1 e 2, procedono, anche a mezzo della guardia di finanza o della polizia giudiziaria, ad indagini sul tenore di vita, sulle disponibilità finanziarie e sul patrimonio dei soggetti indicati all’articolo 16 nei cui confronti possa essere proposta la misura di prevenzione della sorveglianza speciale della pubblica sicurezza con o senza divieto od obbligo di soggiorno, nonché, avvalendosi della guardia di finanza o della polizia giudiziaria, ad indagini sull’attività economica facente capo agli stessi soggetti allo scopo anche di individuare le fonti di reddito.

2. I soggetti di cui al comma 1 accertano, in particolare, se dette persone siano titolari di licenze, di autorizzazioni, di concessioni o di abilitazioni all’esercizio di attività imprenditoriali e commerciali, comprese le iscrizioni ad albi professionali e pubblici registri, se beneficiano di contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concesse o erogate da parte dello Stato, degli enti pubblici o dell’ Unione europea.

3. Le indagini sono effettuate anche nei confronti del coniuge, dei figli e di coloro che nell’ultimo quinquennio hanno convissuto con i soggetti indicati al comma 1 nonché nei confronti delle persone fisiche o giuridiche, società, consorzi od associazioni, del cui patrimonio i soggetti medesimi risultano poter disporre in tutto o in parte, direttamente o indirettamente.

4. I soggetti di cui all’articolo 17, commi 1 e 2, possono richiedere, direttamente o a mezzo di ufficiali o agenti di polizia giudiziaria, ad ogni ufficio della pubblica amministrazione, ad ogni ente creditizio nonché alle imprese, società ed enti di ogni tipo informazioni e copia della documentazione ritenuta utile ai fini delle indagini nei confronti dei soggetti di cui ai commi 1, 2 e 3. Previa autorizzazione del procuratore della Repubblica o del giudice procedente, gli ufficiali di polizia giudiziaria possono procedere al sequestro della documentazione con le modalità di cui agli articoli 253, 254, e 255 del codice di procedura penale.

5. Nel corso del procedimento per l’applicazione di una delle misure di prevenzione iniziato nei confronti delle persone indicate nell’articolo 16, il tribunale, ove necessario, può procedere ad ulteriori indagini oltre quelle già compiute a norma dei commi che precedono.

 

Art. 20

(Sequestro)

1. Il tribunale, anche d’ufficio, ordina con decreto motivato il sequestro dei beni dei quali la persona nei cui confronti è iniziato il procedimento risulta poter disporre, direttamente o indirettamente, quando il loro valore risulta sproporzionato al reddito dichiarato o all’attività economica svolta ovvero quando, sulla base di sufficienti indizi, si ha motivo di ritenere che gli stessi siano il frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego.

2. Il sequestro è revocato dal tribunale quando è respinta la proposta di applicazione della misura di prevenzione o quando risulta che esso ha per oggetto beni di legittima provenienza o dei quali l’indiziato non poteva disporre direttamente o indirettamente.

3. L’eventuale revoca del provvedimento non preclude l’utilizzazione ai fini fiscali degli elementi acquisiti nel corso degli accertamenti svolti ai sensi dell’articolo 19.

 

 

Art. 21

(Esecuzione del sequestro)

 

1. Il sequestro è eseguito con le modalità previste dall’articolo 104 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271. L’ufficiale giudiziario, eseguite le formalità ivi previste, procede all’apprensione materiale dei beni e all’immissione dell’amministratore giudiziario nel possesso degli stessi, anche se gravati da diritti reali o personali di godimento, con l’assistenza obbligatoria della polizia giudiziaria.

2. Il tribunale, ove gli occupanti non vi provvedano spontaneamente, ordina lo sgombero degli immobili occupati senza titolo ovvero sulla scorta di titolo privo di data certa anteriore al sequestro mediante l’ausilio della forza pubblica.

3. Il rimborso delle spese postali e dell’indennità di trasferta spettante all’ufficiale giudiziario è regolato dalla legge 7 febbraio 1979, n. 59.

 

 

Art. 22

(Provvedimenti d’urgenza)

 

1. Quando vi sia concreto pericolo che i beni di cui si prevede debba essere disposta la confisca vengano dispersi, sottratti od alienati, i soggetti di cui all’articolo 17, commi 1 e 2 possono, unitamente alla proposta, richiedere al presidente del tribunale competente per l’applicazione della misura di prevenzione di disporre anticipatamente il sequestro dei beni prima della fissazione dell’udienza. Il presidente del tribunale provvede con decreto motivato entro cinque giorni dalla richiesta. Il sequestro eventualmente disposto perde efficacia se non convalidato dal tribunale entro trenta giorni dalla proposta.

2. Nel corso del procedimento, a richiesta dei soggetti di cui al comma 1 o degli organi incaricati di svolgere ulteriori indagini a norma dell’articolo 19, comma 5, nei casi di particolare urgenza il sequestro è disposto dal presidente del tribunale con decreto motivato e perde efficacia se non è convalidato dal tribunale nei dieci giorni successivi. Analogamente si procede se, nel corso del procedimento, anche su segnalazione dell’amministratore giudiziario, emerge l’esistenza di altri beni che potrebbero formare oggetto di confisca.

 

Art. 23

(Procedimento applicativo)

1. Salvo che sia diversamente disposto, al procedimento per l’applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dettate dal titolo I, capo II, sezione I.

2. I terzi che risultino proprietari o comproprietari dei beni sequestrati, nei trenta giorni successivi all’esecuzione del sequestro, sono chiamati dal tribunale ad intervenire nel procedimento con decreto motivato che contiene la fissazione dell’udienza in camera di consiglio.

3. All’udienza gli interessati possono svolgere le loro deduzioni con l’assistenza di un difensore, nonché chiedere l’acquisizione di ogni elemento utile ai fini della decisione sulla confisca. Se non ricorre l’ipotesi di cui all’articolo 24 il tribunale ordina la restituzione dei beni ai proprietari.

4. Il comma 2 si applica anche nei confronti dei terzi che vantano diritti reali o personali di godimento sui beni in sequestro. Se non ricorre l’ipotesi di cui all’articolo 26, per la liquidazione dei relativi diritti si applicano le disposizioni di cui al titolo IV.

 

Art. 24

(Confisca)

 

1. Il tribunale dispone la confisca dei beni sequestrati di cui la persona nei cui confronti è instaurato il procedimento non possa giustificare la legittima provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulti essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica, nonché dei beni che risultino essere frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego.

2. Il decreto di confisca può essere emanato entro un anno e sei mesi dalla data di immissione in possesso dei beni da parte dell’amministratore giudiziario. Nel caso di indagini complesse o compendi patrimoniali rilevanti, tale termine può essere prorogato con decreto motivato del tribunale per periodi di sei mesi e per non più di due volte. Ai fini del computo dei termini suddetti e di quello previsto dall’articolo 22, comma 1, si tiene conto delle cause di sospensione dei termini di durata della custodia cautelare, previste dal codice di procedura penale, in quanto compatibili.

3. Il sequestro e la confisca possono essere adottati, su richiesta dei soggetti di cui all’articolo 17, commi 1 e 2, quando ne ricorrano le condizioni, anche dopo l’applicazione di una misura di prevenzione personale. Sulla richiesta provvede lo stesso tribunale che ha disposto la misura di prevenzione personale, con le forme previste per il relativo procedimento e rispettando le disposizioni del presente titolo.

 

 

Art. 25

(Sequestro o confisca per equivalente)

 

1. Se la persona nei cui confronti è proposta la misura di prevenzione disperde, distrae, occulta o svaluta i beni al fine di eludere l’esecuzione dei provvedimenti di sequestro o di confisca su di essi, il sequestro e la confisca hanno ad oggetto denaro o altri beni di valore equivalente. Analogamente si procede quando i beni non possono essere confiscati in quanto trasferiti legittimamente, prima dell’esecuzione del sequestro, a terzi in buona fede.

 

 

Art. 26

(Intestazione fittizia)

 

1. Quando accerta che taluni beni sono stati fittiziamente intestati o trasferiti a terzi, con il decreto che dispone la confisca il giudice dichiara la nullità dei relativi atti di disposizione.

2. Ai fini di cui al comma 1, fino a prova contraria si presumono fittizi:

a) i trasferimenti e le intestazioni, anche a titolo oneroso, effettuati nei due anni antecedenti la proposta della misura di prevenzione nei confronti dell’ascendente, del discendente, del coniuge o della persona stabilmente convivente, nonché dei parenti entro il sesto grado e degli affini entro il quarto grado;

b) i trasferimenti e le intestazioni, a titolo gratuito o fiduciario, effettuati nei due anni antecedenti la proposta della misura di prevenzione.

 

 

Capo II: Le impugnazioni

Art. 27

(Comunicazioni e impugnazioni)

 

1. I provvedimenti con i quali il tribunale dispone la confisca dei beni sequestrati, la revoca del sequestro ovvero la restituzione della cauzione o la liberazione delle garanzie o la confisca della cauzione o la esecuzione sui beni costituiti in garanzia sono comunicati senza indugio al procuratore generale presso la corte di appello, al procuratore della Repubblica e agli interessati.

2. Per le impugnazioni contro detti provvedimenti si applicano le disposizioni previste dall’articolo 10. I provvedimenti che dispongono la confisca dei beni sequestrati, la confisca della cauzione o l’esecuzione sui beni costituiti in garanzia diventano esecutivi con la definitività delle relative pronunce.

3. I provvedimenti del tribunale che dispongono la revoca del sequestro divengono esecutivi dieci giorni dopo la comunicazione alle parti, salvo che il pubblico ministero, entro tale termine, ne chieda la sospensione alla corte di appello. In tal caso, se la corte entro dieci giorni dalla sua presentazione non accoglie la richiesta, il provvedimento diventa esecutivo; altrimenti la esecutività resta sospesa fino a quando nel procedimento di prevenzione sia intervenuta pronuncia definitiva in ordine al sequestro. Il provvedimento che, accogliendo la richiesta del pubblico ministero, sospende l’esecutività può essere in ogni momento revocato dal giudice che procede.

4. In caso di impugnazione, il cancelliere presso il giudice investito del gravame dà immediata notizia al tribunale che ha emesso il provvedimento della definitività della pronuncia.

5. Dopo l’esercizio dell’azione di prevenzione, e comunque quando il pubblico ministero lo autorizza, gli esiti delle indagini patrimoniali sono trasmessi al competente nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza a fini fiscali.

6. In caso di appello, il provvedimento di confisca perde efficacia se la corte d’appello non si pronuncia entro un anno e sei mesi dal deposito del ricorso. Si applica l’articolo 24, comma 2.

 

 

Capo III: La revocazione della confisca

Art. 28

(Revocazione della confisca)

 

1. La revocazione della decisione definitiva sulla confisca di prevenzione può essere richiesta, nelle forme previste dall’articolo 630 del codice di procedura penale:

a) in caso di scoperta di prove nuove decisive, sopravvenute alla conclusione del procedimento;

b) quando i fatti accertati con sentenze penali definitive, sopravvenute o conosciute in epoca successiva alla conclusione del procedimento di prevenzione, escludano in modo assoluto l’esistenza dei presupposti di applicazione della confisca;

c) quando la decisione sulla confisca sia stata motivata, unicamente o in modo determinante, sulla base di atti riconosciuti falsi, di falsità nel giudizio ovvero di un fatto previsto dalla legge come reato.

2. In ogni caso, la revocazione può essere richiesta solo al fine di dimostrare il difetto originario dei presupposti per l’applicazione della misura.

3. La richiesta di revocazione è proposta, a pena di inammissibilità, entro sei mesi dalla data in cui si verifica uno dei casi di cui al comma 1, salvo che l’interessato dimostri di non averne avuto conoscenza per causa a lui non imputabile.

4. Quando accoglie la richiesta di revocazione, la corte d’appello trasmette gli atti al tribunale che ha disposto la confisca affinché provveda, ove del caso, ai sensi dell’articolo 46.

 

 

Capo IV: Rapporti con i procedimenti penali

Art. 29

(Indipendenza dall’esercizio dell’azione penale)

 

1. L’azione di prevenzione può essere esercitata anche indipendentemente dall’esercizio dell’azione penale.

 

Art. 30

(Rapporti con sequestro e confisca disposti in seno a procedimenti penali)

 

1. Il sequestro e la confisca di prevenzione possono essere disposti anche in relazione a beni già sottoposti a sequestro in un procedimento penale. In tal caso la custodia giudiziale dei beni sequestrati nel processo penale viene affidata all’amministratore giudiziario, il quale provvede alla gestione dei beni stessi ai sensi del titolo III. Questi comunica al giudice del procedimento penale, previa autorizzazione del tribunale che ha disposto la misura di prevenzione, copia delle relazioni periodiche. In caso di revoca del sequestro o della confisca di prevenzione, il giudice del procedimento penale provvede alla nomina di un nuovo custode, salvo che ritenga di confermare l’amministratore. Nel caso previsto dall’articolo 104-bis disp. att. c.p.p., l’amministratore giudiziario nominato nel procedimento penale prosegue la propria attività nel procedimento di prevenzione, salvo che il tribunale, con decreto motivato e sentita l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, di seguito denominata «Agenzia», non provveda alla sua revoca e sostituzione.

2. Nel caso previsto dal comma 1, primo periodo, se la confisca definitiva di prevenzione interviene prima della sentenza irrevocabile di condanna che dispone la confisca dei medesimi beni in sede penale, si procede in ogni caso alla gestione, vendita, assegnazione o destinazione ai sensi del titolo III. Il giudice, ove successivamente disponga la confisca in sede penale, dichiara la stessa già eseguita in sede di prevenzione.

3. Se la sentenza irrevocabile di condanna che dispone la confisca interviene prima della confisca definitiva di prevenzione, il tribunale, ove successivamente disponga la confisca di prevenzione, dichiara la stessa già eseguita in sede penale.

4. Nei casi previsti dai commi 2 e 3, in ogni caso la successiva confisca viene trascritta, iscritta o annotata ai sensi dell’articolo 21.

5. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano anche nel caso in cui il sequestro disposto nel corso di un giudizio penale sopravvenga al sequestro o alla confisca di prevenzione.

 

 

Capo V: Le misure di prevenzione patrimoniali diverse dalla confisca

Art. 31

(Cauzione. Garanzie reali)

 

1. Il tribunale, con l’applicazione della misura di prevenzione, dispone che la persona sottoposta a tale misura versi presso la cassa delle ammende una somma, a titolo di cauzione, di entità che, tenuto conto anche delle sue condizioni economiche e dei provvedimenti adottati a norma dell’articolo 22, costituisca un’efficace remora alla violazione delle prescrizioni imposte.

2. Fuori dei casi previsti dall’articolo 9, il tribunale può imporre alla persona denunciata, in via provvisoria e qualora ne ravvisi l’opportunità, le prescrizioni previste dall’art. 8, commi 3 e 4. Con il provvedimento, il tribunale può imporre la cauzione di cui al comma 1.

3. Il deposito può essere sostituito, su istanza dell’interessato, dalla presentazione di idonee garanzie reali. Il tribunale provvede circa i modi di custodia dei beni dati in pegno e dispone, riguardo ai beni immobili, che il decreto con il quale accogliendo l’istanza dell’interessato è disposta l’ipoteca legale sia trascritto presso l’ufficio delle conservatorie dei registri immobiliari del luogo in cui i beni medesimi si trovano. Le spese relative alle garanzie reali previste dal presente comma sono anticipate dall’interessato ai sensi dell’articolo 39 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile approvate con R.D. 18 dicembre 1941, n. 1368.

4. Quando sia cessata l’esecuzione della misura di prevenzione o sia rigettata la proposta, il tribunale dispone con decreto la restituzione del deposito o la liberazione della garanzia.

5. Le misure patrimoniali cautelari previste dal presente articolo mantengono la loro efficacia per tutta la durata della misura di prevenzione e non possono essere revocate, neppure in parte, se non per comprovate gravi necessità personali o familiari.

 

Art. 32

(Confisca della cauzione)

 

1. In caso di violazione degli obblighi o dei divieti derivanti dall’applicazione della misura di prevenzione, il tribunale dispone la confisca della cauzione oppure che si proceda ad esecuzione sui beni costituiti in garanzia, sino a concorrenza dell’ammontare della cauzione. Per l’esecuzione, a cura del cancelliere, si osservano le disposizioni dei primi due titoli del libro terzo del codice di procedura civile in quanto applicabili, ed escluse, riguardo ai beni costituiti in garanzia, le formalità del pignoramento.

2. Qualora, emesso il provvedimento di cui al comma 1, permangano le condizioni che giustificarono la cauzione, il tribunale, su richiesta del procuratore della Repubblica o del questore e con le forme previste per il procedimento di prevenzione, dispone che la cauzione sia rinnovata, anche per somma superiore a quella originaria.

3. Le spese relative all’esecuzione prevista dal comma 1 sono anticipate dallo Stato.

 

Art. 33

(L’amministrazione giudiziaria dei beni personali)

1. Nei confronti dei soggetti indicati nell’articolo 4, comma 1, lettere c), d), e), f), g) ed h) il tribunale può aggiungere ad una delle misure di prevenzione previste dall’art. 6, quella dell’amministrazione giudiziaria dei beni personali, esclusi quelli destinati all’attività professionale o produttiva, quando ricorrono sufficienti indizi che la libera disponibilità dei medesimi agevoli comunque la condotta, il comportamento o l’attività socialmente pericolosa.

2. Il tribunale può applicare soltanto l’amministrazione giudiziaria se ritiene che essa sia sufficiente ai fini della tutela della collettività.

3. L’amministrazione giudiziaria può essere imposta per un periodo non eccedente i 5 anni. Alla scadenza può essere rinnovata se permangono le condizioni in base alle quali è stata applicata.

4. Con il provvedimento con cui applica l’amministrazione giudiziaria dei beni il giudice nomina l’amministratore giudiziario di cui all’articolo 35.

 

 

Art. 34

(L’amministrazione giudiziaria dei beni connessi ad attività economiche)

 

1. Quando, a seguito degli accertamenti di cui all’articolo 19 o di quelli compiuti per verificare i pericoli di infiltrazione da parte della delinquenza di tipo mafioso, ricorrono sufficienti indizi per ritenere che l’esercizio di determinate attività economiche, comprese quelle imprenditoriali, sia direttamente o indirettamente sottoposto alle condizioni di intimidazione o di assoggettamento previste dall’articolo 416-bis c.p. o che possa, comunque, agevolare l’attività delle persone nei confronti delle quali è stata proposta o applicata una misura di prevenzione, ovvero di persone sottoposte a procedimento penale per taluno dei delitti di cui all’art. 4, comma 1, lett. a) e b), e non ricorrono i presupposti per l’applicazione delle misure di prevenzione, il procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo di distretto ove dimora la persona, il questore o il direttore della Direzione investigativa antimafia possono richiedere al tribunale competente per l’applicazione delle misure di prevenzione nei confronti delle persone sopraindicate, di disporre ulteriori indagini e verifiche, da compiersi anche a mezzo della Guardia di finanza o della polizia giudiziaria, sulle predette attività, nonché l’obbligo, nei confronti di chi ha la proprietà o la disponibilità, a qualsiasi titolo, di beni o altre utilità di valore non proporzionato al proprio reddito o alla propria capacità economica, di giustificarne la legittima provenienza.

2. Quando ricorrono sufficienti elementi per ritenere che il libero esercizio delle attività economiche di cui al comma 1 agevoli l’attività delle persone nei confronti delle quali è stata proposta o applicata una misura di prevenzione, ovvero di persone sottoposte a procedimento penale per taluno dei delitti previsti dagli articoli 416-bis, 629, 630, 644, 648-bis e 648-ter del codice penale, il tribunale dispone l’amministrazione giudiziaria dei beni utilizzabili, direttamente o indirettamente, per lo svolgimento delle predette attività.

3. L’amministrazione giudiziaria dei beni è adottata per un periodo non superiore a sei mesi e può essere rinnovata, per un periodo non superiore complessivamente a dodici mesi, a richiesta dell’autorità proponente, del pubblico ministero o del giudice delegato, se permangono le condizioni in base alle quali è stata applicata.

4. Con il provvedimento di cui al comma 2, il tribunale nomina il giudice delegato e l’amministratore giudiziario.

5. Qualora tra i beni siano compresi beni immobili o altri beni soggetti a pubblica registrazione, il provvedimento di cui al comma 2 deve essere trascritto presso i pubblici registri a cura dell’amministratore giudiziario nominato entro il termine di trenta giorni dall’adozione del provvedimento.

6. L’amministratore giudiziario adempie agli obblighi di relazione e segnalazione di cui all’articolo 36, comma 2, anche nei confronti del pubblico ministero.

