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Raffaele Marra

Non solo Marra: tutti i politici “omaggiati” da Scarpellini

Ieri, a sette giorni dall’arresto, il gip di Roma aveva scarcerato il costruttore Sergio Scarpellini e oggi leggendo i quotidiani si capisce come il giorno del suo interrogatorio di garanzia la difesa avesse chiesto che l’imprenditore – accusato di corruzione con il capo del personale del Comune di Roma Raffaele Marra. Scarpellini ha elencato i nomi di coloro che hanno ottenuto – come la procura di Roma ipotizza per l’ex vice capo di gabinetto del sindaco Virginia Raggi – case di favore. Nell’elenco compaiono i nomi dell’ex presidente della Camera, Irene Pivetti, l’ex capogruppo del Pd in Comune, Mirko Corattigià coinvolto nell’inchiesta Mafia Capitale, l’ex parlamentare dell’Udc, Luciano Ciocchetti. Del resto che l’inchiesta potesse allargarsi era chiaro sin dal primo giorni dell’arresto per la reale genesi dell’inchiesta (l’intercettazione di un ex boss della banda della Magliana) e per la presenza di numerosi omissis nell’ordine ci cattura. s

Il costruttore “pur cercando di ridimensionare la portata delle sue condotte” avrebbe dunque ammesso non solo la casa di fatto regalata a Marra con un giro di assegni circolari ma fatto la lista di tutti coloro che avrebbero ricevuto la stessa cortesia. “Le motivazioni che lo avevano condotto alle dazioni – scrive il gip nel provvedimento di scarcerazione – e il contesto nel quale si sono realizzate (…)” sono “necessitate dall’esigenza di perseguire i propri interessi imprenditoriali”. Anche per Marra Scarpellini aveva dichiarato di aver agito perché – avendo molte pratiche in Comune – voleva evitare grane. Intanto oggi i legali di Raffaele Marra hanno depositato istanza al  Tribunale del Riesame probabilmente per effettuare una discovery sugli atti in mano agli inquirenti.

Non è escluso che nel corso dell’atto istruttorio, l’imprenditore possa avere fornito anche ulteriori dettagli sul suo rapporto con Marra e i relativi punti di contatto con la macchina amministrativa comunale. Tutte tracce su cui i pm, dopo la pausa dovuta alle festività natalizie, imbastiranno ulteriori approfondimenti. Ed è proprio con l’inizio dell’anno nuovo che i vari filoni avviati in Procura, tra cui quello legato alle nomine fatte dal sindaco Raggi, potrebbero subire nuove accelerazioni. Proprio l’altro giorno la prima cittadina ha affermato di essere “pronta ad andare in Procura” in caso di convocazione. I magistrati potrebbero contestarle il reato di abuso di ufficio in relazione alla nomina di Renato Marra, fratello del suo ex braccio destro, a capo del dipartimento turismo del Comune. Una nomina in “palese conflitto di interessi” secondo l’Anac.

(fonte)

«Grillo ringrazi i bravi giornalisti» (di Marco Lillo)

(di Marco Lillo, fonte)

I buoni giornalisti, così come i buoni politici, sono utili alla democrazia. È questa la lezione che Beppe Grillo dovrebbe trarre dal caso Raggi-Marra. Invece che continuare a definirli   “morti che camminano” o  “gossippari pennivendoli” il leader del Movimento 5 stelle dovrebbe ringraziare e scusarsi con tutti quei cronisti che, a partire da quelli de L’Espresso, hanno svelato gli affari immobiliari di Raffaele Marra. Giornalisti che, come spesso accade, fanno solo il loro dovere e, come in questa storia (non sempre) si dimostrano migliori del blog di Beppe Grillo, più efficaci della Casaleggio Associati e più utili del M5s nella formazione della conoscenza e coscienza dell’opinione pubblica. Non scrivo questo commento per dire: noi giornalisti siamo meglio di Grillo e dei suoi seguaci che ci insultano.

Scrivo perché vorrei mettere in guardia i nostri lettori e i suoi elettori sul fatto che le idee di Beppe Grillo sui giornalisti sono pericolose per la democrazia e che il caso Marra-Raggi ne è la migliore cartina di tornasole.

