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Putin

Il ridicolo Putin

Sulle Pussy Riot ha ragione da vendere Andrea Riscassi (che mica per niente di Putin un po’ se ne intende visto che dal 2006 ormai sta cercando di tenere viva la memoria di Anna Politkovskaja):

“Hanno terrorizzato i fedeli con la loro “preghiera punk”, hanno gravemente violato l’ordine pubblico, hanno insultato Putin e il Patriarca Kirill, sono state blasfeme insultando Dio. Il tutto filmando e mandando in rete le immagini per rendere il tutto il più pubblico possibile”, queste in pillole le motivazioni della sentenza che le ha condannate a due anni di carcere.
La lettura del dispositivo contro le Pussy Riot è durata ore. Per cercare di spiegare che le tre ragazze non ce l’avevano con Putin ma con la Chiesa.
Una balla colossale visto che il gruppo punk rock aveva già manifestato più volte contro il regime putiniano.
Ma per evitare l’accusa di una sentenza politica i giudici russi (notoriamente indipendenti dal potete politico) hanno pensato di non considerare le motivazioni politiche del gesto, concentrandosi solo su quelle religiose. Non assenti visto che il concerto punk si è svolto nella principale cattedrale moscovita. Ma l’appello alla Vergine Maria era quello di “liberarci da Putin”.
E infatti la condanna per teppismo motivato da odio religioso suona comunque risibile. Le Pussy Riot sono a tutti gli effetti prigioniere di coscienza.
Le tre ragazze, ormai protagoniste dell’immaginario globale, in manette, sotto l’occhio delle telecamere, hanno sorriso e scosso la testa, durante la lettura della sentenza di condanna.
Ma non hanno mai mostrato paura.
Hanno vinto loro.
Il regime putiniano si è coperto di ridicolo in tutto il mondo.

Il processo giusto di Putin alle Pussy Riot

Forse lo sgradevole, enorme effetto della nostra intrusione nei media nella cattedrale è stata una sorpresa per le autorità stesse. In un primo momento, hanno cercato di presentare la nostra performance come uno scherzo tirato da atei militanti e senza cuore. Questo è stato un grave errore da parte loro, perché noi eravamo già conosciute come una band punk femminista anti-Putin, che aveva lanciato i suoi assalti nei media sui simboli principali politici del paese.
Alla fine, considerando tutte le ricadute irreversibili politiche e simboliche causate dalla nostra innocente creatività, le autorità hanno deciso di schermare il pubblico dal nostro pensiero anticonformista. Così è finita la nostra complicata avventura punk nella cattedrale di Cristo Salvatore.
Ora provo sentimenti contrastanti su questo processo. Da un lato, mi aspetto un verdetto di colpevolezza. Rispetto alla macchina giudiziaria, noi siamo nessuno, e abbiamo perso. D’altra parte, abbiamo vinto. Tutto il mondo sa ora che il procedimento penale contro di noi è stato fabbricato ad arte. Il sistema non può nascondere la natura repressiva di questo processo. Ancora una volta, il mondo vede la Russia in modo diverso dal modo in cui Putin cerca di presentarla ai suoi quotidiani incontri internazionali. Chiaramente, nessuno dei passaggi che Putin ha promesso di compiere verso l’istituzione dello Stato di diritto è stata intrapreso. E la sua affermazione che questo tribunale sarà obiettivo e esprimerà un verdetto equo è l’ennesimo inganno per tutto il paese e la comunità internazionale. Questo è tutto. Grazie.

Non so come suonino, ma le dichiarazioni conclusive al processo contro di loro delle Pussy Riot sono da leggere.

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