7. Entro i quindici giorni antecedenti la data di scadenza dell’amministrazione giudiziaria dei beni o del sequestro, il tribunale, qualora non disponga il rinnovo del provvedimento, delibera in camera di consiglio, alla quale può essere chiamato a partecipare il giudice delegato, la revoca della misura disposta, ovvero la confisca dei beni che si ha motivo di ritenere siano il frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego.

8. Con il provvedimento che dispone la revoca della misura, il tribunale può disporre il controllo giudiziario, con il quale stabilisce l’obbligo nei confronti di chi ha la proprietà, l’uso o l’amministrazione dei beni, o di parte di essi, di comunicare, per un periodo non inferiore a tre anni, al questore ed al nucleo di polizia tributaria del luogo di dimora abituale, ovvero del luogo in cui si trovano i beni se si tratta di residenti all’estero, gli atti di disposizione, di acquisto o di pagamento effettuati, gli atti di pagamento ricevuti, gli incarichi professionali, di amministrazione o di gestione fiduciaria ricevuti, e gli altri atti o contratti indicati dal tribunale, di valore non inferiore a euro 25.822,84 o del valore superiore stabilito dal tribunale in relazione al patrimonio e al reddito della persona. Detto obbligo va assolto entro dieci giorni dal compimento dell’atto e comunque entro il 31 gennaio di ogni anno per gli atti posti in essere nell’anno precedente.

9. Quando vi sia concreto pericolo che i beni sottoposti al provvedimento di cui al comma 2 vengano dispersi, sottratti o alienati, il procuratore della Repubblica, il Direttore della Direzione investigativa antimafia o il questore possono richiedere al tribunale di disporne il sequestro, osservate, in quanto applicabili, le disposizioni previste dal presente titolo. Il sequestro è disposto sino alla scadenza del termine stabilito a norma del comma 3.

 

Titolo III

L’amministrazione, la gestione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati

Capo I: L’amministrazione dei beni sequestrati e confiscati

Art. 35

(Nomina e revoca dell’amministratore giudiziario)

 

1. Con il provvedimento con il quale dispone il sequestro previsto dal capo I del titolo II il tribunale nomina il giudice delegato alla procedura e un amministratore giudiziario.

2. L’amministratore giudiziario è scelto tra gli iscritti nell’Albo nazionale degli amministratori giudiziari.

3. Non possono essere nominate le persone nei cui confronti il provvedimento è stato disposto, il coniuge, i parenti, gli affini e le persone con esse conviventi, né le persone condannate ad una pena che importi l’interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici o coloro cui sia stata irrogata una misura di prevenzione. Le stesse persone non possono, altresì, svolgere le funzioni di ausiliario o di collaboratore dell’amministratore giudiziario.

4. Il giudice delegato può autorizzare l’amministratore giudiziario a farsi coadiuvare, sotto la sua responsabilità, da tecnici o da altri soggetti qualificati. A costoro si applica il divieto di cui al comma 3.

5. L’amministratore giudiziario riveste la qualifica di pubblico ufficiale e deve adempiere con diligenza ai compiti del proprio ufficio. Egli ha il compito di provvedere alla custodia, alla conservazione e all’amministrazione dei beni sequestrati nel corso dell’intero procedimento, anche al fine di incrementare, se possibile, la redditività dei beni medesimi.

6. L’amministratore giudiziario deve segnalare al giudice delegato l’esistenza di altri beni che potrebbero formare oggetto di sequestro di cui sia venuto a conoscenza nel corso della sua gestione.

7. In caso di grave irregolarità o di incapacità il tribunale, su proposta del giudice delegato, dell’Agenzia o d’ufficio, può disporre in ogni tempo la revoca dell’amministratore giudiziario, previa audizione dello stesso. Nei confronti dei coadiutori dell’Agenzia la revoca è disposta dalla medesima Agenzia.

8. L’amministratore giudiziario che, anche nel corso della procedura, cessa dal suo incarico, deve rendere il conto della gestione.

9. Nel caso di trasferimento fuori della residenza, all’amministratore giudiziario spetta il trattamento previsto dalle disposizioni vigenti per i dirigenti di seconda fascia dello Stato.

 

Art. 36

(Relazione dell’amministratore giudiziario)

1. L’amministratore giudiziario presenta al giudice delegato, entro trenta giorni dalla nomina, una relazione particolareggiata dei beni sequestrati. La relazione contiene:

a) l’indicazione, lo stato e la consistenza dei singoli beni ovvero delle singole aziende;

b) il presumibile valore di mercato dei beni quale stimato dall’amministratore stesso;

c) gli eventuali diritti di terzi sui beni sequestrati;

d) in caso di sequestro di beni organizzati in azienda, l’indicazione della documentazione reperita e le eventuali difformità tra gli elementi dell’inventario e quelli delle scritture contabili;

e) l’indicazione delle forme di gestione più idonee e redditizie dei beni. In particolare, nel caso di sequestro di beni organizzati in azienda o di partecipazioni societarie che assicurino le maggioranze previste dall’articolo 2359 del codice civile, la relazione contiene una dettagliata analisi sulla sussistenza di concrete possibilità di prosecuzione o di ripresa dell’attività, tenuto conto del grado di caratterizzazione della stessa con il proposto ed i suoi familiari, della natura dell’attività esercitata, delle modalità e dell’ambiente in cui è svolta, della forza lavoro occupata, della capacità produttiva e del mercato di riferimento.

2. La relazione di cui al comma 1 indica anche le eventuali difformità tra quanto oggetto della misura e quanto appreso, nonché l’esistenza di altri beni che potrebbero essere oggetto di sequestro, di cui l’amministratore giudiziario sia venuto a conoscenza.

3. Ove ricorrano giustificati motivi, il termine per il deposito della relazione può essere prorogato dal giudice delegato per non più di novanta giorni. Successivamente l’amministratore giudiziario redige, con la frequenza stabilita dal giudice, una relazione periodica sull’amministrazione, che trasmette anche all’Agenzia, esibendo, ove richiesto, i relativi documenti giustificativi.

4. In caso di contestazioni sulla stima dei beni, il giudice delegato nomina un perito, che procede alla stima dei beni in contraddittorio. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dettate dal codice di procedura penale in materia di perizia.

 

Art. 37

(Compiti dell’amministratore giudiziario)

 

1. L’amministratore giudiziario, fermo restando quanto previsto dagli articoli 2214 e seguenti del codice civile, tiene un registro, preventivamente vidimato dal giudice delegato alla procedura, sul quale annota tempestivamente le operazioni relative alla sua amministrazione secondo i criteri stabiliti al comma 6. Con decreto emanato dal Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono stabilite le norme per la tenuta del registro.

2. Nel caso di sequestro di azienda l’amministratore prende in consegna le scritture contabili e i libri sociali, sui quali devono essere annotati gli estremi del provvedimento di sequestro.

3. Le somme apprese, riscosse o ricevute a qualsiasi titolo dall’amministratore giudiziario in tale qualità, escluse quelle derivanti dalla gestione di aziende, affluiscono al Fondo unico giustizia di cui all’articolo 61, comma 23, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

4. Le somme di cui al comma 3 sono intestate alla procedura e i relativi prelievi possono essere effettuati nei limiti e con le modalità stabilite dal giudice delegato.

5. L’amministratore giudiziario tiene contabilità separata in relazione ai vari soggetti o enti proposti; tiene inoltre contabilità separata della gestione e delle eventuali vendite dei singoli beni immobili oggetto di privilegio speciale ed ipoteca e dei singoli beni mobili o gruppo di mobili oggetto di pegno e privilegio speciale. Egli annota analiticamente in ciascun conto le entrate e le uscite di carattere specifico e la quota di quelle di carattere generale imputabili a ciascun bene o gruppo di beni secondo un criterio proporzionale. Conserva altresì i documenti comprovanti le operazioni effettuate e riporta analiticamente le operazioni medesime nelle relazioni periodiche presentate ai sensi dell’articolo 36.

 

Art. 38

(Compiti dell’Agenzia)

 

1. Fino al decreto di confisca di primo grado l’Agenzia coadiuva l’amministratore giudiziario sotto la direzione del giudice delegato. A tal fine l’Agenzia propone al tribunale l’adozione di tutti i provvedimenti necessari per la migliore utilizzazione del bene in vista della sua destinazione o assegnazione. L’Agenzia può chiedere al tribunale la revoca o la modifica dei provvedimenti di amministrazione adottati dal giudice delegato quando ritenga che essi possono recare pregiudizio alla destinazione o all’assegnazione del bene.

2. All’Agenzia sono comunicati per via telematica i provvedimenti di modifica o revoca del sequestro e quelli di autorizzazione al compimento di atti di amministrazione straordinaria.

3. Dopo il decreto di confisca di primo grado, l’amministrazione dei beni è conferita all’Agenzia, la quale può farsi coadiuvare, sotto la propria responsabilità, da tecnici o da altri soggetti qualificati, retribuiti secondo le modalità previste per l’amministratore giudiziario. L’Agenzia comunica al tribunale il provvedimento di conferimento dell’incarico. L’incarico ha durata annuale, salvo che non intervenga revoca espressa, ed è rinnovabile tacitamente. L’incarico può essere conferito all’amministratore giudiziario già nominato dal tribunale.

4. In caso di mancato conferimento dell’incarico all’amministratore giudiziario già nominato, il tribunale provvede agli adempimenti di cui all’articolo 42 e all’approvazione del rendiconto della gestione.

5. Entro sei mesi dal decreto di confisca di primo grado, al fine di facilitare le richieste di utilizzo da parte degli aventi diritto, l’Agenzia pubblica nel proprio sito internet l’elenco dei beni immobili oggetto del provvedimento.

6. L’Agenzia promuove le intese con l’autorità giudiziaria per assicurare, attraverso criteri di trasparenza, la rotazione degli incarichi degli amministratori, la corrispondenza tra i profili professionali e i beni sequestrati, nonché la pubblicità dei compensi percepiti, secondo modalità stabilite con decreto emanato dal Ministro dell’interno e dal Ministro della giustizia.

7. Salvo che sia diversamente stabilito, le disposizioni del presente decreto relative all’amministratore giudiziario si applicano anche all’Agenzia, nei limiti delle competenze alla stessa attribuite ai sensi del comma 3.

 

Art. 39

(Assistenza legale alla procedura)

1. Nelle controversie, anche in corso, concernenti rapporti relativi ai beni sequestrati o confiscati, l’amministratore giudiziario può avvalersi dell’Avvocatura  dello Stato per l’assistenza legale.

 

 

Capo II: La gestione dei beni sequestrati e confiscati

Art. 40

(Gestione dei beni sequestrati)

 

1. Il giudice delegato impartisce le direttive generali della gestione dei beni sequestrati, anche tenuto conto degli indirizzi e delle linee guida adottati dal Consiglio direttivo dell’Agenzia medesima ai sensi dell’articolo 112, comma 4, lettera a).

2. Il giudice delegato può adottare, nei confronti della persona sottoposta alla procedura e della sua famiglia, i provvedimenti indicati nell’articolo 47 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, quando ricorrano le condizioni ivi previste. Nel caso previsto dal secondo comma del citato articolo 47, il beneficiario provvede a sue cure alle spese e agli oneri inerenti l’unità immobiliare ed è esclusa ogni azione di regresso.

3. L’amministratore giudiziario non può stare in giudizio, né contrarre mutui, stipulare transazioni, compromessi, fideiussioni, concedere ipoteche, alienare immobili e compiere altri atti di straordinaria amministrazione anche a tutela dei diritti dei terzi senza autorizzazione scritta del giudice delegato.

4. Avverso gli atti dell’amministratore giudiziario compiuti in violazione del presente decreto, il pubblico ministero, il proposto e ogni altro interessato possono avanzare reclamo, nel termine perentorio di dieci giorni, al giudice delegato che, entro i dieci giorni successivi, provvede ai sensi degli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile.

5. In caso di sequestro di beni in comunione indivisa, l’amministratore giudiziario, previa autorizzazione del giudice delegato, può chiedere al giudice civile di essere nominato amministratore della comunione.

 

Art. 41

(Gestione delle aziende sequestrate)

 

1. Nel caso in cui il sequestro abbia ad oggetto aziende, costituite ai sensi degli articoli 2555 e seguenti del codice civile, l’amministratore giudiziario è scelto nella sezione di esperti in gestione aziendale dell’Albo nazionale degli amministratori giudiziari. In tal caso, la relazione di cui all’articolo 36 deve essere presentata entro sei mesi dalla nomina. La relazione contiene, oltre agli elementi di cui al comma 1 del predetto articolo, indicazioni particolareggiate sullo stato dell’attività aziendale e sulle sue prospettive di prosecuzione. Il tribunale, sentiti l’amministratore giudiziario e il pubblico ministero, ove rilevi concrete prospettive di prosecuzione dell’impresa, approva il programma con decreto motivato e impartisce le direttive per la gestione dell’impresa.

2. L’amministratore giudiziario provvede agli atti di ordinaria amministrazione funzionali all’attività economica dell’azienda. Il giudice delegato, tenuto conto dell’attività economica svolta dall’azienda, della forza lavoro da essa occupata, della sua capacità produttiva e del suo mercato di riferimento, può con decreto motivato indicare il limite di valore entro il quale gli atti si ritengono di ordinaria amministrazione. L’amministratore giudiziario non può frazionare artatamente le operazioni economiche al fine di evitare il superamento di detta soglia.

3. Si osservano per la gestione dell’azienda le disposizioni di cui all’articolo 42, in quanto applicabili.

4. I rapporti giuridici connessi all’amministrazione dell’azienda sono regolati dalle norme del codice civile, ove non espressamente altrimenti disposto.

5. Se mancano concrete possibilità di prosecuzione o di ripresa dell’attività, il tribunale, acquisito il parere del pubblico ministero e dell’amministratore giudiziario, dispone la messa in liquidazione dell’impresa. In caso di insolvenza, si applica l’articolo 63, comma 1.

6. Nel caso di sequestro di partecipazioni societarie che assicurino le maggioranze necessarie per legge, l’amministratore giudiziario può, previa autorizzazione del giudice delegato:

a) convocare l’assemblea per la sostituzione degli amministratori;

b) impugnare le delibere societarie di trasferimento della sede sociale, di trasformazione, fusione, incorporazione o estinzione della società, nonché di ogni altra modifica dello statuto che possa arrecare pregiudizio agli interessi dell’amministrazione giudiziaria.

 

Art. 42

(Disciplina delle spese, dei compensi e dei rimborsi)

 

1. Le spese necessarie o utili per la conservazione e l’amministrazione dei beni sono sostenute dall’amministratore giudiziario mediante prelevamento dalle somme riscosse a qualunque titolo ovvero sequestrate, confiscate o comunque nella disponibilità del procedimento.

2. Se dalla gestione dei beni sequestrati o confiscati non è ricavabile denaro sufficiente per il pagamento delle spese di cui al comma 1, le stesse sono anticipate dallo Stato, con diritto al recupero nei confronti del titolare del bene in caso di revoca del sequestro o della confisca.

3. Nel caso sia disposta la confisca dei beni, le somme per il pagamento dei compensi spettanti all’amministratore giudiziario, per il rimborso delle spese sostenute per i coadiutori e quelle di cui all’articolo 35, comma 9, sono inserite nel conto della gestione; qualora la confisca non venga disposta, ovvero le disponibilità del predetto conto non siano sufficienti per provvedere al pagamento delle anzidette spese, le somme occorrenti sono anticipate, in tutto o in parte, dallo Stato, senza diritto al recupero. Se il sequestro o la confisca sono revocati, le somme suddette sono poste a carico dello Stato.

4. La determinazione dell’ammontare del compenso, la liquidazione dello stesso e del trattamento di cui di cui all’articolo 35, comma 8, nonché il rimborso delle spese sostenute per i coadiutori, sono disposti con decreto motivato del tribunale, su relazione del giudice delegato. Il compenso degli amministratori giudiziari è liquidato sulla base delle tabelle allegate al decreto di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 4 febbraio 2010, n. 14.

5. Le liquidazioni e i rimborsi di cui al comma 4 sono fatti prima della redazione del conto finale. In relazione alla durata dell’amministrazione e per gli altri giustificati motivi il tribunale concede, su richiesta dell’amministratore giudiziario e sentito il giudice delegato, acconti sul compenso finale. Il tribunale dispone in merito agli adempimenti richiesti entro cinque giorni dal ricevimento della richiesta.

6. I provvedimenti di liquidazione o di rimborso sono comunicati all’amministratore giudiziario mediante avviso di deposito del decreto in cancelleria e all’Agenzia per via telematica.

7. Entro venti giorni dalla comunicazione dell’avviso, l’amministratore giudiziario può proporre ricorso avverso il provvedimento che ha disposto la liquidazione o il rimborso. La corte d’appello decide sul ricorso in camera di consiglio, previa audizione del ricorrente, entro quindici giorni dal deposito del ricorso. Se il provvedimento impugnato è stato emesso dalla corte d’appello, sul ricorso decide la medesima corte in diversa composizione.

 

Art. 43

(Rendiconto di gestione)

 

1. All’esito della procedura e comunque dopo la confisca di primo grado, l’amministratore giudiziario presenta al giudice delegato il conto della gestione.

2. Il conto della gestione espone in modo completo e analitico le modalità e i risultati della gestione e contiene, tra l’altro, l’indicazione delle somme pagate e riscosse, la descrizione analitica dei cespiti e il saldo finale. Al conto sono essere allegati i documenti giustificativi, le relazioni periodiche sull’amministrazione e il registro delle operazioni effettuate. In caso di irregolarità o di incompletezza, il giudice delegato invita l’amministratore giudiziario ad effettuare, entro il termine indicato, le opportune integrazioni o modifiche.

3. Verificata la regolarità del conto, il giudice delegato ne ordina il deposito in cancelleria, unitamente ai documenti allegati, assegnando in calce allo stesso termine per la presentazione di eventuali osservazioni e contestazioni. Del deposito è data immediata comunicazione agli interessati, al pubblico ministero e all’Agenzia.

4. Se non sorgono o non permangono contestazioni, che debbono a pena di inammissibilità essere specifiche e riferite a singole voci contabili e non possono in ogni caso avere ad oggetto i criteri e i risultati di gestione, il giudice delegato lo approva; altrimenti fissa l’udienza di comparizione dinanzi al collegio, che in esito a procedimento in camera di consiglio approva il conto o invita l’amministratore giudiziario a sanarne le irregolarità con ordinanza esecutiva, notificata all’interessato e comunicata al pubblico ministero.

5. Avverso l’ordinanza di cui al comma 4 è ammesso ricorso per cassazione entro i dieci giorni dalla notificazione o comunicazione.

 

Art. 44

(Gestione dei beni confiscati)

 

1. L’Agenzia gestisce i beni confiscati anche in via non definitiva ai sensi dell’articolo 20 della legge 23 dicembre 1993, n. 559 e, in quanto applicabile, dell’articolo 40, nonché sulla base degli indirizzi e delle linee guida adottati dal Consiglio direttivo dell’Agenzia medesima ai sensi dell’articolo 112, comma 4, lettera a). Essa provvede al rimborso ed all’anticipazione delle spese, nonché alla liquidazione dei compensi che non trovino copertura nelle risorse della gestione, anche avvalendosi di apposite aperture di credito disposte, a proprio favore, sui fondi dello specifico capitolo istituito nello stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia e delle finanze, salva, in ogni caso, l’applicazione della normativa di contabilità generale dello Stato e del decreto del Presidente della Repubblica 20 aprile 1994, n. 367.

2. L’Agenzia richiede al giudice delegato il nulla osta al compimento degli atti di cui all’articolo 40, comma 3.

 

 

Capo III: La destinazione dei beni confiscati

Art. 45

(Confisca definitiva. Devoluzione allo Stato)

 

1. A seguito della confisca definitiva di prevenzione i beni sono acquisiti al patrimonio dello Stato liberi da oneri e pesi. La tutela dei diritti dei terzi è garantita entro i limiti e nelle forme di cui al titolo IV.

2. Il provvedimento definitivo di confisca è comunicato, dalla cancelleria dell’ufficio giudiziario che ha emesso il provvedimento, all’Agenzia, nonché al prefetto e all’ufficio dell’Agenzia del demanio competenti per territorio in relazione al luogo ove si trovano i beni o ha sede l’azienda confiscata.

 

Art. 46

(Restituzione per equivalente)

 

1. La restituzione dei beni confiscati, ad eccezione dei beni culturali di cui all’articolo 10, comma 3, del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, e degli immobili e delle aree dichiarati di notevole interesse pubblico ai sensi degli articoli 136 e seguenti del medesimo codice, e successive modificazioni, nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, può avvenire anche per equivalente, al netto delle migliorie, quando i beni medesimi sono stati assegnati per finalità istituzionali e la restituzione possa pregiudicare l’interesse pubblico. In tal caso l’interessato nei cui confronti venga a qualunque titolo dichiarato il diritto alla restituzione del bene ha diritto alla restituzione di una somma equivalente al valore del bene confiscato quale risultante dal rendiconto di gestione, al netto delle migliorie, rivalutato sulla base del tasso di inflazione annua. In caso di beni immobili, si tiene conto dell’eventuale rivalutazione delle rendite catastali.

