Vai al contenuto

liscia

Strage in mare: 130 naufragi in difficoltà da giorni, ma con le Ong lontane gli Stati hanno fatto finta di niente…

Il fatto è che ormai questi morti non pesano più, sono battute, qualche centinaio di battute che finiscono sulle pagine dei giornali, quando va bene in una notizia che è poco di più una semplice “breve”, oppure farciscono un lancio di agenzia. Perfino quelli che (giustamente) ogni giorno provano a sottolineare i quintali di carne morta per Covid non riescono ad avere la stessa attenzione per i morti nel Canale di Sicilia. Lì abbiamo deciso che “devono” morire, che “possono” morire, come se davvero nel 2021 potesse esistere una parte di mondo che preveda ineluttabile l’annegamento, va così, ci si dà di gomito, ci si intristisce di quel lutto passeggero che si dedica alle notizie di cronaca nera e quelli non esistono più, non erano nemmeno vivi prima di essere morti, quelli che attraversano il Mediterraneo esistono perfino di più quando sono cadaveri che galleggiano nel mare.

130 migranti morti, 3 barconi messi in mare dai trafficanti libici e tre navi commerciali (lì dove ci dovrebbero essere le autorità coordinate dall’Europa) a deviare dalle loro rotte per provare ad evitare il disastro che non è stato evitabile. “Gli Stati si sono opposti e si sono rifiutati di agire per salvare la vita di oltre 100 persone. Hanno supplicato e inviato richieste di soccorso per due giorni prima di annegare nel cimitero del Mediterraneo. È questa l’eredità dell’Europa?”, dice la portavoce dell’iim, l’organizzazione dell’Onu per i migranti, Safa Mshli ma anche le parole dell’Onu ormai pesano niente, sono una litania che si ripete regolarmente e che non scalfisce quest’Europa che riesce a passarla sempre liscia. Anche dal punto di vista giudiziario sorge qualche dubbio, pensateci bene: le Procure che rinviano a giudizio Salvini non si accorgono (o non si vogliono accorgere?) Delle responsabilità dell’Europa?

Perché questi non rimangono nemmeno sequestrati, questi muoiono, annegano, galleggiano sul mare e vengono recuperati senza nemmeno uno straccio di qualche fotografia di cronaca. Sopra a quei tre gommoni di gente viva che poi è morta sono perfino transitati perfino velivoli di Frontex eppure non è scappato nemmeno un messaggio di allerta alla cosiddetta Guardia costiera libica che ha pensato bene di non inviare nemmeno una delle motovedette (che le abbiamo regalato noi). Troppa fatica. Quando i morti cominciano a non valere più niente allora ci si può permettere di lasciare morire e forse un giorno ci interrogheremo sulla differenza tra lasciare morire e uccidere, forse un giorno decideremo, avremo il coraggio di riconoscere, che questa strage ha dei precisi mandanti e dei precisi esecutori.

“Quando sarà abbastanza? Povere persone. Quante speranze, quante paure. Destinate a schiantarsi contro tanta indifferenza”, dice Carlotta Sami, portavoce dell’alto commissariato per i rifugiati e il dubbio è che ormai non sarà più abbastanza perché quando si diventa impermeabili ai morti allora quelli aumenteranno, continueranno a morire ancora di più, continueranno a cadere e intorno non se ne accorgerà nessuno. Centotrenta persone annegate. Le autorità dell’Ue e Frontex sapevano della situazione di emergenza, ma hanno negato il soccorso. La Ocean Viking è arrivata sul posto solo per trovare dieci cadaveri: è un’epigrafe che fa spavento ma che non smuove niente.

Sono passate due settimane da quando il presidente del Consiglio Mario Draghi ha ringraziato la guardia costiera per i “salvataggi” e quando qualcuno si è permesso di ricordare che in Libia e in quel tratto di mare mancano completamente tutti i diritti fondamentali i sostenitori del governo si sono perfino risentiti. E la storia di questo annegamento, badate bene, non è nemmeno un incidente: comincia mercoledì alle ore 14.11 con il primo allarme e si è conclusa il giorno successivo alle 17.08 con una mail di Ocean Viking che comunicava di avere trovato “i resti di un naufragio e diversi corsi, senza alcun segno di sopravvissuti”. Nessuna motovedetta libica all’orizzonte. Lì sono annegati loro ma in fondo continuiamo ad annegare anche noi e la cosa mostruosa è che ci siamo abituati.

