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Matteo Salvini

«I profughi? Scappano dalla fame e dalle bombe»: parola di Umberto Bossi (giuro)

Salvini non capisce che i profughi non scappano solo dalle bombe, ma anche da un altro tipo di guerra, dalla globalizzazione che ha fatto saltare i loro modi tradizionali di produrre e di vivere. Scappano dalla fame. Se davvero vuoi fermare l’immigrazione la strada è un’altra. Spingere l’Europa a sostenere le economie dei paesi africani, creare e favorire là lo sviluppo di imprese di trasformazione di materie prime, di cui l’Africa è ricca. Se no è una battaglia persa…».

(Umberto Bossi intervistato da Roberto Di Caro qui)

Comprate un cervello gonfiabile per Salvini

Comprate un cervello gonfiabile per Salvini. Ma fate in fretta perché il leader leghista continua a crogiolarsi in un trumpismo provincialotto che condanna la politica italiana al pubblico ludibrio scatenando quattro risate avvinazzate dei suoi seguaci in cambio di qualche offesa sessista o razzista.

La scena in cui Salvini imbraccia una bambola gonfiabile inneggiando alla Boldrini è solo l’ultima di una serie di salivate che continueranno finché sarà convinto che funzionino e che funzioneranno finché questo Paese non riuscirà ad imporre un’etica nella politica. Comprate un cervello gonfiabile a Salvini perché così forse potrà germogliargli il dubbio che tutto questo rimestare merda rende l’Italia un Paese peggiore anche per lui, per i suoi figli. Per tutti. Forse riuscirà a capire una volta per tutte che ogni germe di ignoranza, volgarità e mancanza di rispetto finirà per farsi prato intorno anche a casa sua, alla sua famiglia e ai suoi parenti.

Comprate un cervello gonfiabile a Salvini così riuscirà a capire che l’augurio più grande che possiamo fargli è che l’Italia diventi un Paese così come la racconta lui, tutta bile e sangue, voce grossa e battute grasse e così quando busserà al vetro martoriato non gli apriremo. Lo lasceremo lì.

(scritto per Left Sera, lo trovate qui)

«Non potete multarmi, sono Salvini»

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Doppiopesismo e tristezza, ne scrive Thomas Mackinson:

«Matteo Salvini e il suo autista sono in corsa per le amministrative di Milano. E in città vanno proprio forte, a 87 chilometri all’ora per l’esattezza. Quando beccano la multa però non fanno i milanesi che pagano, ma mettono in mezzo gli avvocati del partito. Tutto per non sborsare 165 euro di sanzione al Comune che si propongono di amministrare e salvare i punti della patente del dipendente della Lega. Il risultato è un surreale ricorso che fa leva sul “ruolo istituzionale” e sul “rischio sicurezza“. La multa risale al 9 novembre scorso, di prima mattina, mentre l’auto di servizio della Lega passava a gran velocità su viale Enrico Fermi, dove il limite è 70, diretta alla sede della Lega lì a due passi.

Salvini, capolista a Milano nonché candidato a leader di tutto il centrodestra, sta dietro. Davanti c’è Aurelio Locatelli, lo storico autista dei big del Carroccio con licenza di agente di pubblica sicurezza che, scarrozzando Salvini, s’è guadagnato pure lui la sua candidatura. E allora: nessuno rallenti la corsa elettorale dei due compagni di viaggio uniti dal partito, dal motore a scoppio e da un singolare ricorso. In via Bellerio la pensano così ma prendono l’imperativo un po’ troppo alla lettera. Su procura del segretario, i legali del Carroccio hanno infatti chiesto di annullare la sanzione con un ricorso di sei pagine depositato l’11 marzo scorso. Non contestano affatto la violazione, certificata da telecamere ben note ai milanesi, ma rivendicano una sorta di “immunità” da codice della strada per il leader.

In premessa ricordano che il segretario “ricopre incarichi istituzionali e che, per ragioni politico istituzionali, deve presenziare…”. Si tenga cioè presente l’alto valore trasportato. Salvini finisce così nel pubblico registro dei politici furbetti, quelli che prendono le multe come tutti i cittadini ma pretendono di non pagarle, perché al di sopra di regole e leggi buone solo per gli elettori. Un titolo che non farà felice il popolo leghista e mal si sposa con l’immagine da tribuno della rabbia popolare contro i privilegi della Casta. Non solo, giusto sei mesi fa il leghista aveva eletto Napoli “capitale delle multe evase”, attirandosi prevedibili polemiche: ora si scopre che Milano e Salvini non sono da meno, anzi.»