2. Il comma 1 si applica altresì quando il bene sia stato venduto anche prima della confisca definitiva, nel caso in cui venga successivamente disposta la revoca della misura.

3. Nei casi di cui ai commi 1 e 2, il tribunale determina il valore del bene e ordina il pagamento della somma, ponendola a carico:

a) del Fondo Unico Giustizia, nel caso in cui il bene sia stato venduto;

b) dell’amministrazione assegnataria, in tutti gli altri casi.

 

 

Art. 47

(Procedimento di destinazione)

1. La destinazione dei beni immobili e dei beni aziendali è effettuata con delibera del Consiglio direttivo dell’Agenzia, sulla base della stima del valore risultante dalla relazione di cui all’articolo 36, e da altri atti giudiziari, salvo che sia ritenuta necessaria dall’Agenzia una nuova stima.

2. L’Agenzia provvede all’adozione del provvedimento di destinazione entro novanta giorni dal ricevimento della comunicazione di cui all’articolo 45, comma 2, prorogabili di ulteriori novanta giorni in caso di operazioni particolarmente complesse. Nel caso di applicazione delle disposizioni di cui al titolo IV, il provvedimento di destinazione è adottato entro 30 giorni dall’approvazione del progetto di riparto. Anche prima dell’adozione del provvedimento di destinazione, per la tutela dei beni confiscati si applica il secondo comma dell’articolo 823 del codice civile.

 

 

Art. 48

(Destinazione dei beni e delle somme)

 

1. L’Agenzia versa al Fondo unico giustizia:

a) le somme di denaro confiscate che non debbano essere utilizzate per la gestione di altri beni confiscati o che non debbano essere utilizzate per il risarcimento delle vittime dei reati di tipo mafioso;

b) le somme ricavate dalla vendita, anche mediante trattativa privata, dei beni mobili, anche registrati, confiscati, compresi i titoli e le partecipazioni societarie, al netto del ricavato della vendita dei beni finalizzata al risarcimento delle vittime dei reati di tipo mafioso. Se la procedura di vendita è antieconomica l’Agenzia dispone la cessione gratuita o la distruzione del bene;

c) le somme derivanti dal recupero dei crediti personali. Se la procedura di recupero è antieconomica, ovvero, dopo accertamenti sulla solvibilità del debitore svolti anche attraverso gli organi di polizia, il debitore risulti insolvibile, il credito è annullato con provvedimento del direttore dell’Agenzia.

2. La disposizione del comma 1 non si applica alle somme di denaro e ai proventi derivanti o comunque connessi ai beni aziendali confiscati.

3. I beni immobili sono:

a) mantenuti al patrimonio dello Stato per finalità di giustizia, di ordine pubblico e di protezione civile e, ove idonei, anche per altri usi governativi o pubblici connessi allo svolgimento delle attività istituzionali di amministrazioni statali, agenzie fiscali, università statali, enti pubblici e istituzioni culturali di rilevante interesse, salvo che si debba procedere alla vendita degli stessi finalizzata al risarcimento delle vittime dei reati di tipo mafioso;

b) mantenuti al patrimonio dello Stato e, previa autorizzazione del Ministro dell’interno, utilizzati dall’Agenzia per finalità economiche;

c) trasferiti per finalità istituzionali o sociali, in via prioritaria, al patrimonio del comune ove l’immobile è sito, ovvero al patrimonio della provincia o della regione. Gli enti territoriali provvedono a formare un apposito elenco dei beni confiscati ad essi trasferiti, che viene periodicamente aggiornato. L’elenco, reso pubblico con adeguate forme e in modo permanente, deve contenere i dati concernenti la consistenza, la destinazione e l’utilizzazione dei beni nonché, in caso di assegnazione a terzi, i dati identificativi del concessionario e gli estremi, l’oggetto e la durata dell’atto di concessione. Gli enti territoriali, anche consorziandosi o attraverso associazioni, possono amministrare direttamente il bene o, sulla base di apposita convenzione, assegnarlo in concessione, a titolo gratuito e nel rispetto dei principi di trasparenza, adeguata pubblicità e parità di trattamento, a comunità, anche giovanili, ad enti, ad associazioni maggiormente rappresentative degli enti locali, ad organizzazioni di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, a cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, o a comunità terapeutiche e centri di recupero e cura di tossicodipendenti di cui al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonché alle associazioni di protezione ambientale riconosciute ai sensi dell’articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, e successive modificazioni. La convenzione disciplina la durata, l’uso del bene, le modalità di controllo sulla sua utilizzazione, le cause di risoluzione del rapporto e le modalità del rinnovo. I beni non assegnati possono essere utilizzati dagli enti territoriali per finalità di lucro e i relativi proventi devono essere reimpiegati esclusivamente per finalità sociali. Se entro un anno l’ente territoriale non ha provveduto alla destinazione del bene, l’Agenzia dispone la revoca del trasferimento ovvero la nomina di un commissario con poteri sostitutivi. Alla scadenza di sei mesi il sindaco invia al Direttore dell’Agenzia una relazione sullo stato della procedura;

d) trasferiti al patrimonio del comune ove l’immobile è sito, se confiscati per il reato di cui all’articolo 74 del citato testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309. Il comune può amministrare direttamente il bene oppure, preferibilmente, assegnarlo in concessione, anche a titolo gratuito, secondo i criteri di cui all’articolo 129 del medesimo testo unico, ad associazioni, comunità o enti per il recupero di tossicodipendenti operanti nel territorio ove è sito l’immobile. Se entro un anno l’ente territoriale non ha provveduto alla destinazione del bene, l’Agenzia dispone la revoca del trasferimento ovvero la nomina di un commissario con poteri sostitutivi.

4. I proventi derivanti dall’utilizzo dei beni di cui al comma 3, lettera b), affluiscono, al netto delle spese di conservazione ed amministrazione, al Fondo unico giustizia, per essere versati all’apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato e riassegnati allo stato di previsione del Ministero dell’interno al fine di assicurare il potenziamento dell’Agenzia.

5. I beni di cui al comma 3, di cui non sia possibile effettuare la destinazione o il trasferimento per le finalità di pubblico interesse ivi contemplate, sono destinati con provvedimento dell’Agenzia alla vendita, osservate, in quanto compatibili, le disposizioni del codice di procedura civile. L’avviso di vendita è pubblicato nel sito internet dell’Agenzia, e dell’avvenuta pubblicazione viene data altresì notizia nei siti internet dell’Agenzia del demanio e della prefettura-ufficio territoriale del Governo della provincia interessata. La vendita è effettuata per un corrispettivo non inferiore a quello determinato dalla stima formulata ai sensi dell’articolo 47. Qualora, entro novanta giorni dalla data di pubblicazione dell’avviso di vendita, non pervengano all’Agenzia proposte di acquisto per il corrispettivo indicato al terzo periodo, il prezzo minimo della vendita non può, comunque, essere determinato in misura inferiore all’80 per cento del valore della suddetta stima. Fatto salvo il disposto dei commi 6 e 7 del presente articolo, la vendita è effettuata agli enti pubblici aventi tra le altre finalità istituzionali anche quella dell’investimento nel settore immobiliare, alle associazioni di categoria che assicurano maggiori garanzie e utilità per il perseguimento dell’interesse pubblico e alle fondazioni bancarie. I beni immobili acquistati non possono essere alienati, nemmeno parzialmente, per cinque anni dalla data di trascrizione del contratto di vendita e quelli diversi dai fabbricati sono assoggettati alla stessa disciplina prevista per questi ultimi dall’articolo 12 del decreto-legge 21 marzo 1978, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 maggio 1978, n. 191. L’Agenzia richiede al prefetto della provincia interessata un parere obbligatorio, da esprimere sentito il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, e ogni informazione utile affinché i beni non siano acquistati, anche per interposta persona, dai soggetti ai quali furono confiscati, da soggetti altrimenti riconducibili alla criminalità organizzata ovvero utilizzando proventi di natura illecita.

6. Il personale delle Forze armate e il personale delle Forze di polizia possono costituire cooperative edilizie alle quali è riconosciuto il diritto di opzione prioritaria sull’acquisto dei beni destinati alla vendita di cui al comma 5.

7. Gli enti territoriali possono esercitare la prelazione all’acquisto dei beni di cui al comma 5. Con regolamento adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, sono disciplinati i termini, le modalità e le ulteriori disposizioni occorrenti per l’attuazione del presente comma. Nelle more dell’adozione del predetto regolamento è comunque possibile procedere alla vendita dei beni.

8. I beni aziendali sono mantenuti al patrimonio dello Stato e destinati, con provvedimento dell’Agenzia che ne disciplina le modalità operative:

a) all’affitto, quando vi siano fondate prospettive di continuazione o di ripresa dell’attività produttiva, a titolo oneroso, a società e ad imprese pubbliche o private, ovvero a titolo gratuito, senza oneri a carico dello Stato, a cooperative di lavoratori dipendenti dell’impresa confiscata. Nella scelta dell’affittuario sono privilegiate le soluzioni che garantiscono il mantenimento dei livelli occupazionali. I beni non possono essere destinati all’affitto alle cooperative di lavoratori dipendenti dell’impresa confiscata se taluno dei relativi soci è parente, coniuge, affine o convivente con il destinatario della confisca, ovvero nel caso in cui nei suoi confronti sia stato adottato taluno dei provvedimenti indicati nell’articolo 15, commi 1 e 2, della legge 19 marzo 1990, n. 55;

b) alla vendita, per un corrispettivo non inferiore a quello determinato dalla stima eseguita dall’Agenzia, a soggetti che ne abbiano fatto richiesta, qualora vi sia una maggiore utilità per l’interesse pubblico o qualora la vendita medesima sia finalizzata al risarcimento delle vittime dei reati di tipo mafioso. Nel caso di vendita disposta alla scadenza del contratto di affitto dei beni, l’affittuario può esercitare il diritto di prelazione entro trenta giorni dalla comunicazione della vendita del bene da parte dell’Agenzia;

c) alla liquidazione, qualora vi sia una maggiore utilità per l’interesse pubblico o qualora la liquidazione medesima sia finalizzata al risarcimento delle vittime dei reati di tipo mafioso, con le medesime modalità di cui alla lettera b).

9. I proventi derivanti dall’affitto, dalla vendita o dalla liquidazione dei beni di cui al comma 8 affluiscono, al netto delle spese sostenute, al Fondo unico giustizia per essere versati all’apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato e riassegnati per le finalità previste dall’articolo 2, comma 7, del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito dalla legge 13 novembre 2008, n. 181.

10. Le somme ricavate dalla vendita dei beni di cui al comma 5, al netto delle spese per la gestione e la vendita degli stessi, affluiscono al Fondo unico giustizia per essere riassegnati, previo versamento all’entrata del bilancio dello Stato, nella misura del 50 per cento al Ministero dell’interno per la tutela della sicurezza pubblica e del soccorso pubblico e, nella restante misura del 50 per cento, al Ministero della giustizia, per assicurare il funzionamento e il potenziamento degli uffici giudiziari e degli altri servizi istituzionali, in coerenza con gli obiettivi di stabilità della finanza pubblica.

11. Nella scelta del cessionario o dell’affittuario dei beni aziendali l’Agenzia procede mediante licitazione privata ovvero, qualora ragioni di necessità o di convenienza, specificatamente indicate e motivate, lo richiedano, mediante trattativa privata. Sui relativi contratti è richiesto il parere di organi consultivi solo per importi eccedenti euro 1.032.913,80 nel caso di licitazione privata euro 516.456,90 nel caso di trattativa privata.

12. I beni mobili, anche iscritti in pubblici registri, le navi, le imbarcazioni, i natanti e gli aeromobili sequestrati sono affidati dall’autorità giudiziaria in custodia giudiziale agli organi di polizia, anche per le esigenze di polizia giudiziaria, i quali ne facciano richiesta per l’impiego in attività di polizia, ovvero possono essere affidati all’Agenzia o ad altri organi dello Stato o ad altri enti pubblici non economici, per finalità di giustizia, di protezione civile o di tutela ambientale.

13. I provvedimenti emanati ai sensi dell’articolo 47 e dei commi 3 e 8 del presente articolo sono immediatamente esecutivi.

14. I trasferimenti e le cessioni di cui al presente articolo, disposti a titolo gratuito, sono esenti da qualsiasi imposta.

15. Quando risulti che i beni confiscati dopo l’assegnazione o la destinazione sono rientrati, anche per interposta persona, nella disponibilità o sotto il controllo del soggetto sottoposto al provvedimento di confisca, si può disporre la revoca dell’assegnazione o della destinazione da parte dello stesso organo che ha disposto il relativo provvedimento.

 

Art. 49

(Regolamento)

1. Con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze, dell’interno e della difesa, è adottato, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, un regolamento per disciplinare la raccolta dei dati relativi ai beni sequestrati o confiscati, dei dati concernenti lo stato del procedimento per il sequestro o la confisca e dei dati concernenti la consistenza, la destinazione e la utilizzazione dei beni sequestrati e confiscati, nonché la trasmissione dei medesimi dati all’Agenzia. Il Governo trasmette ogni sei mesi al Parlamento una relazione concernente i dati suddetti.

2. Il Consiglio di Stato esprime il proprio parere sullo schema di regolamento di cui al comma 1 entro trenta giorni dalla richiesta, decorsi i quali il regolamento può comunque essere adottato.

3. Le disposizioni di cui agli articoli 45, 47, 48, nonché di cui al presente articolo si applicano anche ai beni per i quali non siano state esaurite le procedure di liquidazione o non sia stato emanato il provvedimento di cui al comma 1 del citato articolo 47.

 

 

Capo IV: Regime fiscale dei beni sequestrati o confiscati

Art. 50

(Procedure esecutive dei concessionari di riscossione pubblica)

 

1. Le procedure esecutive, gli atti di pignoramento e i provvedimenti cautelari in corso da parte della società Equitalia Spa o di altri concessionari di riscossione pubblica sono sospesi nelle ipotesi di sequestro di aziende o partecipazioni societarie disposto ai sensi del presente decreto. È conseguentemente sospeso il decorso dei relativi termini di prescrizione.

2. Nelle ipotesi di confisca dei beni, aziende o partecipazioni societarie sequestrati, i crediti erariali si estinguono per confusione ai sensi dell’articolo 1253 del codice civile. Entro i limiti degli importi dei debiti che si estinguono per confusione, non si applicano le disposizioni di cui all’articolo 31, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.

Art. 51

(Regime fiscale)

1. I redditi derivanti dai beni sequestrati continuano ad essere assoggettati a tassazione con riferimento alle categorie di reddito previste dall’articolo 6 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 con le medesime modalità applicate prima del sequestro.

2. Se il sequestro si protrae oltre il periodo d’imposta in cui ha avuto inizio, il reddito derivante dai beni sequestrati, relativo alla residua frazione di tale periodo e a ciascun successivo periodo intermedio è tassato in via provvisoria dall’amministratore giudiziario, che è tenuto, nei termini ordinari, al versamento delle relative imposte, nonché agli adempimenti dichiarativi e, ove ricorrano, agli obblighi contabili e quelli a carico del sostituto d’imposta di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.

3. In caso di confisca la tassazione operata in via provvisoria si considera definitiva. In caso di revoca del sequestro l’Agenzia delle Entrate effettua la liquidazione definitiva delle imposte sui redditi calcolate in via provvisoria nei confronti del soggetto sottoposto alla misura cautelare.

 

Titolo IV

La tutela dei terzi e i rapporti con le procedure concorsuali

Capo I: Disposizioni generali

Art. 52

(Diritti dei terzi)

1. La confisca non pregiudica i diritti di credito dei terzi che risultano da atti aventi data certa anteriore al sequestro, nonché i diritti reali di garanzia costituiti in epoca anteriore al sequestro, ove ricorrano le seguenti condizioni:

a) che l’escussione del restante patrimonio del proposto sia risultata insufficiente al soddisfacimento del credito, salvo per i crediti assistiti da cause legittime di prelazione su beni sequestrati;

b) che il credito non sia strumentale all’attività illecita o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego, a meno che il creditore dimostri di avere ignorato in buona fede il nesso di strumentalità;

c) nel caso di promessa di pagamento o di ricognizione di debito, che sia provato il rapporto fondamentale;

d) nel caso di titoli di credito, che il portatore provi il rapporto fondamentale e quello che ne legittima il possesso.

2. I crediti di cui al comma 1 devono essere accertati secondo le disposizioni contenute negli articoli 57, 58 e 59.

3. Nella valutazione della buona fede, il tribunale tiene conto delle condizioni delle parti, dei rapporti personali e patrimoniali tra le stesse e del tipo di attività svolta dal creditore, anche con riferimento al ramo di attività, alla sussistenza di particolari obblighi di diligenza nella fase precontrattuale nonché, in caso di enti, alle dimensioni degli stessi.

4. La confisca definitiva di un bene determina lo scioglimento dei contratti aventi ad oggetto un diritto personale di godimento, nonché l’estinzione dei diritti reali di godimento sui beni stessi.

5. Ai titolari dei diritti di cui al comma 4, spetta in prededuzione un equo indennizzo commisurato alla durata residua del contratto o alla durata del diritto reale. Se il diritto reale si estingue con la morte del titolare, la durata residua del diritto è calcolata alla stregua della durata media della vita determinata sulla base di parametri statistici. Le modalità di calcolo dell’indennizzo sono stabilite con decreto da emanarsi dal Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro della giustizia entro centoottanta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto.

6. Se sono confiscati beni di cui viene dichiarata l’intestazione o il trasferimento fittizio, i creditori del proposto sono preferiti ai creditori chirografari in buona fede dell’intestatario fittizio, se il loro credito è anteriore all’atto di intestazione fittizia.

7. In caso di confisca di beni in comunione, se il bene è indivisibile, ai partecipanti in buona fede è concesso diritto di prelazione per l’acquisto della quota confiscata al valore di mercato, salvo che sussista la possibilità che il bene, in ragione del livello di infiltrazione criminale, possa tornare anche per interposta persona nella disponibilità del sottoposto, di taluna delle associazioni di cui all’articolo 416-bis c.p., o dei suoi appartenenti. Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 48, comma 5, sesto e settimo periodo.

8. Se i soggetti di cui al comma 7 non esercitano il diritto di prelazione o non si possa procedere alla vendita, il bene può essere acquisito per intero al patrimonio dello Stato al fine di soddisfare un concreto interesse pubblico e i partecipanti hanno diritto alla corresponsione di una somma equivalente al valore attuale della propria quota di proprietà, nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente.

9. Per i beni appartenenti al demanio culturale, ai sensi degli articoli 53 e seguenti del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, la vendita non può essere disposta senza previa autorizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali.

 

 

Art. 53

(Limite della garanzia patrimoniale)

1. I crediti per titolo anteriore al sequestro, verificati ai sensi delle disposizioni di cui al capo II, sono soddisfatti dallo Stato nel limite del 70 per cento del valore dei beni sequestrati o confiscati, risultante dalla stima redatta dall’amministratore o dalla minor somma eventualmente ricavata dalla vendita degli stessi.

 

Art. 54

(Pagamento di crediti prededucibili)

 

1. I crediti prededucibili sorti nel corso del procedimento di prevenzione che sono liquidi, esigibili e non contestati, non debbono essere accertati secondo le modalità previste dagli articoli 57, 58 e 59, e possono essere soddisfatti, in tutto o in parte, ai di fuori del piano di riparto, previa autorizzazione del giudice delegato.

2. Se l’attivo è sufficiente e il pagamento non compromette la gestione, al pagamento di cui al comma 1 provvede l’amministratore giudiziario mediante prelievo dalle somme disponibili. In caso contrario, il pagamento è anticipato dallo Stato. Tuttavia, se la confisca ha ad oggetto beni organizzati in azienda e il tribunale ha autorizzato la prosecuzione dell’attività, la distribuzione avviene mediante prelievo delle somme disponibili secondo criteri di graduazione e proporzionalità, conformemente all’ordine assegnato dalla legge.

3. Il giudice delegato, con il decreto di autorizzazione di cui al comma 1, indica il soggetto tenuto al pagamento del credito prededucibile.

 

 

Art. 55

(Azioni esecutive)

 

1. A seguito del sequestro non possono essere iniziate o proseguite azioni esecutive. I beni già oggetto di esecuzione sono presi in consegna dall’amministratore giudiziario.

2. Le esecuzioni sono riassunte entro un anno dalla revoca definitiva del sequestro o della confisca. In caso di confisca definitiva, esse si estinguono.

3. Se il sequestro riguarda beni oggetto di domande giudiziali precedentemente trascritte, aventi ad oggetto il diritto di proprietà ovvero diritti reali o personali di godimento sul bene, il terzo, che sia parte del giudizio, è chiamato ad intervenire nel procedimento di prevenzione ai sensi degli articoli 23 e 57.