L’articolo Strage in mare: 130 naufragi in difficoltà da giorni, ma con le Ong lontane gli Stati hanno fatto finta di niente… proviene da Il Riformista.

Fonte

Giornalisti intercettati, dopo Trapani ne spuntano altri 33 ascoltati per il caso Mimmo Lucano

Ci sono fatti che stanno uscendo in questi giorni che messi in fila fanno spavento, notizie che vengono ingegneristicamente spezzettate per non avere il quadro d’insieme mentre la prospettiva generale è qualcosa di spaventoso, un modus che meriterebbe una riflessione larga su politica e giustizia. Forse proprio per questo conviene rivenderli come singoli casi di cronaca.

Facciamo un passo indietro: è notizia di qualche giorno fa (ormai diventata “vecchia” e quindi facile da scavalcare liscia) che tra le carte della fumosissima inchiesta del 2017 della procura di Trapani che avrebbe dovuto dimostrare i legami illeciti tra Ong e scafisti ci siano centinaia di pagine di intercettazioni trascritte e depositate che riguardano giornalisti ascoltati mentre parlano con le loro fonti, mentre discutono tra di loro, addirittura mentre parlano con i loro avvocati. Una pesca a strascico che non segue nessuna logica procedurale e che sono gravissime violazioni in uno Stato di diritto. La ministra Cartabia ha deciso di inviare gli ispettori per vagliare le carte e le procedure eseguite, al fine di accertare eventuali comportamenti non consoni attuati dalla procura.

Facciamo un secondo passo. Quell’inchiesta è finita in niente, la tesi dell’accusa però è stata il copione di una narrazione politica frequentata sia dall’ex ministro dell’Interno Minniti sia da Salvini che ne fece il plot di tutta la sua campagna elettorale che l’avrebbe portato al Viminale. Anni di criminalizzazioni delle Ong che non hanno nessun riscontro giuridico, nessuna sentenza, nessuna condanna in nessun grado. E non c’è solo l’inchiesta di Trapani: in questi anni sono stati aperti ben 16 fascicoli sulle organizzazioni umanitarie e non si è mai arrivati in nessun caso al processo. Non si parla di assoluzioni, badate bene: non c’è mai stato uno straccio di prova che giustificasse nemmeno un dibattimento. Qualcuno come il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro ha dovuto ammettere di non essere riuscito ad andare oltre la suggestione dei suoi sospetti nonostante ne abbia parlato lungamente sui giornali, in televisione e perfino nelle sedi istituzionali della politica.

La sua inchiesta sulle Ong (la prima in ordine di tempo) è ancora oggi sventolata come “prova” nonostante sia stata chiusa dopo due anni di indagini: la confusione è talmente tanta sotto il cielo che ora basta perfino essere indagati, senza nemmeno essere accusati, per essere “sporchi”, per essere delegittimati e additati come colpevoli che sono riusciti a farla franca. In compenso in questi anni di inchieste abbiamo assistito a presunti scafisti che erano solo scambi di persona, traduzioni sbagliate che hanno incarcerato innocenti e riconoscimenti che si sono rivelati fallaci.
Facciamo un altro passo. Si scopre che tra il 2016 e il 2017 nell’ambito dell’inchiesta “Xenia” che ha portato all’arresto del sindaco di Riace Mimmo Lucano facendolo decadere da sindaco per poi riabilitarlo quando ormai il danno era fatto, 33 giornalisti siano stati intercettati (senza mai essere iscritti nel registro degli indagati), sono stati ascoltati 3 magistrati, uno degli avvocati difensori di Lucano e un viceprefetto. Nel fascicolo dell’indagine (carte praticamente pubbliche) ci sono utenze telefoniche, indirizzi mail e dati di tutti gli intercettati. Lo scopo? Sempre lo stesso: smascherare i buonisti che erano già stati condannati da certa politica.

Lo scenario quindi è questo: politica e magistratura hanno concorso per anni nell’ossessivo sostegno di una tesi che ha portato popolarità e consenso a entrambi, hanno trovato una convergenza nel dipingere una realtà che non ha ad oggi nessun riscontro e hanno usato (resta da capire se di comune accordo) metodi forse non leciti e sicuramente non etici. Una tesi politico-giudiziaria ha modificato il corso di questi anni, una tesi senza nessun riscontro. Questo è l’aspetto più spaventoso e allarmante e su questo bisognerebbe avere il coraggio di aprire una discussione. Funziona un Paese così?

