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Spiegateci perché gli esperti che minimizzavano il virus ora imperversano in tv (di Giulio Cavalli)

Spiegateci perché gli esperti del virus “clinicamente morto” imperversano in tv

Il virus non è morto, anzi, purtroppo per noi è in ottima salute: sfondati i 10mila positivi con 150mila tamponi, 55 deceduti, 4.343 ricoverati in più di cui 52 in terapia intensiva. Stanno benissimo però anche quelli che nei mesi scorsi vedevano psicotici e allarmisti dappertutto, quelli che ci avvisavano che ormai era tutto alle spalle e che addirittura si innervosivano se qualcuno provava a chiedere un po’ di precauzione in vista dell’autunno. Fu Alberto Zangrillo, primario del San Raffaele, che lo scorso 31 maggio ci annunciò nel corso del programma Mezz’ora in più che “il virus clinicamente non esiste più”.

Zangrillo poi provò a correggere il tiro, certo, ma rimane lo studio del San Raffaele di Milano che parlava (a maggio) di “pochi pazienti e tutti con sintomi lievi” dovuti al fatto che il virus aveva perso la propria capacità replicativa e che risultava essere “enormemente” indebolita rispetto a quella registrata a marzo. “Ha ragione il mio amico Alberto Zangrillo: clinicamente il Covid-19 non c’è più, è morto, ho più degenti con infezioni batteriche”, disse Paolo Navalesi, direttore dell’Istituto di Anestesia e Rianimazione dell’Azienda ospedaliera di Padova e della Scuola di specialità, che si espresse anche sul futuro: “In base all’esperienza maturata in questi tre mesi, posso dire che se siamo riusciti ad affrontare in pochi giorni un’emergenza completamente sconosciuta, oggi saremmo in grado di rispondere nel giro di qualche ora, perciò mi sento tranquillo”.

“Chi parla di seconda ondata fa terrorismo”, disse ad agosto Matteo Bassetti, direttore della Clinica malattie infettive dell’Ospedale San Martino di Genova, che parlò addirittura di una “psicosi per una malattia ormai sotto controllo“. Sempre Bassetti lo scorso 9 settembre ci assicurava anche che in Campania non c’era “nessuna seconda ondata” ma semplicemente una “coda, peraltro prevedibile”. Eh, già. “Non ci sarà la seconda ondata” diceva anche Giorgio Palù, professore emerito di microbiologia e virologia dell’Università di Padova e già presidente della Società europea di virologia.

“Non ci sarà una seconda ondata, l’autunno sarà come adesso, il virus si sta adattando all’uomo, magari farà un ping pong con il pipistrello, cioè ce lo ripasseremo tra specie, ma non se ne andrà fino al vaccino”, disse il 6 agosto Massimo Clementi, professore ordinario di virologia al San Raffaele. E ora? Ora quegli stessi “esperti” che hanno minimizzato e hanno addirittura deriso chi temeva l’autunno tornano a essere considerati “affidabili” e a imperversare nei media. Ma siamo sicuri che non sia il caso di chiedere conto delle dichiarazioni che sono state rilasciate? Almeno un accenno di spiegazioni, basterebbe anche solo un “sì, scusate, mi sono sbagliato”. No? Ora teneteli bene a mente perché saranno quelli che cominceranno a strepitare contro il governo per le mancate misure. Scommettiamo?

Leggi anche: 1. Allarme terapie intensive: ecco la situazione regione per regione. Se i casi aumentano non siamo pronti / 2. “Ora fermiamoci 3 settimane”: parla Crisanti / 3. E alla fine lo hanno fatto: gli sceriffi governatori scavalcano il governo e chiudono le scuole (per colpa loro) – di Luca Telese / 4. Negazionisti contro empiristi: la guerra tra i virologi che decide se siamo liberi o no

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CORONAVIRUS ULTIME NOTIZIE: TUTTI I NUMERI

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Aborto, in Piemonte Fratelli d’Italia usa il corpo delle donne per una becera propaganda politica

Il trucco è sempre lo stesso e forse sarebbe il caso di smontarlo una volta per tutte: prendi un argomento che faccia presa sulla pancia dei tuoi elettori, lancia una proposta che non è nemmeno una proposta ma è una sterile provocazione, decidi di prenderla con una di quelle categorie che funzionano sempre nella guerra ideologica e poi mischi tutto per farne un bel pastone e riuscire a meritarti qualche spazio sui giornali. Questa volta tocca alla Regione Piemonte che per mano del suo assessore regionale alla semplificazione Maurizio Marrone (di Fratelli d’Italia) che decide di scagliarsi contro la decisione del governo dei primi d’agosto con cui il ministro Speranza aveva abolito l’obbligo di ricovero per le donne che scelgono l’aborto farmacologico.