(continua qui)

Libri, Salvini e Coca Cola

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Siccome ci tengo ad approfondire vi consiglio un post:

Non è facile, non è per niente facile.
La linea che ormai seguo da un po’ è quella di condannare violenze e razzismi in genere, da qualunque parte vengano, di qualunque colore siano, perché essere di sinistra vuol dire esserlo dentro, al di là del colore politico indossato, al di là degli schemi in cui vi piace tanto autocatalogarvi.
Sarebbe facile, in realtà, perché i simpaticoni che ieri hanno strappato copie del libro di Salvini sono degli idioti tout court e su questo non ci piove, non fosse altro perché hanno fatto esattamente il gioco del nostro populista preferito che, e qui mi attirerò gli insulti di molti, stupido non è: perché, altrimenti, sarebbe andato proprio a Bologna, la città che storicamente lo detesta e lo dimostra nella maniera più visibile possibile?
Bene o male, l’importante è che se ne parli, è una massima che lui ha studiato benissimo e che voi, dall’altro della vostra maglia del Che indossata sotto la kefiah continuate ad ignorare, accecati dai vostri ragionamenti di pancia e dall’illusione che davvero ci sa qualcuno che segue le vostre lotte mentre, stravaccati sul divano, twittate che quelli di Hobo Hanno fatto bene!!!!!.
Prima 
di compiere determinate azioni, andrebbe ripetuta una piccola domanda: cui prodest?
Giova a Salvini, che adesso può dire che i fascisti siete voi, perché sì, avete compiuto un gesto totalitarista come quello di strappare dei libri per impedire ad altri di leggerlo, per nulla diverso da quello di versare della Coca Cola su dei fumetti poco graditi.
Giova a Maroni, che adesso ha potuto dire che i leghisti sono i nuovi partigiani con degli imbecilli che gli hanno anche dato ragione, noncuranti dei partigiani veri che hanno preso a far le trottole nelle loro tombe.
Giova a chiunque abbia mandato via la sinistra dal Parlamento, perché così viene data l’immagine di una sinistra immatura, incapace di esprimersi se non a schiamazzi e sberleffi, con Salvini (ancora lui) che può atteggiarsi a superiore agli occhi dei più (facciamocene una ragione, non tutti leggono i commenti su Facebook dei seguaci di Salvini, M5S e compagnia, e noi che ragioniamo più di cinque minuti su qualunque cosa siamo una sparuta minoranza).
Giova, e qui chiudo anche se potrei andare avanti, alla Lega e ai suoi seguaci.
E fin qui la parte facile: vi lascio però con un dubbio.

(continua qui)

Strappare il libro di Salvini. E vincono tutti.

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Avrei voluto scrivere di questo brutto gesto di strappare il libro di Salvini. Poi mi sono detto che così avrei alimentato anch’io la pubblicità di sponda. E mentre cercavo le parole alla fine Luca Sofri l’ha scritto meglio di me. Vale la pena leggere lui:

«Mentre formulavo per l’ennesima volta il pensiero “guarda ‘sti cretini, che pensano di combatterlo e fanno il suo gioco”, immaginando di scrivere anch’io sul video di quelli che hanno distrutto il libro di Matteo Salvini, mi sono fermato a chiedermi: ma questa cosa di non dire “vergogna!” – che sappiamo che non funziona con questi – e invece sottolineare l’inefficacia e anzi la controproducenza (sic) dicendo “che stupidi, Salvini sarà contento”, quante volte l’abbiamo già fatta in casi simili? Ed è mai servita a qualcosa? E per quanto stupidi siano, pensiamo forse che una cosa così ovvia sia per loro così impensabile?

Come ha detto oggi un mio amico, questa è una partita “win-win” per entrambe le parti: vincono tutti e due. I fessi dei libri strappati sono a loro volta contenti della stessa esistenza di uno come Salvini e del fatto che si manifesti, di persona o via libro. Li legittima, dà loro un senso, permette di costruire teorie ed esistenze. Se esce un libro di Salvini, o se Salvini passa dalle loro parti, gli balena un lampo di eccitazione felice nelle pupille, non di indignazione e preoccupazione: “you made my day!”. Della pubblicità gratuita che hanno generato per il libro di Salvini (primo, oggi: in Rizzoli farebbero i trenini, se non avessero altri pensieri) non si rammaricano per niente, anzi: hanno generato pubblicità per se stessi e soprattutto attenzione sulla loro presunta contesa con Salvini. Chi vince non è importante, e Salvini è un alleato non un nemico: come nel wrestling, in cui l’obiettivo non è vincere ma attirare l’attenzione del pubblico e coinvolgerlo, e l’altro è un comprimario, simile, complice.

