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ospedali

Ieri gli infermieri erano “eroi”. Ora chiedono stipendi decenti e vengono presi a manganellate

Ve li ricordate gli infermieri in prima linea tutti belli, tutti giovani, tutti forti? Ve la ricordate, non è passato molto tempo, la romanticizzazione del lavoro negli ospedali nel momento di punta del virus, quando circolavano le fotografie di personale distrutto dalle mascherine, segnato dal dolore, provato dalla stanchezza e svuotato alla fine di turni che duravano perfino un giorno intero? Si diceva che forse sarebbe stato il caso di trarne una lezione, di essere meno poetici e di considerare la straordinarietà dell’impegno come lezione per il futuro, per riconoscere di più e meglio il lavoro di una sanità che un po’ dappertutto è stata sempre punita dalle scelte della politica, abbandonata a calcoli di bottega più che a preoccupazioni sanitarie.

In Francia da giorni gli operatori sanitari protestano per le strade chiedendo una migliore retribuzioni e maggiori investimenti nella sanità pubblica, per strada ci sono le stesse facce che venivano celebrate e incoraggiate, per strada c’era anche Farida, un’infermiera che è stata fotografata, questa volta senza celebrazioni facili come didascalia, ma circondata da poliziotti antisommossa che la trascinano con la faccia sporca e insanguinata come se fosse una pericolosa criminale. “Questa donna è mia madre – ha poi twittato la figlia – ha 50 anni, è infermiera, per tre mesi ha lavorato fra le 12 e le 14 ore al giorno. Ha avuto il Covid. Manifestava perché rivalutino il suo salario, perché riconoscano il suo lavoro. E’ asmatica. Aveva il camice. E’ alta 1,55 metri”·

Dietro un semplice episodio c’è molto: c’è la violenza della polizia (accade in Francia come accade negli Usa e come accade un po’ dappertutto perché il problema è molto più contagioso di quello che sembra), c’è il declino veloce di chi torna utile ai governi nella veste di eroe ma che poi deve fare il bravo e tornare buono al suo posto senza alzare troppo la voce e c’è la pandemia che ha scoperto bisogni che qualcuno finge ancora di non vedere. L’eroe moderno a disposizione del potere funziona così: pronto per mettersi in posa per essere l’angelo custode a disposizione della narrazione battagliera e poi il muto consapevole di chi non si permette di alzare la voce. Non è che i nostri eroi sono stati utili solo come statuine di un presepe che doveva sconfiggere il virus e poi andava messo in soffitta fino alla prossima celebrazione? Perché così sarebbe tutto terribilmente poco etico, poco serio, poco credibile.

Leggi anche: 1. Divorare ciliegie mentre si parla di bambini morti: non c’è da ridere, c’è da avere paura / 2. A Londra un antirazzista ha salvato un razzista dal linciaggio. Ecco com’è vivere senza nemici / 3. La Storia non è una statua inamovibile uguale a se stessa: ecco perché si può mettere in discussione 

L’articolo proviene da TPI.it qui

Come ti sconsiglio l’aborto in Umbria

In Umbria governa Donatella Tesei  la quale ha pensato bene che uno dei più annosi problemi da risolvere nella regione fosse allungare il tempo di ricovero per l’interruzione di gravidanza volontaria farmacologica, da sempre come sapete una delle fobie di leghisti e destrorsi vari che sognerebbero di abolirlo per intero, l’aborto.

Nel 2018 la Regione Umbria aveva introdotto la possibilità di abortire grazie alla pillola Ru486 entro la settima settimana di gravidanza e aveva chiesto a tutti gli ospedali di organizzarsi in modo che le donne potessero effettuare l’interruzione della gravidanza grazie a una prestazione di day hospital o anche solo grazie a un servizio di assistenza domiciliare. La possibilità di rinunciare alla gravidanza con la pillola Ru486 è utilizzata oltre il 90% dei casi in nord Europa, per il 60% in Francia e solo per il 18% in Italia.

