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mobilità

Una nuova Lombardia #davvero /2

Cominciano ad arrivare le proposte sulla nostra piattaforma Lombardia #davvero mentre continua serrato il lavoro sul programma e l’opera di “spulciamento” della carta d’intenti delle primarie. E’ l’impegno che ci siamo presi di alzare i contenuti senza preoccuparci dei toni; suona “nuovo” ma dovrebbe essere sempre stato così se non fosse che ci siamo persi dietro formigonismi, trofismi, minettismi dimenticanto il fallimento politico dietro il sistema sanitario, nell’architettura delle funzioni di controllo e nella “disponibilità possibile” ai dialoghi con la criminalità organizzata.

Perché Formigoni non se n’è andato come credono in molti ma è tutto teso al mantenimento di un “sistema Lombardia” che ha ancora troppe promesse da mantenere da qui all’Expo 2015 e deformigonizzare la Lombardia non può che non passare da una “ripubblicizzazione” reale della regione. Ed è un lavoro da chirurgo ed artigiano insieme: chirurgico nell’analisi di ciò che è stato destrutturato (e qualche volta verrebbe da dire “distrutto”) dalla sanità alla scuola e i lavori pubblici fino alle pieghe più nascoste come Arpa, Genio Civile e molto altro e artigiano per l’umiltà che richiede nell’analizzare senza la sicumera di certi analisti.

Innanzitutto sarebbe il caso che la Lombardia cambi strada. Lo scrive Simone sulla nostra piattaforma di discussione: la Lombardia ha bisogno di ripensare completamente il modo in cui i suoi cittadini si muovono. Gli spostamenti nelle aree urbane, quelli dalle periferie al centro e quelli da città a città dovranno affrancarsi dal paradigma autocentrico, al quale la politica deve opporre un’alternativa vera, razionale, credibile: la Mobilità Nuova, ispirata ai risultati degli Stati Generali della Bicicletta e della Mobilità NuovaLeggendo il documento (che ha già tutto quello che serve per un metodo che dagli enti locali arriva fino al governo nazionale in un percorso di solidarietà per la mobilità dolce che ci piace molto) non ho potuto non pensare alla Lombardia 2.0 pensata da Legambiente Lombardia (il manifesto lo trovate qui) che abbiamo discusso qualche giorno fa a Milano. Nel capitolo mobilità scrive Legambiente (con tempi dei verbi in un presente imperativo che rende giustizia all’urgenza della sfida):

  • nella Lombardia del futuro ci saranno meno automobili, ma più libertà di movimento per le persone. Circoleranno meno TIR, ma le merci viaggeranno, nella misura in cui è necessario, all’interno di una filiera logistica industrializzata e ottimizzata. Le linee ferroviarie disporranno delle capacità necessarie a far fronte ad un aumento della domanda di traffico merci. I costi della mobilità, inevitabilmente, aumenteranno, ma politiche di trasferimento distribuiranno tale aumento a vantaggio dei modi di trasporto energeticamente più efficienti e ambientalmente performanti. Tutte le città si doteranno di misure di governo e riduzione della congestione da traffico, aumentando la sicurezza di tutti gli utenti della strada, e l’accesso allo spazio urbano da parte degli utilizzatori ciclo-pedonali 
E allora cominciamo a muoverci dalla mobilità, che suona anche meglio, perché, l’ha spiegato il presidente di Legambiente Lombardia alla sua assemblea, non si può avere un’idea di governo senza avere un’idea di Lombardia. E immaginare una Lombardia di autostrade e auto è miope nel migliore dei casi e colluso con tutti gli altri. Un po’ di presbiti ci fanno bene per scrivere il programma. Un programma presbite che veda lontano e da lontano. Si nota la differenza, no?
ps per idee e suggerimenti basta andare qui.

Caro Marchionne ci sarà un tempo in cui tutti coloro che hanno avallato le sue scelte prenderanno le dovute distanze.

