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Pietro Orsatti

Le paranoie di Pietro

Io proverei a buttare un occhio alle paranoie di Pietro Orsatti. Molto spesso le paranoie si rivelano infondate ma prese con il giusto dosaggio sono un buon esercizio di guardiania:

La risposta di Renzi arriva nel giorno in cui si tiene a Roma la conferenza nazionale sui beni confiscati di Libera. Roma, che sappiamo essere in un mare di guai sul piano finanziario e come molti fanno finta di dimenticarsi aggredita da decenni dal sistema politico-finanziario-mafioso e con tatto di guerra (con tanto di morti ammazzati) in corso da qualche anno per il riassetto degli equilibri criminali in città. Roma, guidata da un sindaco che ha alzato la voce contro il segretario del Pd e premier sul decreto “salva Roma” e che ha dovuto subire, per riuscire a trovare una via per non precipitare nel default, una ricetta amara, anzi amarissima, di dismissioni e di “commissariamenti di fatto” che toglieranno alla città e ai cittadini il pur minimo controllo sulle scelte del loro patrimonio e in particolare della liquidazione dei beni confiscati alle mafie (un terzo proprio nella capitale).

Partendo dal fatto che io non credo alle coincidenze, questo elenco di fatti mi lascia come minimo perplesso. Come le richieste del Pd (e non del governo) a Marino che sembrano un dictat di fonadamentalisti delle liberalizzazioni (senza privatizzazioni) dei beni comuni. Lo potete leggere qui .
Sono io che sto diventando paranoico o questa sembra una ben orchestrata operazione di marketing (politica e economica) e la liquidazione della parte relativa nella legge La Torre al riuso sociale dei beni sottratti alle organizzazioni mafiose? Sono io che sono paranoico o il punto relativo a “i manager” della letterina del premier prevede la liquidazione del controllo pubblico sulle scelte amministrative della città? Sono io paranoico o, per come è formulato, il tanto sbandierato provvedimento sull’autoriclaggio è completa, totale fuffa? E ancora, sono io paranoico o la linea del Pd che vuole imporre a Marino la cessione di quote del trasporto pubblico a FS (che hanno di fatto liquidato il sistema di trasporto pubblico su ferro nel nostro paese puntando solo all’alta velocità) e alla francese Ratp è la svendita di una società già provata da parentopoli e sprechi e affari loschi negli ultimi anni? Sono io paranoico quando mi torna in mente che uno dei patrimoni immobiliari (aree dismesse) nella capitale sono proprio in mano all’Atac?

La mia prefazione per “Grande Raccordo Criminale”

romadi Giulio Cavalli – 6 febbraio 2014
C’è qualcosa di peggio dell’ignoranza sulle mafie: l’indifferenza. L’abbiamo letto e sentito mille volte nei libri, nelle campagne elettorali, nei convegni e, se siamo fortunati, nelle cerchie di amici anche tra i discorsi da aperitivo. Eppure l’indifferenza che sta sopra Roma e il Lazio in generale è un’indifferenza come la trovi solo qui: ostile, arrabbiata, confusa, infastidita. Proprio mentre al Nord gli arresti e la società civile aprono finalmente una lucida discussione sulle mafie senza fermarsi alle negazioni e agli allarmi, mentre nel Sud sono centinaia i focolai di rivoluzione e bellezza, Roma cova silenziosamente le proprie braci mafiose come se fosse stata saltata a piè pari dalla scossa della consapevolezza nazionale.
Ecco perché questo libro di Floriana Bulfon e di Pietro Orsatti abbiamo il dovere (noi, cittadini di questo centro d’Italia) di farlo diventare essenziale: non c’è bisogno di previsioni o di sospetti poiché le mafie della Capitale sono già tutte nelle cronache quotidiane, tra gli articoli che nessuno vuole prendersi la briga di mettere in fila o tra le storie che troppo in fretta abbiamo deciso che sono terminate.