Ora la Tesei e la sua Giunta hanno deciso che serviranno almeno tre giorni di ricovero obbligatori per accedere all’interruzione di gravidanza farmacologica, cianciando di non si sa bene quale maggiore tutela considerando che in nessun Paese al mondo l’aborto farmacologico avviene al di fuori del regime di day hospital. Per scoprire perché un’azione sia stata intrapresa basta osservare chi è il primo che esulta: in Umbria ha esultato tantissimo il senatore ultraconservatore della Lega Simone Pillon, promotore del Family Day nonché commissario della Lega in Umbria.

Sono riusciti a rendere ancora più difficilmente sostenibile, soprattutto psicologicamente, il ricorso all’interruzione di gravidanza. Non è un caso, no, è una lucida strategia che si inventa qualsiasi passaggio punitivo pur di scoraggiare un atto che non hanno il coraggio di discutere deliberatamente faccia a faccia con le donne. Il fatto poi che in tempi di Covid si aumentino i giorni di degenza, mentre i malati non riescono nemmeno a ottenere le cure che gli spettano, rende tutto talmente goffo da risultare tragicamente imbarazzante.

Buon martedì.

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Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

In Lombardia i contagi si impennano di nuovo. Ma nessuno ne parla, tantomeno Fontana e Gallera

Che strano animale è questa narrazione tossica del Covid che si adagia sulle diverse fasi, cambia registro ogni volta che bisogna spingere ad aprire tutto prima e chiudere tutto poi. Ora provate a chiudere gli occhi e tornate con la mente al periodo della quarantena nazionale, quando tutti rimasero al guinzaglio del terrore rinchiusi in casa mentre ogni giorno si svolgeva la messa laica della Protezione Civile che snocciolava dati, infetti, decessi e guariti. Immaginate lì, in uno a caso di quei giorni, una Lombardia con un nuovo picco dei contagi che contiene il 66,4% dei nuovi contagiati totali su tutto il territorio nazionale, immaginate di sapere (perché è così) che solo oggi stanno facendo tamponi a persone che si sono ammalate talmente tanto tempo fa che sono già guarite (o morte) e che hanno dovuto affidarsi al proprio buonsenso per non infettare gli altri e per rimanere chiusi in casa senza essere registrati, tracciati e seguiti da nessuna Ats.

Immaginate un sindaco di una città importante come Bergamo, come Giorgio Gori, che scriva quello che ha scritto ieri quando ha dichiarato senza mezzi termini: “Leggo che in Lombardia ieri ci sono stati 32 decessi per Covid. Non si sa però dove, in quale provincia, perché la Regione non comunica più i dati divisi. Da quando abbiamo segnalato che i decessi reali erano molti dpiù di quelli ‘ufficiali’, hanno secretato i dati per provincia” e che “neppure i dati sui guariti vengono più comunicati, e sì che sarebbero importanti per capire che oggi le persone ammalate sono poche” e che “non vengono comunicati neanche i dati dei positivi Covid divisi per singolo comune”.

Tutto questo mentre diverse Procure indagano sulla mancata istituzione della zona rossa tra Alzano e Nembro e sulle troppe morti all’interno delle RSA lombarde. Immaginate quei numeri se fossero serviti per giustificare una chiusura totale e osservateli oggi come vengono bisbigliati per non disturbare l’apertura e l’operosità che non si può fermare: i numeri possono diventare opinioni quando serve. E notate, tanto che ci siete, il silenzio dei virologi, l’attenzione caduta delle trasmissioni televisive e la mancanza dei grandi pareri di opinionisti di ogni sorta. Il virus è finito, hanno deciso così, e per finirlo basta smettere di raccontarlo e fare passare tutto come una semplice naturale lunga coda. I morti di questi giorni sono morti accidentali, i contagiati sono laterali. Stiamo a posto così. Che strano animale è questa narrazione tossica del Covid che riesce sempre a essere perfetta per il duo Fontana e Gallera.