Silvia adesso lotta contro la chiusura dell’Irisbus perchè, a fine anno, dalla Cig dovrà passare alla mobilità in assenza di un progetto industriale. E la mobilità dura solo due anni. Con gli altri colleghi operai ha preso contatti con la BredaMenariniBus, l’unica fabbrica italiana di autobus urbani (l’Irisbus, una volta Iveco, produceva pullman), per tentare una vertenza collettiva. Sono convinti che il piano di sviluppo per l’Italia passi anche per la ristrutturazione ed il miglioramento del trasporto pubblico. Silvia è splendidamente raccontata da Marika Borrelli. E ha deciso di scrivere a Marchionne:

Caro Sergio Marchionne,

anche se con molto ritardo, ritengo sia giunto il momento di rispondere alla sua lettera, inviatami il 9 luglio 2010. Vorrei tanto poterla incontrare perché ho delle domande da porle e, soprattutto, vorrei cercare di capire dov’è finito l’uomo che ci disse: «Scrivere una lettera è una cosa che si fa raramente e solo con le persone alle quali si tiene veramente. Vi scrivo prima di tutto come persona, prendete questa lettera come un modo più diretto e più umano che conosco».

So che non è sua abitudine interloquire con chi ha di fronte, che non ama il confronto né il conflitto; mentre io penso che alla base di ogni rapporto ci sia prima il confronto e, se necessario, anche un sano conflitto per poter raggiungere degli obiettivi.
DA 30 ANNI IN FABBRICA. Io in fabbrica ci sto da 30 anni, ho svolto tantissimi lavori e ho contribuito, senza presunzione, ai profitti dell’azienda. Ecco perché mi sembra irrispettoso da parte sua togliermi il lavoro che ho svolto sempre con il massimo impegno e continuità, nonostante i tanti disagi.
Se era vero che teneva a noi, perché ha cambiato idea? Un uomo, quando fa delle scelte così difficili, deve avere il coraggio di guardare negli occhi coloro che ne pagheranno le conseguenze, altrimenti è solo un codardo.
Come mamma, anche io ho dovuto guardare negli occhi i miei figli per dire loro che le cose sono cambiate e che bisogna essere pronti a fare enormi sacrifici. Ma anche che dobbiamo resistere e rimanere insieme, perché restare uniti nei momenti di difficoltà è la sola cosa che aiuta.
OPERAI SENZA ALTERNATIVA. Lei non ha voluto fare questo sforzo. Non ha atteso che passasse la bufera. Ha gettato la spugna cercando di mettersi al sicuro. Troppo semplice così: i veri eroi sono quelli che resistono soprattutto nei momenti di difficoltà. Ma lei l’alternativa l’aveva, noi no.
«Vi scrivo da uomo», continuava la sua lettera, «che ha creduto e crede ancora fortemente che abbiamo la possibilità di costruire insieme, in Italia, qualcosa di grande, di migliore e di duraturo. Perché la cosa peggiore di un sistema industriale, quando non è in grado di competere, è che alla fine sono i lavoratori a pagarne direttamente e senza colpa, le conseguenze». Perché ha dimenticato tutto questo? E il fatto che nelle fabbriche c’erano uomini e donne, ognuno con una propria storia e con una famiglia e dei figli da mantenere?
Senza rancore, le chiedo di avere l’umiltà di ammettere che ha fallito. Il suo piano di Fabbrica Italia ha seminato un numero indefinito di disoccupati; 50enni senza pensione e giovani senza futuro.
LO SPETTRO DEGLI SPECULATORI. L’Italia, Paese che lei dice di amare, resterà probabilmente senza la Fiat e, se il governo non interviene, rischiamo di finire in mano agli speculatori che vorranno appropriarsi solo dei nostri marchi.
Se l’obiettivo era quello di abbassare il costo del lavoro, forse l’ha ottenuto. Noi saremo, in futuro, il Paese in cui sarà più utile investire. Una volta affamati non saremo più liberi di poter scegliere e se avremo un lavoro sarà senza diritti e a basso salario.
Eppure lei scriveva: «Non abbiamo intenzione di toccare nessuno dei vostri diritti, non stiamo violando alcuna legge. Quello che stiamo facendo è tutelare il lavoro, proprio quel lavoro su cui è fondata la Repubblica italiana. Non c’è nessuna contrapposizione tra azienda e lavoratori, sappiamo bene che la forza di un’organizzazione arriva dalle persone che ci lavorano e lo avete dimostrato nel 2004 salvando la Fiat dall’orlo del fallimento». E continuava: «Quello di cui c’è bisogno è un grande sforzo collettivo, una specie di patto sociale per condividere gli impegni, le responsabilità e i sacrifici. È il momento di guardare al bene comune e di lasciare da parte gli interessi particolari. Sono convinto che anche voi, come me, vogliate per i nostri figli e per i nostri nipoti un futuro diverso e migliore».
LA CHIUSURA DELLO STABILIMENTO. Noi quei sacrifici li stavamo facendo, avendo accettato la sfida. Lei invece ha inevaso tutte le promesse, chiudendo il nostro stabilimento. Sottolineo nostro perché ritengo che la Fiat, proprio per i motivi da lei citati, sia anche nostra.
Le parole scritte nella sua lettera hanno un acre sapore di postumo. Resta l’amarezza di non avere avuto il diritto di replica.
Ma anche per lei non si prospettano momenti sereni. Ci sarà un tempo in cui tutti coloro che hanno avallato le sue scelte e l’hanno osannata in parlamento nel febbraio del 2011, prenderanno le dovute distanze. La storia ci insegna che questa, in Italia, è una pratica molto diffusa.