Ai tempi la decisione venne presa per contrastare un altro blitz della destra che aveva deciso di obbligare le donne che volevano ricorrere all’aborto farmacologico a un ricovero ospedaliero che ovviamente (non ci vuole un genio per capirlo) avrebbe aumentato lo stress psicologico e fisico, l’esposizione e le difficoltà delle donne. Non avendo la possibilità di combattere con lealtà le proprie idee, del resto, questi sono abituati a disincentivare scientemente le idee degli altri, come se fosse normale, come se la sottrazione dei diritti fosse l’unico modo per immaginare un modo di governo e una propria identità politica.

E la scienza? No, no, a loro la scienza non interessa per niente e il fatto che il Consiglio di Sanità e le società di ginecologia e ostreticia abbiano espresso sulla questione un parere univoco (e favorevole alla decisione del ministero) non intacca minimamente l’assessore Marrone, che ovviamente si sente sicuro delle proprie idee con la stessa sicumera che hanno sempre quelli che giocano a fare politica sulla pelle della libertà di scelta (preferibilmente le donne) e che sanno solo attaccare il corpo per fingere di avere delle idee.

Non è un caso, no, è una lucida strategia che si inventa qualsiasi passaggio punitivo pur di scoraggiare un atto che non hanno il coraggio di discutere deliberatamente faccia a faccia con le donne. E infatti appena si alza il polverone si tirano indietro e dicono che era solo una proposta, solo un’idea che al momento non c’è nessuna ipotesi di calendarizzazione ma intanto sono già riusciti a frugare gli intestini dei loro elettori e a meritarsi un po’ di spazio sui giornali. Fino al prossimo giro, fino al prossimo timido tentativo. Sempre avanti così.

Leggi anche: 1. Salvini, usa me se vuoi fare propaganda sull’aborto (di Selvaggia Lucarelli)

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La deputata Aiello a TPI: “Lascio il M5S, vanno avanti solo i soliti nomi”

La deputata Piera Aiello ha lasciato oggi il Movimento 5 Stelle pur continuando la sua attività di parlamentare. L’abbiamo intervistata per comprendere meglio la sua scelta.

Perché questa decisione di abbandonare il M5S? Quali sono le cose che l’hanno delusa?
Ero partita con un’idea ben precisa: quella di aiutare la categoria a cui appartengo, i testimoni di giustizia ma anche quella dei collaboratori e degli imprenditori vittime di racket e di usura. Quando io ho messo a disposizione la mia esperienza trentennale sono rimasta inascoltata, nessuno mi dava contezza di quello che si stava facendo. Molti testimoni, collaboratori e imprenditori si sono rivolti a me fiduciosi poiché sono nella commissione parlamentare antimafia e pensavano che io avessi il potere di aiutarli. Ma io quel potere non ce l’ho, non l’ho mai avuto e non l’ho cercato. Il potere adesso ce l’ha sicuramente Crimi che ha le deleghe al ministero con la commissione ex articolo 10 e quando io porto avanti le richieste di aiuto non vengo nemmeno sentita. Non mi sento valorizzata. L’ho sempre detto: non ho mai preteso nessun posto apicale ma la cosa che pretendevo di più era quella di essere ascoltata sulla base della mia esperienza. A me interessava poter aiutare le persone che mi chiedevano aiuto. E questa è stata la mia prima delusione. Io non sono un animale politico, sono una persona molto semplice, una donna del popolo cerco di risolvere le problematiche e da quello che ho visto problematiche non si risolvono.