L’inchiesta di TPI sulla mancata chiusura della Val Seriana per punti:

L’articolo proviene da TPI.it qui

Siria, ad Aleppo crollano gli ospedali

Violenti bombardamenti hanno colpito due ospedali nella giornata di sabato ad Aleppo, in Siria. Oltre cento i morti tra i civili, compresi 17 bambini.
Due ospedali della città di Aleppo, in Siria – uno dei quali specializzato in medicina pediatrica – sono stati bombardati nella giornata di sabato dalle forze filo-governative di Bashar al-Assad. Secondo l’Osservatorio siriano per i Diritti dell’uomo i raid hanno provocato la morte di almeno 107 civili, compresi 17 bambini. Le strutture colpite sono state distrutte: “Non ci sono più ospedali in piedi” nei quartieri controllati dai ribelli, ha dichiarato al settimanale francese l’Express Joël Weiler, dirigente della Ong Médicins du Monde. Un’informazione confermata anche dall’Organizzazione mondiale della sanità.

“A partire dal mese di gennaio – ha aggiunto l’attivista – abbiamo contato 126 attacchi contro strutture ospedaliere, nonostante la Convenzione di Ginevra protegga i combattenti feriti. Non abbiamo più personale, né materiali. Le ultime razioni alimentari sono state distribuite giovedì: la volontà è ormai di affamare la gente. Sono mesi che denunciamo questo scandalo, non so più quali parole utilizzare per definirlo”.

Dal punto di vista umanitario, infatti, Aleppo è ormai sull’orlo del baratro: “Entro Natale, in ragione dell’intensificazione delle operazioni militari, potremmo assistere alla fuga verso la Turchia di 200mila persone, il che rappresenterebbe una catastrofe”, ha dichiarato l’emissario Onu per la Siria, Staffan de Mistura.

Le stesse Nazioni Unite hanno inoltre ricordato di aver “condiviso con tutte le parti in conflitto e con tutti gli stati coinvolti un piano umanitario dettagliato per fornire aiuto agli abitanti di Aleppo-Est, necessario anche per evacuare i malati e i feriti. Occorre che questo piano sia adottato e che ci venga garantito un accesso immediato e sicuro all’area in questione”.

È stata anche avanzata l’ipotesi di instaurare un’amministrazione autonoma da parte degli insorti a Aleppo-Est. Idea che però è stata immediatamente rispedita al mittente dal ministro degli Affari esteri siriano, Walid Mouallem: “Quale governo al mondo – ha dichiarato – accetterebbe una soluzione del genere?”.

La strada per un mondo migliore passa attraverso le scelte individuali. L’era delle guerre del petrolio, dei morti per carbone, dei disastri petroliferi, è al tramonto. Utilizza anche tu energia rinnovabile per la tua casa, grazie a LifeGate, e risparmia attivandola da solo online, clicca qui.

(fonte)

L’umanizzazione della cura

‘Restare umani” non è uno slogan. L’hanno usato con superficialità, forse, rinchiuso nella prigione delle frasi “da maglietta” ed è stata strumentalizzata da inetti destrorsi per rinchiudere Vittorio Arrigoni nel recinto dei “comunisti” da non rimpiangere. Eppure dentro il “restare umani” c’è una visione politica che sarebbe la chiave per ripensare molti dei settori di questo Paese che si incaglia sulle somme, le sottrazioni e i compiacimenti da mantenere.

Le parole di Paolo Veronesi (con cui mi trovo spesso in disaccordo su alcune visioni) sono le parole di buon senso che forse non dovrebbero nemmeno stupire ma suonano come rivoluzionarie in un momento come questo:

I “medici-clown” svolgono un lavoro meraviglioso, ma non dovrebbero essere i soli ad occuparsi del malato come persona: tutto l’ospedale, nel suo insieme, dovrebbe rispettare il principio dell’umanizzazione della cura, e non solo nei reparti pediatrici.

Questo significa, per esempio, che già nella sua progettazione la struttura deve essere concepita come “la casa del malato”, in cui ogni aspetto, dagli arredi all’organizzazione,restituisca a chi è ricoverato comfort, serenità e sicurezza: l’opposto di quel senso di estraneità che spesso si prova entrando in un ospedale tradizionale. Ma non solo: l’organizzazione stessa deve adottare orari e comportamenti rispettosi dei normali ritmi di vita del paziente, ad esempio facilitando le visite di familiari e amici, riconsiderando gli orari dei pasti – inspiegabilmente molto anticipati rispetto alla consuetudine – e rispettando la privacy del malato mettendo a sua disposizione camere singole.