4. In caso di revoca definitiva del sequestro o della confisca per motivi diversi dalla pretesa originariamente fatta valere in sede civile dal terzo chiamato ad intervenire, il giudizio civile deve essere riassunto entro un anno dalla revoca.

 

Art. 56

(Rapporti pendenti)

 

1. Se al momento dell’esecuzione del sequestro un contratto relativo al bene o all’azienda sequestrata è ancora ineseguito o non compiutamente eseguito da entrambe le parti, l’esecuzione del contratto rimane sospesa fino a quando l’amministratore giudiziario, previa autorizzazione del giudice delegato, dichiara di subentrare nel contratto in luogo del proposto, assumendo tutti i relativi obblighi, ovvero di risolvere il contratto, salvo che, nei contratti ad effetti reali, sia già avvenuto il trasferimento del diritto.

2. Il contraente può mettere in mora l’amministratore giudiziario, facendosi assegnare dal giudice delegato un termine non superiore a sessanta giorni, decorso il quale il contratto si intende risolto.

3. Se dalla sospensione di cui al comma 1 può derivare un danno grave al bene o all’azienda, il giudice delegato autorizza, entro trenta giorni dall’esecuzione del sequestro, la provvisoria esecuzione dei rapporti pendenti. L’autorizzazione perde efficacia a seguito della dichiarazione prevista dal comma 1.

4. In caso di scioglimento, il contraente ha diritto di far valere nel passivo il credito conseguente al mancato adempimento secondo le disposizioni previste al capo II del presente titolo. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli da 72 a 83 del R.D. 16 marzo 1942, n. 267.

5. In caso di scioglimento del contratto preliminare di vendita immobiliare, trascritto ai sensi dell’articolo 2645-bis del codice civile, l’acquirente ha diritto di far valere il proprio credito secondo le disposizioni del capo II del presente titolo e gode del privilegio previsto nell’articolo 2775-bis del codice civile a condizione che gli effetti della trascrizione del contratto preliminare non siano cessati anteriormente alla data del sequestro. Al promissario acquirente non è dovuto alcun risarcimento o indennizzo.

 

 

Capo II: Accertamento dei diritti dei terzi

Art. 57

(Elenco dei crediti. Fissazione dell’udienza di verifica dei crediti)

 

1. L’amministratore giudiziario allega alle relazioni da presentare al giudice delegato l’elenco nominativo dei creditori con l’indicazione dei crediti e delle rispettive scadenze e l’elenco nominativo di coloro che vantano diritti reali o personali sui beni, con l’indicazione delle cose stesse e del titolo da cui sorge il diritto.

2. Il giudice delegato, anche prima della confisca, assegna ai creditori un termine perentorio, non superiore a novanta giorni, per il deposito delle istanze di accertamento dei rispettivi diritti e fissa la data dell’udienza di verifica dei crediti entro i trenta giorni successivi. Il decreto è immediatamente notificato agli interessati, a cura dell’amministratore giudiziario.

3. Il giudice delegato fissa per l’esame delle domande tardive di cui all’articolo 58, comma 6, un’udienza ogni sei mesi, salvo che sussistano motivi d’urgenza.

 

Art. 58

(Domanda del creditore)

 

1. I creditori di cui all’articolo 52 presentano al giudice domanda di ammissione del credito.

2. La domanda di cui al comma 1 contiene:

a) le generalità del creditore;

b) la determinazione del credito di cui si chiede l’ammissione allo stato passivo ovvero la descrizione del bene su cui si vantano diritti;

c) l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto che costituiscono la ragione della domanda, con i relativi documenti giustificativi;

d) l’eventuale indicazione del titolo di prelazione, nonché la descrizione del bene sul quale la prelazione si esercita, se questa ha carattere speciale;

3. Il creditore elegge domicilio nel comune in cui ha sede il tribunale procedente. È facoltà del creditore indicare, quale modalità di notificazione e di comunicazione, la trasmissione per posta elettronica o per telefax ed è onere dello stesso comunicare alla procedura ogni variazione del domicilio o delle predette modalità; in difetto, tutte le notificazioni e le comunicazioni sono eseguite mediante deposito in cancelleria.

4. La domanda non interrompe la prescrizione né impedisce la maturazione di termini di decadenza nei rapporti tra il creditore e l’indiziato o il terzo intestatario dei beni.

5. La domanda è depositata, a pena di decadenza, entro il termine di cui all’articolo 57, comma 2. Successivamente, e comunque non oltre il termine di un anno dalla definitività del provvedimento di confisca, le domande relative ad ulteriori crediti sono ammesse solo ove il creditore provi, a pena di inammissibilità della richiesta, di non aver potuto presentare la domanda tempestivamente per causa a lui non imputabile.

 

 

Art. 59

(Verifica dei crediti. Composizione dello stato passivo)

1. All’udienza il giudice delegato, con l’assistenza dell’amministratore giudiziario e con la partecipazione facoltativa del pubblico ministero, assunte anche d’ufficio le opportune informazioni, verifica le domande, indicando distintamente i crediti che ritiene di ammettere, con indicazione delle eventuali cause di prelazione, e quelli che ritiene di non ammettere, in tutto o in parte, esponendo sommariamente i motivi della esclusione.

2. All’udienza di verifica gli interessati possono farsi assistere da un difensore. L’Agenzia può sempre partecipare per il tramite di un proprio rappresentante, nonché depositare atti e documenti.

3. Terminato l’esame di tutte le domande, il giudice delegato forma lo stato passivo e lo rende esecutivo con decreto depositato in cancelleria e comunicato all’Agenzia. Del deposito l’amministratore giudiziario dà notizia agli interessati non presenti a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento. Nel caso previsto dall’articolo 58, comma 3, secondo periodo, la comunicazione può essere eseguita per posta elettronica o per telefax.

4. I provvedimenti di ammissione e di esclusione dei crediti producono effetti solo nei confronti dell’Erario.

5. Gli errori materiali contenuti nello stato passivo sono corretti con decreto del giudice delegato su istanza dell’amministratore giudiziario o del creditore, sentito il pubblico ministero, l’amministratore giudiziario e la parte interessata.

6. Entro trenta giorni dalla comunicazione di cui al comma 3, i creditori esclusi possono proporre opposizione mediante ricorso al tribunale che ha applicato la misura di prevenzione. Ciascun creditore può impugnare nello stesso termine e con le stesse modalità i crediti ammessi.

7. Il tribunale tratta in modo congiunto le opposizioni e le impugnazioni fissando un’apposita udienza in camera di consiglio, della quale l’amministratore giudiziario dà comunicazione agli interessati.

8. All’udienza ciascuna parte può svolgere, con l’assistenza del difensore, le proprie deduzioni, chiedere l’acquisizione di ogni elemento utile e proporre mezzi di prova. Nel caso siano disposti d’ufficio accertamenti istruttori, ciascuna parte può dedurre, entro un termine perentorio fissato dal giudice, i mezzi di prova che si rendono necessari.

9. Esaurita l’istruzione, il tribunale fissa un termine perentorio entro il quale le parti possono depositare memorie e, nei sessanta giorni successivi, decide con decreto ricorribile per cassazione nel termine di trenta giorni dalla sua notificazione.

10. Anche dopo la confisca definitiva, se sono state presentate domande di ammissione del credito ai sensi dell’articolo 57, il procedimento giurisdizionale per la verifica e il riparto dei crediti prosegue dianzi al tribunale che ha applicato la misura di prevenzione.

 

Art. 60

(Liquidazione dei beni)

 

1. Conclusa l’udienza di verifica, l’amministratore giudiziario effettua la liquidazione dei beni mobili, delle aziende o rami d’azienda e degli immobili ove le somme apprese, riscosse o comunque ricevute non siano sufficienti a soddisfare i creditori utilmente collocati al passivo.

2. Le vendite sono effettuate dall’amministratore giudiziario, previa autorizzazione del giudice delegato, adottando procedure competitive, sulla base del valore di stima risultante dalla relazione di cui all’art. 36 o utilizzando stime effettuate da parte di esperti.

3. Con adeguate forme di pubblicità, sono assicurate, nell’individuazione dell’acquirente, la massima informazione e partecipazione degli interessati. La vendita è conclusa previa acquisizione del parere ed assunte le informazioni di cui all’articolo 48, comma 5, ultimo periodo.

4. L’amministratore giudiziario può sospendere la vendita non ancora conclusa ove pervenga offerta irrevocabile d’acquisto migliorativa per un importo non inferiore al dieci per cento del prezzo offerto.

5. L’amministratore giudiziario informa il giudice delegato dell’esito della vendita, depositando la relativa documentazione.

 

 

Art. 61

(Progetto e piano di pagamento dei crediti)

 

1. Nei sessanta giorni successivi alla formazione dello stato passivo, ovvero nei dieci giorni successivi all’ultima vendita, l’amministratore giudiziario redige un progetto di pagamento dei crediti. Il progetto contiene l’elenco dei crediti utilmente collocati al passivo, con le relative cause di prelazione, nonché l’indicazione degli importi da corrispondere a ciascun creditore.

2. I crediti, nei limiti previsti dall’articolo 53, sono soddisfatti nel seguente ordine:

1) pagamento dei crediti prededucibili;

2) pagamento dei crediti ammessi con prelazione sui beni confiscati, secondo l’ordine assegnato dalla legge;

3) pagamento dei creditori chirografari, in proporzione dell’ammontare del credito per cui ciascuno di essi è stato ammesso, compresi i creditori indicati al n. 2), per la parte per cui sono rimasti insoddisfatti sul valore dei beni oggetto della garanzia.

3. Sono considerati debiti prededucibili quelli così qualificati da una specifica disposizione di legge, e quelli sorti in occasione o in funzione del procedimento di prevenzione, incluse le somme anticipate dallo Stato ai sensi dell’articolo 42.

4. Il giudice delegato apporta al progetto le variazioni che ritiene necessarie od opportune e ne ordina il deposito in cancelleria, disponendo che dello stesso sia data comunicazione a tutti i creditori.

5. Entro dieci giorni dalla comunicazione di cui al comma 4 i creditori possono presentare osservazioni sulla graduazione e sulla collocazione dei crediti, nonché sul valore dei beni o delle aziende confiscati.

6. Decorso il termine di cui al comma 5, il giudice delegato, tenuto conto delle osservazioni pervenute, sentito l’amministratore giudiziario, il pubblico ministero e l’Agenzia, determina il piano di pagamento.

7. Entro dieci giorni dalla comunicazione del piano di pagamento, i creditori possono proporre opposizione avverso il decreto dinanzi al tribunale della prevenzione. Si applica l’articolo 59, commi 6, 7, 8 e 9.

8. Divenuto definitivo il piano di pagamento, l’amministratore giudiziario procede ai pagamenti dovuti entro i limiti di cui all’articolo 53.

9. I pagamenti effettuati in esecuzione dei piani di pagamento non possono essere ripetuti, salvo il caso dell’accoglimento di domande di revocazione.

10. I creditori che hanno percepito pagamenti non dovuti, devono restituire le somme riscosse, oltre agli interessi legali dal momento del pagamento effettuato a loro favore. In caso di mancata restituzione, le somme sono pignorate secondo le forme stabilite per i beni mobili dal codice di procedura civile.

 

Art. 62

(Revocazione)

 

1. Il pubblico ministero, l’amministratore giudiziario e l’Agenzia possono in ogni tempo chiedere la revocazione del provvedimento di ammissione del credito al passivo quando emerga che esso è stato determinato da falsità, dolo, errore essenziale di fatto o dalla mancata conoscenza di documenti decisivi che non sono stati prodotti tempestivamente per causa non imputabile al ricorrente. La revocazione è proposta dinanzi al tribunale della prevenzione nei confronti del creditore la cui domanda è stata accolta. Se la domanda è accolta, si applica l’articolo 61, comma 10.

 

Capo III: Rapporti con le procedure concorsuali

Art. 63

(Dichiarazione di fallimento successiva al sequestro)

 

1. Salva l’iniziativa per la dichiarazione di fallimento assunta dal debitore o da uno o più creditori, il pubblico ministero, anche su segnalazione dell’amministratore giudiziario che ne rilevi i presupposti, chiede al tribunale competente che venga dichiarato il fallimento dell’imprenditore i cui beni aziendali siano sottoposti a sequestro o a confisca.

2. Nel caso in cui l’imprenditore di cui al comma 1 sia soggetto alla procedura di liquidazione coatta amministrativa con esclusione del fallimento, il pubblico ministero chiede al tribunale competente l’emissione del provvedimento di cui all’articolo 195 del R.D. 16 marzo 1942, n. 267 e successive modificazioni.

3. Il pubblico ministero segnala alla Banca d’Italia la sussistenza del procedimento di prevenzione su beni appartenenti ad istituti bancari o creditizi ai fini dell’adozione dei provvedimenti di cui al titolo IV del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385.

4. Quando viene dichiarato il fallimento, i beni assoggettati a sequestro o confisca sono esclusi dalla massa attiva fallimentare.

5. Nel caso di cui al comma 4, il giudice delegato al fallimento provvede all’accertamento del passivo e dei diritti dei terzi nelle forme degli articoli 92 e seguenti del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, verificando altresì, anche con riferimento ai rapporti relativi ai beni sottoposti a sequestro, la sussistenza delle condizioni di cui all’articolo 52, comma 1, lettere b), c) e d) e comma 3 del presente decreto.

6. Se nella massa attiva del fallimento sono ricompresi esclusivamente beni già sottoposti a sequestro, il tribunale, sentito il curatore ed il comitato dei creditori, dichiara chiuso il fallimento con decreto ai sensi dell’articolo 119 del R.D. 16 marzo 1942, n. 267. Si applicano in tal caso le disposizioni degli articoli 52 e seguenti del presente decreto.

7. In caso di revoca del sequestro o della confisca, il curatore procede all’apprensione dei beni ai sensi del capo IV del titolo II del R.D. 16 marzo 1942, n. 267. Se la revoca interviene dopo la chiusura del fallimento, il tribunale provvede ai sensi dell’articolo 121 del R.D. 16 marzo 1942, n. 267 anche su iniziativa del pubblico ministero.

8. L’amministratore giudiziario propone le azioni disciplinate dalla sezione III del capo III del titolo II del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, con gli effetti di cui all’articolo 70 del medesimo decreto, ove siano relative ad atti, pagamenti o garanzie concernenti i beni oggetto di sequestro. Gli effetti del sequestro e della confisca si estendono ai beni oggetto dell’atto dichiarato inefficace.

 

Art. 64

(Sequestro successivo alla dichiarazione di fallimento)

 

1. Ove sui beni compresi nel fallimento ai sensi dell’articolo 42 del R.D. 16 marzo 1942, n. 267 sia disposto sequestro, il giudice delegato al fallimento, sentito il curatore ed il comitato dei creditori, dispone con decreto non reclamabile la separazione di tali beni dalla massa attiva del fallimento e la loro consegna all’amministratore giudiziario.

2. Salvo quanto previsto dal comma 7, i crediti ed i diritti vantati nei confronti del fallimento, compresi quelli inerenti i rapporti relativi ai beni sottoposti a sequestro, sono sottoposti, nelle forme degli articoli 92 e seguenti del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, alla verifica delle condizioni di cui all’articolo 52, comma 1, lettere b), c) e d), e comma 3 del presente decreto. Il giudice delegato al fallimento fissa una nuova udienza per l’esame dello stato passivo nel termine di novanta giorni dal disposto sequestro. Sono esclusi dalla verifica di cui al primo periodo i crediti e i diritti che non siano stati ammessi al passivo.

3. Alla stessa verifica sono soggetti i crediti ed i diritti insinuati nel fallimento dopo il deposito della richiesta di applicazione di una misura di prevenzione.

4. Se sono pendenti i giudizi di impugnazione di cui all’articolo 98 R.D. 16 marzo 1942, n. 267 e viene disposto sequestro, il tribunale fallimentare provvede d’ufficio alla verifica di cui al comma 2, assegnando alle parti termine perentorio per l’integrazione degli atti introduttivi.

5. Alle ripartizioni dell’attivo fallimentare concorrono, secondo la disciplina del capo VII del titolo II del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, i soli creditori ammessi al passivo fallimentare ai sensi delle disposizioni che precedono.

6. Nei limiti di cui all’articolo 53, i creditori di cui al comma 5 sono soddisfatti sui beni oggetto di confisca secondo il piano di pagamento di cui all’articolo 61. Il progetto di pagamento redatto dall’amministratore giudiziario tiene conto del soddisfacimento dei crediti in sede fallimentare.

7. Se il sequestro o la confisca di prevenzione hanno per oggetto l’intera massa attiva fallimentare ovvero, nel caso di società di persone, l’intero patrimonio personale dei soci illimitatamente responsabili, il tribunale, sentito il curatore ed il comitato dei creditori, dichiara la chiusura del fallimento con decreto ai sensi dell’articolo 119 del R.D. 16 marzo 1942, n. 267 e si applicano le disposizioni degli articoli 52 e seguenti del presente decreto.

8. Se il sequestro o la confisca intervengono dopo la chiusura del fallimento, essi si eseguono su quanto eventualmente residua dalla liquidazione.

9. Si applica l’articolo 63, comma 8, ed ove le azioni siano state proposte dal curatore, l’amministratore lo sostituisce nei processi in corso.

10. Se il sequestro o la confisca sono revocati prima della chiusura del fallimento, i beni sono nuovamente ricompresi nella massa attiva. L’amministratore giudiziario provvede alla consegna degli stessi al curatore, il quale prosegue i giudizi di cui al comma 9.

11. Se il sequestro o la confisca sono revocati dopo la chiusura del fallimento, si provvede ai sensi dell’articolo 63, comma 7.

 

 

Art. 65

(Rapporti del controllo giudiziario e dell’amministrazione giudiziaria con il fallimento)

 

1. Il controllo e l’amministrazione giudiziaria non possono essere disposti su beni compresi nel fallimento.

2. Quando la dichiarazione di fallimento è successiva all’applicazione delle misure di prevenzione del controllo ovvero dell’amministrazione giudiziaria, la misura di prevenzione cessa sui beni compresi nel fallimento. La cessazione è dichiarata dal tribunale con ordinanza.

3. Nel caso previsto al comma 2, se alla chiusura del fallimento residuano beni già sottoposti alle anzidette misure di prevenzione, il tribunale della prevenzione dispone con decreto l’applicazione della misura sui beni medesimi, ove persistano le esigenze di prevenzione.

 

Titolo V

Effetti, sanzioni e disposizioni finali

Capo I: Effetti delle misure di prevenzione

Art. 66

(Principi generali)

 

1. L’applicazione delle misure di prevenzione di cui al libro I, titolo I, importa gli effetti previsti dal presente capo, nonché gli effetti dalla legge espressamente indicati.

2. L’applicazione delle misure di prevenzione di cui al libro I, titolo II, importa gli effetti dalla legge espressamente indicati.

 

Art. 67

(Effetti delle misure di prevenzione)

 

1. Le persone alle quali sia stata applicata con provvedimento definitivo una delle misure di prevenzione previste dal libro I, titolo I, capo II non possono ottenere:

a) licenze o autorizzazioni di polizia e di commercio;

b) concessioni di acque pubbliche e diritti ad esse inerenti nonché concessioni di beni demaniali allorché siano richieste per l’esercizio di attività imprenditoriali;

c) concessioni di costruzione e gestione di opere riguardanti la pubblica amministrazione e concessioni di servizi pubblici;

d) iscrizioni negli elenchi di appaltatori o di fornitori di opere, beni e servizi riguardanti la pubblica amministrazione, nei registri della camera di commercio per l’esercizio del commercio all’ingrosso e nei registri di commissionari astatori presso i mercati annonari all’ingrosso;

e) attestazioni di qualificazione per eseguire lavori pubblici;

f) altre iscrizioni o provvedimenti a contenuto autorizzatorio, concessorio, o abilitativo per lo svolgimento di attività imprenditoriali, comunque denominati;

g) contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee, per lo svolgimento di attività imprenditoriali;

h) licenze per detenzione e porto d’armi, fabbricazione, deposito, vendita e trasporto di materie esplodenti.

2. Il provvedimento definitivo di applicazione della misura di prevenzione determina la decadenza di diritto dalle licenze, autorizzazioni, concessioni, iscrizioni, attestazioni, abilitazioni ed erogazioni di cui al comma 1, nonché il divieto di concludere contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, di cottimo fiduciario e relativi subappalti e subcontratti, compresi i cottimi di qualsiasi tipo, i noli a caldo e le forniture con posa in opera. Le licenze, le autorizzazioni e le concessioni sono ritirate e le iscrizioni sono cancellate ed è disposta la decadenza delle attestazioni a cura degli organi competenti.