Silvia Curcio operaia Irisbus

Lunedì, 03 Settembre 2012 

Isa in bicicletta

Andava alla seduta di commissione delle Politiche Sociali al Comune di Lodi. Alle 18. Perché le commissioni nei comuni si fanno dopo avere terminato una giornata di lavoro. Isa Veluti era la presidente di commissione. Li conosceva bene quei temi, ci aveva lavorato anni. E anche ieri era puntuale. In bici. E in bici è stata l’ennesima persona travolta. Questa volta da un camion, come  Giorgia o Valerio o come Laura.

E’ che in fondo sembra che ci siamo abituati. All’eventualità di morire di bici.

#salvaiciclisti per cambiare strada

Veni,vidi,bici. #salvaiciclisti sbarca a Roma e sembra passato un secolo da quando se ne cominciava a parlare. E invece quel secolo è il fiume di impegno che ha cominciato a scorrere e diventare urgenza sana per la mobilità dolce di questo paese. Eppure #salvaiciclisti è anche l’occhio finalmente vigile sulle morti continue di una strage che non si riesce ad arrestare.

Il temibile leader del movimento lascia le istruzioni per l’uso della bicifestazione di oggi. Pedaliamo in gruppo.

#salvaiciclisti: una proposta di legge

La scorsa settimana il Times di Londra ha lanciato una campagna a sostegno delle sicurezza dei ciclisti che sta riscuotendo un notevole successo (oltre 20 mila adesioni in soli cinque giorni).

In Gran Bretagna hanno deciso di correre ai ripari e di chiedere un impegno alla politica per far fronte agli oltre 1.275 ciclisti uccisi sulle strade britanniche negli ultimi 10 anni. In 10 anni in Italia sono state 2.556 le vittime su due ruote, più del doppio di quelle del Regno Unito.

