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movimento 5 stelle

La normalizzazione e le strumentalizzazioni

IMG_1281Ho letto con attenzione il post dell’onorevole del Movimento 5 Stelle Roberta Lombardi con cui si difende dalle accuse di filofascismo piovute un po’ da tutte le parti per le sue dichirazioni su Casapound. Dico subito che non mi interessa più di tanto entrare nel merito della disputa essendo profondamente antifascista, iscritto all’ANPI e dalle posizioni chiare. Mi interessa però leggere le parole con cui i capigruppo di Camera e Senato del Movimento si dichiarano sotto attacco e sotto assedio per ogni virgola che esca dalla loro bocca: ebbene sì, è il controllo democratico, signori, quella pressione che garantisce il rispetto delle regole e la conoscenza dei particolari. Ogni volta che sento parlare di “strumentalizzazioni” in politica penso a quanto sia duro pensare che l’esposizione pubblica di ognuno di noi (e non solo politica) ci sottoponga ad un’attenzione mediatica che ci rende ancora più responsabili nelle nostre parole e nelle nostre azioni. E’ la stessa pressione che ha dato così tanta soddisfazione a Beppe Grillo e i suoi mentre veniva compiuta dalla rete e ora si deve gestire dall’interno del palazzo. Per questo non mi interessano tanto le parole scritte e le varie interpretazioni sul fascismo della Lombardi quanto questo fastidio nell’essere osservati. E’ la politica, bellezza.

Stavate arrivando e ora siete arrivati

(Vale la pena anche leggere Alessandro qui).

Direzione nazionale SEL, facciamolo anche noi

Il PD ha deciso che la direzione nazionale del partito di martedì sarà in diretta tv streaming. L’idea è stata lanciata e messa in atto dal Movimento 5 Stelle proprio oggi (con risultati che ognuno è libero di giudicare come meglio crede). Riprendere le buone pratiche degli altri è segno di autocritica e umiltà e fa bene a tutti, ancora di più se lo fanno anche i nostri alleati. Quindi la domanda è semplice: non vale la pena che siano in streaming anche le direzioni di SEL?

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Le chiacchere stanno a zero

bersani-grillo-120521210519_bigOggi Patrick Fogli riflette e rilancia:

Le chiacchiere, come dicevo qualche giorno fa, stanno a zero anche e soprattutto per lui.
Se quello che conta sono le proposte (lo dice ogni due per tre) allora ci sono già negli otto punti, ne il PD nè il M5S hanno bisogno di Berlusconi. I voti ci sono.
Di più, sia il PD che il M5S hanno l’occasione di chiudere politicamente la stagione di SB in Italia. Basta una legge sul conflitto di interessi, per esempio. O sull’incandidabilità dei condannati in primo grado. Non una legge contra personam, ma una legge ad iustitiam.

E ancora di più: un Parlamento come questo ha la possibilità di votare secondo ragione quando – e capiterà – qualche Procura chiederà di agire nei confronti di Berlusconi & C. Archiviare definitivamente una stagione. Di fatto, anche se in maniera confusa, il voto lo chiede, lo urla.
Si può ascoltare la richiesta (qualcuno = tutti) o tapparsi le orecchie (qualcuno / tutti)

E’ troppo facile votare le proposte che ti piacciono e contemporaneamente poter urlare all’inciucio PD/PDL fino alla prossima campagna elettorale.
Tra l’altro, se ai montiani l’idea Bersani piacesse, a Grillo basterebbe uscire dall’aula al Senato. Cambiare le cose vuol dire anche prendersi la responsabilità di farlo.
Altrimenti (per usare il suo stesso linguaggio) è solo una paraculata e vale la pena dare credito all’idea di Emiliano. Il governo lo fa Grillo e gli altri decidono se votarlo.

