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operazione Omega

Sacra Corona Unita: quelle strane scarcerazioni

Ne scrive Andrea Tundo per Il Fatto Quotidiano ed è una situazione che sfiora il paradosso. Ed è il caso di tenere gli occhi ben aperti. Ben aperti. Ecco qui:

«Altri sei rispediti in libertà dal tribunale del Riesame. Ed è probabile una nuova ondata di scarcerazioni il 5 gennaio. Non solo, perché nei prossimi giorni potrebbe lasciare il carcere anche Carlo Solazzo, presunto killer del figlio di un collaboratore di giustizia. A conti fatti, quasi la metà (se non detenuta per altri reati) è già tornata a casa, ma il rischio è che succeda a tutti i 58 uomini arrestati lo scorso 12 dicembre con le accuse, a vario titolo, di associazione mafiosa, omicidio, danneggiamento, traffico di armi e droga. L’operazione Omega, come l’ha ribattezzata la procura antimafia di Lecce, ha smantellato una presunta cellula della Sacra Corona Unita attiva nel Brindisino. Ma le esigenze cautelari, sostiene il Riesame, non stanno in piedi. E sulla vicenda ha messo gli occhi il ministero della Giustizia, anche alla luce di una lettera che i pm hanno inviato al gip affinché rimettesse mano all’ordinanza.»

Sacra Corona Unita, operazione Omega: i fatti, le facce e i nomi

I Carabinieri di Brindisi hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere chiesta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce nei confronti di 58 indagati ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, concorso in omicidio, con l’aggravante del metodo mafioso, associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, porto e detenzione illegali di arma da fuoco, nonché spaccio di sostanze stupefacenti. Gli arrestati risiedono nel territorio dell’intera provincia e in quello della limitrofa Lecce. L’inchiesta è stata chiamata Omega, 14 le ordinanze notificate in carcere a indagati ritenuti affiliati a due gruppi: da un lato quello di San Donaci, dall’altro quello di Cellino San Marco.

Nel corso delle indagini sono state intercettate frasi collegate al rituale di affiliazione alla Sacra corona unita. Al centro dell’operazione c’é l’omicidio del 29enne Antonio Presta a San Donaci, figlio dell’ex collaboratore di giustizia Gianfranco Presta. Il giovane fu ammazzato a colpi di pistola e fucile la sera del 5 settembre del 2012, mentre era nei pressi di un circolo ricreativo.

Dopo l’omicidio a San Donaci, nel corso di perquisizioni e attività dei carabinieri, sono stati trovati ingenti quantitativi di droga e tre mesi dopo un ordigno fu fatto esplodere davanti al portoncino di ingresso della casa in costruzione del maresciallo dei carabinieri. Tutti fatti, questi, che potrebbero essere collegati. I dettagli dell’operazione saranno resi noti nel corso della conferenza stampa che il Procuratore della Repubblica di Lecce, Cataldo Motta, terrà alle 10 di oggi, lunedì 12 dicembre, presso il comando provinciale carabinieri di Brindisi.

Cominciano a filtrare i primi nomi delle persone colpite dalle ordinanze di custodia cautelare: Daniela Presta e Giuseppe Chiriatti; Daniele D’Amato, Vincenzo Maiorano, Marco Ferulli, Nicola Taurino. Ferulli stava già scontando ai domiciliari una condanna per furto. Chiriatti e Taurino, entrambi di Cellino San Marco, sono finiti sotto procresso nell’ottobre scorso assieme ad altri elementi della malavita della zona, per reati connessi allo spaccio di marijuana.

Omicidio Presta– Sei anni di indagini per arrivare ad avere il nome di un uomo, un brindisino, ritenuto l’autore materiale dell’omicidio di Antonio Presta, avvenuto nei pressi del club le Massé di San Donaci: Carlo Solazzo, alias Cacafave, il cui nome sarebbe stato consegnato anche da alcuni pentiti della Scu, che di quel fatto di sangue hanno parlato nei verbali resi ai pm dell’Antimafia ricostruendo le dinamiche per la gestione dell’attività di spaccio di droga nella zona a Sud di Brindisi, fra San Donaci e Cellino San Marco.

Avrebbe agito per vendetta assieme a un’altra persona che, al momento, resta senza nome. Stando a quanto è evidenziato nel provvedimento di arresto, “Antonio Presta, unitamente alla sorella Daniela e  con l’avallo del convivente di quest’ultima, Pietro Solazzo, in quel periodo detenuto, stavano assumendo un ruolo di primo piano  tentando di scalzare Carlo Solazzo, fratello di Pietro”, quest’ultimo considerato a “capo di una compagine criminale dedita allo spaccio a Cellino”. Il 15 agosto 2012 “Antonio Presta assieme a Daniela, incendiarono un’abitazione di Carlo Solazzo, approfittando dell’assenza della famiglia. In un contesto simile è maturata la volontà di uccidere.

