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operazione Babylon

Roma, la movida e la mafia

Ventitré arresti e un sequestro di beni (46 tra bar, ristoranti, pizzerie e sale slot, 262 immobili, 222 rapporti finanziari/bancari, 32 auto e moto, 54 aziende e 24 quote societarie) per un valore di circa 280 milioni di euro, tra Roma, Milano, Salerno, Pescara, L’Aquila e Potenza. E’ l’esito di un’operazione congiunta di Carabinieri e Finanza, che hanno smantellato smantellato due organizzazioni mafiose che stavano consolidando un vero e proprio impero sul territorio della Capitale. Associazione per delinquere finalizzate all’estorsione, all’usura, al riciclaggio, all’impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, oltre al fraudolento trasferimento di beni o valori, sono i reati ipotizzati a carico degli appartenenti ai due gruppi. Tra i beni sequestrati rientrano anche gli storici bar ‘Mizzica!’ di via di Catanzaro e di Piazza Acilia, acquisiti di recente dal gruppo riconducibile a Gaetano Vitagliano, il locale ‘Macao’ di via del Gazometro, frequentato dai vip della movida romana, e la nota catena di bar ‘Babylon Cafe‘, dalla quale l’indagine prende il nome.

Le mani degli ‘Scissionisti’ sulla Capitale

Vitagliano è considerato personaggio di spicco del narcotraffico internazionale, con ‘fatturati’ da capogiro, contiguo al clan camorrista degli Amato-Pagano, denominato degli “Scissionisti”, operante a Nord di Napoli. La sua figura “imprenditoriale” emerge a partire dal 2011, in concomitanza con la sua scarcerazione dalla prigione di Rebibbia, dove era detenuto per traffico internazionale di droga tra l’Olanda e l’Italia. Da quel momento, lui ha saputo costruire un impero creando attorno a sé un’articolata organizzazione criminale dedita al riciclaggio e al consequenziale reimpiego dei proventi illeciti. L’altra organizzazione criminale, capeggiata da Giuseppe Cellamare, è invece legata al gruppo Vitagliano attraverso l’imprenditore Andrea Scanzani, ed è risultata attiva nella commissione di gravi delitti contro il patrimonio, realizzati a Monterotondo, tra i quali estorsioni ed usure realizzate con il metodo mafioso, e nel successivo impiego dei proventi illeciti in bar e sale giochi, intestati a prestanome.

La nuova vita (criminosa) del pentito Cellamare

Cellamare, negli anni ’90 elemento di spicco della ‘Sacra Corona Unita’, divenuto collaboratore di giustizia, venne trasferito sotto protezione nel Comune di Monterotondo, dove negli ultimi anni ha ricostituito un sodalizio criminale, mutuando le modalità tipicamente mafiose utilizzate in Puglia ed adattandole al contesto territoriale dell’hinterland romano. L’organizzazione capeggiata da Callamare si è imposta nel comune di Monterotondo, avvalendosi della condizione di assoggettamento derivante dalla propria “fama criminale”, ripetutamente affermatasi con atti di violenza compiuti dai membri del sodalizio al fine di recuperare i crediti delle estorsioni e delle usure. Oltre ai destinatari della misura cautelare, risultano indagati a piede libero altri 26 soggetti, tra i quali un notaio, tre commercialisti e altri dipendenti infedeli di banca. “Il ruolo dei professionisti in queste associazioni per delinquere era importante e consisteva principalmente nella creazione di società finalizzate a schermare i proventi e i beni ricavati in modo illecito”, ha spiegato in conferenza stampa il procuratore aggiunto di Roma, Michele Prestipino.

(fonte)