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Mauro Inzoli

“La Giustizia faccia il suo corso” e invece il Vaticano salva Don Inzoli

don-inzoli-675“Gli atti istruttori e processuali sono sub secreto pontificio”. Con questa motivazione la Santa Sede ha respinto la rogatoria richiesta dalla Procura di Cremona per conoscere che cosa avesse appurato il Vaticano sulla vicenda di don Mauro Inzoli, il prete cremasco di Comunione e Liberazione condannato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede per pedofilia.

Il procuratore Roberto Martino il 20 febbraio scorso ha ricevuto un’informativa del ministero della Giustizia che dava notizia della decisione presa dalla Segreteria di Stato del Vaticano il 23 gennaio scorso. Oltre Tevere non sono intenzionati a collaborare con chi ha aperto un’indagine a seguito dell’esposto presentato il giugno scorso dal parlamentare di “Sinistra Ecologia e Libertà” Franco Bordo.

Dai palazzi della Santa Sede non sarà trasmesso alcun atto alla Procura. I documenti che hanno portato Papa Francesco a ridurre allo stato laicale il prete noto a tutti per la passione per le auto di grossa cilindrata e il legame con l’ex presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, resteranno nelle segrete stanze. Il “no” alla rogatoria, tuttavia, non fermerà le indagini: il procuratore Martino ha già messo a verbale la testimonianza di diverse persone.

Sul sacerdote 64enne, ex presidente del Banco Alimentare e punto di riferimento per il movimento fondato da don Giussani, già lo scorso gennaio si era scatenata una bufera vista la sua presenza in seconda fila al convegno sulla famiglia promosso dal quotidiano “La Croce” con il Pirellone. Una fotografia che lo ritraeva mentre stringeva la mano a Roberto Maroni, che in passato aveva già incontrato il discusso prete, aveva sollevato accese polemiche tanto da far dire al numero uno del Pirellone: “Se fossi stato informato della sua presenza, quella persona sarebbe stata allontanata”.

La scelta del Vaticano per ora “salva” don Inzoli nonostante l’estate scorsa il Pontefice avesse emanato un decreto pesante nei suoi confronti: “In considerazione della gravità dei comportamenti e del conseguente scandalo, provocato da abusi su minori – si leggeva nel documento emanato dalla Congregazione per la dottrina della fede e diffuso dalla diocesi di Crema – don Inzoli è invitato a una vita di preghiera e di umile riservatezza, come segni di conversione e di penitenza. Gli è inoltre prescritto di sottostare ad alcune restrizioni, la cui inosservanza comporterà la dimissione dallo stato clericale. Don Mauro – proseguiva la condanna dell’ex Sant’Uffizio – non potrà celebrare e concelebrare in pubblico l’Eucaristia e gli altri sacramenti, né predicare, ma solo celebrare l’Eucaristia privatamente. Non potrà svolgere accompagnamento spirituale nei confronti dei minori o altre attività pastorali, ricreative o culturali che li coinvolgono. Non potrà assumere ruoli di responsabilità e operare in enti a scopo educativo. Non potrà dimorare nella diocesi di Crema, entrarvi e svolgere in essa qualsiasi atto ministeriale. Dovrà inoltre intraprendere, per almeno cinque anni, un’adeguata psicoterapia”.

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In Regione Lombardia il prete pedofilo partecipa al convegno sulla famiglia

Ha scatenato polemiche sui social la presenza di don Mauro Inzoli, ex parroco accusato di abusi sui minori, al quale l’anno scorso la Santa Sede aveva imposto il ritiro a vita privata. Il parroco, come si vede nella foto in alto, era seduto sabato 17 in seconda fila al Pirellone nel Convegno organizzato dalla Regione Lombardia per tutelare i valori «della famiglia tradizionale». Convegno accusato di omofobia e che ha provocato reazioni indignate tra le associazioni per la difesa dei diritti civili e degli omosessuali. L’ex parroco sedeva proprio dietro il presidente della Regione , Roberto Maroni , il senatore Roberto Formigoni, il presidente del Consiglio Raffaele Cattaneo e l’assessore alla Cultura, Cristina Cappellini. Il primo a denunciare la presenza di don Inzoli al convegno è stato il deputato di Sinistra Ecologia Libertà Franco Bordo che ha riconosciuto il sacerdote della sua città, Crema, nelle foto pubblicate dai quotidiani. Era stato Bordo a presentare un anno fa un esposto alla procura che ha aperto un’inchiesta e ha avviato una rogatoria con lo stato Vaticano. «Proprio un bel quadretto familiare», è il commento indignato del parlamentare di Sel che appare su Twitter.

Personaggio molto noto – punto di riferimento di «Comunione e Liberazione» in Lombardia, fondatore del Banco Alimentare e dell’Associazione della Fraternità – noto per una vita di lussi eccessivi, tra auto, sigari e ristoranti alla moda (lo chiamavano Don Mercedes) il sacerdote, 64 anni, l’anno scorso era stato invitato a una vita di preghiera e di riservatezza, come conseguenza dei reati a lui contestati.

La Santa Sede gli aveva prescritto di sottostare ad alcune restrizioni, la cui inosservanza avrebbe comportato la dimissione dallo stato clericale. «Don Mauro», era stato l’obbligo prescritto « non potrà celebrare in pubblico l’Eucaristia e gli altri Sacramenti, né predicare, ma solo celebrare l’Eucaristia privatamente. Non potrà svolgere accompagnamento spirituale nei confronti dei minori o altre attività pastorali, ricreative o culturali che li coinvolgano».

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Nessuno parla di Don Mercedes Inzoli

Il 27 giugno 2014 la stampa di Crema dà una notizia-bomba… che però rimane inesplosa: dopo una prima sentenza risalente al 2012, la Congregazione per la Dottrina della Fede ha condannato in secondo grado per abusi su minori monsignor Mauro Inzoli, già presidente del Banco Alimentare e vicepresidente della Compagnia delle Opere, più volte mattatore al Meeting di Rimini nonché – si è scritto da più parti – confessore di Roberto Formigoni.
Inzoli era soprannominato «don Mercedes» perché amante del lusso e dei macchinoni, nella più pura osservanza dello stile evangelico. Se oggi tornasse tra gli uomini, lo stesso Gesù si sposterebbe in Porsche.
In rete, riferimenti a sue (presunte) molestie nei confronti di minoririsalgono almeno al 2007 e nessuno li ha mai rimossi.
Particolare importante, a Crema don Inzoli aveva fondato l’associazione «Fraternità», per anni affidataria di molti minori soggetti a tutela.

Ne parlano, per fortuna, i Wu Ming qui. Parlatene e leggetene anche voi. Vi farebbe bene.