Cosa non è stato fatto per i testimoni di giustizia che invece andava fatto?
I testimoni di giustizia alcuni sono stati auditi ma da quello che mi risulta non è stata risolta nessuna situazione, né economica e né di sicurezza. Andava fatto questo prima di tutto, mettere in sicurezza i testimoni e non fargli correre rischi inutili, come è capitato a Marcello Bruzzese, fratello di un testimone di giustizia, ucciso il 25 dicembre 2018 in una località protetta. Doveva essere una località sicura ma così non è stato. Molti corrono ancora questo rischio. Non è stato fatto nulla, non si sono risolte situazioni che sono incancrenite da moltissimi anni. Tante promesse ma nulla di fatto.

C’è stata un’effettiva involuzione del Movimento in questi anni?
Il movimento è cambiato, non rispecchia più il pensiero di Casaleggio, vedi il terzo mandato per la Raggi, cosa ci si deve aspettare che lo tolgano del tutto per far candidare i soliti?
È pentita della sua scelta della politica?
Non sono pentita della scelta che ho fatto, sono delusa, ma comunque faccio tesoro di tutto, metto un punto e vado avanti.

Ora inevitabilmente partiranno gli attacchi, le richieste di dimissioni, le accuse di tradimento: come risponde?
Si ho visto gli attacchi, me ne farò una ragione. A tutti quelli che pensano che rimango in parlamento dico che prima di entrare in politica ero un’impiegata regionale, la mia famiglia non se la passa poi male perché lavoriamo tutti onestamente, resto per completare il lavoro che ho iniziato in antimafia, resto perché ho depositato due leggi, una su testimoni e collaboratori l’altra su imprenditori vittime di racket ed usura, leggi che ha oggi sono insabbiate, che non vanno avanti, che sarebbero state il fiore all’occhiello. Sinceramente non mi sembra di aver tradito nessuno, direi il contrario, non ho intenzione di abbassare la testa davanti a nessuno, non lo ho fatto trent’anni fa con i mafiosi, non lo faccio adesso. Nella sua vita si è ritrovata sempre a prendere scelte che sono state coraggiose e che le sono costate molto dal punto di vista personale.
Crede che la politica sia pronta per dare il giusto spazio a testimonianze come la sua?
La politica è pronta se fa un programma forte contro le mafie, se tutto questo non viene preso in considerazione non andremo avanti, la criminalità e dappertutto, specialmente dove ci sono i soldi, questo lo abbiamo già costatato e lo costerneremo con l’arrivo dei soldi per l’emergenza Covid.

Ha intenzione di continuare comunque il suo percorso politico? Se sì, come?
Come dicevo prima ultimo i lavori iniziati difendendoli a spada tratta, anche se non ho un simbolo di appartenenza non vuol dire che non posso continuare, anzi direi che non avendo le mani legate, non stando agli ordini di scuderia, posso fare meglio e informare i cittadini di ciò che succede in parlamento.

Leggi anche: 1. Piera Aiello, storia della prima testimone di giustizia italiana, eletta con il M5S / 2. La deputata Piera Aiello dice addio al M5S: “Non mi rappresenta più”

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L’eterno tafazzismo del centrosinistra: così l’alleanza Pd-M5S naufraga prima di nascere

Regola numero uno in politica: se decidi di parlare in pubblico di un accordo si presume che a quell’accordo intanto qualcuno ci stia lavorando, che ci siano presupposti che possano renderlo possibile e che ci sia volontà da entrambe le parti. E invece no, per la strana alleanza tra Partito Democratico e Movimento 5 Stelle, un’alleanza annunciata e addirittura votata sulla piattaforma dei grillini, abbiamo assistito e continuiamo ad assistere alle dichiarazioni addirittura di un presidente del Consiglio, del segretario del Partito Democratico Nicola Zingaretti, dell’ex capo politico del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio e intanto dai territori arrivano solo rifiuti se non addirittura calci.

La candidata del M5S in Puglia risponde contrattaccando: “Mi hanno offerto poltrone e prestigio assicurato. Ma la nostra scelta deve essere più importante dei miei vantaggi personali e di quelli del premier”, dice, lasciando perfino intendere che l’accordo tra i due partiti su scala locale sarebbe solo il tentativo di prendere ossigeno nel governo nazionale. Non una gran figura, per niente.