Grande Raccordo Criminale collaziona finalmente le famiglie facendo i nomi e i cognomi, andando a riprendere i protagonisti della banda della Magliana che si sono riciclati in anelli di raccordo con la criminalità organizzata, reinserisce i Casamonica in un contesto più ampio e smette (finalmente) di considerare Ostia un’enclave criminale apolide così come le confische del centro città romano come piccoli “avvertimenti” da sbattere in prima pagina per un paio di giorni. Serve tirare le fila, serve mettersi con dovizia, intelligenza e amore (perché c’è tutto l’amore che si potrebbe trovare in un romanzo sulla difesa della propria terra, in questo libro) a studiare, scriverne e farne parlare. Quando le mafie si attorcigliano tra politica, estremismi e pezzi di istituzioni diventano qualcosa difficile da raccontare e descrivere, cominciano a contare su un’impunità culturale oltre che troppo spesso giudiziaria: così le sparatorie in giro per la città, la condanna di Carmine Fasciani posto al 41bis oppure la colonizzazione dei bagni al lido di Ostia (senza dimenticare l’emblematico caso Fondi) non riescono a scuotere le coscienze soprattutto grazie ad una mancata coesione sociale sul tema (quella politica facciamo che per ora non ce l’aspettiamo nemmeno). Roma e il Lazio hanno bisogno di un’evoluzione consapevole e veloce, devono tirare le fila di un’antimafia sociale, politica e culturale che decida per davvero di mettersi in gioco per strutturare un presidio antimafioso di studio e di racconto che spalanchi gli occhi su una città sommersa tra le slot machine, i compro oro pubblicizzati finanche all’interno degli ospedali, le discariche come percolato della legalità, i bingo e il gioco d’azzardo che tengono lati interi di strade al limite del raccordo, di ipermercati che non hanno giustificazione di mercato e un’edilizia selvaggia com’è selvaggia l’edilizia al soldo del riciclaggio; poi c’è la droga (e finalmente se ne parla) che per chissà quali strani percorsi dell’informazione sembra diventa roba calabrese e lombarda dimenticando quanto la capitale sia snodo fondamentale per i commerci: droga finalmente riportata anche qui, dove l’attività giudiziaria la racconta sempre in transito; poi le minacce: negozi bruciati, uomini gambizzati, usurai fuori dai bar come nei sottofondi di qualche città sudamericana e invece si è appena di qualche chilometro in periferia. Questo libro è un primo fondamentale avviso: le mafie ci sono, stanno bene, godono di ottima salute e continuano a saccheggiare Roma per riciclare soldi, fare soldi e costruire alleanza. Se le mafie in un territorio stanno bene quindi significa che lo Stato (in tutte le sue forme da quelle politiche a quelle civilissime e sociali) non le combatte abbastanza o addirittura ha trovato l’accordo.
Per questo la speranza di questo libro è che si accenda qualcosa dopo, appena sfogliata l’ultima pagina, per riappropriarsi della propria terra e tirarla fuori finalmente da questo alone di incompetente nebbia che è scesa (o salita) fino a qui.

Tratto da: granderaccordocriminale.wordpress.com

* La prefazione di Giulio Cavalli al libro “Grande Raccordo Criminale” di Floriana Bulfon e Pietro Orsatti per Imprimatur editore (marchio Aliberti Editore) in uscita nella seconda metà di febbraio

L’Era Alemanna: il conto alla rovescia

coverAlemannaBNScrivere un libro che è anche un contenitore di progetti diversi. E’ la sfida (vinta) di Pietro Orsatti che esce tra poco con “L’Era Alemanna”.

Esce il 25 aprile, e non è un caso, L’Era Alemanna, un ebook scritto da Pietro Orsatti e edito dalla testata I Siciliani – giovani http://www.isiciliani.it (ne avete letto qui sul blog) che si ispira a quel mensile fondato e diretto nei primi anni ’80 da Giuseppe Fava. Un ebook che racconta il degrado dei 5 anni della peggiore amministrazione che abbia mai avuto la capitale: quella guidata dal sindaco Gianni Alemanno.

Esce a un mese dalle elezioni amministrative, come contributo al dibattito e narrazione di quello che ha vissuto la città. E anche per sostenere il progetto de I Siciliani – giovani. Perché il progetto della testata è anche quello di riportare in edicola e in libreria un prodotto collettivo rigorosamente eretico e che vuole investire sul lavoro e la creatività dei tanti giovani che vi hanno aderito.