Ora che le carte della Procura di Roma sono state in parte depositate è possibile fare chiarezza su un punto chiave di questa storia: le indagini e il successivo arresto di Marra per i 367mila euro forniti dal costruttore Sergio Scarpellini per l’acquisto della casa intestata alla moglie sono partite dopo i pezzi de L’Espresso.

Emiliano Fittipaldi pubblica il 14 settembre il primo pezzo sull’acquisto anomalo di una casa a 728mila euro mentre un appartamento identico nello stesso stabile era stato venduto a un milione e 200mila euro nello stesso periodo. Già questo sarebbe dovuto bastare a Virginia Raggi per mollare il suo dirigente ma la sindaca andò avanti e confermò Marra alla direzione del personale.

Nonostante Beppe Grillo – questo va riconosciuto al leader del M5s – la mise in guardia. Poi, il 28 ottobre, Fittipaldi pubblica il secondo pezzo nel quale ricostruisce i rapporti tra il Comune di Roma e il costruttore Fabrizio Amore, indagato per turbativa di gara. In quel pezzo descrive anche l’acquisto da parte della moglie della casa Enasarco a 375 mila euro. Ovviamente Fittipaldi non sa e non può sapere che quei soldi sono stati messi a disposizione da Scarpellini e il focus del suo articolo non è chi ha pagato ma lo sconto ottenuto da Enasarco. Dieci giorni dopo, l’8 novembre del 2016, il procuratore aggiunto Paolo Ielo incontra i dirigenti dell’ l’UIF e chiede ai segugi di Bankitalia di fargli sapere tutte le movimentazioni finanziarie di Marra. Il 30 novembre l’UIF risponde e scrive a Ielo che la casa è stata pagata con assegni circolari coperti da Scarpellini. A quel punto – dopo aver verificato che dai flussi dei conti correnti non risulta che i soldi siano stati restituiti – parte la richiesta d’arresto.

I pm mettono Marra in galera per il secondo acquisto ma ricordano nella richiesta di arresto anche il primo, nonostante sia ormai prescritto perché è del 2009. Se Marra è un virus, è evidente che in questa storia il M5s introduce il virus nella vita politica romana e la stampa lo individua e lo isola mentre la magistratura lo rimuove.

Il primo acquisto scontato mezzo milione da Scarpellini è stato scoperto dalla stampa e Virginia Raggi si è girata dall’altra parte. Il secondo acquisto, effettuato con 375mila euro di Scarpellini probabilmente è stato scoperto anche grazie alla stampa. Cosa ha da dire Beppe Grillo su questa prova della categoria dei ‘dead man walking‘?

Il punto non è se siano meglio i politici M5s o i giornalisti. Non si tratta di fare classifiche di utilità sociale o di etica pubblica. Per dire, non si conoscono giornali che abbiano rifiutato i contributi che spettavano per legge alla loro testata come il M5s ha rifiutato decine e decine di milioni di rimborsi elettorali.

Il punto è che i buoni giornalisti sono utili alla democrazia come lo sono i buoni politici. Il vecchio sistema, un po’ acciaccato dal tempo, nel quale esiste un quarto potere che controlla gli altri tre è ancora il migliore su piazza. Nonostante i conflitti di interesse degli editori, nonostante la crisi, nonostante la concorrenza del web, per scoprire che Marra non ha pagato la casa è stato più utile un giornalista di una società editoriale tradizionale, con tutti i suoi vizi e difetti, di un blogger grillino.

La colpa di Grillo in questa storia non è solo quella di avere scelto e supportato Virginia Raggi, definita da chi scrive nell’aprile scorso un candidato senza le carte in regola per guidare Roma. La colpa è anche quella di avere illuso i suoi elettori sul fatto che – per informarsi – sia meglio leggere un post sul suo blog che un articolo su L’Espresso o sul Fatto Quotidiano.

