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Minestre riscaldate

Il centrodestra sta apparecchiando le sue esplosive candidature per le prossime elezioni a Roma e a Milano, le città che di solito sono considerate laboratori politici di ciò che poi accade a livello nazionale. Parlando di Roma e di Milano quindi inevitabilmente verrebbe da dire che le candidature dovrebbero essere il termometro per testare la salute della coalizione. Tenetevi forte: Gabriele Albertini e Guido Bertolaso. Il futuro del centrodestra italiano sta tirando la giacchetta a due giovani (entrambi classe 1950) a cui viene affidato il compito di disegnare il futuro della destra in Italia. Alla grande direi.

Con Albertini a Milano si punta forte sull’effetto nostalgia, quando il centrodestra aveva anche una certa credibilità in termini di governo e non solo come urlatori. Albertini l’umile, quello che di sé dice «io, come industriale, mi considero uno dei più grandi rivoluzionari della storia, perché chi ha cambiato l’uomo, chi ha rivoluzionato l’individuo, non è stata la rivoluzione marxista, è stata l’industrializzazione». Poiché quelli erano tempi di una Milano che ha lasciato sensazione di ricchezza e di serenità si punta al ricordo. Ci si dimentica (come è avvenuto per Letizia Moratti) che Albertini ha anche incassato sonore sconfitte (ma quelle si sa, si dimenticano in fretta): nel 2014 (era passato con Angelino Alfano, ma Salvini sembra esserselo dimenticato) non viene eletto alle europee. Candidato come capolista a Milano (nella sua Milano, eh) a sostegno di Parisi nel 2016 prende 1.376 preferenze (alla grande, eh) e non viene eletto. Ah, una curiosità: Giorgio Gori quando perse le elezioni regionali contro Fontana gli chiese di candidarsi nella sua lista. Per dire.

Bertolaso invece va bene in ogni occasione. L’uomo che nell’immaginario del centrodestra “risolve i problemi” è arrivato in Lombardia e ha avuto il gran ruolo di accorgersi che Fontana e i suoi non riuscivano a concludere un bel niente ma ovviamente Bertolaso questo non ce lo dice. Ora comunica che la sua missione è terminata (ma il problema l’ha risolto Poste italiane con la sua piattaforma che ha sostituito quella costosissima e inefficiente di Regione Lombardia) e in molti lo spingono su Roma. Ora fa il prezioso (eppure nel 2016 non voleva ritirarsi nemmeno di fronte alla candidatura di Giorgia Meloni). Anche per lui vale il condono del tempo: bastano una buona narrazione e un po’ di anni e tutto passa in cavalleria.

Veramente fresca e interessante questa nuova classe dirigente del centrodestra in Italia. Manca solo Berlusconi ma vedrete che prima o poi arriverà anche lui, sicuro.

Buon mercoledì.

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Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

Mafia: si consegna Tommy Parisi, il mafioso neomelodico

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Si è consegnato nel pomeriggio all’autorità giudiziaria Tommy Parisi, figlio del boss del quartiere Japigia, Savinuccio. Il 33enne cantante neomelodico era ricercato dal 15 marzo, quando la maxioperazione antimafia “Do ut des” ha smantellato l’impero del clan più importante di Bari, svelando un pericoloso intreccio fra imprenditoria e criminalità organizzata. Restano ancora latitanti il fratello di Savino, Giuseppe Parisi detto “Mamès”, vero reggente del clan quando Savinuccio è detenuto, e il cognato Battista Lovreglio, anche lui ritenuto uomo di fiducia del capo.

In mattinata durante perquisizioni e appostamenti, gli uomini della squadra mobile della questuradi Bari avevano arrestato un altro ricercato, Donato Catinelli, 44 anni, considerato il referente dell’organizzazione mafiosa sulla zona di Polignano a Mare. Compare nelle indagini anche come l’istigatore di un violento pestaggio, commesso da Michele Parisi e da un altro uomo ai danni del cognato di Catinelli, perché convincesse sua sorella (ex moglie di Catinelli) a lasciare la casa popolare, già occupata abusivamente, e alla quale secondo loro non aveva più diritto dopo la separazione.

Gli investigatori della squadra mobile e i colleghi del Servizio centrale operativo hanno eseguito anche le misure patrimoniali disposte dal gip Alessandra Piliego con un decreto di sequestro preventivo. Sotto sigillo tre pizzerie, tre bar, due rivendite di frutta, pesce e carne, due imprese edili, tre immobili, sette auto, quattro moto, sei conti correnti bancari con un saldo attivo di 43mila euro, oltre a 3mila euro in contanti. E ancora: sette orologi di valore, oggetti d’oro (alcuni con particolare valore simbolico) per un peso di tre chili e pietre preziose. Il sequestro, operato fra Bari e Bitonto, è stato stimato per un valore di 5 milioni di euro.

 (fonte)