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polizia locale

Diceva “prima gli italiani” ma ha preferito “prima la famiglia”: sindaco arrestato per migliaia di mascherine sottratte alle Rsa

“Prima gli italiani” ripete Matteo Salvini e tutti in coro i suoi fedelissimi. “Prima gli italiani” perché bisogna difendersi dagli interessi “altri”, quelli degli stranieri, che a detta dei leghisti depaupererebbero gli onesti. Poi accade che a Opera in provincia di Milano il sindaco leghista Antonino Nucera venga arrestato insieme alla sua compagna (capo dell’ufficio tecnico dello stesso comune di cui è sindaco) insieme a tre imprenditori.

Tra le accuse ci sono le mascherine che sarebbero servite agli anziani nelle Rsa, alla farmacia comunale per la distribuzioni ai suoi concittadini e che invece sono state tenute nascoste per l’ex moglie, gli amici, gli amici degli amici, i famigliari, i dipendenti comunali e gli agenti della polizia locale. Qualcosa come 2.800 dispositivi di protezione che il prode leghista, uno di quelli che dovrebbe difenderci dal pericolo “straniero”, ha deciso di intascarsi, secondo le accuse.

Eppure il sindaco Nucera è il prototipo del perfetto salviniano: sulla sua bacheca Facebook urlacciava contro il governo Conte scrivendo che “mentre loro concordano come spartire le poltrone” lui pensava a “lavorare per le nostre comunità, come abbiamo sempre fatto”. Poi ovviamente ci sono tutte le sue arrabbiature per “i criminali”: alcuni che hanno strappato i sigilli per attraversare un ponte in costruzione, complimenti ai carabinieri che hanno tolto la patente a un ubriaco al volante, indignazione per degli uccelli avvelenati, strali contro il reddito di cittadinanza, l’immancabile post sul presepe e sulla Sacra Famiglia e così via.

La retorica, la solita retorica, di chi usa il populismo per fottere gli elettori. Imperdibile il post in cui chiede ai cittadini di restare a casa: “In qualità di Sindaco e di padre di famiglia vi chiedo vivamente di uscire solo per motivi importanti! Stiamo attraversando un periodo molto particolare… è richiesto un comportamento responsabile ad ognuno di noi..”.

Del resto è proprio il manifesto del leghismo: quel “prima gli italiani” diventa un sovranismo in cui l’unica Patria è l’io e gli interessi personali. Fregarsene degli altri rivendicando l’egoismo come diritto. Se ci pensate bene il sindaco Nucera ha eseguito il suo manifesto politico alla lettera: si è occupato solo di quelli che lui considera “prima” degli altri solo che “gli altri” alla fine diventano anche i cittadini perché a forza di disinteressarsi di più gente possibile è inevitabile che finisca così. E chissà cosa ha da dirci il prode Salvini.

Leggi anche: Salvini cambia linea per placare i malumori della Lega: “Draghi non è Conte, non stacco la spina”

L’articolo proviene da TPI.it qui

Guardie arrestatelo! Scene di ordinaria follia (leghista) a Brescia

di Andrea Tornago
«Adesso viene qui Novelli e lo dice davanti a lui quello che ha detto! Bisogna stare attenti quando si viene qui a parlare». Il discorso, testuale, è del capogruppo della Lega Nord nel Consiglio Comunale di Brescia, Nicola Gallizioli (audio a fondo pagina). Roberto Novelli, «invocato» dalla Lega, è il comandante della Polizia Locale. Siamo nell’aula consiliare di Palazzo Loggia, nel corso di una seduta della commissione ambiente.
Il destinatario di tali «promesse» è Guido Menapace, un cittadino invitato a parlare alla seduta di giovedì 5 luglio 2012, in nome della Consulta per l’Ambiente, dei problemi di chi abita nel Sito inquinato di interesse nazionale Caffaro. Ma ha potuto a malapena terminare il suo discorso (audio), tra grida e minacce, poi la maggioranza di centrodestra ha fatto mancare il numero legale.
Con il caso Caffaro si è entrati nel cuore del problema sanitario e ambientale della città di Brescia. La «lesa maestà» del cittadino è stato ricordare a un centrodestra che ancora sogna parcheggi sotto al colle del Castello e grattacieli in Piazza Tebaldo Brusato, la sua inerzia rispetto a uno dei disastri ambientali più gravi d’Europa.
25mila abitanti costretti a vivere, ormai da dieci anni, in una zona in cui è vietato toccare il terreno. Niente orti, niente animali, solo platee di cemento per non contaminarsi con le diossine e i Pcb. Aziende agricole distrutte, bestie soppresse dall’Asl. I bambini non possono giocare nei parchi pubblici e nei giardini delle scuole. Anche se in realtà lo fanno.
È emerso dalla testimonianza di Guido Menapace, ma era già stato ampiamente documentato dalla stampa: nei parchi mancano i cartelli di divieto e i bambini giocano indisturbati con la terra, le pecore pascolano nei campi alla diossina, i vigili non fanno rispettare l’ordinanza. Una rimozione gravissima, sui cui l’UE ha aperto un’istruttoria per decidere un’eventuale procedura d’infrazione.
Ma se alcuni grandi giornali (audio assessore Mario Labolani) ne possono parlare, pare che non sia concesso invece ai cittadini bresciani. I quali non hanno diritto, ad esempio, di chiedere dove finiscano il latte e le uova degli animali del sito inquinato; o la sospensione, in attesa della bonifica, della tassa sui rifiuti, e di poter viaggiare gratuitamente sui mezzi pubblici, per portare i bambini a giocare nelle zone non contaminate.
E di vedere i parchi chiusi, transennati, segnalati; i campi abbandonati presidiati dalla polizia locale, come dovrebbe accadere in una città in cui i livelli di diossina superano quelli registrati a Seveso nel 1976. Allora intervenne l’esercito, furono abbattute le case e le piante, scorticato il terreno. A Brescia invece si vive tranquillamente a contatto con una delle sostanze più pericolose create dall’uomo.
In una città come Brescia, che spende per la polizia locale il 43% in più dello standard nazionale (seconda solo a Cosenza) si potrebbe, in attesa della bonifica, almeno proteggere la popolazione dalla diossina, e impedire che i ragazzini giochino nelle cave contaminate dal Cesio 137. Ma forse il vero pericolo pubblico è proprio chi chiede alla giunta di «affrontare il problema o dimettersi, per consentire ad altri di occuparsene».
In casi come questi, a chi non verrebbe in mente di chiamare il comandante dei vigili.