3. Nel corso del procedimento di prevenzione, il tribunale, se sussistono motivi di particolare gravità, può disporre in via provvisoria i divieti di cui ai commi 1 e 2 e sospendere l’efficacia delle iscrizioni, delle erogazioni e degli altri provvedimenti ed atti di cui ai medesimi commi. Il provvedimento del tribunale può essere in qualunque momento revocato dal giudice procedente e perde efficacia se non è confermato con il decreto che applica la misura di prevenzione.

4. Il tribunale, salvo quanto previsto all’art. 68, dispone che i divieti e le decadenze previsti dai commi 1 e 2 operino anche nei confronti di chiunque conviva con la persona sottoposta alla misura di prevenzione nonché nei confronti di imprese, associazioni, società e consorzi di cui la persona sottoposta a misura di prevenzione sia amministratore o determini in qualsiasi modo scelte e indirizzi. In tal caso i divieti sono efficaci per un periodo di cinque anni.

5. Per le licenze ed autorizzazioni di polizia, ad eccezione di quelle relative alle armi, munizioni ed esplosivi, e per gli altri provvedimenti di cui al comma 1 le decadenze e i divieti previsti dal presente articolo possono essere esclusi dal giudice nel caso in cui per effetto degli stessi verrebbero a mancare i mezzi di sostentamento all’interessato e alla famiglia.

6. Salvo che si tratti di provvedimenti di rinnovo, attuativi o comunque conseguenti a provvedimenti già disposti, ovvero di contratti derivati da altri già stipulati dalla pubblica amministrazione, le licenze, le autorizzazioni, le concessioni, le erogazioni, le abilitazioni e le iscrizioni indicate nel comma 1 non possono essere rilasciate o consentite e la conclusione dei contratti o subcontratti indicati nel comma 2 non può essere consentita a favore di persone nei cui confronti è in corso il procedimento di prevenzione senza che sia data preventiva comunicazione al giudice competente, il quale può disporre, ricorrendone i presupposti, i divieti e le sospensioni previsti a norma del comma 3. A tal fine, i relativi procedimenti amministrativi restano sospesi fino a quando il giudice non provvede e, comunque, per un periodo non superiore a venti giorni dalla data in cui la pubblica amministrazione ha proceduto alla comunicazione.

7. Dal termine stabilito per la presentazione delle liste e dei candidati e fino alla chiusura delle operazioni di voto, alle persone sottoposte, in forza di provvedimenti definitivi, alla misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza è fatto divieto di svolgere le attività di propaganda elettorale previste dalla legge 4 aprile 1956, n. 212, in favore o in pregiudizio di candidati partecipanti a qualsiasi tipo di competizione elettorale.

8. Le disposizioni dei commi 1, 2 e 4 si applicano anche nei confronti delle persone condannate con sentenza definitiva o, ancorché non definitiva, confermata in grado di appello, per uno dei delitti di cui all’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale.

 

 

Art. 68

(Divieti e decadenze nei confronti dei conviventi)

 

1. Il tribunale, prima di adottare alcuno dei provvedimenti di cui al comma 4 dell’articolo 67, chiama, con decreto motivato, ad intervenire nel procedimento le parti interessate, le quali possono, anche con l’assistenza di un difensore, svolgere in camera di consiglio le loro deduzioni e chiedere l’acquisizione di ogni elemento utile ai fini della decisione. Ai fini dei relativi accertamenti si applicano le disposizioni dell’art. 19.

2. I provvedimenti previsti dal comma 4 dell’articolo 67 possono essere adottati, su richiesta del procuratore della Repubblica di cui all’articolo 17, commi 1 e 2, del direttore della Direzione investigativa antimafia, o del questore, quando ne ricorrano le condizioni, anche dopo l’applicazione della misura di prevenzione. Sulla richiesta provvede lo stesso tribunale che ha disposto la misura di prevenzione, con le forme previste per il relativo procedimento e rispettando la disposizione di cui al precedente comma.

3. Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 27, commi 1 e 2.

 

Art. 69

(Elenco generale degli enti e delle amministrazioni)

1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, d’intesa con tutti i Ministri interessati, è costituito un elenco generale degli enti e delle amministrazioni legittimati a disporre le licenze, le concessioni e le iscrizioni e le attestazioni, nonché le autorizzazioni, le abilitazioni e le erogazioni indicate nell’articolo 67, comma 1. Con le stesse modalità saranno effettuati gli aggiornamenti eventualmente necessari.

2. Le cancellerie dei tribunali, delle corti d’appello e della Corte di cassazione debbono comunicare alla questura nella cui circoscrizione hanno sede, non oltre i cinque giorni dal deposito o, nel caso di atto impugnabile, non oltre i cinque giorni dalla scadenza del termine per l’impugnazione, copia dei provvedimenti emanati ai sensi degli articoli 7 e 10, nonché dei provvedimenti di cui ai commi 3, 4, 5 e 7 dell’articolo 67, e all’articolo 68, comma 2. Nella comunicazione deve essere specificato se il provvedimento sia divenuto definitivo.

3. I procuratori della Repubblica, nel presentare al tribunale le proposte per l’applicazione di una delle misure di prevenzione, provvedono a darne contestuale comunicazione, in copia, alla questura nella cui circoscrizione ha sede il tribunale stesso.

4. I questori dispongono l’immediata immissione nel centro elaborazione dati di cui all’articolo 8 della legge 1° aprile 1981, n. 121, sia delle comunicazioni previste nei commi 2 e 3, sia delle proposte che essi stessi abbiano presentato per l’applicazione di una delle misure di prevenzione indicate nel capoverso che precede. Le informazioni predette sono contestualmente trasmesse alle prefetture attraverso i terminali installati nei rispettivi centri telecomunicazione.

5. Le prefetture comunicano tempestivamente agli organi ed enti indicati dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 1 e dai successivi decreti di aggiornamento, che abbiano sede nelle rispettive province, i provvedimenti esecutivi concernenti i divieti, le decadenze e le sospensioni previste nell’articolo 67. Per i provvedimenti di cui al comma 5 dell’articolo 67 la comunicazione, su motivata richiesta dell’interessato, può essere inviata anche ad organi o enti specificamente indicati nella medesima.

6. Ai fini dell’applicazione delle norme in materia di qualificazione degli esecutori dei lavori pubblici, la comunicazione va, comunque, fatta dalla prefettura di Roma al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e all’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, entro e non oltre cinque giorni dalla ricezione del dato; dell’informativa debbono costituire oggetto anche le proposte indicate nei commi 3 e 4.

 

Capo II: La riabilitazione

Art. 70

(Riabilitazione)

 

1. Dopo tre anni dalla cessazione della misura di prevenzione personale, l’interessato può chiedere la riabilitazione. La riabilitazione è concessa, se il soggetto ha dato prova costante ed effettiva di buona condotta, dalla corte di appello nel cui distretto ha sede l’autorità giudiziaria che dispone l’applicazione della misura di prevenzione o dell’ultima misura di prevenzione.

2. La riabilitazione comporta la cessazione di tutti gli effetti pregiudizievoli riconnessi allo stato di persona sottoposta a misure di prevenzione nonché la cessazione dei divieti previsti dall’articolo 67.

3. Si osservano, in quanto compatibili, le disposizioni del codice di procedura penale riguardanti la riabilitazione.

4. Quando è stata applicata una misura di prevenzione personale nei confronti dei soggetti di cui all’articolo 4, comma 1, lett. a) e b), la riabilitazione può essere richiesta dopo cinque anni dalla cessazione della misura di prevenzione personale.

 

Capo III: Le sanzioni

Art. 71

(Circostanza aggravante)

 

1. Le pene stabilite per i delitti previsti dagli articoli 336, 338, 353, 377, terzo comma, 378, 379, 416, 416-bis, 424, 435, 513-bis, 575, 600, 601, 602, 605, 610, 611, 612, 628, 629, 630, 632, 633, 634, 635, 636, 637, 638, 640-bis, 648-bis, 648-ter, del codice penale, sono aumentate da un terzo alla metà e quelle stabilite per le contravvenzioni di cui agli articoli 695, primo comma, 696, 697, 698, 699 del codice penale sono aumentate nella misura di cui al secondo comma dell’articolo 99 del codice penale se il fatto è commesso da persona sottoposta con provvedimento definitivo ad una misura di prevenzione personale durante il periodo previsto di applicazione e sino a tre anni dal momento in cui ne è cessata l’esecuzione.

2. In ogni caso si procede d’ufficio e quando i delitti di cui al comma 1, per i quali è consentito l’arresto in flagranza, sono commessi da persone sottoposte alla misura di prevenzione, la polizia giudiziaria può procedere all’arresto anche fuori dei casi di flagranza.

3. Alla pena è aggiunta una misura di sicurezza detentiva.

 

Art. 72

(Reati concernenti le armi e gli esplosivi)

 

1. Le pene stabilite per i reati concernenti le armi alterate nonché le armi e le munizioni di cui all’articolo 1 della legge 18 aprile 1975, n. 110, sono triplicate e quelle stabilite per i reati concernenti le armi e le munizioni di cui all’articolo 2, commi primo e secondo, della stessa legge sono aumentate nella misura in cui al terzo comma dell’articolo 99 del codice penale, se i fatti sono commessi da persona sottoposta con provvedimento definitivo ad una misura di prevenzione personale durante il periodo previsto di applicazione e sino a tre anni dal momento in cui ne è cessata l’esecuzione.

 

Art. 73

(Violazioni al codice della strada)

 

1. Nel caso di guida di un autoveicolo o motoveicolo, senza patente, o dopo che la patente sia stata negata, sospesa o revocata, la pena è dell’arresto da sei mesi a tre anni, qualora si tratti di persona già sottoposta, con provvedimento definitivo, a una misura di prevenzione personale.

 

 

Art. 74

(Reati del pubblico ufficiale)

 

1. Il pubblico amministratore, il funzionario o il dipendente che, intervenuta la decadenza o la sospensione di cui all’articolo 67, non dispone, entro trenta giorni dalla comunicazione, il ritiro delle licenze, autorizzazioni, abilitazioni o la cessazione delle erogazioni o concessioni ovvero la cancellazione dagli elenchi, è punito con la reclusione da due a quattro anni.

2. Le stesse pene si applicano in caso di rilascio di licenze, concessioni, autorizzazioni o abilitazioni ovvero di iscrizioni e di attestazioni di qualificazione nonché di concessione di erogazioni in violazione delle disposizioni di cui all’articolo 67.

3. Il pubblico amministratore, il funzionario o il dipendente dello Stato o di altro ente pubblico ovvero il concessionario di opere e di servizi pubblici nonché il contraente generale che consente alla conclusione di contratti o subcontratti in violazione dei divieti previsti dall’articolo 67, è punito con la reclusione da due a quattro anni.

4. Se il fatto di cui ai commi 1, 2 e 3 è commesso per colpa, la pena è della reclusione da tre mesi ad un anno.

 

Art. 75

(Violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale)

 

1. Il contravventore agli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale è punito con l’arresto da tre mesi ad un anno.

2. Se l’inosservanza riguarda gli obblighi e le prescrizioni inerenti alla sorveglianza speciale con l’obbligo o il divieto di soggiorno, si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni ed è consentito l’arresto anche fuori dei casi di flagranza.

 

3. Nell’ipotesi indicata nel comma 2 gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria possono procedere all’arresto anche fuori dei casi di flagranza.

4. Salvo quanto è prescritto da altre disposizioni di legge, il sorvegliato speciale che, per un reato commesso dopo il decreto di sorveglianza speciale, abbia riportato condanna a pena detentiva non inferiore a sei mesi, può essere sottoposto a libertà vigilata per un tempo non inferiore a due anni.

 

Art. 76

(Altre sanzioni penali)

 

1. La persona che, avendo ottenuto l’autorizzazione di cui all’articolo 12, non rientri nel termine stabilito nel comune di soggiorno obbligato, o non osservi le prescrizioni fissate per il viaggio, ovvero si allontani dal comune ove ha chiesto di recarsi, è punita con la reclusione da due a cinque anni; è consentito l’arresto anche fuori dei casi di flagranza.

2. Chiunque violi il divieto di cui all’articolo 3, commi 4 e 5, è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da euro 1.549 a euro 5.164. Gli strumenti, gli apparati, i mezzi e i programmi posseduti o utilizzati sono confiscati ed assegnati alle Forze di polizia, se ne fanno richiesta, per essere impiegati nei compiti di istituto.

3. Il contravventore alle disposizioni di cui all’articolo 2, è punito con l’arresto da uno a sei mesi. Nella sentenza di condanna viene disposto che, scontata la pena, il contravventore sia tradotto al luogo del rimpatrio.

4. Chi non ottempera, nel termine fissato dal tribunale, all’ordine di deposito della cauzione di cui all’articolo 31, ovvero omette di offrire le garanzie sostitutive di cui al comma 3 della medesima disposizione, è punito con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni.

5. La persona a cui è stata applicata l’amministrazione giudiziaria dei beni personali, la quale con qualsiasi mezzo, anche simulato, elude o tenta di eludere l’esecuzione del provvedimento è punita con la reclusione da tre a cinque anni. La stessa pena si applica a chiunque anche fuori dei casi di concorso nel reato, aiuta la persona indicata a sottrarsi all’esecuzione del provvedimento. Per il reato di cui al comma precedente si procede in ogni caso con giudizio direttissimo.

6. Chi omette di effettuare entro i termini indicati le comunicazioni previste per l’amministrazione giudiziaria all’articolo 34, comma 8, è punito con la reclusione da uno a quattro anni. Alla condanna segue la confisca dei beni acquistati e dei pagamenti ricevuti per i quali è stata omessa la comunicazione.

7. Chiunque, essendovi tenuto, omette di comunicare entro i termini stabiliti dalla legge le variazioni patrimoniali indicate nell’articolo 80 è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 10.329 a euro 20.658. Alla condanna segue la confisca dei beni a qualunque titolo acquistati nonché del corrispettivo dei beni a qualunque titolo alienati. Nei casi in cui non sia possibile procedere alla confisca dei beni acquistati ovvero del corrispettivo dei beni alienati, il giudice ordina la confisca, per un valore equivalente, di somme di denaro, beni o altre utilità dei quali i soggetti di cui all’articolo 80, comma 1, hanno la disponibilità.

8. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il contravventore al divieto di cui all’articolo 67, comma 7 è punito con la reclusione da uno a cinque anni. La stessa pena si applica al candidato che, avendo diretta conoscenza della condizione di sottoposto in via definitiva alla misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, richiede al medesimo di svolgere le attività di propaganda elettorale previste all’articolo 67, comma 7 e se ne avvale concretamente. L’esistenza del fatto deve risultare anche da prove diverse dalle dichiarazioni del soggetto sottoposto alla misura di prevenzione.

9. La condanna alla pena della reclusione, anche se conseguente all’applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per il delitto previsto dal comma 8, comporta l’interdizione dai pubblici uffici per la durata della pena detentiva. A tal fine la cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza trasmette copia dell’estratto esecutivo, chiusa in piego sigillato, all’organo o all’ente di appartenenza per l’adozione degli atti di competenza. Nel caso in cui il condannato sia un membro del Parlamento, la Camera di appartenenza adotta le conseguenti determinazioni secondo le norme del proprio regolamento. Dall’interdizione dai pubblici uffici consegue l’ineleggibilità del condannato per la stessa durata della pena detentiva. La sospensione condizionale della pena non ha effetto ai fini dell’interdizione dai pubblici uffici.

 

Capo IV: Disposizioni finali

Art. 77

(Fermo di indiziato di delitto)

 

1. Nei confronti dei soggetti di cui all’articolo 4 il fermo di indiziato di delitto è consentito anche al di fuori dei limiti di cui all’articolo 384 del codice di procedura penale, purché si tratti di reato per il quale è consentito l’arresto facoltativo in flagranza ai sensi dell’articolo 381 del medesimo codice.

 

Art. 78

(Intercettazioni telefoniche)

 

1. Il procuratore della Repubblica del luogo dove le operazioni debbono essere eseguite, può autorizzare gli ufficiali di polizia giudiziaria ad intercettare comunicazioni o conversazioni telefoniche o telegrafiche o quelle indicate nell’articolo 623-bis del codice penale, quando lo ritenga necessario al fine di controllare che i soggetti nei cui confronti sia stata applicata una delle misure di prevenzione di cui al libro I, titolo I, capo II non continuino a porre in essere attività o comportamenti analoghi a quelli che hanno dato luogo all’applicazione della misura di prevenzione.

2. Si osservano, in quanto compatibili, le modalità previste dall’articolo 268 del codice di procedura penale.

3. Gli elementi acquisiti attraverso le intercettazioni possono essere utilizzati esclusivamente per la prosecuzione delle indagini e sono privi di ogni valore ai fini processuali.

4. Le registrazioni debbono essere trasmesse al procuratore della Repubblica che ha autorizzato le operazioni, il quale dispone la distruzione delle registrazioni stesse e di ogni loro trascrizione, sia pure parziale.

 

Art. 79

(Verifiche fiscali, economiche e patrimoniali a carico di soggetti  sottoposti a misure di prevenzione)

 

1. Salvo quanto previsto dagli articoli 25 e 26 della legge 13 settembre 1982, n. 646, a carico delle persone nei cui confronti sia stata disposta, con provvedimento anche non definitivo, una misura di prevenzione, il nucleo di polizia tributaria del Corpo della guardia di finanza, competente in relazione al luogo di dimora abituale del soggetto, può procedere alla verifica della relativa posizione fiscale, economica e patrimoniale ai fini dell’accertamento di illeciti valutari e societari e comunque in materia economica e finanziaria, anche allo scopo di verificare l’osservanza della disciplina dei divieti autorizzatori, concessori o abilitativi di cui all’articolo 67.

2. Le indagini di cui al comma 1 sono effettuate anche nei confronti dei soggetti di cui all’articolo 19, comma 3, e all’articolo 67, comma 4. Nei casi in cui il domicilio fiscale, il luogo di effettivo esercizio dell’attività, ovvero il luogo di dimora abituale dei soggetti da sottoporre a verifica sia diverso da quello delle persone di cui al comma 1, il nucleo di polizia tributaria può delegare l’esecuzione degli accertamenti di cui al presente comma ai reparti del Corpo della guardia di finanza competenti per territorio.

3. Copia del provvedimento di applicazione della misura di prevenzione è trasmessa, a cura della cancelleria competente, al nucleo di polizia tributaria indicato al comma 1.

4. Per l’espletamento delle indagini di cui al presente articolo, i militari del Corpo della guardia di finanza, oltre ai poteri e alle facoltà previsti dall’articolo 2 del decreto legislativo 19 marzo 2001, n. 68, si avvalgono dei poteri di cui all’articolo 19, comma 4, nonché dei poteri attribuiti agli appartenenti al nucleo speciale di polizia valutaria ai sensi del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231.

5. La revoca del provvedimento con il quale è stata disposta una misura di prevenzione non preclude l’utilizzazione ai fini fiscali degli elementi acquisiti nel corso degli accertamenti svolti ai sensi del comma 1.

6. Ai fini dell’accertamento delle imposte sui redditi e dell’imposta sul valore aggiunto, ai dati, alle notizie e ai documenti acquisiti ai sensi del comma 4 si applicano le disposizioni di cui all’articolo 51, secondo comma, numero 2), secondo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, e all’articolo 32, primo comma, numero 2), secondo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni.

7. Tutti gli elementi acquisiti in occasione delle indagini di cui al presente articolo, e comunque le variazioni patrimoniali superiori a euro 10.329,14 intervenute negli ultimi tre anni, con riguardo sia ai conferenti sia ai beneficiari, devono essere comunicati anche ai sensi dell’articolo 6 della legge 1° aprile 1981, n. 121.

 

Art. 80

(Obbligo di comunicazione)

 

1. Salvo quanto previsto dall’articolo 30 della legge 13 settembre 1982, n. 646, le persone già sottoposte, con provvedimento definitivo, ad una misura di prevenzione, sono tenute a comunicare per dieci anni, ed entro trenta giorni dal fatto, al nucleo di polizia tributaria del luogo di dimora abituale, tutte le variazioni nell’entità e nella composizione del patrimonio concernenti elementi di valore non inferiore ad euro 10.329,14. Entro il 31 gennaio di ciascun anno, i soggetti di cui al periodo precedente sono altresì tenuti a comunicare le variazioni intervenute nell’anno precedente, quando concernono complessivamente elementi di valore non inferiore ad euro 10.329,14. Sono esclusi i beni destinati al soddisfacimento dei bisogni quotidiani.

2. Il termine di dieci anni decorre dalla data del decreto ovvero dalla data della sentenza definitiva di condanna.

3. Gli obblighi previsti nel comma 1 cessano quando la misura di prevenzione è a qualunque titolo revocata.

 

Art. 81

(Registro delle misure di prevenzione)

 

1. Presso le segreterie delle procure della Repubblica e presso le cancellerie dei tribunali sono istituiti appositi registri, anche informatici, per le annotazioni relative ai procedimenti di prevenzione. Nei registri viene curata l’immediata annotazione nominativa delle persone fisiche e giuridiche nei cui confronti sono disposti gli accertamenti personali o patrimoniali da parte dei soggetti titolari del potere di proposta. Il questore territorialmente competente e il direttore della Direzione investigativa antimafia provvedono a dare immediata comunicazione alla procura della Repubblica competente per territorio della proposta di misura personale e patrimoniale da presentare al tribunale competente. Le modalità di tenuta, i tipi dei registri, le annotazioni che vi devono essere operate, sono fissati con decreto del Ministro della giustizia.