Pippo scrive a Beppe

beppe-grillo-lodo-alfano-3-770x513Il dibattito di questi giorni sul ruolo del Movimento 5 Stelle è politica. Lo scrivo perché sembra che qualcuno voglia convincerci che siano chiacchere da bar: la politica è nelle scelte, non nelle campagne elettorali (quelle servono per raccontare le scelte fatte o non fatte, e infatti chi non sceglie succede che perda). Non credo che il Movimento 5 Stelle si prenderà la responsabilità di lasciare inerme un potenziale governo (anche solo “di scopo”) per lucrare sul proprio consenso tra qualche mese (anche perché, appunto, si tratterebbe di scegliere e di risponderne: fare politica insomma); credo però che alcuni dei presunti “pontieri” di questo dialogo con Grillo e il Movimento oggi forse si pentiranno degli sfanculamenti senza senso in risposta a sfanculamenti senza senso, dei sorrisini compiaciuti di scherno verso i “grillini” e di questa idea tutta antidemocratica che i voti per qualcuno valgano meno dei voti ad altri: l’avevo già scritto qui (che fortuna, la memoria della rete) che qualificarsi squalificando il Movimento 5 Stelle non era una grande strategia.

Oggi Pippo Civati (sì ,sempre lui, e allora?) scrive sul suo blog una lettera a Grillo che è più che tra questo vociare parla di politica, appunto:

Allora, caro Beppe, la situazione è quella che auspicavi: questa politica è stata presa a pallonate. La tua campagna elettorale, capace di sedurre gli elettori di tutti i generi e tipi, ha funzionato. Lo tsunami non è riuscito per un pelo, ma – come hai detto anche tu – è solo rinviato di qualche mese, perché poi lo tsunami ci sarà davvero, secondo le vostre previsioni ‘meteorologiche’ (rispetto alle quali è giusto conservare qualche dubbio, ma che vanno certamente osservate con rispetto, visto che le previsioni nostre erano così palesemente sbagliate).

Vorrei dire a te e ai tuoi che è legittimo pensarla così: siete stati votati e ora potete fare con i vostri voti quello che volete. Le forze che ti sostengono sono arrivate al terzo posto, sbaragliando la concorrenza del tecnico-che-saliva-e-che-è-un-po’-sceso e avvicinandosi nei consensi ai politici dei principali partiti.

Ciò che mi chiedo è però se non sia un azzardo buttarla in caciara, proprio ora. Certo, mi si può rispondere che in Italia l’azzardo paga sempre. E che hai vinto e, quindi, va bene la disintermediazione, va bene la rete, va bene che siete portavoce di una voce che di volta in volta svelerete prima di tutto a voi stessi e poi agli italiani. Abbiamo capito (qualcuno lunedì, qualcuno un po’ prima, diciamo così).

Però c’è un però: un però che alla fine è questo Paese. Siamo sicuri che non far niente ora per farlo tra sei mesi sia la cosa più giusta da fare? Siamo sicuri che tutti siano uguali, in quel Parlamento, e che non ci sia proprio niente da fare di buono, per cambiare le cose, nelle condizioni date? E che sia il caso di chiamarsi fuori, di chiamare fuori i cittadini che vi hanno votato, per lasciare campo all’ennesima riedizione di un governo di larghe intese e, temo, di corte vedute. Capisco la tua libidine, ma un po’ mi preoccupa il quadro che si delineerebbe.

Te lo chiedo rivolgendomi al leader che sei, perché lo sei anche se fai finta di essere un capo-per-caso, e me lo chiedo, perché è del tutto evidente che se non si riuscisse, si tornerebbe a votare. E magari vinceresti tu, magari Berlusconi, magari il centrosinistra. O, più probabilmente, nessuno di questi. Perché nessuno di questi, nemmeno la prossima volta, avrà i numeri per governare. E ci ritroveremmo a scrivere la stessa identica cosa che sto scrivendo ora. Che è la cosa peggiore che possa capitare, soprattutto perché è già capitata.

Continua qui. E continua un filo e un dibattito da tenere alto.