Audio: Toffoli (Pdl), Gallizioli (Lega), Labolani (Pdl): (nell’ordine) http://bracebracebrace.files.wordpress.com/2012/07/toffoli-gallizioli-labolani.mp3

Discarica di Bollate: il nostro ordine del giorno

Sulla cava di Bollate sto tenendo gli occhi da tempo. Ne abbiamo già parlato senza mezzi termini dopo averci messo anche il naso per toccare con mano. La Regione Lombardia ci aveva dato una risposta che ci aveva lasciato più che insoddisfatti e per questo oggi abbiamo preparato l’ordine del giorno che presenteremo durante la prossima seduta. Perché le ombre alimentano la criminalità e hanno concimato questa regione già abbastanza. E perché, anche all’opposizione, possiamo pretendere che sia fatta luce.

ORDINE DEL GIORNO

IL CONSIGLIO REGIONALE DELLA LOMBARDIA

PREMESSO CHE

il 26 luglio 2010 in Regione Lombardia è stata depositata l’interrogazione n.3010, che riferendosi agli arresti della maxi- operazione contro la ‘ndrangheta del 13 luglio 2010 e ad un’intercettazione del boss Vincenzo Mandalari, che indicava l’ex cava Bossi di Bollate come un luogo di scarico di rifiuti tossici, chiedeva di effettuarvi controlli ispettivi;

PRESO ATTO CHE

gli assessori Marcello Raimondi e Romano La Russa avevano sì risposto all’interrogazione ma trascurando la richiesta di conoscere se vi fossero state eventuali indagini sull’impatto inquinante e contaminante della cava;

CONSIDERATO CHE

secondo quanto dichiarato dall’assessore Raimondi l’ex cava Bossi è ancora soggetta ad attività di discarica e deposito;

PRESO ATTO CHE

fino dal 27 luglio 2010 la Polizia provinciale aveva effettuato un sopralluogo, unitamente alla Polizia locale di Bollate, e che dal verbale risulterebbero violazioni in merito alla qualità del materiale stoccato, alla pavimentazione dell’area, alla separazione dei rifiuti e all’accettazione di rifiuti senza il prescritto formulario;

IMPEGNA IL PRESIDENTE E LA GIUNTA REGIONALE

  • a realizzare un protocollo d’intesa tra Regione Lombardia e le Province e in base al quale  Arpa, Asl e Provincia, in qualità di ente responsabile delle autorizzazioni, d’intesa con  i comuni man mano interessati, si impegnano ad effettuare controlli preventivi – e certamente in  caso di denuncia o segnalazione comunque pervenuta alle autorità pubbliche – dei luoghi che si prestano a sversamenti, depositi, scarico di materiali;
  • ad attivarsi perché, durante i suddetti controlli, si verifichino anche le condizioni giuridiche e materiali delle condizioni di lavoro degli addetti;
  • a verificare con il Ministero degli Interni e le Prefetture le modalità con le quali recepire i risultati di questi controlli nell’ambito della costituzione delle cosiddette white/black lists.

 

Milano, 14 luglio 2011

Giulio Cavalli (SEL)

Chiara Cremonesi (SEL)