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Il cacciatore di aquiloni

Nell’Egitto di Al-Sisi far volare un aquilone è diventato una «minaccia alla sicurezza nazionale» e chi lo fa rischia pene severe. I prepotenti, del resto, sono terrorizzati dalla fantasia poiché sono incapaci di produrla

La credibilità di un potere si misura anche dalla portata delle sue proibizioni. Un Paese incattivito e impaurito prenderà sempre decisioni che risuonano goffe e farlocche perché si ostina a credere che i suoi cittadini siano semplicemente nemici dormienti da tenere a bada con misure sempre più restrittive. La libertà, del resto, si misura anche dai particolari.

«Era solo un sorriso, niente di più. Una piccola cosa. Una fogliolina in un bosco che trema al battito d’ali di un uccello spaventato», dice Amir nel film di Marc Foster Il cacciatore di aquiloni, tratto dal libro di Khaled Hosseini. E nell’Egitto di al-Sisi, quell’Egitto che vive sulle turpi violenze e sulle violente bugie di un potere spaventato da tutto perché incapace di governare con misura e con giudizio accade che si vieti l’acquisto e l’uso di aquiloni.

C’è il carcere per qualche giorno e l’enorme pena pecuniaria di 60 dollari (che sono moltissimo per un Paese soffocato dalla povertà) per chiunque venga beccato a fare volare leggero un aquilone, che sia un adulto o un bambino, che sia un gesto di libertà costretta in un filo e battito d’ali come accade nei quartieri più poveri d’Egitto.

L’aquilone che è lo svago di chi non ha soldi per giocattoli ma deve inventarseli, costruirseli oppure affidarsi a quelli a poco prezzo sulle bancarelle cittadine. Ebbene, quando lo fa, costui diventa improvvisamente nemico del governo. Sarà che durante la dura quarantena del popolo egiziano, quella stessa quarantena che sta mettendo in crisi la popolarità di al-Sisi, centinaia di bambini hanno trovato sfogo solo guardando il cielo trascinando un aquilone e sarà che le bancarelle hanno riscoperto questo gioco che ha dato ossigeno nel duro tempo del lockdown e sarà che molti ritrovatosi disoccupati si sono inventati disegnatori e costruttori di aquiloni: tutta questa fantasia nei cieli del Cairo ha urtato la sensibilità bellica del governo. I prepotenti, del resto, sono terrorizzati dalla fantasia poiché sono incapaci di produrla.

A scagliarsi contro gli aquiloni è stato il parlamentare Khaled Abu Talib che ha spiegato come l’aquilone sia un pericolo per la sicurezza nazionale per possibili futuri usi dell’aquilone usato come aereo-spia per fotografare siti sensibili. Dice Abu Talib che «in futuro qualcuno con intenzioni malvagie potrebbe usare bambini e giovani per atti illegali»· Abu Talib è membro del comitato parlamentare per la difesa e per la sicurezza nazionale e qualcuno deve averlo preso terribilmente sul serio.

Del resto funziona così: uno Stato di polizia vede pericoli ovunque perché è lui stesso portatore di pericolo, vede sospetti ovunque perché governa con l’arma del sospetto, si incaglia su frivolezze che lo smutandano dimostrandone tutta la presuntuosa inutilità.

Buon mercoledì.

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Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

La cattiveria dei malvagi e il silenzio dei giusti

Jerry ha 29 anni, è ghanese e stava rientrando in autobus a Castel Volturno. Era un saldatore, Jerry. Ora non più, non riesce più a saldare e nemmeno a fare molto altro: ha gambe e braccia paralizzate. Su quell’autobus stava bene, era ancora tutto intero e si muoveva tutto: “Ho chiesto all’autista del pullman di poter scendere e mi sono alzato dal mio posto per far accomodare una signora. C’era una persona avanti a me a cui ho chiesto cortesemente di farmi passare per scendere. Lui mi ha mandato a quel paese con epiteti a sfondo razziale. Io gli ripetevo ‘Scusa mi fai scendere?’. L’ho ripetuto tre volte senza avere risposta. Quando gli sono passato accanto lui mi ha sferrato un colpo alle spalle e sono caduto fuori dal pullman”, racconta Jerry in un’intervista a Fanpage. Una volta caduto per terra il pestaggio è continuato. Paraplegia degli arti inferiori e la diparesi degli arti superiori dice la diagnosi. Definitiva.

A Brindisi, siamo nella serata del 19 ottobre, Elija, segretario della comunità cittadina del Ghana, che vive e lavora a Brindisi da diversi anni, stava tornando a casa. «Ehi, fermo: ti dobbiamo ammazzare» gli hanno urlato quelli delle ronde razziste che stanno tornando di gran moda. In ospedale ha incontrato un altro ragazzo, questa volta del Senegal, a cui è andata molto peggio: in cinque (perché sono vigliacchi oltre che razzisti) lo hanno colpito con mazze da baseball, i medici dicono che la sua situazione è molto grave. Nello stesso giorno, sempre a Brindisi, un terzo migrante è stato salvato dalle urla di un passante che minacciava di chiamare la polizia.

Poi c’è l’episodio di Sassari: un ventiduenne proveniente dalla Guinea è stato colpito a un semaforo. Gli hanno sferrato una gomitata, dicendogli «a casa mia faccio quello che voglio, se non ti sta bene tornatene a casa tua» e poi in tre l’hanno massacrato di botte.

E poi i sei minori non accompagnato pestati a Trappeto, in Sicilia, e poi Bagheria, Partinico e così via.

Non se ne parla più moltissimo ma oltre alla mensa di Lodi e a quelli che continuano serenamente a morire in mare gli stranieri vittime di razzismo in Italia continuano. Fatti certificati, molti con indagini già avviate.

L’opposizione al razzismo però non è un punto elettorale che ci possiamo permettere di aspettare solo dall’opposizione (che poi, sì, ciao) ma è un veleno che ha bisogno di trovare diga nelle persone. Tutte. E forse sarebbe ora di ritenere complici anche i minimizzatori, gli increduli e i disattenti. È una moria non solo di negri ma anche di bianchi marciti sotto il peso della propaganda. La cattiveria dei malvagi e il silenzio dei giusti sono i compagni di merenda che non possiamo permetterci di sopportare. Trovate che sia tutto molto noioso? Beh, a me terrorizza.

Buon lunedì.

Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui https://left.it/2018/10/22/la-cattiveria-dei-malvagi-e-il-silenzio-dei-giusti/ – e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.