2. Non possono essere rilasciate a privati certificazioni relative alle annotazioni operate nei registri.

3. I provvedimenti definitivi con i quali l’autorità giudiziaria applica misure di prevenzione o concede la riabilitazione di cui all’articolo 70, sono iscritti nel casellario giudiziale secondo le modalità e con le forme stabilite per le condanne penali. Nei certificati rilasciati a richiesta di privati non è fatta menzione delle suddette iscrizioni. I provvedimenti di riabilitazione sono altresì comunicati alla questura competente con l’osservanza delle disposizioni di cui all’articolo 69.

 

 

 

Libro II – Nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia (articoli 82-101)

Capo I: Disposizioni di carattere generale

Art. 82

(Oggetto)

 

1. Il presente Libro disciplina la documentazione antimafia ed i suoi effetti, istituisce la banca dati nazionale unica della documentazione antimafia, di seguito denominata «banca dati», e introduce disposizioni relative agli enti locali i cui organi sono stati sciolti ai sensi dell’articolo 143 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

Art. 83

(Ambito di applicazione della documentazione antimafia)

1. Le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici, anche costituiti in stazioni uniche appaltanti, gli enti e le aziende vigilati dallo Stato o da altro ente pubblico e le società o imprese comunque controllate dallo Stato o da altro ente pubblico nonché i concessionari di opere pubbliche, devono acquisire la documentazione antimafia di cui all’articolo 84 prima di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi e forniture pubblici, ovvero prima di rilasciare o consentire i provvedimenti indicati nell’articolo 67.

2. La disposizione di cui al comma 1 si applica ai contraenti generali di cui all’articolo 176 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, di seguito denominati «contraente generale».

3. La documentazione di cui al comma 1 non è comunque richiesta:

a) per i rapporti fra i soggetti pubblici di cui al comma 1;

b) per i rapporti fra i soggetti pubblici di cui alla lettera a) ed altri soggetti, anche privati, i cui organi rappresentativi e quelli aventi funzioni di amministrazione e di controllo sono sottoposti, per disposizione di legge o di regolamento, alla verifica di particolari requisiti di onorabilità tali da escludere la sussistenza di una delle cause di sospensione, di decadenza o di divieto di cui all’articolo 67;

c) per il rilascio o rinnovo delle autorizzazioni o licenze di polizia di competenza delle autorità nazionali e provinciali di pubblica sicurezza;

d) per la stipulazione o approvazione di contratti e per la concessione di erogazioni a favore di chi esercita attività agricole o professionali, non organizzate in forma di impresa, nonché a favore di chi esercita attività artigiana in forma di impresa individuale e attività di lavoro autonomo anche intellettuale in forma individuale;

e) per i provvedimenti gli atti, i contratti e le erogazioni il cui valore complessivo non supera i 150.000 euro.

Capo II: Documentazione antimafia

Art. 84

(Definizioni)

1. La documentazione antimafia è costituita dalla comunicazione antimafia e dall’informazione antimafia.

2. La comunicazione antimafia consiste nell’attestazione della sussistenza o meno di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all’articolo 67.

3. L’informazione antimafia consiste nell’attestazione della sussistenza o meno di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all’articolo 67, nonché, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 91, comma 7, nell’attestazione della sussistenza o meno di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate indicati nel comma 4.

4. Le situazioni relative ai tentativi di infiltrazione mafiosa che danno luogo all’adozione dell’informazione antimafia interdittiva di cui al comma 3 sono desunte:

a) dai provvedimenti che dispongono una misura cautelare o il giudizio, ovvero che recano una condanna anche non definitiva per taluni dei delitti di cui agli articoli 353, 353-bis, 629, 640-bis, 644, 648-bis, 648-ter del codice penale, dei delitti di cui all’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale e di cui all’articolo 12-quinquies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306 convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356;

b) dalla proposta o dal provvedimento di applicazione di taluna delle misure di prevenzione;

c) salvo che ricorra l’esimente di cui all’articolo 4 della legge 24 novembre 1981, n. 689, dall’omessa denuncia all’autorità giudiziaria dei reati di cui agli articoli 317 e 629 del codice penale, aggravati ai sensi dell’articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152 convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, da parte dei soggetti indicati nella lettera b) dell’articolo 38 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, anche in assenza nei loro confronti di un procedimento per l’applicazione di una misura di prevenzione o di una causa ostativa ivi previste;

d) dagli accertamenti disposti dal prefetto anche avvalendosi dei poteri di accesso e di accertamento delegati dal Ministro dell’interno ai sensi del decreto-legge 6 settembre 1982, n. 629, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 ottobre 1982, n. 726, ovvero di quelli di cui all’articolo 93 del presente decreto;

e) dagli accertamenti da effettuarsi in altra provincia a cura dei prefetti competenti su richiesta del prefetto procedente ai sensi della lettera d);

f) dalle sostituzioni negli organi sociali, nella rappresentanza legale della società nonché nella titolarità delle imprese individuali ovvero delle quote societarie, effettuate da chiunque conviva stabilmente con i soggetti destinatari dei provvedimenti di cui alle lettere a) e b), con modalità che, per i tempi in cui vengono realizzati, il valore economico delle transazioni, il reddito dei soggetti coinvolti nonché le qualità professionali dei subentranti, denotino l’intento di eludere la normativa sulla documentazione antimafia.

Art. 85

(Soggetti sottoposti alla verifica antimafia)

1. La documentazione antimafia, se si tratta di imprese individuali, deve riferirsi al titolare ed al direttore tecnico, ove previsto.

2. La documentazione antimafia, se si tratta di associazioni, imprese, società, consorzi e raggruppamenti temporanei di imprese, deve riferirsi, oltre che al direttore tecnico, ove previsto:

a) per le associazioni, a chi ne ha la legale rappresentanza;

b) per le società di capitali anche consortili ai sensi dell’articolo 2615-ter del codice civile, per le società cooperative, di consorzi cooperativi, per i consorzi di cui al libro V, titolo X, capo II, sezione II, del codice civile, al legale rappresentante e agli eventuali altri componenti l’organo di amministrazione, nonché a ciascuno dei consorziati che nei consorzi e nelle società consortili detenga una partecipazione superiore al 10 per cento oppure detenga una partecipazione inferiore al 10 per cento e che abbia stipulato un patto parasociale riferibile a una partecipazione pari o superiore al 10 per cento, ed ai soci o consorziati per conto dei quali le società consortili o i consorzi operino in modo esclusivo nei confronti della pubblica amministrazione;

c) per le società di capitali, anche al socio di maggioranza in caso di società con un numero di soci pari o inferiore a quattro, ovvero al socio in caso di società con socio unico;

d) per i consorzi di cui all’articolo 2602 del codice civile, a chi ne ha la rappresentanza e agli imprenditori o società consorziate;

e) per le società semplice e in nome collettivo, a tutti i soci;

f) per le società in accomandita semplice, ai soci accomandatari;

g) per le società di cui all’articolo 2508 del codice civile, a coloro che le rappresentano stabilmente nel territorio dello Stato;

h) per i raggruppamenti temporanei di imprese, alle imprese costituenti il raggruppamento anche se aventi sede all’estero, secondo le modalità indicate nelle lettere precedenti;

i) per le società personali ai soci persone fisiche delle società personali o di capitali che ne siano socie.

3. L’informazione antimafia, oltre che ai soggetti di cui ai commi 1 e 2, deve riferirsi anche ai familiari conviventi.

 

Art. 86

(Validità della documentazione antimafia)

 

1. La comunicazione antimafia è utilizzabile per un periodo di sei mesi dalla data del rilascio, anche per altri procedimenti riguardanti i medesimi soggetti. È consentito all’interessato di utilizzare la comunicazione, in corso di validità conseguita per altro procedimento, anche in copia autentica.

2. L’informazione antimafia è utilizzabile per un periodo di dodici mesi dalla data del rilascio, qualora non siano intervenuti mutamenti nell’assetto societario e gestionale dell’impresa oggetto dell’informazione.  Essa è utilizzabile anche per altri procedimenti riguardanti i medesimi soggetti. È consentito all’interessato di utilizzare l’informazione antimafia, in corso di validità conseguita per altro procedimento, anche in copia autentica.

3. I legali rappresentanti degli organismi societari, nel termine di trenta giorni dall’intervenuta modificazione dell’assetto societario o gestionale dell’impresa, hanno l’obbligo di trasmettere al prefetto, che ha rilasciato l’informazione antimafia, copia degli atti dai quali risulta l’intervenuta modificazione relativamente ai soggetti destinatari di verifiche antimafia di cui all’articolo 85.

4. La violazione dell’obbligo di cui al comma 3 è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 20.000 euro a 60.000 euro. Per il procedimento di accertamento e di contestazione dell’infrazione, nonché per quello di applicazione della relativa sanzione, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689. La sanzione è irrogata dal prefetto.

5. I soggetti di cui all’articolo 83, commi 1 e 2, che acquisiscono la comunicazione antimafia, di data non anteriore a sei mesi, o l’informazione antimafia, di data non anteriore a dodici mesi, adottano il provvedimento richiesto e gli atti conseguenti o esecutivi, compresi i pagamenti, anche se il provvedimento o gli atti sono perfezionati o eseguiti in data successiva alla scadenza di validità della predetta documentazione antimafia.

 

 

Capo III: Comunicazioni antimafia

Art. 87

(Competenza al rilascio della comunicazione antimafia)

 

1. La comunicazione antimafia è rilasciata dal prefetto della provincia in cui i soggetti richiedenti di cui all’articolo 83, commi 1 e 2, hanno sede, ovvero, se richiesta da persone fisiche, imprese, associazioni o consorzi, dal prefetto della provincia in cui gli stessi risiedono o hanno sede, ed è conseguita mediante consultazione della banca dati nazionale da parte dei soggetti di cui all’articolo 97, comma 1, debitamente autorizzati. La richiesta da parte dei soggetti privati interessati deve essere corredata della documentazione di cui all’articolo 91, comma 4, lettera b).

2. Nei confronti dei soggetti aventi residenza o sede all’estero, la comunicazione antimafia è rilasciata dal prefetto della provincia dove ha inizio l’esecuzione dei contratti e dei subcontratti pubblici nonché delle attività oggetto dei provvedimenti indicati nell’articolo 67.

3. Ai fini del rilascio della comunicazione antimafia le prefetture usufruiscono del collegamento alla banca dati di cui al successivo capo V.

 

Art. 88

(Termini per il rilascio della comunicazione antimafia)

 

1. Il rilascio della comunicazione antimafia è immediatamente conseguente alla consultazione della banca dati quando non emerge la sussistenza di cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all’articolo 67. In tali casi, la comunicazione antimafia liberatoria attesta che la stessa è emessa utilizzando il collegamento alla banca dati.

2. Quando dalla consultazione della banca dati emerge la sussistenza di cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all’articolo 67, il prefetto effettua le necessarie verifiche e accerta la corrispondenza dei motivi ostativi emersi dalla consultazione della banca dati alla situazione aggiornata del soggetto sottoposto agli accertamenti.

3. Qualora le verifiche effettuate ai sensi del comma 2 diano esito positivo, il prefetto rilascia la comunicazione antimafia interdittiva ovvero, nel caso in cui le verifiche medesime diano esito negativo, il prefetto rilascia la comunicazione antimafia liberatoria attestando che la stessa è emessa utilizzando il collegamento alla banca dati.

4. Nei casi previsti dai commi 2 e 3, il prefetto rilascia la comunicazione antimafia entro quarantacinque giorni dal ricevimento della richiesta. Quando le verifiche disposte siano di particolare complessità, il prefetto ne dà comunicazione senza ritardo ai soggetti richiedenti di cui all’articolo 83, commi 1 e 2, e fornisce la comunicazione antimafia entro ulteriori trenta giorni.

 

Art. 89

(Autocertificazione)

 

1. Fuori dei casi in cui è richiesta l’informazione antimafia, i contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi o forniture dichiarati urgenti ed i provvedimenti di rinnovo conseguenti a provvedimenti già disposti, sono stipulati, autorizzati o adottati previa acquisizione di apposita dichiarazione con la quale l’interessato attesti che nei propri confronti non sussistono le cause di divieto, di decadenza o di sospensione di cui all’articolo 67. La dichiarazione deve essere sottoscritta con le modalità di cui all’articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.

2. La predetta dichiarazione è resa dall’interessato anche quando gli atti e i provvedimenti della pubblica amministrazione riguardano:

a) attività private, sottoposte a regime autorizzatorio, che possono essere intraprese su segnalazione certificata di inizio attività da parte del privato alla pubblica amministrazione competente;

b) attività private sottoposte alla disciplina del silenzio-assenso, indicate nella tabella C annessa al regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1992, n. 300, e successive modificazioni.

 

 

Capo IV: Informazioni antimafia

 

 

Art. 90

(Competenza al rilascio dell’informazione antimafia)

 

1. L’informazione antimafia è rilasciata dal prefetto della provincia in cui i soggetti richiedenti di cui all’articolo 83, commi 1 e 2, hanno sede ovvero in cui hanno residenza o sede le persone fisiche, le imprese, le associazioni, le società o i consorzi interessati ai contratti e subcontratti di cui all’articolo 91, comma 1, lettere a) e c) o che siano destinatari degli atti di concessione o erogazione di cui alla lettera b) dello stesso comma 1 ed è conseguita mediante consultazione della banca dati nazionale da parte dei soggetti di cui all’articolo 97, comma 1, debitamente autorizzati.

2. Nei confronti dei soggetti aventi residenza o sede all’estero, l’informazione antimafia è rilasciata dal prefetto della provincia dove ha inizio l’esecuzione dei contratti e dei subcontratti di lavori, servizi o forniture pubblici nonché delle attività oggetto dei provvedimenti indicati nell’articolo 67.

3. Ai fini del rilascio dell’informazione antimafia le prefetture usufruiscono del collegamento alla banca dati di cui al capo V.

 

Art. 91

(Informazione antimafia)

 

1. I soggetti di cui all’articolo 83, commi 1 e 2, devono acquisire l’informazione di cui all’articolo 84, comma 3, prima di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti, ovvero prima di rilasciare o consentire i provvedimenti indicati nell’articolo 67, il cui valore sia:

a) pari o superiore a quello determinato dalla legge in attuazione delle direttive comunitarie in materia di opere e lavori pubblici, servizi pubblici e pubbliche forniture, indipendentemente dai casi di esclusione ivi indicati;

b) superiore a 150.000 euro per le concessioni di acque pubbliche o di beni demaniali per lo svolgimento di attività imprenditoriali, ovvero per la concessione di contributi, finanziamenti e agevolazioni su mutuo o altre erogazioni dello stesso tipo per lo svolgimento di attività imprenditoriali;

c) superiore a 150.000 euro per l’autorizzazione di subcontratti, cessioni, cottimi, concernenti la realizzazione di opere o lavori pubblici o la prestazione di servizi o forniture pubbliche.

2. E’ vietato, a pena di nullità, il frazionamento dei contratti, delle concessioni o delle erogazioni compiuto allo scopo di eludere l’applicazione del presente articolo.

3. La richiesta dell’informazione antimafia deve essere effettuata attraverso la banca dati al momento dell’aggiudicazione del contratto ovvero trenta giorni prima della stipula del subcontratto.

4. L’informazione antimafia è richiesta dai soggetti interessati di cui all’articolo 83, commi 1 e 2, che devono indicare:

a) la denominazione dell’amministrazione, ente, azienda, società o impresa che procede all’appalto, concessione o erogazione o che è tenuta ad autorizzare il subcontratto, la cessione o il cottimo;

b) l’oggetto e il valore del contratto, subcontratto, concessione o erogazione;

c) gli estremi della deliberazione dell’appalto o della concessione ovvero del titolo che legittima l’erogazione;

d) le complete generalità dell’interessato e, ove previsto, del direttore tecnico o, se trattasi di società, impresa, associazione o consorzio, la denominazione e la sede, nonché le complete generalità degli altri soggetti di cui all’articolo 85;

e) nel caso di società consortili o di consorzi, le complete generalità dei consorziati che detengono una quota superiore al 10 per cento del capitale o del fondo consortile e quelli che detengono una partecipazione inferiore al 10 per cento e che hanno stipulato un patto parasociale riferibile a una partecipazione pari o superiore al 10 per cento, nonché dei consorziati per conto dei quali la società consortile o il consorzio opera nei confronti della pubblica amministrazione.

5. Il prefetto competente estende gli accertamenti pure ai soggetti che risultano poter determinare in qualsiasi modo le scelte o gli indirizzi dell’impresa. Il prefetto, anche sulla documentata richiesta dell’interessato, aggiorna l’esito dell’informazione al venir meno delle circostanze rilevanti ai fini dell’accertamento dei tentativi di infiltrazione mafiosa.

6. Il prefetto può, altresì, desumere il tentativo di infiltrazione mafiosa da provvedimenti di condanna anche non definitiva per reati strumentali all’attività delle organizzazioni criminali unitamente a concreti elementi da cui risulti che l’attività d’impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata. In tali casi, entro il termine di cui all’articolo 92, rilascia l’informazione antimafia interdittiva.

7. Con regolamento, adottato con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della giustizia, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro dello sviluppo economico, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988, sono individuate le diverse tipologie di attività suscettibili di infiltrazione mafiosa nell’attività di impresa per le quali, in relazione allo specifico settore d’impiego e alle situazioni ambientali che determinano un maggiore rischio di infiltrazione mafiosa, è sempre obbligatoria l’acquisizione della documentazione indipendentemente  dal valore del contratto, subcontratto, concessione, erogazione o provvedimento di cui all’articolo 67.

 

 

Art. 92

(Termini per il rilascio delle informazioni)

 

1. Il rilascio dell’informazione antimafia è immediatamente conseguente alla consultazione della banca dati quando non emerge la sussistenza di cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all’articolo 67 o di un tentativo di infiltrazione mafiosa di cui all’articolo 84, comma 4. In tali casi l’informazione antimafia liberatoria attesta che la stessa è emessa utilizzando il collegamento alla banca dati.

2. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 91, comma 7, quando dalla consultazione della banca dati emerge la sussistenza di cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all’articolo 67 o di un tentativo di infiltrazione mafiosa di cui all’articolo 84, comma 4, il prefetto rilascia l’informazione antimafia interdittiva entro quarantacinque giorni dal ricevimento della richiesta. Quando le verifiche disposte siano di particolare complessità, il prefetto ne dà comunicazione senza ritardo all’amministrazione interessata e fornisce le informazioni acquisite entro i successivi trenta giorni.

3. Decorso il termine di cui al comma 2, ovvero, nei casi di urgenza, decorso il termine di quindici giorni dalla ricezione della richiesta, i soggetti di cui all’articolo 83, commi 1 e 2, procedono anche in assenza  dell’informazione antimafia. In tale caso, i contributi, i finanziamenti, le agevolazioni e le altre erogazioni di cui al comma 1 sono corrisposti sotto condizione risolutiva e i soggetti di cui all’articolo 83, commi 1 e 2, revocano le autorizzazioni e le concessioni o recedono dai contratti, fatto salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite.

4. La revoca e il recesso di cui al comma 3 si applicano anche quando gli elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa siano accertati successivamente alla stipula del contratto, alla concessione dei lavori o all’autorizzazione del subcontratto.

5. Il versamento delle erogazioni di cui alla lettera f) dell’articolo 67 può essere in ogni caso sospeso fino a quando pervengono le informazioni che non sussistono le cause di divieto o di sospensione di cui al medesimo articolo ovvero elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa di cui all’articolo 84, comma 4.

 

Art. 93

(Poteri di accesso e accertamento del prefetto)

 

1. Per l’espletamento delle funzioni volte a prevenire infiltrazioni mafiose nei pubblici appalti, il prefetto dispone accessi ed accertamenti nei cantieri delle imprese interessate all’esecuzione di lavori  pubblici, avvalendosi, a tal fine, dei gruppi interforze di cui all’articolo 5, comma 3, del decreto del Ministro dell’interno 14 marzo 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 54 del 5 marzo 2004.

2. Ai fini di cui al comma 1 sono imprese interessate all’esecuzione di lavori pubblici tutti i soggetti che intervengono a qualunque titolo nel ciclo di realizzazione dell’opera, anche con noli e forniture di beni e prestazioni di servizi, ivi compresi quelli di natura intellettuale, qualunque sia l’importo dei relativi contratti o dei subcontratti.