Un ospedale così concepito, permette ai pazienti di sentirsi quanto più possibile a loro agio, proprio come in una casa dove si va a vivere in particolari circostanze, dolorose certamente, ma a causa delle quali la nostra vita non deve cambiare, nei limiti del possibile, ritmo e abitudini. Per dare vita a questo luogo di accoglienza e di attenzione, devono essere abolite tutte le regole che rendono l’ospedale punitivo e lontano dalle abitudini di vita delle persone sane, in nome di un’unica regola: considerare il paziente, prima che un malato, una persona da rispettare nella sua globalità.

E se partissimo dall’umanizzazione non sarebbe facile poi che etica, solidarietà e giustizia venissero ovviamente al seguito?

L’esempio di Zingaretti

Le nomine e la sanità: il binomio è spesso una collusione. In Regione Lombardia la questione delle nomine è un chiodo che non riesco a togliermi, dalle spartizioni di partito, agli indagati eppure nominati, agli amici degli amici eppure nominati fino alle nomine al fotofinish, è stato un crescendo di inopportunità. Eppure volendo una soluzione (o almeno un tentativo che appaia logico e coerente nella concezione) è possibile: la Regione Lazio introduce nuove norme per la nomina dei direttori generali di Asl, aziende ospedaliere e istituti di ricovero, con lo scopo di eliminare l’influenza della politica nelle scelte. Per il presidente, Nicola Zingaretti si tratta di “Una rivoluzione del merito e del valore delle persone”. A valutare le domande di candidatura, che potranno essere presentate entro 30 giorni dalla pubblicazione dell’avviso sulla Gazzetta ufficiale, sarà una terna di esperti nominata dall’Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali. La Regione avrebbe diritto  di nominare due suoi rappresentati in questa commissione, ma ha rinunciato ad esercitare questo potere. Prima, per essere inseriti nell’elenco dei candidati, per chi proveniva dal pubblico bastava essere stato direttore di unità operativa semplice, ora solo di unità operativa complessa. Mentre prima per chi proveniva dal privato era sufficiente aver avuto la direzione di una qualunque azienda a prescindere dagli addetti e dalla forma giuridica (anche aziende individuali), ora solo se amministratore unico, amministratore delegato, o presidente di un cda di spa. Ancora una novità sulla trasparenza: prima le domande erano in formato cartaceo con i curricula non pubblicati on line, ora la procedura sarà interamente informatizzata.

Ecco, si potrebbe fare.

La farmacia dei poveri

La chiamano così, L’India, con i suoi diciassette miliardi di euro di fatturato annuo della propria industria farmaceutica. Le luci su questo connubio poco conosciuto tra produttività, salute e India (appunto) si sono accese in questi ultimi giorni dopo la sentenza storica con cui la Corte Suprema di New Delhi ha respinto un ricorso presentato dal colosso svizzero Novartis relativo al brevetto di un medicinale anti cancro attualmente “copiato” dalle aziende farmaceutiche indiane  (Glivec) e venduto a un prezzo di gran lunga inferiore a quello dell’originale. Secondo i giudici, il farmaco Glivec non è una «invenzione», ma una riformulazione di un preparato contenente la stessa molecola. Si tratterebbe insomma di quello che gli addetti ai lavori chiamano “evergreening”, una pratica usata da “big pharma” per rinverdire un vecchio prodotto e rimetterlo sul mercato con un nuovo brevetto. L’atteso verdetto del massimo organo giudiziario permetterà ai gruppi farmaceutici indiani come Cipla e Rambaxy di continuare a produrre la versione generica del medicinale usato per trattare una rara forma di leucemia.