Quando abbiamo analizzato le omissioni di Virginia Raggi nelle sue comunicazioni pubbliche prescritte dalla legge Severino sia sul suo curriculum (praticantato presso lo studio di Cesare Previti) sia sui suoi incarichi (Asl di Civitavecchia), il M5s si è chiuso a riccio per difenderla.

Un esponente di spicco del M5s in quei giorni, dopo avermi garantito la sua presenza alla presentazione del mio libro ‘Il Potere dei segreti‘ a Roma, insieme a Michele Emiliano, non si presentò sostenendo che non aveva ricevuto gli sms e le mail che confermavano l’incontro. Il M5s non gradisce i giornalisti che trovano le notizie o che pongono le domande. Come ha spiegato una volta Grillo preferiscono i monologhi o le passerelle da Bruno Vespa.

Quando sul Fatto abbiamo descritto e documentato i metodi poco ortodossi con i quali Virginia Raggi ha messo nell’angolo il suo rivale alle comunarie, Marcello De Vito, ci hanno bollato come ‘gossipari’. Quando abbiamo raccontato gli scheletri negli armadi di alcuni assessori (i rapporti di Fiscon con Paola Muraro e i peccati fiscali di Paolo Berdini) non abbiamo ricevuto apprezzamenti ma solo critiche.

Dopo il primo scoop de L’Espresso su Marra, invece di spiegare le ragioni della permanenza di un simile personaggio in Campidoglio, Grillo nell’incontro di Palermo preferì insultare in coro con Julian Assange la stampa accorsa ad ascoltarlo. Avrebbe fatto meglio a rivolgere i suoi strali verso il palco. In questa storia la stampa ha fatto il suo dovere di controllo. Il M5s no.

Chi è causa del suo Marra pianga se stesso

Si è detto molto e si è scritto moltissimo ma sentire la Raggi che scarica Marra dopo averlo difeso talmente tanto da legare a doppio filo la propria permanenza alla sua fino a poco tempo fa è un’indecenza. Così come, secondo me, è indecente chiamare conferenza stampa un monologo ridotto alla lettura di uno striminzito comunicato. Dice la Raggi che si sente di chiedere scusa a Grillo e ai romani ma forse dovrebbe chiedere scusa anche a chi (nel suo stesso partito) ha tentato di metterla più volte in guardia dallo strano personaggio che si è scelta come braccio destro e, allo stesso modo, forse sarebbe stato il caso di non sparare a palle incatenate contro i giornalisti che raccontavano il passato poco limpido di alcuni uomini scelti nella squadra della Raggi.

Ma non solo: quando si è detto che l’inesperienza (troppo spesso negata) può essere la porta aperta a scalatori e faccendieri anche da queste parti ci sono state scene di isteria. Come scrivevo proprio oggi qui la politica è una dinamica complessa che non accetta pensieri banali che puntano alla pancia: il metodo di difesa scelto oggi da Grillo (ma è scelta di Grillo?) è ugualmente pericoloso poiché ripetere meccanicamente che “questa indagine non c’entra nulla con questa consigliata” significa non considerare politica la scelta delle persone che si mettono al proprio fianco e così alla fine anche Mangano diventa uno stalliere che non ha nulla da spartire con Berlusconi. E la Raggi (come qualsiasi sindaco) potrebbe comunque essere toccata da un’indagine nella sua esperienza amministrativa e se dovesse succedere che si fa? Si butta a mare tutto quello detto fin qui?

Elaborare risposte misurate e il più possibile giuste, educarsi all’autocritica e smetterla di giocare a chi ha l’onestà più lunga misurandola con gli indagati degli altri sarebbe un passo verso la maturità. Bisognerebbe capire che è anche per il bene del M5S. Ma ci vuole scienza per diventare grandi restando giovani.

Il caso Marra. Spiegato bene.