L’articolo Giornalisti intercettati, dopo Trapani ne spuntano altri 33 ascoltati per il caso Mimmo Lucano proviene da Il Riformista.

Fonte

Grazie, Biden: dopo un anno orribile, in un solo giorno ci hai restituito la speranza nel futuro

Sono tempi magri per la politica questi, tempi in cui tocca esultare per essersi liberati di qualcuno rimanendo ancorati alla convinzione che non possa andare peggio di così e che per forza prima o poi, dopo avere toccato il fondo, si possa risalire. Però negli USA che finalmente si liberano di Trump, al di là dei lustrini per l’insediamento di Biden come nuovo presidente, arrivano anche 17 ordini esecutivi firmati nel primo giorno di presidenza Biden che già ci dicono qualcosa dello scenario futuro e che inducono all’ottimismo.

Per fronteggiare la pandemia, smettendola finalmente di lisciare complottisti e negazionisti vari, Biden ha creato il ruolo di Coordinatore della risposta alla Covid-19 che è stato affidato a Jeffrey D. Zients. È stato anche bloccato il ritiro degli USA dall’Organizzazione mondiale della sanità che Trump aveva accusato, ovviamente senza prove, di “cattiva gestione e insabbiamento della diffusione del coronavirus”.

È iniziato anche il percorso di reintegro degli USA negli accordi sul clima di Parigi, il più importante trattato ambientale degli ultimi anni, con l’impegno di contrastare il riscaldamento globale. Fermati invece i lavori dell’oleodotto Keystone XL, contestato dagli ambientalisti americani e che già Obama aveva bloccato durante la sua presidenza.

Smontati in poche ore anche tutti i provvedimenti razzisti di Trump che avevano fatto inorridire il mondo: è stato rafforzato il DACA (che serve per proteggere i bambini dalle espulsioni) e soprattutto cancellato il “travel ban” con cui si limitavano le concessioni dei visti per l’ingresso ai cittadini di alcuni Paesi africani a maggioranza musulmana. L’amministrazione Biden sta anche studiando delle forme di risarcimento per i cittadini che sono stati discriminati.

Ve lo ricordate la dispendiosissima (e inutile) costruzione del muro al confine con il Messico? Ecco, finalmente Biden ha messo la parola fine a quella farsa. Biden ha anche cancellato l’ordine di Trump che limitava (con l’intento di cancellarli) i corsi sulla diversità e sull’inclusione chiedendo invece la costituzione di un nuovo organo che si occupi di combattere la discriminazione all’interno delle organizzazioni federali.

A proposito di quelli che lavoreranno con lui, Biden ha stabilito anche alcune regole etiche con l’intento di “riguadagnare e conservare la fiducia nel governo”. Insomma, siamo solo all’inizio, ma molto di Trump si è già dissolto nelle prime 24 ore della nuova era americana. E questa è già una buona notizia: perché questi sono fatti, mica parole.

Leggi anche: 1. Biden è presidente, la buona America è tornata (di G. Gramaglia) / 2. Il primo discorso del presidente Biden: “Oggi è il giorno della democrazia” / 3. Il discorso d’addio di Trump: “Continuerò a combattere per voi, torneremo in un modo o nell’altro”

L’articolo proviene da TPI.it qui

Quel tweet di Salvini in favore della deputata Usa che ha incitato all’insurrezione pro-Trump

Quel tweet di Salvini in favore della deputata Usa che ha incitato all’insurrezione pro-Trump

C’è una storia sotto traccia che vale la pena di essere raccontata a margine degli eventi di Capitol Hill, dell’assalto al Congresso Usa e della politica nostrana. Partiamo dall’inizio: il primo luglio 2020 il leader della Lega Matteo Salvini, che da sempre ha “lisciato” i più ferventi trumpiani, twitta un messaggio che spiazza i suoi elettori e che sfugge agli occhi dei cronisti.

Si congratula con una sconosciuta candidata al Congresso degli Stati Uniti, Lauren Boebert, che a novembre sarà poi eletta nel suo collegio in Colorado. Boebert ha appena sconfitto alle primarie del Partito repubblicano il deputato uscente Scott Tipton, che aveva l’appoggio ufficiale del presidente Trump.

Boebert era una candidata di posizioni talmente estreme che perfino i democratici avevano virato sul candidato repubblicano, pur di provare a non contribuire alla sua elezione. Ha 33 anni, vive in Colorado ed è una fervente sostenitrice delle armi, oltre ad avere posizioni di sostegno nei confronti di QAnon, la strampalata teoria che sostiene l’esistenza di un complotto per sovvertire la presidenza di Trump e che da tempo ciancia di network di pedofilia e satanismo tra i potenti del mondo e di “poteri forti”.