Secondo molti attivisti per i diritti umani la causa della Novartis vorrebbe privare molte persone di farmaci che non sarebbero altrimenti accessibili a molti, dall’altra parte le grandi industrie farmaceutiche rivendicano la protezione dei brevetti e degli investimenti nella ricerca. La verità in dispute come questa si frastaglia tra l’imprenditoria, il mercato e il valore solidale della vita. Sono gli intrecci che si annodano quando si parla di sanità dove l’imprenditore rivendica di potere essere impresa nel settore delle vite come per i pomodori, gli arredamenti o le automobili senza limiti di etica e solidarietà. Come se il mio meccanico con il mio motorino abbia un dovere morale identico al pediatra con la malattia di un mio figlio. E’ la transuamnza incontrollata e incontrollabile del Marchionnismo in tutti i campi: salute inclusa. E mentre i tribunali provano a parare il colpo alla fine la comunità internazionale finge di non capire che la propria latitanza sulla disposizione di nuove regole continua ad avere un costo sociale altissimo e relega una questione morale ai professionisti del marketing e del bilancio.

E questo succede in India, vero, ma in fondo l’India è molto più vicina di quanto pensiamo se ricordassimo un minuto soltanto le vicende della Clinica Santa Rita in Lombardia o gli innumerevoli casi di aziende ospedaliere gestite da mercatari che farebbero impallidire Ippocrate e i suoi.

E sarebbe bello che l’Italia partisse da qui per ricostruirsi una credibilità internazionale che non stia a farneticare solo di saggi, spread e alchimie di governo. Sarebbe bello davvero essere gli innovatori di un’etica farmaceutica comunitaria.

Ingresso degli animali nei luoghi pubblici: un nostro progetto di legge

Una sera avevamo una riunione come tante. Un’amica mi chiama e mi dice che è in ritardo, che è rimasta “a terra” con il suo cane e deve trovare una soluzione per arrivare. Una vergogna, mi dice, non ci pensi? Non ci avevo mai pensato. Per quanto riguarda cani o gatti nei parchi, nei mezzi pubblici, negli ospedali, nei luoghi pubblici, una legge regionale che stabilisca diritti e doveri non esiste. E ci siamo messi a scriverla:

PROGETTO DI LEGGE

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“Modifiche alla legge regionale 30 dicembre 2009 n. 33

“Testo unico delle leggi regionali in materia di sanità””.

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RELAZIONE

La legge regionale n. 16/2006 confluita nel 2009 nel Testo Unico delle leggi regionali in materia di sanità, ha costituito un ottimo punto di partenza per favorire una corretta convivenza tra l’uomo e gli animali, in particolare quelli d’affezione ma anche una validissima risposta normativa all’emanazione della legge nazionale n. 281/1991 “Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo”.

E’ tuttavia inevitabile che lodevoli intenzioni, atte a regolamentare a livello normativo seppur lungimirantemente settori che disciplinano ambiti più o meno importanti della vita quotidiana di ciascun essere vivente (vuoi per la complessità e per l’eccessiva ampiezza degli stessi, vuoi per la mutevolezza dei cambiamenti cui la realtà o il contesto sociale in cui si vive siano sottoposti, vuoi per una percezione dei comportamenti, degli atteggiamenti, delle abitudini che con l’andare del tempo, in un clima di continuo divenire evolvono, cambiano, si trasformano), non riescano di fatto a comprendere, ad integrare, a contemplare le numerose sfaccettature che il comune sentire sociale ha nel frattempo recepito e fatto proprie.

Un esempio può essere costituito dal settore della tutela degli animali e dei loro diritti.

In Italia, infatti, quasi una famiglia su due vive con un animale domestico. È quindi chiaro quanto alta sia la sensibilità che la popolazione del nostro Paese, ma anche lombarda, riversi nei confronti di tale categoria.

Tra gli aspetti non presi in considerazione dal suddetto Testo Unico v’e ne uno riguardante l’accessibilità degli animali d’affezione: in quali luoghi questa sia o meno consentita e con quali modalità.