Questa è una cifra vergognosa per un paese che più di ogni altro ha storicamente dato allo sviluppo della bicicletta e del ciclismo ed è per questo motivo che mi unisco all’appello dell’Associazione Ciclonauti per chiedere che anche in Italia vengano adottati gli 8 punti del manifesto del Times:

  1. Gli autoarticolati che entrano in un centro urbano devono, per legge, essere dotati di sensori, allarmi sonori che segnalino la svolta, specchi supplementari e barre di sicurezza che evitino ai ciclisti di finire sotto le ruote.
  2. 500 incroci più pericolosi del paese devono essere individuati, ripensati e dotati di semafori preferenziali per i ciclisti e di specchi che permettano ai camionisti di vedere eventuali ciclisti presenti sul lato.
  3. Dovrà essere condotta un’indagine nazionale per determinare quante persone vanno in bicicletta in Italia e quanti ciclisti vengono uccisi o feriti.
  4. Il 2% del budget dell’Anas dovrà essere destinato alla creazione di piste ciclabili di nuova generazione.
  5. La formazione di ciclisti e autisti deve essere migliorata e la sicurezza dei ciclisti deve diventare una parte fondamentale dei test di guida.
  6. 30 km/h deve essere il limite di velocità massima nelle aree residenziali sprovviste di piste ciclabili.
  7. I privati devono essere invitati a sponsorizzare la creazione di piste ciclabili e superstrade ciclabili prendendo ad esempio lo schema di noleggio bici londinese sponsorizzato dalla Barclays.
  8. Ogni città deve nominare un commissario alla ciclabilità per promuovere le riforme.

Il manifesto del Times è stato dettato dal buon senso e da una forte dose di senso civico. È proprio perché queste tematiche non hanno colore politico che chiediamo un contributo da tutti affinché anche in Italia il senso civico e il buon senso prendano finalmente il sopravvento.

Chiunque volesse contribuire al buon esito di questa campagna può condividere questa lettera attraverso Facebook, attraverso il proprio blog o sito e attraverso Twitter utilizzando l’hashtag #salvaiciclisti.

Ora bisogna trasformare i contributi in una seria proposta di legge. Chiunque abbia idee, suggerimenti e collaborazioni noi siamo qui. In bici.

Lombardia: merda sotto la BreBeMi

Sotto le autostrade lombarde c’è il cromo, scarto di acciaieria tossico e cancerogeno. Chi ce l’ha messo? Secondo la procura di Brescia Pierluca Locatelli, imprenditore della movimentazione terra, finito in cella con l’accusa di aver corrotto il numero due del Consiglio regionale Franco Nicoli Cristiani, pdl, per ottenere le autorizzazioni necessarie all’apertura di una discarica d’amianto in provincia di Cremona. “Massima collaborazione con la magistratura e responsabilità individuali” assicura Roberto Formigoni, presidente della Lombardia, ma chi è Locatelli? Davvero sotto il Pirellone non lo conosceva nessuno?
La sua famiglia era in società con l’ex assessore Pagnoncelli, era in contatto con la Compagnia delle Opere e con gli assessori Raimondi e Rossoni (intecettazioni dixit).
Fuga di Formigoni incalzato da Vittorio Romano, Rai2, L’Ultima Parola.

Portiamo la torre e il binario 21 in Consiglio

La nostra mozione per i lavoratori ex Wagon Lits che manifestano ormai da tempo sulla torre al binario 21 della Stazione Centrale di Milano. La mozione è in discussione per il prossimo Consiglio di martedì. Per seguirli questa è la pagina. Se volete passare la presenza fisica  ha un senso umano, prima che politico. Io domenica mattina sono lì. Se ci passate fateci qualcosa pi

MOZIONE

IL CONSIGLIO REGIONALE DELLA LOMBARDIA PREMESSO CHE

il servizio ferroviario è un elemento imprescindibile per garantire la percorribilità del Paese che garantisce il diritto di spostarsi con prezzi accessibili, servizi sicuri e collegamenti minimi garantiti;

PREMESSO INOLTRE CHE

l’attuale crisi dell’economia e del lavoro che viviamo in Italia rende l’accessibilità economica del servizio ferroviario elemento dirimente per molti viaggiatori;

CONSIDERATO CHE

a Milano, presso il binario 21, ormai dal 9 dicembre alcuni lavoratori della ex Wagon Lits ora New West Servirail Italia manifestano contro il licenziamento di circa 800 lavoratori a   seguito della decisione di Trenitalia di sopprimere i collegamenti da Milano verso il sud del paese e, quindi, rendere incerto il futuro dei lavoratori impegnati nei servizi notturni di accompagnamento, manutenzione, pulizia e logistica;