I seguaci della teoria di QAnon sono considerati una vera e propria setta e l’Fbi li giudica una minaccia alla sicurezza nazionale. La deputata Lauren Boebert nei mesi scorsi è finita sui giornali perché si è rifiutata di chiudere il suo ristorante durante le restrizioni imposte per la pandemia e perché, nel suo ristorante, lei e le sue cameriere sfilano con armi sempre in bella mostra, invitando i proprio clienti a fare lo stesso.

Quando è stata eletta ha dichiarato a proposito di QAnon: “Spero che sia vero perché significa solo che l’America sta diventando più forte, e la gente sta tornando ai valori conservatori. È qualcosa di motivante, che ti dà coraggio e mette insieme le persone più forti”.

Durante l’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021, Boebert ha compulsivamente twittato segnalando gli spostamenti dei senatori e della speaker della Camera Nancy Pelosi, suscitando un enorme sdegno nell’opinione pubblica americana e spingendo diversi politici dem e associazioni dei diritti civili a sottoscrivere una lettere in cui la si accusa di avere “incitato alla violenza”.

Una sorta di “talpa interna” dei manifestanti. “Oggi è il 1776”, aveva scritto durante gli scontri, inneggiando alla rivoluzione americana.

Ora aleggia un dubbio: che c’entra Salvini con una candidata che non ha nessuna rilevanza politica e nessun rapporto internazionale?

LEGGI ANCHE L’ultima vergogna della destra italiana: Roberto Fiore e Susanna Ceccardi compiangono i martiri pro-Trump (di G. Cavalli)

L’articolo proviene da TPI.it qui

E gli amichetti di Trump?

Meloni e Salvini (e non solo loro) fischiettano facendo finta di niente, come se quello che è avvenuto negli Usa sia qualcosa che non li riguardi

Il giorno dopo l’assalto al Congresso Usa qui da noi si è assistito a un teatrino desolante ma significativo. Qualcosa che va raccontato perché se è vero che le violenze hanno un nome e un cognome, Donald Trump che istigato, lisciato e perfino ringraziato i manifestanti, è anche vero che gli amichetti di Trump, quelli che per 4 anni hanno fatto finta di non vedere questo tragico intercedere dello svilimento della democrazia che si professa la “più importante del mondo” sono desolanti nella loro vergogna.

Gli amichetti italiani di Trump fischiettano facendo finta di niente e intercedono come se quello che sia avvenuto negli Usa sia qualcosa che non li riguardi, sorridono alle telecamere parlando il più genericamente possibile e sperano di non essere visti mentre si infilano la testa sotto la sabbia.

Partiamo da un presupposto: gli accadimenti americani sono figli di un presidente che prima ha usato la rabbia e la violenza per racimolare voti, poi ha alimentato la rabbia e la violenza con un linguaggio e dei comportamenti della stessa pasta e rilanciando notizie false, poi l’ha condonata quando sono accaduti episodi condannabili nel suo Paese da parte dei suoi sostenitori, poi l’ha legittimata inventandosi nemici per giustificare i propri limiti di governo e infine l’ha istituzionalizzata cianciando di elezioni truccate senza nemmeno riuscire a raccogliere uno straccio di prova a supporto della sua tesi. Quelli hanno occupato i palazzi delle istituzioni perché si sentono loro stessi “istituzioni” sotto assedio. Era immaginabile che finisse così.

Ma in Italia? Giorgia Meloni lo scorso gennaio a proposito di Trump diceva che fosse «la ricetta che vogliamo portare in Italia». Ora che dice, al di là di quattro tweet sputati di circostanza in cui condanna la violenza dimenticandosi di nominare il violento? Matteo Salvini che diceva lo scorso 5 novembre «ha ragione Trump a chiedere controllino voto per voto, seggio per seggio e non escludo nulla. Vedrete che potranno esserci sorprese», che dice delle sorprese che ci sono state? Lui che diceva «vigileremo» che dice? Ma attenzione, non si tratta solo dei destrorsi che a Trump si rifanno in tutto e per tutto da anni. Che dice Di Battista, grande fan di Trump piuttosto che di «quelli golpista di Obama», come ebbe a dire? Davvero il presidente del consiglio Conte non riesce a infilare il nome di Trump nei suoi comunicati di preoccupazione? Vi ricordate Beppe Grillo che diceva che Trump e il M5s avessero “delle similitudini” celebrando l’elezione di Trump a presidente?