Ne diamo l’annuncio anticipatamente anche perché intendiamo promuovere a Roma una serie di incontri e presentazioni per aprire un dibattito vero su quello che sono stati questi 5 anni e su cosa fare per uscirne. Quindi invitiamo a contattare l’autore sul suo blog http://www.orsattipietro.wordpress.com o la testata attraverso il sit o http://www.isiciliani.it e, ovviamente, ad acquistare attraverso il sito o attraverso le piattaforme http://www.lulu.com e http://www.amazon.com che lo distribuiranno. A un prezzo indicativo di 3 euro.

Ecco la premessa al libro scritta da Pietro:

Questa non è un’inchiesta, anche se spunti di inchiesta se ne troveranno e non pochi, quanto un reportage e diario politico e personale realizzato fra il 2007 e il 2013 e che mira a raccontare  gli effetti che ha avuto la giunta Alemanno sulla vita sociale, economica, morale e culturale della capitale.

Sei anni, perché il racconto parte appunto nel luglio 2007 con l’apparizione di Gianni Alemanno, in compagnia del suo allora camerata di partito Francesco Storace, alla manifestazione dei tassisti al Circo Massimo e si conclude con l’arresto nel marzo 2013  di Mancini, suo uomo di fiducia al vertice per lungo tempo dell’Ente Eur – forse il più ricco in termini di patrimonio immobiliare a Roma – per una storiaccia di presunte tangenti ricevute da un’azienda della galassia Finmeccanica, la Breda Menarini.

E in mezzo ci sta Roma. E i romani vecchi e nuovi, che siano nati al Testaccio o a Bucarest, a Primavalle o a Karachi.

Scrivevo un anno fa, all’epoca del fattaccio brutto di Torpignattara, quello in cui perse la vita un commerciante cinese e sua figlia nel corso di una rapina per strada: “Una città senz’anima, che ha perso il treno per diventare davvero capitale. Cupa, egoista, provinciale, sporca di una sporcizia immateriale. Una sporcizia morale”.

L’Era Alemanna fa impallidire il disastro messo in piedi dal sindaco Giubilo negli anni ’80. Quel Giubilo che era diventato democristiano dopo una lunga militanza in quella destra (proprio la stessa) da cui proviene Gianni Alemanno. Giubilo creatura dello “squalo”, Vittorio Sbardella, passato alla storia per la sua giovanile partecipazione all’assalto della libreria Rinascita e poi per le 1200 delibere approvate nella notte che precedette la cessazione dei suoi poteri e l’insediamento del commissario prefettizio. Alemanno è riuscito a superare perfino quelle vette che si credevano irraggiungibili.

Oltre alle due parentopoli Ama e Atac c’è una lista impressionante di fatti e episodi: il consulente del suo Gabinetto Giorgio Magliocca indagato per concorso esterno alla Camorra in seguito e dopo un lungo iter giudiziario scagionato da ogni accusa e anzi probabile vittima di una “mascariata” messa in piedi dalla criminalità organizzata per colpire lui e forse condizionare in qualche modo le azioni future di Alemanno, la moglie Isabella Rauti indagata anche lei per concorso in abuso di ufficio, gli ex terroristi NAR assunti nelle partecipate, le presunte truffe sul sale della celeberrima emergenza neve del 2012 con il corollario grottesco di gaffe e polemiche propagandistiche mentre la città collassava in pochi centimetri di neve, le gare pubbliche con un solo partecipante (parlo di quella relativa alla Tevere SPA e all’affidamento di parte consistente del trasporto pubblico su gomma), le figuracce del GP di automobilismo e delle Olimpiadi (e delle ipotesi di speculazioni immobiliari mai abbastanza indagate come motivazione di quelle due candidature e probabilmente collegate alle ipotesi divariazioni de PRG se le due iniziative fossero andate in porto), E ancora, il suo addetto stampa che misteriosamente compare sul luogo di uno stupro alla vigilia delle elezioni, la prova di forza in consiglio comunale – sfregio al risultato del referendum sull’acqua pubblica – per la privatizzazione della partecipata Acea, il tentativo fallito, in concerto con il governatore della Regione Renata Polverini, sulla gestione dei rifiuti di favorire i soliti noti nell’effare colossale della gestione dei rifiuti della capitale fino all’inevitabile  collasso (con tanto di pricedura di infrazione avviata dall’Unione Europea) cercando prima di far partire una discarica davanti alla Villa D’Este di Tivoli (contro la quale si è pronunciata perfino l’Unesco) poi di favorire – dopo un balletto patetico mirato a determinare come unica scelta possibile davanti a un’emergenza da loro stessi creata e alimentata –  la proprietà della discarica di Malagrotta (ormai satura) con la creazione di un’altra discarica in un territorio già compromesso e a rischio da decenni. Ovviamente con tanto di conflitto con il governo nazionale.