Di regola disposizioni relative alla possibilità di accesso per gli animali da compagnia nei luoghi pubblici si trovano molto spesso in numerosi regolamenti comunali per la tutela degli animali, anche perché la materia salvo in qualche caso (Regione Lazio e Regione Toscana) non è ancora stata normata in maniera specifica a livello regionale.

La finalità di tale PDL, composto da   articoli da inserirsi nell’attuale titolo VIII, capo II, del Testo Unico, è quella di disciplinare l’accessibilità da parte degli animali d’affezione in:

  • esercizi pubblici e commerciali e in locali e uffici aperti al pubblico (art. 120 bis);
  • tutti i luoghi pubblici compresi parchi, giardini, aree pubbliche, cimiteri, aree naturali protette (art. 120 ter);
  • ospedali, case-famiglia case di cura e di riposo per anziani (art. 120 quater);
  • accesso degli animali sui servizi di trasporto pubblico (art. 120 quinquies)

Tra questi particolare importanza è rivestita dall’ art. 120 quater. Infatti, previa decisione del direttore sanitario in merito alle modalità di accesso, la menzione nella legge serve a legittimare questa importante opportunità nei confronti di persone che, sofferenti e lontane dal proprio ambiente familiare, grazie alla presenza di quegli animali con cui dividono la vita, vedrebbero alleviata  e migliorata una situazione affettiva ed emotiva, altrimenti assai pesante da sopportare.

Da ultimo di pari passo con l’introduzione dei suddetti articoli si ritiene inoltre altresì necessario introdurre la previsione una apposita norma sanzionatoria nel caso di una violazione delle disposizioni negli stessi contenute.

Le modifiche proposte non richiedono l’impiego né lo stanziamento di apposite risorse finanziarie.

PROGETTO DI LEGGE

“Modifiche alla legge regionale 30 dicembre 2009 n. 33

“Testo unico delle leggi regionali in materia di sanità””.

Articolo 1

Alla legge regionale n. 33/2009, sono aggiunte le seguenti modifiche:

 

  1. dopo l’art. 120 sono aggiunti i seguenti articoli:

 

Art. 120 bis

Accessibilità degli animali da compagnia in esercizi

pubblici e commerciali e in locali e uffici aperti al pubblico

 

  1. I cani, accompagnati dal proprietario o dal detentore hanno libero accesso a tutti gli esercizi pubblici e commerciali e nei locali e uffici aperti al pubblico.
  2. I proprietari o i detentori che conducono gli animali nei suddetti esercizi, locali e uffici dovranno farlo usando il guinzaglio e, in caso di necessità, anche la museruola e avendo cura che non creino disturbo o danno ad alcuno e che non sporchino, in tale caso la rimozione delle deiezioni e il ripristino della pulizia e dell’igiene del locale è a cura del proprietario o detentore dell’animale.
  3. Negli alberghi e nei complessi ricettivi in genere, gli animali domestici sono accolti nelle stanze o nei luoghi occupati dal proprietario o detentore; nei luoghi comuni di transito i cani devono essere muniti di guinzaglio o museruola.
  4. Può essere concessa la facoltà di non ammettere animali all’interno degli esercizi commerciali che, presentata idonea e motivata documentazione all’amministrazione comunale interessata, predispongano adeguati strumenti e spazi di accoglienza che assicurino la custodia degli animali nel rispetto delle proprie esigenze etologiche e ne impediscano la fuga, durante la permanenza dei proprietari all’interno dell’esercizio stesso.
  5. I titolari degli esercizi commerciali di cui al comma 4 divengono detentori degli animali ospitati presso la loro struttura durante la permanenza dei proprietari all’interno dell’esercizio stesso, e sono quindi responsabili della corretta gestione degli animali.