Web democracy e meetup: la politica nella rete

Al netto delle beghe interne tra Giovanni Favia, Casaleggio e Beppe Grillo (perché sarebbe bello ascoltare cosa pensano molti parlamentari dei propri leader) è interessante leggere l’uso della rete che il Movimento 5 Stelle ha lanciato come “mezzo” politico. Perché mentre in Europa il Partito Pirata ha costretto gli altri partiti ad alfabetizzarsi e professionalizzarsi qui il dibattito è “1.0” affidato a segreterie che credono ancora che “internet” sia poco di più che incollare i propri comunicati stampa sugli status di fb.

Francesco su Non Mi Fermo analizza (finalmente con un’analisi e senza livore) la piattaforma scelta da Beppe Grillo per sviluppare la democrazia sul web. E i limiti e le opportunità sono un suggerimento che vale per tutti perché forse internet non cambierà il mondo ma sicuramente sta già cambiando le competenze richieste nella comunicazione dei partiti Perché ogni tanto vedere le espressioni poco convinte mentre ne racconto le potenzialità mi provoca un certo sconforto e perché come scrive Francesco nel suo articolo per “dialettica”, si dovrebbe intendere un insieme di voci che giungono a un risultato medio che rappresenti il miglior compromesso tra le preposizioni iniziali e il risultato finale: il programma. Questo aspetto, più che la proprietà del simbolo, il marchio registrato e quant’altro, mi preoccupa. La poca consapevolezza periferica di quale sia la “stretegia di rete”, l’accettazione passiva di un sistema che non è stato progettato per organizzare un movimento politico nazionale. Mezzo inadeguato, insomma.

La questione settentrionale

La crisi e la dissoluzione dell’asse del nord ha consentito al centrosinistra di conquistare il governo di molte amministrazioni locali nell’Italia settentrionale: ma la sua capacità di intercettare, rappresentare e interpretare la domanda di cambiamento è apparsa indebolita rispetto alle elezioni dell’anno scorso. Le vittorie spesso inattese nelle amministrative del 2011 erano state caratterizzate dal nuovo modo di presentarsi di molti candidati sindaci che riuscivano a intercettare le proteste e le richieste di cambiamento rispetto alle politiche del governo e degli amministratori locali.

Un diverso modo di rapportarsi ai cittadini, più attento alle loro domande e a sollecitare la partecipazione, riusciva a ridimensionare fortemente gli atteggiamenti antipolitici. Queste tendenze sono state meno evidenti nelle recenti elezioni, anche se il centrosinistra nelle regioni del Nord ha nettamente aumentato il numero dei sindaci e governa ormai tutte le città capoluogo di regione.

Una riflessione di Roberto Borcio. Per ripensare anche la Lombardia.

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Qualificarsi squalificando il Movimento 5 Stelle

E’ la moda del momento. E vorrei dire due parole perché si genera un po’ di confusione e in mezzo alla confusione poi va a finire che ci pascolano un po’ tutti, basta alzare bene e forte la voce. Chiariamo subito: se non ti allinei a sputtanare il Movimento 5 Stelle (o meglio, i grillini, come dicono in tanti, e così io sarei vendoliano, gli altri dipietristi, casiniani, bersaniani, come al gioco delle figurine, per dire) allora sei considerato un filopopulista. Ma il Movimento 5 Stelle doveva essere un fenomeno passeggero e invece oggi è il terzo polo (lo dicono i sondaggi) e forse sarebbe il caso di prendersi la responsabilità di provare ad analizzare oltre che impegnarsi nell’indifferenza prolungata. Tra l’altro mentre qualcuno insegue l’altro terzo polo, quello che non esiste più se non nei continui abboccamenti che danno ossigeno a Casini e compagni.