Gian Mario Mercorelli, candidato grillino nelle Marche coinvolge perfino il gran capo dei 5 Stelle Vito Crimi dicendo: “Ho sentito Crimi, e non è in corso nessuna trattativa, né a Roma né qui sul territorio. Capisco le ragioni di Conte, è una posizione dovuta, ma è fuori tempo massimo. Un’entrata così a gamba tesa a 36 ore dalla presentazione delle liste non favorisce di certo l’equilibrio generale”.

Un dato è certo: il matrimonio non si farà e risultano perfino risibili i tentativi di chi preannuncia la richiesta agli elettori di fare voto disgiunto per riuscire comunque a convergere sui candidati presidenti del PD. Il matrimonio giallorosso fallisce ancora prima di essere celebrato e il PD incassa perfino gli strattoni del capo politico pentastellato Crimi, che dice di occuparsi “prima dei contenuti che dei contenitori”, liberando, di fatto, tutte le decisioni dei territori e dichiarando addirittura, in un’intervista proprio ieri al Corriere della Sera, che l’alleanza di cui si discute da giorni non è “alleanza strutturale” e che il voto su Rosseau si riferiva a “quattro Comuni che hanno presentato un progetto”. Proprio così.

E con il senno del poi viene da chiedersi a cosa sia servita tutta questa solfa, a cosa sia servito aprire un dibattito su un progetto che non aveva nessuna possibilità di realizzazione e soprattutto perché logorare i due partiti che sostengono il governo, in questo delicato momento in cui c’è un intero Paese da fare ripartire tra qualche settimana, con un’alleanza sui territori che nei fatti era apparsa subito irrealizzabile. Anche perché ammucchiarsi contro la destra, sperando che i voti si sommino come se gli elettori fossero immobili e acritici, non ha mai portato risultato. Ma qualcuno sembra non avere imparato la lezione.

Leggi anche: 1. Vito Crimi gela Conte: “No all’alleanza M5S-Pd. Il voto su Rousseau riguardava solo 4 Comuni” / 2. Regionali, in Puglia l’alleanza col Pd non piace ai Grillini. La candidata M5S: “Piuttosto tagliatemi la testa”/ 3. Pd-M5S, scoppia la pace in tribunale: “Stop alle cause che ci vedevano contrapposti, cambiato clima politico”. Renzi: “Io non le ritiro”

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Prima i 49 milioni, poi il pieno di furbetti del bonus: è la Lega, quella che urlava contro la “casta”

I nomi escono a grappoli, dentro c’è di tutto: il bonus da 600 euro che è finito nelle tasche di parlamentari e consiglieri regionali, gente che sicuramente non aveva bisogno di quei soldi e soprattutto gente che avrebbe dovuto mantenere un comportamento etico rispettando il proprio ruolo con disciplina e onore come chiede la Costituzione, è l’argomento di cui tutti parlano nelle chat dei parlamentari. È una di quelle cose che fa schifo a tutti ma che non ne parla quasi nessuno perché si rischia di farsi molto male e così accade, nell’indifferenza generale, che lo stesso Salvini che chiedeva le immediate dimissioni dei parlamentari che si sarebbero ritrovati coinvolti ora cambia linea e parla semplicemente di “immediata sospensione”.

Perché? Perché sono leghisti Elena Murelli e Andrea Dara, i due parlamentari che hanno deciso di venire allo scoperto prima di essere scoperchiati dall’audizione del presidente Inps Pasquale Tridico e volendo vedere è leghista anche il vicepresidente del Veneto Gianluca Forcolin, quello che ha provato a spiegarci che la sua richiesta è partita “in automatico” (ma davvero, ma che significa?): probabilmente si è giocato la ricandidatura. Zaia, a differenza di Salvini, sembra molto più duro del suo segretario. In Veneto ci sono anche due consiglieri regionali leghisti: Riccardo Barbisan e Alessandro Montagnoli (che ha provato fuori tempo massimo a stornare i 600 euro alla Protezione Civile). Male anche per loro, Zaia ha già detto che non ci sarà nessuna ricandidatura.