CONSIDERATO INOLTRE CHE

Regione Lombardia già a Dicembre scorso ha attivato un tavolo per trovare un accordo che garantisse una rapida soluzione;

PRESO ATTO CHE

in altre città d’Italia come Roma sono in corso manifestazioni analoghe per il ripristino del lavoro dei licenziati a causa dell’abolizione dei treni notte;

PRESO INOLTRE ATTO CHE

la soppressione dei collegamenti notturni rischia di creare divisione nel paese e produrre il monopolio dell’alta velocità con prezzi maggiori non sempre accessibili;

RITENUTO CHE

è evidente l’esigenza di ricondurre rapidamente questa vertenza ad un quadro unico nazionale partendo da una revisione dei servizi notturni nazionali con il ripristino delle tratte nazionali servite su Torino, Milano e Nord-Est;

IMPEGNA IL PRESIDENTE E LA GIUNTA REGIONALE

  • ad attivarsi presso il Ministero dei Trasporti per la revisione dei servizi notturni nazionali che garantiscano servizi certi e prezzi accessibili per la mobilità dei cittadini in tutto il paese;
  • ad attivarsi presso il Ministero del lavoro per un tavolo nazionale che porti un concreto, certo, stabile e tempestivo piano rioccupazionale, che coinvolga anche il nuovo gestore dell’accompagnamento dei servizi notturni Italia-Francia con tutti gli strumenti disponibili di sostegno al reddito e all’occupazione.

 Milano, 12 Gennaio 2012

Giulio Cavalli (SEL)

Chiara Cremonesi (SEL)

Crisi lavoro: le nostre proposte

L’ordine del giorno sottoscritto dalla minoranza.

ORDINE DEL GIORNO

“ESAME DEI PROBLEMI INERENTI LA SITUAZIONE INDUSTRIALE REGIONALE”

Il Consiglio regionale

Premesso che

in Lombardia permane una situazione pesante sul piano occupazionale, nonostante una flessione del 33% nell’utilizzo della cassa integrazione, ed una leggera inversione di tendenza nelle assunzioni di giovani;

la disoccupazione coinvolge ancora più di centomila lavoratori; aumentano i licenziamenti e gli inserimenti nelle liste di mobilità; interi settori sono coinvolti nella crisi industriali, in particolare l’high tech;

nell’attuale congiuntura necessitano interventi sul piano degli ammortizzatori sociali, ma sopratutto una politica industriale capace di favorire la ripresa utilizzando tutti gli strumenti a disposizione della Regione, a partire dalla legge1/2007 e da quei settori propri della Regione: sanità, trasporti, energia, banda larga, ecc;

Fare squadra, fare rete, significa ripristinare e rinvigorire i tavoli regionali funzionali a politiche attive del lavoro e all’intervento coordinato fra sistema delle imprese, Istituzioni e sistema bancario;

la Lombardia si caratterizza come Regione a forte vocazione industriale e manifatturiera, deve uscire da una fase di progressivo declino per dare prova concreta della sua vocazione per riprendere a crescere: attivando tutte le sedi opportune, e gli strumenti legislativi necessari, per porsi alla testa di una politica industriale funzionale alla ripresa occupazionale e produttiva.

il Consiglio Regionale impegna la Giunta ad:

 