Due articoli che spiegano bene cosa dicono le carte. Il primo è di Repubblica:

“Sussistenza di un concreto ed attuale pericolo di reiterazione di condotte delittuose analoghe a quelle già accertate e ciò anche in considerazione del ruolo attualmente svolto da Marra all’interno del comune, della indubbia fiducia di cui gode il sindaco Virginia Raggi”. Lo scrive il gip nel giustificare la detenzione di Raffaele Marra. Il braccio destro del primo cittadino capitolino è stato arrestato stamattina dai carabinieri del Nucleo investigativo del comando provinciale di Roma, guidati dal comandante Lorenzo D’Aloia,  con l’accusa di corruzione. Avrebbe ricevuto una maxi tangente da 367 mila euro dall’immobiliarista Sergio Scarpellini (anche lui arrestato). Due assegni circolari da 250 mila e 117 mila euro per l’acquisto di una casa in via Prati Fiscali 258, a Roma, intestata alla moglie di Marra, Chiara Perico nel giugno del 2013. All’epoca dei fatti Marra rivestiva il ruolo delicato di direttore del dipartimento partecipazioni e controllo gruppo Roma Capitale.
Ma gli inquirenti sono risaliti anche ad un altro analogo regalo che l’immobiliarista avrebbe fatto sempre a Marra. Un’altra casa. “Nel 2009 Scarpellini aveva venduto a Marra l’appartamento a Roma in via Giorgio Vigolo, angolo via Alberto Moravia, applicando in suo favore il considerevole sconto di mezzo milione di euro”. Una vicenda indicate nelle carte della procura che è prescritta ma tuttavia indicano un rapporto stretto tra i due: “scaturisce con assoluta chiarezza come i rapporti tra lo Scarpellini e Marra abbiano un non solo un carattere di grande confidenza ma implicano anche un reciproco vicendevole aiuto”.

E così, infatti, quando Marra vede la sua carriera in comune al fianco della Raggi minacciata da alcuni articoli del Messaggero non esita a contattare Scarpellini per influenzare l’editore del giornale (operazione che non andrà in porto). “Il Marra non mostra alcuna remora a chiedere un intervento d Scarpellini al fine di orientare in senso favorevole a sè l’opinione pubblica, attraverso i giornali controllati da un amico di Scarpellini”.
Un capitolo importante dell’ordinanza è dedicato agli interessi economici di Scarpellini nel comune di Roma: “Le funzioni svolte dal Marra hanno riguardato settori sensibili per gli interessi imprenditoriali dello Scarpellini. Il gruppo immobiliare ha infatti da tempo stipulato importanti convenzioni urbanistiche che richiedono l’emanazione di provvedimenti amministrativi da parte del comune di Roma e della regione Lazio. Queste convenzioni sono ancora attuali e i relativi procedimenti amministrativi non sono conclusi”. Per Scarpellini si pone un grosso problema. In campagna elettorale i 5 Stelle avevano criticato con asprezza alcuni affitti a prezzi salati pagati per dei palazzi di sua proprietà: “Ostilità mostrata dal movimento 5 stelle nei confronti di Scarpellini, di cui sono espressione diversi articoli di stampa. In questa situazione Marra rappresenta un significativo ed indispensabile punto di riferimento per lo Scarpellini e che abbisogna, ancor di più rispetto al passato in ragione delle mutate condizioni politiche, della sua influenza e capacità di interferenza (è il braccio destro della Raggi, ndr) per salvaguardare e realizzare i propri interessi”.

Le indagini nascono all’indomani di un’inchiesta su Manlio Vitale. “Er gnappa, il soprannome di Vitale, è uno degli storici esponenti della Banda della Magliana. Vitale è sotto intercettazione perché estorce soldi proprio a Scarpellini. “Vitale si reca ogni giovedì – si legge nell’ordinanza – nei pressi del Senato per ricevere dalla persona incontrata (Scarpellini, ndr) una consistente somma di denaro. Dazioni di denaro da ricondurre a un’attività estorsiva”. Per questo vengono intercettate le utenze telefoniche anche delle vittime, Scarpellini e la sua segretaria Ginevra Lavarello. E così, mettendo sotto controllo il cellulare di Scarpellini, gli investigatori scoprono i suoi rapporti con Marra.