3. Al termine degli accessi ed accertamenti disposti dal prefetto, il gruppo interforze redige, entro trenta giorni, la relazione contenente i dati e le informazioni acquisite nello svolgimento dell’attività ispettiva, trasmettendola al prefetto che ha disposto l’accesso.

4. Il prefetto, acquisita la relazione di cui al comma 3, fatta salva l’ipotesi di cui al comma 5, valuta se dai dati raccolti possano desumersi, in relazione all’impresa oggetto di accertamento e nei confronti dei soggetti che risultano poter determinare in qualsiasi modo le scelte o gli indirizzi dell’impresa stessa, elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa di cui all’articolo 84, comma 4 ed all’articolo 91, comma 7. In tal caso, il prefetto emette, entro quindici giorni dall’acquisizione della relazione del gruppo interforze, l’informazione interdittiva, previa eventuale audizione dell’interessato secondo le modalità individuate dal successivo comma 7.

5. Qualora si tratti di impresa avente sede in altra provincia, il prefetto che ha disposto l’accesso trasmette senza ritardo gli atti corredati dalla relativa documentazione al prefetto competente, che provvede secondo le modalità stabilite nel comma 4.

6. Ai fini dell’adozione degli ulteriori provvedimenti di competenza di altre amministrazioni, dell’informazione è data tempestiva comunicazione, anche in via telematica, a cura del prefetto, ai seguenti soggetti:

a) stazione appaltante;

b) Camera di commercio del luogo ove ha sede l’impresa oggetto di accertamento;

c) prefetto che ha disposto l’accesso;

d) Osservatorio centrale appalti pubblici, presso la direzione investigativa antimafia;

e) Osservatorio dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture istituito presso l’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, ai fini dell’inserimento nel casellario informatico di cui all’articolo 7, comma 10, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;

f) Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

g) Ministero dello sviluppo economico.

7. Il prefetto competente al rilascio dell’informazione, ove lo ritenga utile, sulla base della documentazione e delle informazioni acquisite invita, in  sede di audizione personale, i soggetti interessati a produrre, anche allegando elementi documentali, ogni informazione ritenuta utile.

8. All’audizione di cui al comma 7, si provvede mediante comunicazione formale da inviarsi al responsabile legale dell’impresa, contenente l’indicazione della data e dell’ora e dell’Ufficio della prefettura ove dovrà essere sentito l’interessato ovvero persona da lui delegata.

9. Dell’audizione viene redatto apposito verbale in duplice originale, di cui uno consegnato nelle mani dell’interessato.

10. I dati acquisiti nel corso degli accessi di cui al presente articolo devono essere inseriti a cura della Prefettura della provincia in cui è stato effettuato l’accesso, nel sistema  informatico, costituito presso la Direzione investigativa antimafia, previsto dall’articolo 5, comma 4, del citato decreto del Ministro dell’interno in data 14 marzo 2003.

11. Al fine di rendere omogenea la raccolta dei dati di cui al precedente comma su tutto il territorio nazionale, il personale incaricato di effettuare le attività di accesso e accertamento nei cantieri si avvale di apposite schede informative predisposte dalla Direzione investigativa antimafia e da questa  rese disponibili attraverso il collegamento telematico di interconnessione esistente con le Prefetture – Uffici Territoriali del Governo.

Art. 94

(Effetti delle informazioni del prefetto)

 

1. Quando emerge la sussistenza di cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all’articolo 67 o di un tentativo di infiltrazione mafiosa, di cui all’articolo 84, comma 4 ed all’articolo 91, comma 7, nelle società o imprese interessate, i soggetti di cui all’articolo 83, commi 1 e 2 cui sono fornite le informazioni antimafia, non possono stipulare, approvare o autorizzare i contratti o subcontratti, né autorizzare, rilasciare o comunque consentire le concessioni e le erogazioni.

2. Qualora il prefetto non rilasci l’informazione interdittiva entro i termini previsti, ovvero nel caso di lavori o forniture di somma urgenza di cui all’articolo 92, comma 3 qualora la sussistenza di una causa di divieto indicata nell’articolo 67 o gli elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa di cui all’articolo 84, comma 4, ed all’articolo 91 comma 7, siano accertati successivamente alla stipula del contratto, i soggetti di cui all’articolo 83, commi 1 e 2, salvo quanto previsto al comma 3, revocano le autorizzazioni e le concessioni o recedono dai contratti fatto salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite.

3. I soggetti di cui all’articolo 83, commi 1 e 2, non procedono alle revoche o ai recessi di cui al comma precedente nel caso in cui l’opera sia in corso di ultimazione ovvero, in caso di fornitura di beni e servizi ritenuta essenziale per il perseguimento dell’interesse pubblico, qualora il soggetto che la fornisce non sia sostituibile in tempi rapidi.

4. Le disposizioni di cui ai commi 2 e 3 si applicano anche nel caso in cui emergano elementi relativi a tentativi di infiltrazione.

 

 

Art. 95

(Disposizioni relative ai contratti pubblici)

 

1. Se taluna delle situazioni da cui emerge un tentativo di infiltrazione mafiosa, di cui all’articolo 84, comma 4, ed all’articolo 91, comma 7, interessa un’impresa diversa da quella mandataria che partecipa ad un’associazione o raggruppamento temporaneo di imprese, le cause di divieto o di sospensione di cui all’articolo 67 non operano nei confronti delle altre imprese partecipanti quando la predetta impresa sia estromessa o sostituita anteriormente alla stipulazione del contratto. La sostituzione può essere effettuata entro trenta giorni dalla comunicazione delle informazioni del prefetto qualora esse pervengano successivamente alla stipulazione del contratto.

2. Le disposizioni del comma 1 si applicano anche nel caso di consorzi non obbligatori.

3. Il prefetto della provincia interessata all’esecuzione dei contratti di cui all’articolo 91, comma 1, lettera a) è tempestivamente informato dalla stazione appaltante della pubblicazione del bando di gara e svolge gli accertamenti preliminari sulle imprese locali per le quali il rischio di tentativi di infiltrazione mafiosa, nel caso di partecipazione, è ritenuto maggiore. L’accertamento di una delle situazioni da cui emerge un tentativo di infiltrazione mafiosa, di cui all’articolo 84, comma 4, ed all’articolo 91, comma 7, comporta il divieto della stipula del contratto, nonché del subappalto, degli altri subcontratti, delle cessioni o dei cottimi, comunque denominati, indipendentemente dal valore.

 

 

Capo V: Banca dati nazionale unica della documentazione antimafia

 

Art. 96

(Istituzione della banca dati nazionale unica della documentazione antimafia)

 

1. Presso il Ministero dell’interno, Dipartimento per le politiche del personale dell’amministrazione civile e per le risorse strumentali e finanziarie è istituita la banca dati nazionale unica della documentazione antimafia, di seguito denominata «banca dati».

2. Al fine di verificare la sussistenza di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all’articolo 67 o di un tentativo di infiltrazione mafiosa di cui all’articolo 84, comma 4, la banca dati è collegata telematicamente con il Centro elaborazione dati di cui all’articolo 8 della legge 1° aprile 1981, n. 121.

 

Art. 97

(Consultazione della banca dati)

 

1. Ai fini del rilascio della documentazione antimafia, la banca dati può essere consultata, secondo le modalità di cui al regolamento previsto dall’articolo 99, da:

a) i soggetti indicati dall’articolo 83, commi 1 e 2, del presente decreto;

b) le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura;

c) gli ordini professionali.

 

Art. 98

(Contenuto della banca dati)

 

1. Nella banca dati sono contenute le comunicazioni e le informazioni antimafia, liberatorie ed interdittive.

2. La banca dati, tramite il collegamento al sistema informatico costituito presso la Direzione investigativa antimafia di cui all’articolo 5, comma 4, del decreto del Ministro dell’interno in data 14 marzo 2003, consente la consultazione dei dati acquisiti nel corso degli accessi nei cantieri delle imprese interessate all’esecuzione di lavori pubblici disposti dal prefetto.

3. La banca dati, tramite il collegamento ad altre banche dati, può contenere ulteriori dati anche provenienti dall’estero.

 

Art. 99

(Modalità di funzionamento della banca dati)

 

1. Con uno o più regolamenti ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, da adottarsi, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, su proposta del Ministro dell’interno, di concerto con i Ministri della pubblica amministrazione e dell’innovazione, della giustizia, dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, sono disciplinate le modalità:

a)     di funzionamento della banca dati;

b)     di autenticazione, autorizzazione e di registrazione degli accessi e delle operazioni effettuate sulla banca dati;

c)     di accesso da parte del personale delle Forze di polizia e dell’Amministrazione civile dell’interno;

d)     di accesso da parte della Direzione nazionale antimafia per lo svolgimento dei compiti previsti dall’articolo 371-bis del codice di procedura penale;

e)     di consultazione da parte dei soggetti di cui all’articolo 97, comma 1;

f)      di collegamento con il Centro Elaborazione Dati di cui all’articolo 96.

2. Il sistema informatico, comunque, garantisce l’individuazione del soggetto che effettua ciascuna interrogazione e conserva la traccia di ciascun accesso.

Capo VI: Disposizioni concernenti gli enti locali sciolti ai sensi dell’articolo 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267

 

 

 

Art. 100

(Obbligo di acquisizione della documentazione antimafia nel quinquennio successivo allo scioglimento ai sensi dell’articolo 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267)

 

1. L’ente locale, sciolto ai sensi dell’articolo 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 e successive modificazioni, deve acquisire, nei cinque anni successivi allo scioglimento, l’informazione antimafia precedentemente alla stipulazione, all’approvazione o all’autorizzazione di qualsiasi contratto o subcontratto, ovvero precedentemente al rilascio di qualsiasi concessione o erogazione indicati nell’articolo 67 indipendentemente dal valore economico degli stessi.

 

Art. 101

(Facoltà di avvalersi della Stazione unica appaltante)

1. L’ente locale, i cui organi sono stati sciolti ai sensi dell’articolo 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 e successive modificazioni, può deliberare di avvalersi, per un periodo determinato, comunque non superiore alla durata in carica del commissario nominato, della stazione unica appaltante per lo svolgimento delle procedure di evidenza pubblica di competenza del medesimo ente locale.

2. Gli organi eletti in seguito allo scioglimento di cui all’articolo 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 e successive modificazioni, possono deliberare di avvalersi, per un periodo determinato, comunque non superiore alla durata in carica degli stessi organi elettivi, della stazione unica appaltante per lo svolgimento delle procedure di evidenza pubblica di competenza del medesimo ente locale.

 

Libro III – Attività informative ed investigative nella lotta contro la criminalità organizzata (articoli 101-114)

Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.

Titolo I

Attività informative ed investigative nella lotta contro la criminalità organizzata

 

Capo I: Direzione distrettuale antimafia e Direzione nazionale antimafia

Art. 102

(Direzione distrettuale antimafia)

 

1. Per la trattazione dei procedimenti relativi ai reati indicati nell’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale il procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto costituisce, nell’ambito del suo ufficio, una direzione distrettuale antimafia designando i magistrati che devono farne parte per la durata non inferiore a due anni. Per la designazione, il procuratore distrettuale tiene conto delle specifiche attitudini e delle esperienze professionali. Della direzione distrettuale non possono fare parte magistrati in tirocinio. La composizione e le variazioni della direzione sono comunicate senza ritardo al Consiglio superiore della magistratura.

2. Il procuratore distrettuale o un suo delegato è preposto all’attività della direzione e cura, in particolare, che i magistrati addetti ottemperino all’obbligo di assicurare la completezza e la tempestività della reciproca informazione sull’andamento delle indagini ed eseguano le direttive impartite per il coordinamento delle investigazioni e l’impiego della polizia giudiziaria.

3. Salvi casi eccezionali, il procuratore distrettuale designa per l’esercizio delle funzioni di pubblico ministero, nei procedimenti riguardanti i reati indicati nell’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, i magistrati addetti alla direzione.

4. Salvo che nell’ipotesi di prima costituzione della direzione distrettuale antimafia la designazione dei magistrati avviene sentito il procuratore nazionale antimafia. Delle eventuali variazioni nella composizione della direzione, il procuratore distrettuale informa preventivamente il procuratore nazionale antimafia.

 

Art. 103

(Direzione nazionale antimafia)

 

1. Nell’ambito della procura generale presso la Corte di cassazione è istituita la Direzione nazionale antimafia.

2. Alla Direzione è preposto un magistrato che abbia conseguito la quinta valutazione di professionalità, scelto tra coloro che hanno svolto anche non continuativamente, per un periodo non inferiore a dieci anni, funzioni di pubblico ministero o giudice istruttore, sulla base di specifiche attitudini, capacità organizzative ed esperienze nella trattazione di procedimenti relativi alla criminalità organizzata. L’anzianità nel ruolo può essere valutata solo ove risultino equivalenti i requisiti professionali.

3. Alla nomina del procuratore nazionale antimafia si provvede con la procedura prevista dall’articolo 11, terzo comma, della legge 24 marzo 1958, n. 195. L’incarico ha durata di quattro anni e può essere rinnovato una sola volta.

4. Alla Direzione sono addetti, quali sostituti, magistrati che abbiano conseguito la terza valutazione di professionalità, nominati sulla base di specifiche attitudini ed esperienze nella trattazione di procedimenti relativi alla criminalità organizzata. Alle nomine provvede il Consiglio superiore della magistratura, sentito il procuratore nazionale antimafia. Il procuratore nazionale antimafia designa uno o più dei sostituti procuratori ad assumere le funzioni di procuratore nazionale antimafia aggiunto.

5. Per la nomina dei sostituti, l’anzianità nel ruolo può essere valutata solo ove risultino equivalenti i requisiti professionali.

6. Al procuratore nazionale antimafia sono attribuite le funzioni previste dall’articolo 371-bis del codice di procedura penale.

7. Prima della nomina disposta dal Consiglio superiore della magistratura, il procuratore generale presso la Corte di cassazione applica, quale procuratore nazionale antimafia, un magistrato che possegga, all’epoca dell’applicazione, i requisiti previsti dal comma 2.

 

Art. 104

(Attribuzioni del procuratore generale presso la Corte di cassazione in relazione all’attività di coordinamento investigativo)

 

1. Il procuratore generale presso la Corte di cassazione esercita la sorveglianza sul procuratore nazionale antimafia e sulla relativa Direzione nazionale.

Art. 105

(Applicazione di magistrati del pubblico ministero in casi particolari)

 

1. Per la trattazione dei procedimenti relativi ai delitti indicati nell’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, il procuratore nazionale antimafia può, quando si tratta di procedimenti di particolare complessità o che richiedono specifiche esperienze e competenze professionali, applicare temporaneamente alle procure distrettuali i magistrati appartenenti alla Direzione nazionale antimafia e quelli appartenenti alle direzioni distrettuali antimafia nonché, con il loro consenso, magistrati di altre procure della Repubblica presso i tribunali. L’applicazione è disposta anche quando sussistono protratte vacanze di organico, inerzia nella conduzione delle indagini, ovvero specifiche e contingenti esigenze investigative o processuali. L’applicazione è disposta con decreto motivato. Il decreto è emesso sentiti i procuratori generali e i procuratori della Repubblica interessati. Quando si tratta di applicazioni alla procura distrettuale avente sede nel capoluogo del medesimo distretto, il decreto è emesso dal procuratore generale presso la corte di appello. In tal caso il provvedimento è comunicato al procuratore nazionale antimafia.

2. L’applicazione non può superare la durata di un anno. Nei casi di necessità dell’ufficio al quale il magistrato è applicato, può essere rinnovata per un periodo non superiore a un anno.

3. Il decreto di applicazione è immediatamente esecutivo ed è trasmesso senza ritardo al Consiglio superiore della magistratura per l’approvazione, nonché al Ministro della giustizia.

4. Il capo dell’ufficio al quale il magistrato è applicato non può designare il medesimo per la trattazione di affari diversi da quelli indicati nel decreto di applicazione.

 

Art. 106

(Applicazione di magistrati in materia di misure di prevenzione)

 

1. Il procuratore nazionale antimafia può disporre, nell’ambito dei poteri attribuitigli dall’articolo 371-bis del codice di procedura penale e sentito il competente procuratore distrettuale, l’applicazione temporanea di magistrati della Direzione nazionale antimafia alle procure distrettuali per la trattazione di singoli procedimenti di prevenzione patrimoniale. Si applica, in quanto compatibile, l’articolo 105.

2. Se ne fa richiesta il procuratore distrettuale, il Procuratore generale presso la Corte d’appello può, per giustificati motivi, disporre che le funzioni di pubblico ministero per la trattazione delle misure di prevenzione siano esercitate da un magistrato designato dal Procuratore della Repubblica presso il giudice competente.

Capo II: Consiglio generale per la lotta alla criminalità organizzata e

Direzione investigativa antimafia

Art. 107

(Consiglio generale per la lotta alla criminalità organizzata)

 

1. Presso il Ministero dell’interno è istituito il Consiglio generale per la lotta alla criminalità organizzata, presieduto dal Ministro dell’interno quale responsabile dell’alta direzione e del coordinamento in materia di ordine e sicurezza pubblica. Il Consiglio è composto:

a) dal Capo della polizia – Direttore generale della pubblica sicurezza;

b) dal Comandante generale dell’Arma dei carabinieri;

c) dal Comandante generale del Corpo della guardia di finanza;

d) dal Direttore dell’Agenzia informazioni e sicurezza interna;

e) dal Direttore dell’Agenzia informazioni e sicurezza esterna;

f) dal Direttore della Direzione investigativa antimafia.

2. Il Consiglio generale per la lotta alla criminalità organizzata provvede, per lo specifico settore della criminalità organizzata, a:

a) definire e adeguare gli indirizzi per le linee di prevenzione anticrimine e per le attività investigative, determinando la ripartizione dei compiti tra le forze di polizia per aree, settori di attività e tipologia dei fenomeni criminali, tenuto conto dei servizi affidati ai relativi uffici e strutture, e in primo luogo a quelli a carattere interforze, operanti a livello centrale e territoriale;

b) individuare le risorse, i mezzi e le attrezzature occorrenti al funzionamento dei servizi e a fissarne i criteri per razionalizzarne l’impiego;

c) verificare periodicamente i risultati conseguiti in relazione agli obiettivi strategici delineati e alle direttive impartite, proponendo, ove occorra, l’adozione dei provvedimenti atti a rimuovere carenze e disfunzioni e ad accertare responsabilità e inadempienze;

d) concorrere a determinare le direttive per lo svolgimento delle attività di coordinamento e di controllo da parte dei prefetti dei capoluoghi di regione, nell’ambito dei poteri delegati agli stessi.

3. Il Consiglio generale emana apposite direttive da attuarsi a cura degli uffici e servizi appartenenti alle singole forze di polizia, nonché della Direzione investigativa antimafia.

4. All’Ufficio per il coordinamento e la pianificazione delle forze di polizia del Dipartimento della pubblica sicurezza sono attribuite le funzioni di assistenza tecnico-amministrativa e di segreteria del Consiglio.

 

Art. 108

(Direzione investigativa antimafia)

 

 

1. È istituita, nell’ambito del Dipartimento della pubblica sicurezza, una Direzione investigativa antimafia (D.I.A.) con il compito di assicurare lo svolgimento, in forma coordinata, delle attività di investigazione preventiva attinenti alla criminalità organizzata, nonché di effettuare indagini di polizia giudiziaria relative esclusivamente a delitti di associazione di tipo mafioso o comunque ricollegabili all’associazione medesima.

2. Formano oggetto delle attività di investigazione preventiva della Direzione investigativa antimafia le connotazioni strutturali, le articolazioni e i collegamenti interni ed internazionali delle organizzazioni criminali, gli obiettivi e le modalità operative di dette organizzazioni, nonché ogni altra forma di manifestazione delittuosa alle stesse riconducibile ivi compreso il fenomeno delle estorsioni.

3. La Direzione investigativa antimafia nell’assolvimento dei suoi compiti opera in stretto collegamento con gli uffici e le strutture delle forze di polizia esistenti a livello centrale e periferico.

4. Tutti gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria debbono fornire ogni possibile cooperazione al personale investigativo della D.I.A. Gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria dei servizi centrali e interprovinciali di cui all’articolo 12 del decreto legge 13 maggio 1991, n. 152, conv. in l. dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, devono costantemente informare il personale investigativo della D.I.A., incaricato di effettuare indagini collegate, di tutti gli elementi informativi ed investigativi di cui siano venuti comunque in possesso e sono tenuti a svolgere, congiuntamente con il predetto personale, gli accertamenti e le attività investigative eventualmente richiesti. Il predetto personale dei servizi centrali e interprovinciali della Polizia di Stato, dell’Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, a decorrere dal 1° gennaio 1993, è assegnato alla D.I.A., nei contingenti e con i criteri e le modalità determinati con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con i Ministri della difesa e delle finanze.