È leghista anche il consigliere regionale dell’Emilia Romagna Stefano Bargi, come Ivano Job, consigliere leghista in Trentino che con il contributo della Provincia si è messo in tasca 5mila euro. Eppure i leghisti sono i moralisti, quelli della “Roma padrona” e della politica che avrebbero dovuto “ripulire”. Sono quelli che a parole difendono i soldi dei lavoratori contro gli sprechi della politica e poi si intascano i soldi dei lavoratori. Sono quelli che sull’indignazione e sull’antipolitica (quella politica che usano a tradimento svilendola nei fatti e nelle parole) costruiscono le platee elettorali e poi balbettano quando si tratta di loro che sono presi con le mani nel sacco.

Lo stesso accade per il deputato 5 stelle Rizzone e per il pentastellato sindaco di Campobasso: contribuire alla pessima politica con le scelte imperfette della propria classe dirigente è un errore imperdonabile. Eppure alla fine sono loro: i duri e puri che basta che gratti un po’, appena appena, e scopri che sono ancora peggio degli altri.

Leggi anche: Bonus Inps, il leghista Bocci e quelli che “è sempre colpa dei commercialisti” 

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La maionese è impazzita

Dai cinque parlamentari che hanno fatto richiesta del bonus di 600 euro alla guerra alla politica senza senso della misura. E l’antipolitica è una pessima notizia

Ecco qua. Ci sono cinque parlamentari senza dignità che alla faccia nostra incassano i 600 euro che sarebbero serviti a persone certamente più bisognose e ora la guerra si allarga e si assiste al solito assolutismo italiano, quello che è l’ingrediente perfetto per scivolare ancora più in basso rispetto a dove siamo.

Sia chiaro, i cinque sono imperdonabili. Imperdonabili. Ne abbiamo parlato giusto nel buongiorno di ieri.

Ma si legge in giro qua e là che “addirittura dei sindaci, assessori e consiglieri comunali” avrebbero aderito al bonus Covid, come se davvero la gente fosse talmente cretina da non sapere che un consigliere comunale o un sindaco di un piccolo paese deve lavorare (eh, sì, incredibile, lavorare) per fare politica perché non può permettersi di vivere di quella. Così si butta tutto nel calderone.

Ieri una consigliera comunale di Milano, Anita Pirovano, ha provato a spiegarlo con calma: «Mi autodenuncio. Non vivo di politica perché non voglio e non potrei. Non potrei perché ho un mutuo, faccio la spesa, mantengo mia figlia e – addirittura – ogni tanto mi piace uscire e durante le ferie andare in vacanza. In più ho studiato fino al dottorato e all’esame di stato per diventare psicologa e ricercatrice sociale, professione in cui negli ultimi tempi mi sembra spesso di essere “più utile” alla società che in consiglio comunale (attività a cui comunque dedico tutto il tempo non lavorato e la passione di cui sono capace). Infine e soprattutto pur non cedendo alle sirene antipolitiche ho capito sulla mia pelle che avere un lavoro (nel mio caso più d’uno in regime di lavoro autonomo) mi consente di essere “più libera” nell’impegno politico presente e ancora più nelle scelte sul futuro, per definizione incerto. Come tanti mi indigno – perché è surreale – se un parlamentare in carica fruisce ammortizzatori sociali e penso sia paradossale che una misura di sostegno al reddito non preveda nessuna soglia di reddito».

Niente, è una guerra continua alla politica senza senso della misura e senza cognizione. Magari il presidente dell’Inps Tridico potrebbe anche spiegarci come mai non siano stati comunicati i furbetti delle casse integrazioni inventate o del Reddito di Cittadinanza. Sia chiaro, non è benaltrismo, è che vorremmo conoscerli tutti i furbetti. Tutti. Per avere cognizione di causa.

Intanto veleggia l’antipolitica, ancora una volta. Ed è una pessima notizia. Peggiore di quei cinque cretini.

Buon martedì.