E come potremmo dimenticare poi, gli affari e affarucoli della sua corte fra “magnate” di pajata con Bossi e feste dei cortigiani? Un’orgia di sottopotere esplosa sotto il suo regno e di quello della sua “socia” Renata Polverini governatrice della Regione.

E non dimenticherò di certo quella guerra di mafia in corso da almeno due anni per il controllo del racket e del traffico di droga negata a ogni morto ammazzato per strada (e ormai si parla di decine e decine di omicidi). Negata perché “la mafia a Roma non esiste”.

E ancora la beffa del comune che si presenta parte civile al processo sull’Ama ma solo per difendere l’immagine del sindaco danneggiata da quella vicenda. La sua immagine non la città, non confondiamoci.

Tutto questo c’è nell’Era Alemanna, ma non descritto attraverso un’esposizione asettica di fatti, ma nel racconto  di questa città che si degrada giorno per giorno grazie a questa gestione disastrosa. Un racconto partigiano. Come scriveva Saverio Lodato nell’introduzione del libro Quarant’anni di Mafia, non troverete in questo libro non troverete qui “un resoconto algido e asettico di quelle vicende, non essendo stato, io, inviato in terra straniera”.

Il racconto che state per leggere è costruito per frammenti non in ordine cronologico. Avanza per immagini, sensazioni, dati, racconti. È, credo, il modo migliore per rendere giustizia parziale a quello che abbiamo vissuto. A come l’ho vissuta io.

Pietro Orsatti, Roma, marzo/aprile 2013

Intimidiscimi. Bara anche tu.

da www.orsatti.info

Questa è stata una strana estate. Di minacce, tentativi di intimidazione, anche attentati. A Pino Maniaci di TeleJato e anche a Giulio Cavalli per il suo spettacolo che “sfotte” la mafia. Non sono stati i primi  a subire questo “trattamento”e purtroppo non saranno gli ultimi. Come non saranno gli ultimi ad essere attaccati solo per  il “raggiungimento” (è un eufemismo, sarebbe più corretto dire “precipitati in”) di un tipo di visibilità alla quale, conoscendoli, avrebbero volentieri rinunciato.
E’ stata anche un’estate, infatti, in cui alcuni personaggi, dai propri salotti politici e editoriali, hanno deciso di attaccare e cercare di isolare queste persone e gruppi attraverso “voci”, “sospetti” e a volte vere e proprie “calunnie” nei confronti sia  di Pino, sia di Giulio che di tutti quelli che, direttamente e indirettamente, hanno messo la propria faccia per ribadire il bisogno di legalità e trasparenza che ha la nostra società. Non è una novità. E c’è chi ringrazia questi detrattori da salotto. Qualche giorno fa parecchi di noi, de Lo Strillone e della campagna Siamo Tutti Pino Maniaci, ci siamo trovati ad Alcamo per lo spettacolo di Giulio. Il giorno dopo a cena, con l’aiuto di qualche bottiglia di vino, abbiamo deciso di sfottere (in linea con lo sfottò utilizzato da Giulio per il suo spettacolo) anche queste brave persone che con il loro gioco incosciente rischiano di mettere a repentaglio lavoro e perfino vita di chi la faccia per lottare per la legalità ce la mette.
E quindi ecco qua, un pioccolo film realizzato in una sola notte a Palermo. Con Giulio Cavalli (attore), Maura Pazzi (fotografa), Francesca Scaglione (Fascio&Martello), Carmelo Di Gesaro (Fascio&Martello), Fabrizio Ferrandelli (consigliere comunale a Palermo) e Pietro Orsatti (regista). E, chiaramente, la partecipazione di Pino Maniaci (solo in voce…).
Buona visione

Pietro Orsatti