Le indagini hanno portato a galla due gruppi inseriti in contesti di stampo mafioso, riconducibili a Pietro Soleti di San Donaci e ai fratelli Carlo e Pietro Solazzo di Cellino, alias cacafave. La situazione ha iniziato a cambiare in seguito alla scarcerazione di Pietro Solazzo, nel febbraio 2013, con screzi tra fratelli, messi a tacere per non far saltare gli equilibri. Stessa strategia è stata adottata guardando all’altro gruppo, quello dei sandonacesi, sino ad arrivare al mutuo soccorso che avrebbe garantito a entrambi la sopravvivenza al riparo dalle azioni degli uomini delle forze dell’ordine, considerati nemici comuni.

Tra gli atti intimidatori ricostruiti in ordinanza, c’è quello ai danni dell’abitazione del comandante della stazione dei carabinieri di San Donaci, posto in essere da Benito Clemente e Antonio Saracino. Nel gruppo dei sandonacesi sarebbe stato attivo anche Floriano Chirivì. La droga sarebbe stata gestita attraverso il club Le Massè di San Donaci, dove avvenivano gli incontri e dove è avvenuto l’omicidio Presta.

Le armi. Il gruppo aveva anche la disponibilità di armi, “reperite tramite un cittadino di origine slava, Gennaro Hajdari, alias Tony Montenegro, che le faceva giungere dall’Est Europa”. Quanto all’altro gruppo, quelli dei cellinesi, “si avvaleva dell’operato dei luogotenenti Marco Pecoraro e Saveria Elia, nonché di una capillare rete di spacciatori soprattutto di cocaina” venduta “nel paese, presso la sala giochi e altri esercizi pubblici” e nei paesi limitrofi, tra i quali Guagnano. La sostanza stupefacente arrivava da Oria, Brindisi, Lecce e soprattutto da Torchiarolo.

Le affiliazioni. Le indagini, inoltre, hanno permesso di accertare che se da un lato i gruppi sceglievano la “pax” , dall’altro restavano comunque ancorati ai rituali di affiliazione con formule da imparare a memoria, definite “condanna buona”. Buona perché era quella del gruppo, del sodalizio di stampo mafioso, diametralmente opposta a quella “cattiva”, la condanna delle sentenze.

I nomi di tutte le persone arrestate: Vincenzo Maiorano, 42 anni, Gionatan Manchisi, 35 anni, Pietro Mastrovito, 55 anni, Cosimo Mazzotta, 53 anni, Matteo Moriero, 23 anni, Umberto Nicoletti, 39 anni, Massimiliano Pagliara, 39 anni, Cosimo Perrone, 33 anni, Giuseppe Perrone detto “Barabba”, 44 anni,  Daniele Presta, 39 anni, Daniele Rizzo, 39 anni, Saverio Rizzo, 50 anni, Giuseppe Saponaro, 34 anni, Antonio Saracino, 40 anni, Valtere Scalinci, 41 anni, Carlo Solazzo, 40 anni, Pietro Solazzo, 37 anni, Pietro Soleti 52 anni, Nicola Taurino, 24 anni, Andrea Vacca, 41 anni, Annunciato Cristian Vedruccio, 28 nni, Cosimo Vitale, 47 anni, Salvatore Arseni, 42 anni, Claudio Bagordo, 44 anni, Vito Braccio, 35 anni, Cristian Cagnazzo, 30 anni, di Copertino.

Giuseppe Chiriatti, 37 anni, Oronzo Chiriatti, 29 anni, Floriano Chirivì, 35 anni, Benito Clemente, 37 anni, Vito Conversano, 45 anni, Antonio Corbascio, 43 anni, Onofrio Corbascio, 48 anni, Giuseppe Cortese, 27 anni, Gabriele Cucci, 26 anni, Giuseppe D’Errico, 34 anni, Daniele D’Amato detto “Cacanachi”, 38 anni, Giuseppe D’errico, 34 anni, Antonio Francesco De Luca detto “Ticitone”, 25 anni, Sergio dell’Anna, 39 anni,  Saverio Elia, 38 anni, Marco Ferrulli, 43 anni, Francesco Francavilla, 36 anni, Cosimo Fullone, 39 anni, Cristian Gennari, 29 anni, Francesco Giannotti, 29 anni, Giuseppe Giordano, 45 anni, Davide Goffredo, 35 anni, Luca Goffredo, 37 anni, Paolo Golia,33 anni, Gennaro Hajdari,33 anni, Gabriele Ingusci,36 anni,  Fausto Lamberti , 37 anni, Gabriele Leuzzi, 37 anni, Antonio Lutrino, 28 anni,  Gianluca Re, 28 anni, Raffaele Renna detto “Puffo”, 37 anni,

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