Chiedono le dimissioni di Formigoni (come molti) e lo faranno secondo i propri stili e i propri modi. Intanto hanno rilanciato la nostra campagna Formigoni Go Home senza pretese di originalità. E mi hanno invitato, sabato dalle 17 in Largo Cairoli a Milano. E ho accettato l’invito convinto come sono che la Lombardia si possa ricostruire con un’eversiva visione della sanità, del territorio, dell’economia e della solidarietà di cui SEL è protagonista. Ma senza avere bisogno di qualificarsi squalificando gli altri.

 

Le risposte a Grillo

Poi, quando finalmente si smetterà di rispondere a Grillo nei modi peggiori, e si deciderà di rispondere alle prospettive politiche degli elettori del Movimento 5 Stelle ragionando anche nel merito, ecco qualcuno mi avvisi. Perché ora quello che si legge è più populistico dei peggiori populisti possibili.

da STAMPO ANTIMAFIOSO: La mafia a Milano esiste

Un partecipatissimo incontro dal titolo “La Mafia a Milano esiste” ha alternato momenti di riflessione a numerosi spunti sul tema del contrasto alla criminalità organizzata a Milano. Il tutto in una (paradossalmente) insolita cornice: Palazzo Marino, sede del Comune di Milano.

di Federico Beltrami

“La mafia a Milano esiste” e a Palazzo Marino lo si dice.

Questo il messaggio lanciato dall’incontro organizzato dal giovane Mattia Calise – attivissimo consigliere comunale del Movimento 5 Stelle – e dal blog “Qualcosa di Sinistra” nella sede del Comune meneghino, che ha ospitato alcuni dei volti più tenaci dell’antimafia lombarda.

Fa effetto sentire il giornalista calabrese Biagio Simonetta snocciolare nomi, dati e numeri sulla presenza – «il termine infiltrazione è ormai riduttivo» – della ‘ndrangheta nel milanese sotto gli imponenti busti di Marte e Minerva della splendida Sala Alessi. La stessa che, per anni, ha ospitato il Pillitteri della mafia che “a Milano è solo una favola” e la Moratti del “milanese onesto e per bene” che non può cedere alla prepotenza dei clan.
Fa effetto anche pensare che questo sia avvenuto solo oggi, nonostante – come ricorda il Pm Francesco Greco – “Milano sia la città in cui tutte le mafie hanno prosperato dagli anni ’50 in poi. La città di Calvi e Sindona, la città che, negli anni ’80, aveva il più alto numero di omicidi di mafia e il più alto numero di detenuti per mafia”.

Oggi, però, sulla scorta delle indagini della magistratura e dell’impegno della nuova amministrazione, si respira un’aria nuova in città, ricca di quel “pathos e di quella consapevolezza civile che innesca la voglia di reagire dei cittadini”, come sottolinea il Professor Nando dalla Chiesa, presidente del nascente Comitato di esperti che affiancherà il sindaco Pisapia e la Commissione consiliare antimafia del Comuna di Milano nel contrasto alla criminalità organizzata.

L’entusiasmo, sia chiaro, non deve lasciare spazio alle facili illusioni: i clan calabresi “sono partiti 20 anni fa alla conquista della Lombardia, colonizzando interi comuni della periferia milanese. Per questo, adesso, dobbiamo correre più di loro: dobbiamo essere noi a far sì che quei Comuni vengano colonizzati dagli antimafiosi, dobbiamo prenderci un supplemento di responsabilità tale da coprire le mancanze di questi ultimi anni da parte di governo e istituzioni”.

Insomma, non ci si può più permettere di ignorare il fenomeno: “oggi chi non sa è colluso”, ricorda Giulio Cavalli, il consigliere regionale minacciato dai clan, citando Ilda Boccassini. “Lo dice anche l’articolo 4 della Costituzione che l’indifferenza è incostituzionale, e noi siamo pieni di politici che incontrano ma non sanno”. “Le leggi – continua Cavalli – vanno usate e osate: non è un caso che tutte le più importanti leggi antimafia, apparentemente impensabili, siano state accolte come rivoluzionarie”.