 

Art. 120 ter

Accessibilità degli animali d’affezione in tutti i luoghi pubblici compresi

i parchi, i giardini, le aree pubbliche, i cimiteri, le aree naturali protette

  1. E’ consentito l’accesso agli animali d’affezione in tutti i luoghi pubblici compresi i giardini, i parchi, le aree pubbliche, i cimiteri utilizzando il guinzaglio e, in caso di necessità, anche la museruola.
  1. Nelle aree naturali protette, qualora sia espressamente vietato dall’ente gestore l’accesso agli animali d’affezione, devono essere predisposti adeguati strumenti e spazi di accoglienza che assicurino la custodia degli animali nel rispetto delle proprie esigenze etologiche e ne impediscano la fuga, durante la permanenza dei proprietari all’interno dell’area naturale protetta.
  2. Il titolare dell’ente gestore delle aree di cui al comma 2 diviene detentore degli animali ospitati presso la struttura durante la permanenza dei proprietari all’interno dell’area stessa, ed è quindi responsabile della corretta gestione degli animali.
  3. I proprietari e detentori debbono sempre essere muniti di guinzaglio e, in caso di necessità, di museruola da utilizzare contemporaneamente o su richiesta delle autorità competenti. Gli animali iscritti nel registro dei cani pericolosi, devono sempre essere condotti con guinzaglio e museruola. Sono esonerati da tali obblighi i cani appartenenti alle Forze dell’Ordine, alle Forze Armate o utilizzati per il salvataggio in acqua, per calamità naturali e per programmi di zooantropologia assistenziale ed i cani di persone non vedenti e di particolari categorie di handicap. Esoneri possono essere concessi all’obbligo della museruola, sotto la responsabilità del detentore, per i cani con particolari condizioni anatomiche, fisiologiche o patologiche, su certificazione veterinaria, da esibire a richiesta degli organi di controllo.
  4. Nell’ambito di giardini, parchi e altre aree a verde di uso pubblico sono individuati dal Comune, mediante appositi cartelli e delimitazioni, spazi destinati ai cani dotati di opportune attrezzature.
  5. Nelle aree appositamente attrezzate o nelle aree di proprietà privata, i cani possono essere condotti senza guinzaglio e senza museruola sotto la responsabilità del detentore.
  6. Nei luoghi pubblici, i detentori devono raccogliere le deiezioni solide dei loro animali ed essere muniti di palette ecologiche o altra attrezzatura idonea all’asportazione delle deiezioni. Sono esentati i non vedenti accompagnati da cani guida e particolari categorie di portatori di handicap.
  7. E’ vietato far defecare i cani nel raggio di metri venti dalle aree attrezzate per il gioco dei bambini.

Art. 120 quater

Accessibilità degli animali in ospedali,

case-famiglia, case di cura e di riposo per anziani

  1. È consentito l’accesso di animali al seguito del proprietario o detentore in ospedali, e case-famiglia secondo le modalità stabilite dalla Direzione Sanitaria.
  2. Nelle case di cura e di riposo per anziani, in caso di ricovero del proprietario o detentore, è sempre permesso l’accesso dei propri cani e, in accordo con la Direzione Sanitaria, la detenzione di cani, gatti, piccoli roditori o volatili qualora il paziente sia in grado di assicurarne la corretta gestione.

Art. 120 quinques

Accesso degli animali sui servizi di trasporto pubblico

  1. E’ consentito l’accesso degli animali su tutti i mezzi di trasporto pubblico operanti nel territorio comunale.
  2. I gatti debbono viaggiare all’interno del trasportino, i cani devono avere il guinzaglio e la museruola ad eccezione di quelli destinati all’assistenza delle persone disabili e per i cani con particolari condizioni anatomiche, fisiologiche o patologiche, su certificazione veterinaria, da esibire a richiesta degli organi di controllo.
  3. Il proprietario, o detentore a qualsiasi titolo, che conduce animali sui mezzi di trasporto pubblico dovrà aver cura che gli stessi non sporchino o creino disturbo o danno alcuno agli altri passeggeri o alla vettura.
  1. all’art. 122 dopo la lettera j) sono aggiunte i seguenti lettere:

k) da € 25 a € 150 per chi viola le disposizioni di cui all’art. 120 bis, commi 2, 3, 4, 5,  all’art. 120 ter commi 2, 3, 4, 7, 8 e all’art. 120 quinquies;

l)  da € 50 a € 300 per chi viola le disposizioni di cui all’articolo 120 quater comma 2.