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marcello dell’urto

Avevamo ottenuto tutto

Forse è una priorità capire e riscontrare l’attendibilità di Spatuzza perché le sue dichiarazioni riportate dall’Ansa cominciano ad essere gravi. Ma sul serio:

“Dopo alcune settimane dalla mia decisione di collaborare con la giustizia, nel 2008, cadde il governo Prodi e subentrò in me un grosso timore. Mi trovai Berlusconi presidente del Consiglio e Alfano come ministro della Giustizia e le mie preoccupazioni aumentarono ulteriormente”. Così il pentito Gaspare Spatuzza, che sta deponendo al processo sulla trattativa Stato-mafia, ha replicato all’avvocato Giuseppe Di Peri, legale di uno degli imputati, l’ex senatore Marcello Dell’Utri. Il difensore aveva sottolineato la circostanza che solo a giugno del 2009, quindi circa un anno dopo la formalizzazione del pentimento, Spatuzza ha raccontato ai pm che il boss Giuseppe Graviano, nel ’94, gli avrebbe indicato in Berlusconi e Dell’Utri i suoi nuovi referenti politici. Vicenda che il pentito ha spiegato proprio coi timori derivati dal ritorno al potere di Berlusconi.

“Se il governo fosse caduto prima – ha aggiunto – non mi sarei neppure pentito”. “Non voglio insinuare nulla su Alfano – ha spiegato alludendo proprio alle preoccupazioni di cominciare la collaborazione nel mutato clima politico e con la consapevolezza che avrebbe dovuto riferire le circostanze apprese su Berlusconi e Dell’Utri – Non voglio dire cose che non so, ma certo ero preoccupato”. Ieri il collaboratore ha spiegato di avere deciso di parlare delle confidenze di Gravianosolo dopo avere appreso, mentre era davanti ai pm di Firenze, che le Procure di Palermo e Caltanissetta avevano dato parere favorevole alla sua ammissione al programma di protezione. Il legale ha anche sottolineato che già nel 1998 Spatuzza aveva avuto colloqui investigativi con l’allora procuratore nazionale antimafia Pierluigi Vigna ma che anche allora nulla aveva detto del colloquio con Graviano.

Nulla più che un pio desiderio

“I mafiosi non sono solo i Riina o i Provenzano. I soggetti collusi con la mafia sono ovunque, sono nelle istituzioni pubbliche, siedono anche in Parlamento. In mancanza di sanzioni, ma soprattutto in assenza di una autoregolamentazione deontologica, la responsabilità politica rimarrà impunita, nulla più che un pio desiderio, con la conseguenza che si è arrivati a candidare e fare eleggere a Palermo, politici sotto processo per concorso esterno in associazione per delinquere di tipo mafioso, come Marcello Dell’Utri e Calogero Lo Giudice”

Così il presidente del Tribunale di Palermo, Leonardo Guarnotta, al convegno ‘La mafia non è solo un problema meridionale’, organizzato dall’associazione Espressione Libre.

Ma perché?

Ma perché mentre si continua a parlare tra falchi e colombe della condanna per evasione fiscale di Silvio Berlusconi nessuno si è accorto (o ha voluto accorgersi) delle motivazioni allegate alla sentenza di condanna per Marcello Dell’Utri dove l’evasore Berlusconi viene riconosciuto inopportunamente vicino a Cosa Nostra?

Perché nessuno ha dato peso politico al fatto che  “è stato acclarato definitivamente che Dell’Utri ha partecipato a un incontro organizzato da lui stesso e (dal mafioso palermitano Gaetano) Cinà a Milano, presso il suo ufficio. Tale incontro, al quale erano presenti Dell’Utri, Gaetano Cinà, Stefano Bontade, Mimmo Teresi, Francesco Di Carlo e Silvio Berlusconi, aveva preceduto l’assunzione di Vittorio Mangano presso Villa Casati ad Arcore, così come riferito da Francesco Di Carlo e de relato da Antonino Galliano, e aveva siglato il patto di protezione con Berlusconi”?

Perché, al di là della frode fiscale, non si parla del fatto che “in virtù di tale patto – l’incontro- i contraenti (Cosa nostra da una parte e Silvio Berlusconi dall’altra) e il mediatore contrattiale (Marcello Dell’Utri), legati tra loro da rapporti personali, hanno conseguito un risultato concreto e tangibile, costituito dalla garanzia della protezione personale dell’imprenditore mediante l’esborso di somme di denaro che quest’ultimo ha versato a Cosa nostra tramite Marcello Dell’Utri che, mediando i termini dell’accordo, ha consentito che l’associazione mafiosa rafforzasse e consolidasse il proprio potere sul territorio mediante l’ingresso nelle proprie casse di ingenti somme di denaro”?

Perché non si dice che Berlusconi pagò 100 milioni di lire al mafioso Cinà per avere protezione?

Perché il centrosinistra è così lontano dalla legalità come non mai e vorrebbe insegnarci che chi la rincorre è solo un’anima bella? Quanto comodo fa tutto questo silenzio sulla sentenza Dell’Utri? A chi?

Stanotte conto le domande. Mica le pecore.