Già, mi sono chiesto: ma se entrambi vincono, che problema c’è, chi perde? (sono suddito di un meccanismo mentale per cui tutto debba essere a somma zero, sempre).
Perdo io, mi sono detto. Perdiamo noialtri che non siamo quella cosa lì. Non è “sinistra contro destra”, è fanatismo violento e buzzurro contro misura, ragione e intelligenza. È ideologia radicale contro dubbio. Eccetera. Quando si picchiano sul ring Salvini e antisalviniani, la gran parte di noi non va da un’altra parte a fare cose migliori, ma si avvicina al ring e decide con chi stare, partecipando allo spettacolo costruito apposta: persino quando decidiamo di stare – stavolta – contro gli antisalviniani pur essendo noi stessi antisalviniani. Ci siamo fatti fregare un’altra volta: siamo nel circo. Stiamo pagando noi quello che Salvini e antisalviniani, sul palco, stanno incassando.
Anche con questo post? Sì, certo: con l’attenuante di provare a essere di insegnamento – almeno per me stesso – in futuro.»

(continua qui)

Come la Lega ha “nascosto” 20 milioni di euro per sfuggire ai giudici

(Marco Lillo per ‘Il Fatto Quotidiano‘)

Continua, con la storia del tesoro della Lega, la galleria di fatti e personaggi che emergono dalle telefonate dei leghisti intercettati tra il 2012 e il 2014. Abbiamo già svelato i retroscena dell’accordo Lega-Pdl con le minacce di Berlusconi a Maroni di usare la clava mediatica, l’impegno leghista per aiutare l’imprenditore Salini che mirava alle penali per la mancata costruzione del Ponte sullo Stretto, le chiamate di Malagò che cercava il voto di un leghista al Coni. L’indagine Breakfast della Procura di Reggio Calabria contiene intercettazioni della Dia effettuate sotto il coordinamento del pm Giuseppe Lombardo e del procuratore Federico Cafiero De Raho. Probabilmente le intercettazioni dell’indagine, che va avanti in gran segreto dal 2012, non porteranno a nulla sul piano penale. Ma devono essere pubblicate perché svelano fatti di rilievo pubblico dietro le quinte del potere.

Roberto Maroni ha trasferito 20 milioni di euro della Lega Nord alla Sparkasse di Bolzano e ha chiesto al suo legale, Domenico Aiello di costituire un trust o uno fondazione dove far confluire tutti i beni del partito per metterli al riparo dai leghisti amici di Umberto Bossi, come Matteo Brigandì. Le intercettazioni inedite dell’indagine Breakfast della Dia di Reggio Calabria svelano i retroscena di un giallo di cui si era occupato anche L’espresso con un articolo seguito da imbarazzate mezze smentite. Peter Schedl, allora direttore generale della Sparkassse, e il presidente attuale Gerhard Brandstätter (avvocato altoatesino e socio di studio di Aiello) hanno seguito il trasferimento dei fondi da Unicredit alla banca dell’Alto Adige. Aiello parla con Schedl il 14 gennaio 2013.

Aiello (A): l’operazione è quella di cui le ha accennato Gerhard

Schedl (S): Sì sì me l’ha accennata

A: Sto portando l’onorevole Stefani (tesoriere della Lega, ndr) in filiale a Milano ad aprire il conto (…) Brandstätter mi parlava di una cifra notevole. Quasi venti milioni e mi ha chiesto un’indicazione per il tasso

A: Il meglio che può fare, semplice. Andiamo via in una situazione che è il 3 e mezzo. Lui indicava il 4, c’ero io quando ha chiamato…

S: Il 4 non è possibile (…) facciamo così partiamo dal 3 e mezzo e poi da lì vediamo strada facendo.

Poi Aiello (A) chiama Brandstätter (B), allora presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Bolzano.

A: Siamo andati ad aprire il conto

B: Sì mi ha chiamato adesso per dirmelo

A: Ah okay domani gli arrivano sei milioni di euro.

A gennaio 2013 la disponibilità sul conto IT13Z06….6 sulla filiale di Milano di Sparkasse arriva a 19 milioni 817 mila e 469 euro. Nel 2014 i soldi saranno spostati, dopo l’arrivo alla segreteria di Matteo Salvini, in un conto di Banca Intesa. La ragione è in una mail del 21 febbraio 2013 del dirigente Sparkasse Paola Brunelli ad Aiello: “Il tasso attualmente applicato si intendeva legato a una determinata operatività… si era prospettata la possibilità di investire in fondi, azioni, Crbz, obbligazioni societarie ecc… successivamente siamo venuti a conoscenza del fatto che la legge 966-7-2012 art. 89 vieta ai partiti politici di investire la propria liquidità in strumenti finanziari diversi dai titoli emessi da Stati membri della Ue…”. Brunelli chiama il 12 marzo 2013 Aiello: “Che pasticcio! Questa cosa spicca agli occhi di qualcuno che venisse a fare dei controlli nel senso che mi dicono: ‘perché tutti gli altri clienti con patrimoni grossi hanno l’1,5 e questo ha il 3,5?!’”.

