Vai al contenuto

paradise

Salutavano sempre

Gabriele Bianchi, uno dei fratelli arrestati per l’omicidio di Willy Monteiro Duarte, scriveva sul suo profilo Facebook (lo riporto letterale), è qualcosa di anni fa (9) perché purtroppo i profili sono stati immediatamente cancellati e non abbiamo materiale a disposizione. Scrive Gabriele Bianchi:

«lurido egizziano de merda te possa da na paradise secca pozzi rimane senza respiro, pozzi crepa lentamente, spero che qualcuno ti venga a cercare e che ti affoghi nella merda schifosissimo essere figlio di puttana se c’è ancora la guerra nel tuo paese di merda spero che ti uccidono adesso bastardoooooooo»

Risponde il fratello Alessandro, il fratello maggiore, estraneo alla vicenda della morte, quello che ieri in un’intervista ci ha detto che ha insegnato ai suoi fratelli “le regole, il rispetto per l’avversario, la disciplina” e che “il fascismo e il razzismo sono cose che non esistono. Politica non ne hanno mai fatta e in palestra si allenano con ragazzi romeni, albanesi, nordafricani”:

«egiziano de merdaa che tu possa bruciare all’inferno mi piacerebbe averti 10 minuti tra le mani il pezzo più grande rimarrebbe un tuo occhio negraccio de merda»

Gli risponde Gabriele Bianchi:

«aahahahahahaha che negro de merda… magari ora sta sotto fosso morto!!!».

I genitori dei fratelli Bianchi in caserma avrebbero dichiarato: «Cosa avranno mai fatto?! In fondo era solo un extracomunitario…».

Forse sarebbe il caso di dircelo chiaramente che la violenza (scritta, simulata, proposta, mimata, recitata) poi alla fine diventa azione. Forse sarebbe il caso di dirci, al di là delle risultanze delle indagini e del processo, che l’ambiente da cui escono i picchiatori di Willy è veramente tanto diverso da come ce lo vorrebbero raccontare, tutto tranquillo e sereno.

Basta farli parlare, si dipingono da soli. Di razzismo qui se ne sente l’odore, dappertutto.

Buon mercoledì.

Commenti

commenti

Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

Paradise papers: il vero “nero” di cui avere paura

Se cercate il nero che fa spavento lasciate perdere i disperati sui gommoni e concentratevi sulle casseforti in giro per il mondo. Nei Caraibi, ad esempio, ci sono i conti di quella Vitrociset che gestisce le reti della Polizia, del Viminale, della Banca d’Italia e che intanto gestisce i soldi come una Banda Bassotti qualsiasi.

Ci sono i conti di società che fanno riferimento alla famiglia Bonomi, che qui da noi domina nella campo delle video lotterie e delle slot machine.

C’è la tesoreria della congregazione dei Legionari di Cristo, che evidentemente compiono miracoli quando c’è da inventare il modo per evadere le tasse.

Ci sono i fondi della Regina Elisabetta.

C’è Shakira, in buona compagnia di etichette e produttori musicali.

C’è il Presidente Usa Trump (che ogni giorno riesce a emulare sempre meglio il nostro Berlusconi, anche nella gestione del “nero”).

C’è il re del gas Leonid Mikhelson, uno degli uomini più potenti di Russia, vicinissimo a Putin.

E poi altre centinaia di nomi.

Tutti belli, ricchi e talvolta anche razzisti con la disperazione degli altri. Quella stessa disperazione che spesso è figlia anche del nascondimento illegale delle proprie fortune.

Ma qui si continua ad avere paura del nero. Sbagliato.

Buon lunedì.

(continua su Left)