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Expo e il canale di scolo

Il sogno delle vie d’acqua di Milano per attraversare in barca la città come ai tempi di Leonardo è quasi naufragato. A mettere la parola fine gli arresti domicilari di Antonio Acerbo, che nei giorni scorsi si era dimesso da sub-commissario e da responsabile del Padiglione Italia dell’Expo. Un provvedimento firmato dal giudice Fabio Antezza che ipotizza i reati di corruzione e turbativa d’asta nell’appalto per le Vie d’Acqua.

E sul contestato progetto è intervenuto anche Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità nazionale anti corruzione. Il commissariamento dell’appalto appare «assai probabile», dice Cantone, che ha acquisito l’ordinanza di custodia cautelare firmata dai pm milanesi. La certezza sull’appalto «si avrà solo dopo attenta lettura dell’ordinanza», spiega l’ex magistrato, che giovedì prossimo sarà nella sede Expo per la consueta riunione con i vertici della società.

L’APPALTO IN CAMBIO DI CONTRATTI

Da quanto emerge dal provvedimento, i pm Claudio Gittardi e Antonio D’Alessio ipotizzano che Acerbo abbia favorito l’Ati, associazione temporanea di imprese capeggiata dalla società vicentina Maltauro, nella gara relativa al progetto per collegare il centro di Milano al sito espositivo di Rho. In cambio, secondo la Procura avrebbe ottenuto due contratti per il figlio Livio Acerbo, socio di alcune società di consulenza nel campo informatico.

Sotto la lente di ingrandimento degli inquirenti un contratto da 36 mila euro, pagato nell’aprile 2012 dall’imprenditore Enrico Maltauro, legato al piano di riqualificazione, voluto dalla giunta Moratti, dell’area ex Scuderie De Montel di proprietà del Comune in zona San Siro. Un secondo contratto, solo «promesso», non è mai andato in porto.

Si tratta dell’ennesimo capitolo nella saga “appalti&corruzione”, emersa a margine dei lavori per l’Esposizione universale, che coinvolge l’imprenditore Enrico Maltauro. La sua impresa si è aggiudicata la costruzione dei padiglioni di servizio e, soprattutto, il canale navigabile per 42 milioni di euro. Tutte opere finite al centro delle ricostruzioni della Procura di Milano.

IL TRAVAGLIATO PROGETTO

Le vie d’acqua, presentata per aggiudicarsi la kermesse internazionale è, fin da subito, una storia travagliata.
Un’idea ambiziosa lanciata in pompa magna come cardine del dossier che ha sbaragliato la concorrenza della sfidante turca, la città di Smirne.

Era novembre 2010 e la metropoli lombarda formato Amsterdam sembrava un sogno ad occhi aperti.
Per l’esposizione è necessario un canale navigabile neo leonardesco che porta acqua dai padiglioni di Rho al vecchio porto della Darsena, nel cuore di Milano.

Abbandonato ben presto il sogno di arrivare in barca fino in centro, ecco che il progetto si trasforma in poco più di un torrente: prendere l’acqua direttamente dal canale Villoresi, nella pianura a Nord della metropoli, passare dai nuovi padiglioni e arrivare fino al Naviglio Grande.

Lo scopo? Alimentare la coreografia dell’esposizione, a partire dal lago costruito su misura, e realizzare ex novo un canale di 20 chilometri per «ricucire il legame storico di Milano con l’acqua», spiegano gli organizzatori, e allo stesso tempo portare acqua pulita per alimentare le coltivazioni della campagna.

La portata è minima – 2 metri cubi al secondo – e la larghezza massima arriva a nove metri tra sponde in erba e cemento con tanto di percorso pedonale.

Passando dai quartieri della zona Nord Ovest il canale stravolge con i tagli di centinaia di alberi le aree verdi del Parco delle Cave, Trenno, Boscoincittà. Per questo gli operai della Maltauro quando arrivano nei parchi, lo scorso dicembre, vengono bloccati e il progetto si ferma per trovare una soluzione a ridotto impatto ambientale.

Dopo un braccio di ferro con il Comune e con i tempi ristretti si è passati al piano B: fino a giugno l’acqua che alimenta il lago e i fossati artificiali intorno ai padiglioni finirà direttamente nel fiume Olona. Poi ci sarà una deviazione interrata. Ora con il progetto su un binario morto le vie d’acqua si sono trasformate in un misero canale di scolo.

EXPO e le vie d’acqua: un altro indagato

La Gdf, nell’ambito dell’inchiesta dei pm Gittardi e D’Alessio, ha effettuato perquisizioni a carico di Antonio Acerbo, commissario delegato di Expo 2015 e responsabile di Padiglione Italia, per il progetto ‘Vie d’ acqua’, ora indagato per corruzione e turbativa d’asta. I magistrati hanno ordinato ”l’esibizione degli atti e dei documenti” relativi al progetto in questione ”presso Expo Spa e Metropolitana Milanese Spa”. L’indagine è una tranche dell’inchiesta sulla ‘cupola degli appalti’.