LA QUESTIONE BRIGANDì. All’origine del trasferimento del conto e dell’idea del trust c’è la questione Brigandì. L’ex parlamentare per anni legale di Bossi, in quel periodo fa valere i suoi vecchi incarichi. La Lega viene condannata a pagare milioni di parcelle e Maroni chiede contromisure ad Aiello. L’ipotesi nasce in vista delle elezioni 2013 ma rivive in estate dopo la vittoria in Lombardia. Aiello, intercettato senza essere indagato dal pm Giuseppe Lombardo di Reggio Calabria, riceve una telefonata di Maroni il 22 luglio 2013 alle 23. L’allora segretario gli dice di aver parlato con Calderoli per costituire, imitando Alleanza Nazionale, una fondazione dove trasferire tutto il patrimonio della Lega, mobiliare e immobiliare. La ragione? Maroni spiega: “In buona fede, non pensavo che si sarebbe arrivato a tanto, ma, se Bossi inizia a fare questo gioco, si impone una reazione, per evitare di rimanere in mezzo”. La questione della Fondazione, spiega Maroni, deve rimanere tra lui, Aiello, Calderoli e Carmine Pallino, un commercialista; “Non deve essere portata a conoscenza di altri”. Maroni sottolinea che bisogna trovare, rapidamente, il modo di separare il patrimonio dalla gestione del partito: “Bisogna fare la ‘bad company’ dove rimane dentro un cazzo”. Aiello replica che il notaio Busani l’aveva già studiata. Lui rispolvererà il progetto.

LEGA IN FUGA DAI PIGNORAMENTI. Effettivamente è antico. Già il 20 dicembre 2012 Aiello chiamava il suo collega Massimo Centonze e gli diceva che Maroni lo aveva autorizzato a creare un fondo separato “come fosse un trust” entro il 12 gennaio 2013 perché quel fondo dovrà essere il portafoglio della campagna elettorale. Aiello prosegue: il partito deve avere un patrimonio separato rappresentato da un conto corrente da aprire alla Sparkasse perché “se i nove milioni che sono stati pignorati li avesse avuti su questo fondo non potevano essere oggetto di sequestro”. Aiello dice che bisogna far presto “entro il 10 gennaio perché il 15 gennaio si presentano le liste e il timore di Maroni è che poi venga un ‘pazzo’ come il procuratore di Forlì Sergio Sottani che dice: ‘l’impegno di ogni singolo candidato per me costituisce una compravendita di candidatura’. Invece così il singolo candidato si impegna a versare direttamente sul patrimonio destinato”.

Aiello a gennaio 2013 confida anche al commercialista Massimo De Dominicis: “Noi dobbiamo segregare un patrimonio esistente di 20 milioni e uno nascente”. Entro il 10 gennaio. Anche perché “loro prendono una vagonata di soldi a dicembre e una vagonata a luglio e adesso è arrivata una vagonata di soldi”. De Domenicis: “Il veicolo migliore è il trust”, istituto giuridico di origine anglosassone usato in Italia per ragioni ereditarie o fiscali nel quale un soggetto (qui la Lega) trasferisce i beni al cosiddetto trustee. Poi Aiello il 9 gennaio 2013 chiama il notaio Busani per avere chiarimenti.

Busani (B): Quanti soldi parliamo di segregare?

Aiello (A): Almeno 10 milioni.

B: Hai paura di azioni esecutive?

A: Una l’abbiamo appena subita di 3 milioni, prestazioni professionali erano. Tra l’altro un dirigente della Lega Nord (Brigandì, ndr). Però prima vorrei capire la bontà della struttura che mettiamo in piedi…

B: Domenico, la bontà è che i soldi non sono più sul conto della Lega e vaffambagno. Se fanno l’esecuzione non li trovano!

Il 10 gennaio 2013 Aiello chiama Maroni preoccupato proprio per eventuali nuove azioni di Brigandì che “forse ha portato via altre carte che erano sue”. Poi suggerisce all’allora segretario: “In ragione di questo valuta ancora quello spostamento almeno di una parte del residuo, almeno il 50 per cento di quei fondi lì’ perché se questo qui già conosce quel conto corrente …”. Maroni rinvia all’indomani. Il trasferimento dei 20 milioni poi ci sarà. Il trust e la fondazione? “Io non ne ho più saputo nulla”, chiosa il notaio Angelo Busani.

Sulla Francia e sulla destra

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Ieri sera, subito dopo i primi risultati delle elezioni francesi ho scritto questo editoriale per Fanpage.

Scriverlo di getto inevitabilmente rischiava di essere contraddetto dalle reazioni del giorno successivo. Dopo avere fatto la rassegna stampa invece lo riscriverei allo stesso modo. Forse solo cambiando il tempo dei verbi. È qui.