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Il sottovuoto in cui stiamo

Stato d’emergenza, migranti, Europa: siamo in una fase politica in cui si urla di tutto e parla di niente. Certo, succede spesso, ma è insopportabile questa leggerezza vacanziera su ciò che accade

Ieri una leader del centrodestra ha urlacciato alla Camera per fare sentire più forte le proprie idee. L’hanno chiamata tenacia e invece è solo un volume alto, un volume di voce alto è solo un volume di voce alto e chi urla lo fa perché ha paura che le sue idee non siano abbastanza pesanti e quindi ha bisogno di scagliarle perché si notino di più. Buon per loro, male per noi.

Però analizziamo il momento politico, sul serio, per favore.

Proviamo a togliere i migranti, togliamoli dal tavolo della polemica politica. Non rimane niente, niente di niente.

Si sta parlando del prolungamento di stato d’emergenza di un Paese i cui molti bighellonano tra discoteche e mercatini e spiagge senza nessuna protezione, senza nessuna mascherina e intanto urlano alla dittatura. Una dittatura in cui va di moda non seguire nemmeno le regole basilari è una delle dittature meno credibili che si sia mai vista in giro.

Si sta discutendo di quelli per cui il Covid non esiste. Fermi tutti: quelli per cui il Covid non esiste sono gli stessi che urlacciano contro i migranti che porterebbero il Covid. Un tilt di ragionamento che farebbe sbiellare chiunque e che invece qui viene rivenduto come fosse normale.

Si sta parlando di scuola (e ce ne sarebbe tanto bisogno di parlare di scuola) discutendo solo di banchi a rotelle. Solo di questo.

Si sta parlando dei soldi dell’Europa mica decidendo come spenderli ma discutendo del fatto che l’Europa sia sporca e cattiva. Proposte su come spendere i soldi, per ora, niente.

Si sta discutendo di lavoro con le due fazioni che si dicono, entrambe, che bisogna rilanciare il lavoro e nessuno capisce come si debba fare.

È la stagione del sottovuoto spinto. Della politica che urla di tutto e parla di niente. Sì, lo so, accade spesso, ma non trovate che sia insopportabile questa leggerezza vacanziera su quello che accade? Ma lo sentite il disagio di una discussione così?

Buon giovedì.

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Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

Perché a Napoli la camorra spara agli ambulanti. Spiegato bene.

(Lo racconta un ex ambulante, Amadou, intervistato (qui) da Fabrizio Geremicca)

«Gli estorsori si mangiano la mucca, il latte e il burro di latte». Amadou, 52 anni, senegalese di Dakar, usa un proverbio del suo paese e la pronuncia in francese per sintetizzare il dramma degli ambulanti della Maddalena – immigrati ed italiani – taglieggiati dalla camorra. Vicenda che si trascina da anni e che è ritornata di attualità dopo la spedizione punitiva contro un senegalese di mercoledì scorso a mezzogiorno, durante la quale sono rimasti feriti da colpi di pistola tre migranti ed una bimba di dieci anni che passeggiava insieme a suo padre. Amadou accetta di raccontare la realtà del racket grazie ai buoni uffici di Gianluca Petruzzo, il referente campano dell’associazione 3 febbraio, da tempo in prima linea nella difesa dei migranti. Proprio Petruzzo lancia un appello alla mobilitazione a favore degli ambulanti: «I fratelli immigrati che hanno avuto il coraggio di ribellarsi e di non sottostare al pizzo non devono essere lasciati da soli. La città deve stringersi al loro fianco».

Amadou, cosa intende dire con l’espressione che ha usato poco fa?

«La camorra lucra su noi ambulanti tre volte. La prima quando ci vende la merce all’ingrosso che noi poi esponiamo sulle bancarelle. La seconda quando ci impone il pizzo. La terza quando ci costringe ad acquistare a prezzi assurdi le buste per la mercanzia».

Cominciamo dal pizzo. Quanto pagano gli ambulanti della Maddalena?
«Le bancarelle più grandi 150 euro a settimana. Quelle più piccole 80».

Subiscono solo i migranti?

«No, tutti. Italiani ed immigrati».

Come avviene la richiesta estorsiva?
«Passano due o tre persone e dicono al venditore che dovrà pagare la cifra stabilita».

Minacciano?
«Non serve. Si presentano come i referenti del clan e raramente incontrano resistenza. Quando accade, come mercoledì, passano a vie di fatto. Il mio connazionale ferito è a Napoli da poco e non riusciva proprio a capire perché avrebbe dovuto pagare il racket. Non fa parte della nostra mentalità. Gli ambulanti più anziani si sono adattati. Lui no».

Centocinquanta euro a settimana non è poco. Quanto guadagna un ambulante?
«Raramente supera 800 euro al mese. Accade spesso che per pagare la camorra non si riesca a dare i soldi al proprietario di casa».

Lei prima accennava ad una vicenda di buste. Può spiegare cosa accade?
«Gli stessi personaggi che incassano il pizzo impongono agli ambulanti di comperare le buste nelle quali mettere la mercanzia. Estorcono dieci euro per tre buste, laddove una confezione di 50 non costerebbe più di sette euro. Se il pizzo è per tutti, quello delle buste è un trattamento riservato agli ambulanti immigrati. Analogamente non è raro che gli estorsori pretendano di prendere qualcosa dalla bancarella dei migranti e di non pagare».

Gli ambulanti della Maddalena dove acquistano la merce che poi rivendono?
«I grossisti sono personaggi noti della zona. Consegnano la merce ed il saldo avviene dopo una settimana o una decina di giorni. Se nel frattempo l’ambulante ha guadagnato abbastanza per pagare la mercanzia, tutto bene. Se non ci è riuscito, magari perché ha subito il sequestro della bancarella dai vigili urbani, per sdebitarsi deve chiedere soldi in prestito agli altri immigrati, altrimenti sono guai».

Dove sono i depositi della merce che acquistate ed esponete?
«Non li vediamo mai. I grossisti ci danno appuntamento in un punto del quartiere che cambia sempre e ci consegnano la mercanzia stabilita».

Quanto guadagna un migrante sui capi che vende?
«Una borsa comprata all’ingrosso a 10 euro ne frutta 12,50. Una cinta che l’ambulante paga 3,50 euro è venduta a 5 euro. Un paio di scarpe all’ingrosso ci costa 15 euro e lo rivendiamo per 20 euro».

Quanti sono i migranti alla Maddalena?
«Ne sono rimasti una cinquantina, tutti abusivi. Tunisini, marocchini, senegalesi, algerini. Tanti sono andati via proprio per questa faccenda del pizzo. C’è chi ha preferito tornare in Africa e qualcuno è riuscito perfino a scappare senza saldare il conto dell’ultima partita di merce acquistata».

Lei oggi vende ancora per strada?
«No, sono riuscito a tirarmi fuori da questo inferno. Lavoro come lavapiatti in un ristorante. Guadagno 800 euro al mese».