(ANSA)

EXPO, commissariata Maltauro: non si poteva e adesso sì

La saga continua:

C_4_articolo_2051302_upiImageppIl Prefetto di Milano, Francesco Paolo Tronca, ha provveduto, con decreto, a commissariare l’impresa Maltauro relativamente ai lavori relativi all’appalto per le architetture di servizio del sito di Expo 2015, oggetto dell’inchiesta sulla cupola degli appalti. Amministratore è stato nominato il professore Armando Brandolese,del Politecnico di Milano. Il commissariamento era stato chiesto dal presidente dell’Anticorruzione, Raffaele Cantone, il 10 luglio scorso.

L’impresa Maltauro era finita nel mirino dell’inchiesta sulla cosiddetta ‘cupola degli appalti’ legata a Expo 2015. Il prefetto ha provveduto stasera, con decreto, a commissariare la società per quanto concerne i lavori relativi all’appalto per le architetture di servizio del sito di Expo 2015. Il provvedimento è stato emanato in base al decreto legge che ha attribuito nuovi poteri all’Autorità nazionale anticorruzione. Una delle norme attribuisce al presidente dell’Anac, in caso di appalti finiti in inchieste giudiziarie, il potere di proporre al prefetto di adottare le misure per la straordinaria e temporanea gestione dell’impresa appaltatrice limitatamente alla completa esecuzione del contratto oggetto del procedimento penale.

Inoltre, il cda di Expo 2015, per garantire la continuità dei lavori, ha oggi confermato di voler appellarsi al Consiglio di Stato contro la decisione del Tar della Lombardia che aveva accolto il ricorso dei secondi aggiudicatari dell’appalto, il consorzio RTI. Una volta constatata la volontà di Expo spa di non risolvere il contratto con la Maltauro, ai cui vertici, si precisa nel decreto della prefettura, permangono le “medesime figure, legate ad Enrico Maltauro, con ruoli decisionali e di rappresentanza e, quindi, con una potenziale capacità di incidere sulle scelte afferenti l’esecuzione dell’appalto oggetto di indagine”, il prefetto ha dunque provveduto alla “straordinaria e temporanea gestione dell’impresa di costruzioni Giuseppe Maltauro spa”.

Tra i motivi per cui la richiesta di Cantone è stata ”ritenuta fondata” dal prefetto, c’ è “la gravità del ‘modus operandi‘ della società” che ha ‘dimostrato, nel tempo, di ‘adattarsi’ a pressioni criminali pur di acquisire commesse”. La misura adottata perdurerà “fino al definitivo collaudo dei lavori oggetto di appalto, in ragione della valenza strategica sottesa agli stessi per la definizione delle opere relative alla completa funzionalità del sito espositivo”. Il prefetto si riserva altresì di nominare successivamente, previa verifica della effettiva esigenza, un altro amministratore che affianchi il professore Brandolese.

(la notizia è qui)

Expo: rubano e lavorano

Maltauro per ora non perde nessuno dei suoi appalti legati a Expo. Nei cantieri resta tutto come prima. Nessuna conseguenza per gli affari del costruttore vicentino dopo il suo arresto e quello dei membri della presunta cupola che per la procura di Milano era in grado di pilotare l’assegnazione dei lavori sul sito dell’esposizione universale. Escludere la società di Enrico Maltauro senza che ci sia un provvedimento del governo per accelerare l’esecuzione delle opere porterebbe ulteriori ritardi. E metterebbe così a rischio il già difficile obiettivo di arrivare pronti all’appuntamento del 2015.

E’ questa la sostanza di quanto detto dal commissario unico di Expo Giuseppe Sala. Parole, le sue, che non assecondano quelle di una settimana fa del sindaco di Milano Giuliano Pisapia, che aveva auspicato la revoca degli appalti di Maltauro sulla base del Protocollo di legalità sottoscritto da tutte le aziende al lavoro per Expo. “Oggi, io non posso prendere la società Maltauro e dire: ‘sei fuori’ – ha spiegato Sala -. Ho bisogno di un atto che mi legittimi a farlo. Non si possono fermare i lavori che Maltauro sta eseguendo in rete con altre aziende, occorre capire come salvaguardare l’operatività per arrivare alla fine dei lavori”.

Poi la politica si incaglia in queste assurdità e ci si chiede perché passi la voglia di votare. E si preparano i gran convegni sulla legalità mentre il furbo vince, ancora.