La leadership si misura anche nella capacità di fare i nomi e i cognomi. Non è difficile. «Trump ha responsabilità in quanto accaduto» ha detto ieri la Merkel. Perfino il presidente della Ligura Toti e il braccio destro di Giorgia Meloni ci sono riusciti. Dai, sforzatevi, su.

Buon venerdì.

Commenti

commenti

Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

La fiera delle falsità

La seconda ondata li ha smascherati tutti. A cominciare da Matteo Salvini. Lui, che il 25 giugno parlava di uno Stato «terrorizzante» assicurando che non ci sarebbe stata nessuna replica dell’epidemia, è lo stesso che il 16 ottobre ha urlato al governo: «Cosa è stato fatto per prevenirla?»

Dura di questi tempi essere di centrodestra in Italia. Dura soprattutto dover essere di quel centrodestra che alliscia la teoria della dittatura sanitaria senza mai dirlo specificatamente, quelli che devono accarezzare i negazionisti di tutte le varie nature e lo fanno con trucchi riconoscibili a un chilometro di distanza. Il modello è sempre lo stesso: quello che porta Trump a riempire i social di notizie (false) volte a minimizzare la pandemia, tutto utile per lasciare immaginare che presunti poteri forti (qui in Italia dovrebbe essere il governo Conte, il potere forte) stiano partecipando a chissà quale oscuro disegno per ottenere chissà quale scopo. Basterebbe una domanda, una domanda sola a Salvini e ai suoi compari che gridano ogni giorno alla dittatura sanitaria: voi che fareste? Quali sono le vostre proposte? E vedrete che non ne esce niente, niente di niente, se non il gusto comodo e irresponsabile di andare contro il governo a muso duro.

La seconda ondata del resto li ha smascherati tutti. Matteo Salvini il 25 giugno di quest’anno aveva rilanciato l’idea di uno Stato “terrorizzante” assicurando che non ci sarebbe stata alcuna seconda ondata del virus. Badate bene: è lo stesso Salvini che il 16 ottobre ha urlato «cosa è…

L’articolo prosegue su Left del 23-29 ottobre 2020

Leggilo subito online o con la nostra App
SCARICA LA COPIA DIGITALE

SOMMARIO

Commenti

commenti

Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

Bisognerebbe avere avuto fame

È una questione di cui sembra non occuparsi nessuno eppure è uno dei mali endemici di questo tempo: l’incapacità di provare empatia permette il proliferare del razzismo, del bigottismo, del perbenismo, del cattivismo e di molti altri -ismi che continuano a infestare il nostro presente.

Così viene facile portare avanti il modello dell’italiano medio che si infastidisce per il povero o per l’affamato e che crede addirittura di difendere il proprio Paese. Il problema non è solo l’odio per gli stranieri, no, non è solo quello: a molti fa schifo la povertà, l’indigenza, ne hanno un terrore atavico e la allontanano perché sono terrorizzati solo dall’idea di incrociarla per strada. Come i bambini che strizzano gli occhi per scappare da un momento che faticano a sopportare questi non vogliono vedere, non vogliono sapere e così riescono addirittura a trovare maleducato e sconveniente avere fame, essere schiavi e essere poveri.

È tutta mancanza di esperienza e di empatia. È una società che ancora si illude di poter essere nata tra i “non poveri” e di non rischiare mai di finirci. Eppure sarebbe così diversa la politica, il giornalismo, la socialità, lo stare insieme se riuscissimo a immaginare cosa significhi avere avuto fame, non avere i soldi per pensare al giorno successivo, non avere un futuro di sicurezza e di libertà.

Qualcuno potrebbe pensare che dovremmo viverlo per potercene rendere conto eppure augurare una carestia per poter diventare un popolo migliore non sembra una via fattibile e nemmeno troppo responsabile.

E quindi come si empatizza? Studiando, studiando, studiando, leggendo, rimanendo curiosi, vedendo gli altri, ascoltando gli altri, smettendo di vedere il mondo dalla nostra unica personale lente d’osservazione. E sarebbe bello che qualcuno, anche della classe dirigente, avesse il coraggio di dirlo forte e chiaro, piuttosto che cincischiare per continuare a lisciare i perbenisti.

Buon giovedì.

Commenti

commenti

Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.