  1. Attivarsi per prolungare gli ammortizzatori sociali nel 2012;
  2. Rimettere in campo strumenti capaci di far incontrare domanda ed offerta di lavori, recuperando politiche formative utili alle domande che una timida ripresa sembra prospettare, attivando un proficuo rapporto con le parti sociali e gli strumenti della bilateralità;
  3. Incentivare i contratti di solidarietà dando loro più forza e favorendone l’applicazione;
  4. Utilizzare gli strumenti che la Regione ha a disposizione, in particolare Raid, concordando con le parti sociali percorsi necessari per consolidare occupazione e vocazione manifatturiera della Lombardia;
  5. Istituire presso Arifl una cabina di regia con le parti sociali, per monitorare i problemi più acuti del tessuto produttivo lombardo, individuando interventi tempestivi ed efficaci;
  6. Vincolare i bandi della regione, dallo start up all’innovazione, a valorizzare chi con gli stessi bandi crea occupazione aggiuntiva, facendo dell’occupazione un punteggio premiante;

 

  1. Definire le norme applicative in grado di attivare da subito le legge sulle varie forme di apprendistato, sia in rapporto alle università che ai diversi mercati del lavoro. Contestualmente va riportata alle sue origini la norma applicativa degli stage e dei tirocini;
  2. Attivare interventi sul mercato del lavoro più fragile: giovani, donne, over 45; agevolando la stabilizzazione dei rapporti di lavoro in particolare per giovani e donne, sperimentando percorsi di flessibilità positive sul versante della conciliazione lavoro- famiglia e favorendo modalità di lavoro, fra cui il part time anche nella PA, ed il telelavoro, tutelando maggiormente le lavoratrici madri;
  3. Incrementare l’occupazione giovanile attraverso gli strumenti dell’apprendistato e dei tirocini, favorendo la stabilizzazione del lavoro dei giovani; sperimentare adeguati percorsi di reinserimento attraverso specifiche opportunità formative per over 45;
  4. a governare le aree dismesse per favorire insediamenti produttivi disincentivando le attività di carattere immobiliare;
  5. sostegno dei distretti e settori che rappresentano il Made in Italy: settore moda e ricerca;
  6. politiche di sostegno al credito per le imprese;
  7. a verificare la sussistenza delle condizioni per l’individuazione delle aree di crisi industriale complesse, in particolare per il settore dell’high tech al fine di poter attivare le misure previste dal DM 24 marzo 2010;

 

da mandato alla Commissione competente di sottoporre al 

Consiglio una specifica risoluzione con la quale si individuino:

 

  1. gli elementi normativi e programmatori necessari per un rilancio del settore industriale, con particolare riferimento ai settori tessile, edile, meccanico e high tech, coinvolgendo le parti sociali e il mondo accademico per individuare le azioni necessarie per la ripresa produttiva e occupazionale;
  2. le modalità per far evolvere l’attuale iniziativa RAID in una vera e propria cabina di regia, cui partecipino anche le parti sociali, dotata di una struttura tecnica di adeguato profilo professionale, con il compito di monitorare l’andamento di settori e aziende, studiare le tendenze dei mercati, predisporre piani di sostegno finanziario, collegare ai processi di spin off e di trasferimento tecnologico, facilitare e favorire l’intervento di nuove iniziative industriali e imprenditoriali;
  3. uno scenario per gli interventi pubblici sulla banda larga;
  4. lo sviluppo della filiera della green economy;
  5. scenari di regolamentazione e sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili;
  6. quadro normativo e sostegni finanziari, e ipotesi di sostegno e riconversione di specifici casi aziendali o comparti in difficoltà con l’obbiettivo del rilancio della produzione, mantenimento delle aziende e dell’occupazione sul territorio;
  7. quadro della semplificazione normativa e assetto delle infrastrutture e qualità territoriale per favorire l’attrattività produttiva.

 

Milano, 25 ottobre 2011

CriticalMap

Il programma di governo di Milano è per la mobilità in bicicletta della città è già online. Costruito dai cittadini (in bicicletta) che segnalano vizi e virtù della città dell’Expo. Quando i cittadini con un comune denominatore si mettono in rete diventano lo stimolo migliore per ripensare modi e abitudini di un’amministrazione, diventano la fotografia in evoluzione dei bisogni da sostenere. Fanno politica, insomma. Critical Map è un progetto di “ciclocartografia partecipata”, il ciclista urbano è per sua natura un “inventore”.