In realtà, come osserva l’esperto di normative sugli appalti Ivan Cicconi, “la semplice applicazione e il rispetto delle leggi in vigore rappresenterebbero già uno strumento fondamentale nel contrasto alla criminalità organizzata e al fenomeno del progressivo slittamento dell’economia legale verso l’economia illegale avvenuto negli ultimi 15 anni”. “Tra queste la norma che, obbligando l’appaltatore a indicare, per ciascun subcontratto, il nome del subcontraente, l’oggetto e l’importo del subcontratto, permetterebbe di capire se ci si trovi effettivamente di fronte a un subcontratto o se a un subappalto, per il quale sarebbe necessario presentare il certificato antimafia. Oppure la norma che impone il divieto di appaltare lavori pubblici a società con capitale coperto da segreto fiduciario o il cui reale proprietario è sconosciuto. O ancora – conclude Cicconi – la norma che impone l’obbligo di esporre nei cantieri di lavori pubblici il nome dei subcontraenti, dei subappaltatori e dei fornitori che lavorano nel cantiere”.

Ebbene «oggi, al nord, queste semplici norme vengono totalmente disapplicate o ignorate, nel segno di quella logica del “meno so, meglio è” dimostrata dai funzionari pubblici preposti al controllo di legalità». Sul tasto dolente dell’economia e dell’imprenditoria batte anche il Pm Francesco Greco, del Tribunale di Milano. “Sono convinto che la criminalità organizzata sia la componente fondamentale della criminalità economica, che in Italia è ormai una vera e propria emergenza nazionale che ci costa 200 miliardi all’anno. Soldi sottratti al bene comune e di cui oggi avremmo estremo bisogno, ma che non vengono aggrediti in nome di un patto – lo scudo fiscale – fatto con dei criminali. Patto che, come dice la Costituzione, potremmo disattendere, ritassando i capitali scudati”.

Fortunatamente ci sono anche imprenditori come Pino Masciari, cinquantaduenne calabrese sottoposto da quasi 15 anni al programma speciale di protezione riservato ai testimoni di giustizia. La sua colpa? Aver denunciato i suoi estorsori mafiosi – o meglio ‘ndranghetisti – e politici. Una vicenda che Masciari descrive nei suoi lati più drammatici, scagliandosi con genuina rabbia contro i politici e le istituzioni che “con i mafiosi hanno sempre fatto affari” al sud come al nord. L’urlo dell’imprenditore si trasforma in un sorriso amaro: “dopo 20 anni, dopo gli incendi, le intimidazioni e i colpi di lupara ritrovo, qui a Milano, gli stessi nomi dei clan calabresi che denunciai vent’anni fa”.

“Non sono un professionista dell’antimafia – continua Masciari lasciando la sala con il fiato sospeso – non ho scelto tutto questo, mi ci hanno obbligato. Ma – conclude tra le lacrime mentre i presenti gli riservano un tributo commovente– ho fatto la mia parte”.

La serata – moderata dalla bravissima Antonella Mascali, giornalista del “Fatto Quotidiano” – avrebbe dovuto concludersi con una sorpresa: il conferimento della cittadinanza onoraria milanese allo stesso Masciari, che, invece, avverrà solo nei prossimi giorni. In certi casi, la burocrazia, si dimostra davvero inflessibile.

(foto di Marco Carandente)

A Milano la mafia esiste

Un bell’evento organizzato dal Movimento 5 Stelle di Milano e da Redazione Qualcosa Di Sinistra. A Palazzo Marino mercoledì 26 ottobre 2011 alle 21, Sala Alessi, a cui ho il piacere di partecipare. Con Nando Dalla Chiesa, Francesco Greco, Ivan Cicconi e Pino Masciari. Introduce Mattia Calise, consigliere comunale Mov.5 Stelle Milano. Qui l’evento facebook. Perché parlarne è un dovere. A Milano.