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Il problema non sono i furbetti dei 600 euro, ma i leader che li hanno portati in Parlamento

Guardare il dito e la luna. È una storia che comincia come una barzelletta: ci sono tre leghisti, c’è un Cinque Stelle e uno di Italia Viva, la caccia ai nomi sarà lo sport della giornata e forse anche dei prossimi giorni. Che in mezzo ai richiedenti ci siano anche presidenti di regioni (che certo non hanno stipendi inferiori ai parlamentari) sembra essere sfuggito ai più. L’importante sono i parlamentari, gli obiettivi sono i parlamentari, tutti addosso ai parlamentari. Sia chiaro: che i cinque siano l’antitesi di quella disciplina e di quell’onore che sono richiesti dalla Costituzione a chi si ritrova a governare la cosa pubblica è fuori da ogni dubbio.

Chiedere 600 euro nella comodissima posizione dell’essere parlamentare è un gesto infimo, siamo d’accordo ma una riflessione ragionata e ampia dovrebbe spingerci a porci domande e allargare la discussione. Una norma, ad esempio, che prevede un contributo a pioggia, senza limiti di reddito, a tutti è politicamente sbagliata e praticamente inutile ai fini dell’uguaglianza sociale: i parlamentari hanno sfruttato una falla nella legge (e fanno schifo anche per questo) che ha permesso a molti benestanti di usufruire di un bonus di cui non avevano bisogno. Diciamolo: dare 600 euro a tutti è stata una pessima idea, forse dettata dall’emergenza, ma una pessima idea. Il buon legislatore scrive le leggi (e i decreti) perché siano funzionali ai più bisognosi e perché sbarrino la strada ai furbi. In questo caso non è successo, diciamolo chiaramente.

Poi dell’epoca Covid sarebbe da raccontare anche quella parte di imprenditori che hanno usufruito della cassa integrazione senza avere nessuna riduzione di fatturato, sarebbe da parlare dei cassintegrati che hanno continuato a lavorare normalmente per qualche imprenditori che si ritene particolarmente furbo, sarebbe da parlare di chi in nome dell’emergenza si è addirittura arricchito usufruendo comunque degli aiuti di Stato. Facendo due conti siamo di fronte a un dissanguamento di denaro pubblico enormemente più grave di quel gruzzolo di 600 euro. Sarebbe bello che l’INPS ci parlasse anche di questo, no?

E infine un punto strettamente politico: quanto comodo fa all’antipolitica (quell’antipolitica che ci ha trascinati in questo gretto populismo) che dei parlamentari vengano sventolati come prova della fallacia di una legge che invece ha favorito una platea ben più vasta? Quanto gioca tutto questo per il prossimo referendum (populista) che ancora una volta punta sulla quantità e non sulla qualità? E soprattutto: ma chi ha scelto quei parlamentari, quelli che dovrebbero formare la classe dirigente di questo Paese, non ha nulla da dirci? Perché quei nomi li sappiamo già: Matteo Salvini, Gianroberto Casaleggio e Matteo Renzi. Loro non hanno nulla da dirci?

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Il sottovuoto in cui stiamo

Stato d’emergenza, migranti, Europa: siamo in una fase politica in cui si urla di tutto e parla di niente. Certo, succede spesso, ma è insopportabile questa leggerezza vacanziera su ciò che accade

Ieri una leader del centrodestra ha urlacciato alla Camera per fare sentire più forte le proprie idee. L’hanno chiamata tenacia e invece è solo un volume alto, un volume di voce alto è solo un volume di voce alto e chi urla lo fa perché ha paura che le sue idee non siano abbastanza pesanti e quindi ha bisogno di scagliarle perché si notino di più. Buon per loro, male per noi.

Però analizziamo il momento politico, sul serio, per favore.

Proviamo a togliere i migranti, togliamoli dal tavolo della polemica politica. Non rimane niente, niente di niente.

Si sta parlando del prolungamento di stato d’emergenza di un Paese i cui molti bighellonano tra discoteche e mercatini e spiagge senza nessuna protezione, senza nessuna mascherina e intanto urlano alla dittatura. Una dittatura in cui va di moda non seguire nemmeno le regole basilari è una delle dittature meno credibili che si sia mai vista in giro.

Si sta discutendo di quelli per cui il Covid non esiste. Fermi tutti: quelli per cui il Covid non esiste sono gli stessi che urlacciano contro i migranti che porterebbero il Covid. Un tilt di ragionamento che farebbe sbiellare chiunque e che invece qui viene rivenduto come fosse normale.