5. Al Direttore della Direzione Investigativa Antimafia è attribuita la responsabilità generale delle attività svolte dalla D.I.A., delle quali riferisce periodicamente al Consiglio generale di cui all’articolo 107, e competono i provvedimenti occorrenti per l’attuazione, da parte della D.I.A., delle direttive emanate a norma del medesimo art. 107.

6. Alla D.I.A. è preposto un direttore tecnico-operativo scelto fra funzionari appartenenti ai ruoli della Polizia di Stato, con qualifica non inferiore a dirigente superiore, e ufficiali di grado non inferiore a generale di brigata dell’Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, che abbiano maturato specifica esperienza nel settore della lotta alla criminalità organizzata. Il direttore della D.I.A. riferisce al Consiglio generale di cui all’articolo 107 sul funzionamento dei servizi posti alle sue dipendenze e sui risultati conseguiti.

7. Con gli stessi criteri indicati al comma 6 è assegnato alla D.I.A. un vice direttore con funzioni vicarie.

8. La D.I.A. si avvale di personale dei ruoli della Polizia di Stato, dell’Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza.

9. Il Ministro dell’interno, sentito il Consiglio generale di cui all’articolo 107, determina l’organizzazione della D.I.A. secondo moduli rispondenti alla diversificazione dei settori d’investigazione e alla specificità degli ordinamenti delle forze di polizia interessate, fermo restando che in ogni caso, nella prima fase, l’organizzazione è articolata come segue:

a) reparto investigazioni preventive;

b) reparto investigazioni giudiziarie;

c) reparto relazioni internazionali ai fini investigativi.

10. Alla determinazione del numero e delle competenze delle divisioni in cui si articolano i reparti di cui al comma 9 si provvede con le modalità e procedure indicate nell’articolo 5, settimo comma, della legge 1° aprile 1981, n. 121, e successive modificazioni e integrazioni. Con le stesse modalità e procedure si provvede alla preposizione ed assegnazione del personale ai reparti e alle divisioni, secondo principi di competenza tecnico-professionale e con l’obiettivo di realizzare nei confronti dei titolari degli uffici predetti di pari livello una sostanziale parità ed equiordinazione di funzioni, anche mediante il ricorso al criterio della rotazione degli incarichi.

 

 

Art. 109

(Relazione al Parlamento)

1. Il Ministro dell’interno riferisce, ogni sei mesi, al Parlamento sull’attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione investigativa antimafia e presenta, unitamente con la relazione di cui all’articolo 113 della legge 1° aprile 1981, n. 121 un rapporto annuale sul fenomeno della criminalità organizzata.

 

Titolo II

L’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata

 

Art. 110

(L’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata)

1. L’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata ha personalità giuridica di diritto pubblico ed è dotata di autonomia organizzativa e contabile, ha la sede principale in Reggio Calabria ed è posta sotto la vigilanza del Ministro dell’interno.

2. All’Agenzia sono attribuiti i seguenti compiti:

a) acquisizione dei dati relativi ai beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata nel corso dei procedimenti penali e di prevenzione; acquisizione delle informazioni relative allo stato dei procedimenti di sequestro e confisca; verifica dello stato dei beni nei medesimi procedimenti; accertamento della consistenza, della destinazione e dell’utilizzo dei beni; programmazione dell’assegnazione e della destinazione dei beni confiscati; analisi dei dati acquisiti, nonché delle criticità relative alla fase di assegnazione e destinazione;

b) ausilio dell’autorità giudiziaria nell’amministrazione e custodia dei beni sequestrati nel corso del procedimento di prevenzione di cui al libro I, titolo III;

c) ausilio dell’autorità giudiziaria nell’amministrazione e custodia dei beni sequestrati, anche ai sensi dell’articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, e successive modificazioni, nel corso dei procedimenti penali per i delitti di cui all’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, e amministrazione dei predetti beni a decorrere dalla conclusione dell’udienza preliminare;

d) amministrazione e destinazione dei beni confiscati in esito del procedimento di prevenzione di cui al libro I, titolo III;

e) amministrazione e destinazione dei beni confiscati, anche ai sensi dell’articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, e successive modificazioni, in esito ai procedimenti penali per i delitti di cui all’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale;

f) adozione di iniziative e di provvedimenti necessari per la tempestiva assegnazione e destinazione dei beni confiscati, anche attraverso la nomina, ove necessario, di commissari ad acta.

3. L’Agenzia è sottoposta al controllo della Corte dei conti ai sensi dell’articolo 3, comma 4, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e successive modificazioni.

Art. 111

(Organi dell’Agenzia)

1. Sono organi dell’Agenzia e restano in carica per quattro anni rinnovabili per una sola volta:

a) il Direttore;

b) il Consiglio direttivo;

c) il Collegio dei revisori.

2. Il Direttore, scelto tra i prefetti, è nominato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’interno, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, ed è collocato a disposizione ai sensi dell’articolo 3-bis del decreto legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410.

3. Il Consiglio direttivo è presieduto dal Direttore dell’Agenzia ed è composto:

a) da un rappresentante del Ministero dell’interno;

b) da un magistrato designato dal Ministro della giustizia;

c) da un magistrato designato dal Procuratore nazionale antimafia;

d) dal Direttore dell’Agenzia del demanio o da un suo delegato.

4. Il Ministro dell’interno propone al Presidente del Consiglio dei Ministri il decreto di nomina dei componenti del Consiglio direttivo, designati ai sensi del comma 3.

5. Il collegio dei revisori, costituito da tre componenti effettivi e da due supplenti, è nominato con decreto del Ministro dell’interno fra gli iscritti nel registro dei revisori contabili. Un componente effettivo e un componente supplente sono designati dal Ministro dell’economia e delle finanze.

6. I compensi degli organi sono stabiliti con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, e posti a carico del bilancio dell’Agenzia.

Art. 112

(Attribuzioni degli organi dell’Agenzia)

1. Il Direttore dell’Agenzia ne assume la rappresentanza legale, può nominare uno o più delegati anche con poteri di rappresentanza, convoca il Consiglio direttivo e stabilisce l’ordine del giorno delle sedute. Provvede, altresì, all’attuazione degli indirizzi e delle linee guida fissate dal Consiglio direttivo in materia di amministrazione, assegnazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati e presenta al Consiglio direttivo il bilancio preventivo e il conto consuntivo. Il Direttore riferisce periodicamente ai Ministri dell’interno e della giustizia e presenta una relazione semestrale sull’attività svolta dall’Agenzia, fermo restando quanto previsto dall’articolo 49, comma 1, ultimo periodo.

2. L’Agenzia provvede all’amministrazione dei beni confiscati anche in via non definitiva e adotta i provvedimenti di destinazione dei beni confiscati per le prioritarie finalità istituzionali e sociali, secondo le modalità indicate dal libro I, titolo III, capo III.

Nelle ipotesi previste dalle norme in materia di tutela ambientale e di sicurezza, ovvero quando il bene sia improduttivo, oggettivamente inutilizzabile, non destinabile o non alienabile, l’Agenzia, con delibera del Consiglio direttivo, adotta i provvedimenti di distruzione o di demolizione.

3. L’Agenzia per le attività connesse all’amministrazione e alla destinazione dei beni sequestrati e confiscati anche in via non definitiva può avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica delle prefetture territorialmente competenti. In tali casi i prefetti costituiscono senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, un nucleo di supporto cui possono partecipare anche rappresentanti di altre amministrazioni, enti o associazioni.

4. L’Agenzia con delibera del Consiglio direttivo:

a) adotta gli atti di indirizzo e le linee guida in materia di amministrazione, assegnazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati;

b) programma l’assegnazione e la destinazione dei beni in previsione della confisca;

c) approva piani generali di destinazione dei beni confiscati;

d) richiede all’autorità di vigilanza di cui all’articolo 110, comma 1, l’autorizzazione ad utilizzare i beni immobili di cui all’articolo 48, comma 3, lettera b);

e) richiede la modifica della destinazione d’uso del bene confiscato, in funzione della valorizzazione dello stesso o del suo utilizzo per finalità istituzionali o sociali, anche in deroga agli strumenti urbanistici;

f) approva il bilancio preventivo ed il conto consuntivo;

g) verifica l’utilizzo dei beni, da parte dei privati e degli enti pubblici, conformemente ai provvedimenti di assegnazione e di destinazione;

h) revoca il provvedimento di assegnazione e destinazione nel caso di mancato o difforme utilizzo del bene rispetto alle finalità indicate nonché negli altri casi stabiliti dalla legge;

i) sottoscrive convenzioni e protocolli con pubbliche amministrazioni, regioni, enti locali, ordini professionali, enti ed associazioni per le finalità del presente decreto;

l) provvede all’istituzione, in relazione a particolari esigenze, di sedi secondarie nelle regioni ove sono presenti in quantità significativa beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata;

m) adotta un regolamento di organizzazione interna.

5. Alle riunioni del Consiglio direttivo possono essere chiamati a partecipare i rappresentanti delle amministrazioni pubbliche, centrali e locali, di enti e associazioni di volta in volta interessati e l’autorità giudiziaria.

6. Il collegio dei revisori provvede:

a) al riscontro degli atti di gestione;

b) alla verifica del bilancio di previsione e del conto consuntivo, redigendo apposite relazioni;

c) alle verifiche di cassa con frequenza almeno trimestrale.

Art. 113

(Organizzazione e funzionamento dell’Agenzia)

1. Con uno o più regolamenti, adottati ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell’interno, di concerto con i Ministri della giustizia, dell’economia e delle finanze e per la pubblica amministrazione e l’innovazione, sono disciplinati, entro il limite di spesa di cui all’articolo 118:

a) l’organizzazione e la dotazione delle risorse umane e strumentali per il funzionamento dell’Agenzia;

b) la contabilità finanziaria ed economico patrimoniale relativa alla gestione dell’Agenzia, assicurandone la separazione finanziaria e contabile dalle attività di amministrazione e custodia dei beni sequestrati e confiscati;

c) i flussi informativi necessari per l’esercizio dei compiti attribuiti all’Agenzia nonché le modalità delle comunicazioni, da effettuarsi per via telematica, tra l’Agenzia e l’autorità giudiziaria.

2. Ai fini dell’amministrazione e della custodia dei beni confiscati di cui all’articolo 110, comma 2, lettere d) ed e), i rapporti tra l’Agenzia e l’Agenzia del demanio sono disciplinati mediante apposita convenzione non onerosa avente ad oggetto, in particolare, la stima e la manutenzione dei beni custoditi, nonché l’avvalimento del personale dell’Agenzia del demanio.

3. Successivamente alla data di entrata in vigore del regolamento, ovvero, quando più di uno, dell’ultimo dei regolamenti di cui al comma 1, l’Agenzia per l’assolvimento dei suoi compiti può avvalersi di altre amministrazioni ovvero enti pubblici, ivi incluse le Agenzie fiscali, sulla base di apposite convenzioni non onerose.

4. L’Agenzia è inserita nella Tabella A allegata alla legge 29 ottobre 1984, n. 720, e successive modificazioni.

Art. 114

(Foro esclusivo)

 

1. Per tutte le controversie attribuite alla cognizione del giudice amministrativo derivanti dall’applicazione del presente titolo, ivi incluse quelle cautelari, è competente il tribunale amministrativo regionale del Lazio con sede in Roma. Le questioni di competenza di cui al presente comma sono rilevabili d’ufficio.

2. Nelle controversie di cui al comma 1, l’Agenzia è domiciliata presso l’Avvocatura generale dello Stato.

 

Libro IV – Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e alla legislazione penale complementare. Abrogazioni. Disposizioni transitorie e di coordinamento (articoli 115-120)

 

Art. 115

(Modifiche all’articolo 23-bis della legge 13 settembre 1982, n. 646)

 

1. All’articolo 23-bis, comma 1, della legge 13 settembre 1982, n. 646, le parole: «territorialmente competente» sono sostituite dalle seguenti: «presso il tribunale del capoluogo del distretto ove dimora la persona».

 

Art. 116

(Disposizioni di coordinamento)

1. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto, i richiami alle disposizioni contenute nella legge 27 dicembre 1956, n. 1423, ovunque presenti, si intendono riferiti alle corrispondenti disposizioni contenute nel presente decreto.

2. Dalla data di cui al comma 1, i richiami alle disposizioni contenute nella legge 31 maggio 1965, n. 575, ovunque presenti, si intendono riferiti alle corrispondenti disposizioni contenute nel presente decreto.

3. Dalla data di cui al comma 1, i richiami alle disposizioni contenute negli articoli 1, 3 e 5 del decreto legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410, ovunque presenti, si intendono riferiti alle corrispondenti disposizioni contenute nel presente decreto.

4. Dalla data di entrata in vigore delle disposizioni del libro II, capi I, II, III e IV, i richiami agli articoli 1-septies del decreto legge 6 settembre 1982, n. 629, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 ottobre 1982, n. 726, e 4 e 5-bis del decreto legislativo 8 agosto 1994, n. 490 nonché quelli alle disposizioni contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 3 giugno 1998, n. 252 e nel decreto del Presidente della Repubblica 2 agosto 2010, n. 150, ovunque presenti, si intendono riferiti alle corrispondenti disposizioni contenute nel presente decreto.

 

Art. 117

(Disciplina transitoria)

1. Le disposizioni contenute nel libro I non si applicano ai procedimenti nei quali, alla data di entrata in vigore del presente decreto, sia già stata formulata proposta di applicazione della misura di prevenzione. In tali casi, continuano ad applicarsi le norme previgenti.

2. Nella fase di prima applicazione delle disposizioni del libro III, titolo II:

a) la dotazione organica dell’Agenzia è determinata, con provvedimento del Direttore, in trenta unità, ripartite tra le varie qualifiche, ivi comprese quelle dirigenziali. Il personale proveniente dalle pubbliche amministrazioni, dalle Agenzie, dagli enti territoriali, è assegnato all’Agenzia, anche in posizione di comando o di distacco, secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti, conservando lo stato giuridico e il trattamento economico in godimento con oneri a carico dell’amministrazione di appartenenza;

b) il Direttore dell’Agenzia, nei limiti della dotazione organica, è autorizzato a stipulare contratti a tempo determinato, al fine di assicurare la piena operatività dell’Agenzia.

3. Al fine di garantire il potenziamento dell’attività istituzionale e lo sviluppo organizzativo delle strutture, l’Agenzia, previa autorizzazione del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, si avvale di personale proveniente dalle pubbliche amministrazioni, dalle Agenzie, compresa l’Agenzia del demanio, e dagli enti territoriali, assegnato all’Agenzia medesima anche in posizione di comando o di distacco, ove consentito dai rispettivi ordinamenti, ovvero stipula contratti di lavoro a tempo determinato, anche ricorrendo alle modalità di cui al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Tali rapporti di lavoro sono instaurati in deroga alle disposizioni del comma 1, lettere a) e b), nonché nei limiti stabiliti dall’autorizzazione di cui al primo periodo del presente comma e delle risorse assegnate all’Agenzia ai sensi del terzo periodo del presente comma, e non possono avere durata superiore al 31 dicembre 2012. Per tali fini, all’Agenzia sono assegnati 2 milioni di euro per l’anno 2011 e 4 milioni di euro per l’anno 2012.

4. A decorrere dalla nomina di cui all’articolo 111, comma 2, cessa l’attività del Commissario straordinario per la gestione e la destinazione dei beni confiscati ad organizzazioni criminali e vengono contestualmente trasferite le funzioni e le risorse strumentali e finanziarie già attribuite allo stesso Commissario, nonché, nell’ambito del contingente indicato al comma 1, lettera a), le risorse umane, che restano nella medesima posizione già occupata presso il Commissario. L’Agenzia subentra nelle convenzioni, nei protocolli e nei contratti di collaborazione stipulati dal Commissario straordinario. L’Agenzia, nei limiti degli stanziamenti di cui all’articolo 118, comma 1, può avvalersi di esperti e collaboratori esterni.

5. Fino alla data di entrata in vigore del regolamento ovvero, quando più di uno, dell’ultimo dei regolamenti previsti dall’articolo 113, ai procedimenti di cui all’articolo 110, comma 2, continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto. Le predette disposizioni si applicano anche ai procedimenti, di cui al medesimo articolo 110, comma 2, lettere b) e c), pendenti alla stessa data.

6. Al fine di programmare l’assegnazione e la destinazione dei beni oggetto dei procedimenti di cui al comma 5, il giudice delegato ovvero il giudice che procede comunica tempestivamente all’Agenzia i dati relativi ai detti procedimenti e impartisce all’amministratore giudiziario le disposizioni necessarie. L’Agenzia può avanzare proposte al giudice per la migliore utilizzazione del bene ai fini della sua successiva destinazione.

7. Qualora gli enti territoriali in cui ricadono i beni confiscati, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, abbiano già presentato una manifestazione d’interesse al prefetto per le finalità di cui all’articolo 48, comma 3, lett. c), l’Agenzia procede alla definizione e al compimento del trasferimento di tali beni immobili a favore degli stessi enti richiedenti. Qualora non sia rilevata possibile la cessione dell’intera azienda e gli enti territoriali manifestino interesse all’assegnazione dei soli beni immobili dell’azienda e ne facciano richiesta, l’Agenzia può procedere, valutati i profili occupazionali, alla liquidazione della stessa prevedendo l’estromissione dei beni immobili a favore degli stessi enti richiedenti. Le spese necessarie alla liquidazione dei beni aziendali residui rispetto all’estromissione dei beni immobili assegnati agli enti territoriali sono poste a carico degli stessi enti richiedenti. Qualora dalla liquidazione derivi un attivo, questo è versato direttamente allo Stato.

8. L’Agenzia può, altresì, disporre, con delibera del Consiglio direttivo, l’estromissione di singoli beni immobili dall’azienda confiscata non in liquidazione e il loro trasferimento al patrimonio degli enti territoriali che ne facciano richiesta, qualora si tratti di beni che gli enti territoriali medesimi già utilizzano a qualsiasi titolo per finalità istituzionali. La delibera del Consiglio direttivo è adottata fatti salvi i diritti dei creditori dell’azienda confiscata.

Art. 118

(Disposizioni finanziarie)

 

1. Alla copertura degli oneri derivanti dall’istituzione e dal funzionamento dell’Agenzia, ivi compresi quelli relativi alle spese di personale di cui all’articolo 117, commi 2 e 4, pari a 3,4 milioni di euro per l’anno 2010 e pari a 4,2 milioni di euro a decorrere dall’anno 2011, si provvede, quanto a 3,25 milioni di euro per l’anno 2010 e 4 milioni di euro, a decorrere dall’anno 2011 mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2010-2012, nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2010, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero dell’interno, nonché quanto a 150 mila euro per l’anno 2010 e 200 mila euro a decorrere dall’anno 2011, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, come determinata dalla Tabella C della legge 23 dicembre 2009, n. 191.

2. Agli oneri derivanti dal potenziamento dell’attività istituzionale e dallo sviluppo organizzativo delle strutture ai sensi dell’articolo 117, comma 3, pari a 2 milioni di euro per l’anno 2011 e a 4 milioni di euro per l’anno 2012, si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307, relativa al Fondo per interventi strutturali di politica economica. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

3. All’attuazione delle disposizioni del titolo III, capo V, si provvede nei limiti delle risorse già destinate allo scopo a legislazione vigente nello stato di previsione del Ministero dell’interno.

 

Art. 119

(Entrata in vigore)

 

1. Le disposizioni del libro II, capi I, II, III e IV, entrano in vigore decorsi 24 mesi dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del regolamento ovvero, quando più di uno, dell’ultimo dei regolamenti di cui all’articolo 99, comma 1.

 

Art. 120

(Abrogazioni)

1. Sono abrogate le seguenti disposizioni:

a)     legge 27 dicembre 1956, n. 1423;

b)     legge 31 maggio 1965, n. 575;

c)     decreto legge 4 febbraio 2010, n. 4, conv. in l. 31 marzo 2010, n. 50;

d)     articoli da 18 a 24 della legge 22 maggio 1975, n. 152;

e)     articolo 16 della legge 13 settembre 1982, n. 646;

f)      articoli da 2 ad 11, 13 e 15 della legge 3 agosto 1988, n. 327;

g)     articolo 7-ter della legge 13 dicembre 1989, n. 401;

h)     articolo 34 della legge 19 marzo 1990, n. 55;

i)      articoli 1, 3 e 5 del decreto legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410;

l)      articoli 70-bis, 76-bis, 76-ter, 110-bis e 110-ter del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12.

2. Dalla data di entrata in vigore delle disposizioni del libro II, capi I, II, III e IV, sono abrogate le seguenti disposizioni:

a) articolo 1-septies del decreto-legge 6 settembre 1982, n. 629, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 ottobre 1982, n. 726;

b) decreto legislativo 8 agosto 1994, n. 490;

c) decreto del Presidente della Repubblica 3 giugno 1998, n. 252;

d) decreto del Presidente della Repubblica 2 agosto 2010, n. 150.