Si sta parlando di scuola (e ce ne sarebbe tanto bisogno di parlare di scuola) discutendo solo di banchi a rotelle. Solo di questo.

Si sta parlando dei soldi dell’Europa mica decidendo come spenderli ma discutendo del fatto che l’Europa sia sporca e cattiva. Proposte su come spendere i soldi, per ora, niente.

Si sta discutendo di lavoro con le due fazioni che si dicono, entrambe, che bisogna rilanciare il lavoro e nessuno capisce come si debba fare.

È la stagione del sottovuoto spinto. Della politica che urla di tutto e parla di niente. Sì, lo so, accade spesso, ma non trovate che sia insopportabile questa leggerezza vacanziera su quello che accade? Ma lo sentite il disagio di una discussione così?

Buon giovedì.

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Fratoianni a TPI: “Governissimo con Berlusconi? Non con noi. Ci sono interessi economici dietro”

Il rifinanziamento della Guardia Costiera libica ha spaccato il governo. Sono in molti a lamentare un cambio di rotta sull’immigrazione. Ne abbiamo parlato con il deputato Nicola Fratoianni di Leu, per TPI.it.

Fratoianni, ancora una volta l’Italia finanzia quelli che sono considerati quasi universalmente dei veri e propri aguzzini. Non le sembra che la gestione di questo Governo, in tema di immigrazione, non si discosti molto dalla gestione con Salvini al ministero dell’interno?
Per la verità non è cambiato molto nemmeno con quello che è successo con i governi precedenti al primo governo Conte: sono stati loro ad avviare la collaborazione con le autorità libiche. Piuttosto la votazione di ieri, con i voti contrari di 14 senatori e 23 parlamentari, indica che i numeri di chi si oppone a questa politica in campo migratorio sono decisamente più alti. Il rifinanziamento è passato con un voto trasversale che ha coinvolto anche i partiti all’opposizione.

E intanto rimangono lì anche i decreti sicurezza…
La discussione sui decreti sicurezza si sta svolgendo con un altro tratto e alla luce del lavoro che stiamo facendo mi sento di dare un giudizio prudentemente positivo perché da quel che vedo credo sia possibile ottenere un risultato assai significativo rispetto all’obiettivo che ci eravamo dati, ossia cancellare gli aspetti più regressivi che quei decreti avevano introdotto in materia di immigrazione.

Cosa ha pensato quando ha letto la notizia di quel cadavere rimasto per 15 giorni in acqua, avvistato ben 4 volte e con nessuna autorità che si è mossa?
Ho pensato che che il comportamento dell’Europa di fronte alla vicenda migratoria che ormai da troppi anni investe il Mediterraneo centrale resta un comportamento ipocrita e troppo spesso indifferente. Io sono stato in quel mare più di una volta, su diverse navi, e so che significa stare su una barca, in condizioni precarie, quando si ha l’impressione che non ci sia nessuna possibilità di arrivare sull’altra sponda.

Possiamo però dire che gli elettori che hanno a cuore la solidarietà possono essere ben poco soddisfatti di questo governo?
Certo non possono essere soddisfatti fino in fondo perché io credo che affrontare in modo radicalmente diverso le politiche migratorie sia la strada migliore per sconfiggere la destra peggiore di questo Paese. Serve un’alternativa radicale molto maggiore di oggi. Nello stesso tempo non sono tra quelli che pensa che le politiche migratorie siano le stesse del governo precedente: non lo sono nelle scelte concrete, nel rapporto con le ONG e nella gestione di porti. E spero di poter dire ben presto, forse a settembre, che non lo sarà più neanche sul terreno della legislazione.

Prodi e De Benedetti invocano addirittura Berlusconi. Che ne pensa?
Il rientro di Berlusconi è una vecchia tentazione che torna in alcuni momenti della politica italiana, la tentazione della trasversalità dell’unità nazionale intesa però come trasversalità di interessi. Penso che sarebbe un errore strategico e per quanto mi riguarda incompatibile con la nostra presenza.

Leggi anche: Rifinanziamento Guardia costiera libica, 23 dissidenti Pd e LeU votano contro il governo; 2. [Retroscena] – Nel Pd è saltato l’asse Zingaretti-Franceschini: ora il governo rischia davvero (di Luca Telese)

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