E questo de Il Fatto Quotidiano:

L’indagine per corruzione che ha portato in carcere Raffaele Marra, capo del Personale del Comune di Roma, nasce quasi per caso. O meglio dall’intuito dell’investigatore che ascoltando le conversazioni tra un pregiudicato romano, Manlio Vitale considerato dagli investigatori personaggio della Banda della Magliana, e la sua ex compagna, e analizzando alcuni sms, capisce che l’indagine sta imboccando una strada che porterebbe al cuore di uno dei palazzi del potere. E infatti quando questa donna, Caterina Carbone, viene sentita dai carabinieri rivela di aver accompagnato più volte in zona Senato Vitale, detto “Er Gnappa” arrestato lo scorso marzo perché ritenuto il capo di una banda di rapinatori, e ogni giovedì Vitale per prendere “alcune migliaia di euro”. Vittima di quella che agli investigatori sembrava a tutti gli effetti una estorsione è Sergio Scarpellini, il costruttore che per la Procura di Roma è stato corrotto da Marra con la compravendita due immobili: uno venduto dal funzionario e l’altro acquistato. Una storia che era emersa già due mesi fa con la pubblicazione di un’inchiesta de L’Espresso ma che non aveva impedito a Marra di rimanere in Campidoglio difeso anche nelle ultime dal sindaco Virginia Raggi.

“Eh io sto a disposizione, tu diglielo”
Il telefono dell’imprenditore e quello della sua collaboratrice, Ginevra Lavarello, vengono messi sotto controllo. A fine giugno, come si può leggere nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Maria Paola Tomaselli, gli investigatori captano i primi di segnali una relazione pericolosa tra Marra e Scarpellini. È il 30 giugno 2016: Marra scrive alla Lavarello, appare disperato, vuole un aiuto, cerca protezione perché la stampa sta, a suo dire, conducendo una campagna feroce nei suoi confronti perché considerato uomo vicinissimo all’ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno (finito a giudizio per corruzione nel mare magnum giudiziario di Mafia capitale) e non gradito nella nuova era del M5s. Il funzionario dice alla donna di chiedere al costruttore di intervenire su Gaetano Caltagirone, tra l’altro editore di diversi quotidiani tra cui Il Messaggero, per realizzare una campagna in sua difesa. In ballo c’è l’incarico di vice capo di gabinetto con delega di firma. Marra, tra il 2009 e il 2010 direttore del Dipartimento del Patrimonio e della Casa del Comune di Roma, parla a ruota libera: “Eh, io sto a disposizione, tu diglielo puoi far pure arrivare, glielo dici ‘lui sta a disposizione’ … tanto lui lo sa che sto a disposizione”. Proprio per quella vicinanza all’ex esponente prima di An e poi di Fdi potrebbe costargli cara.

La sera del 30 giugno, dopo le 22, Marra insiste per chiamare Ginevra Lavarello: vuole che Scarpellini intervenga su Caltagirone e la telefonata avviene mentre l’uomo è negli uffici del Comune: “Sto ancora in Campidoglio, sto ancora in Campidoglio sto…”, “Eh mi immagino, immagino ma un attacco pazzesco ma veramente fuori luogo” replica l’interlocutrice. Marra fa la vittima: “Ma poi senza nessun motivo proprio, nessun motivo, quindi ti telefonavo soltanto per chiederti una gentilezza, se puoi… parlando con Sergio, se Sergio può intervenire con Gaetano … Calata. Per farmi dare una mano sui giornali… cioè capire se…no nel senso proprio per cercare in qualche modo di…tutelare …un po’ la posizione sennò diventa un grande, un gran… molto complicata la questione”.

“Dall’uomo più potente in tre giorni divento l’ultimo coglione”
La donna promette, ma Marra insiste: “Eh, io sto a disposizione tu glielo puoi far pure arrivare, glielo dici ‘lui sta a disposizione’ dici però è una cosa è una cosa senza senso… Eh no in modo tale pure per cercare di aver in qualche modo una visione diversa no, che lui possa dire: ‘ma come adesso lo avete nominato e ora che fate, allora vuol dire che comandano quelli di Milano, comandano quelli di Torino allora questo non conta un cazzo, cioè fate risultare che se mi sposta è un danno enorme alla sua credibilità, alla sua immagine’. Lavarello ascolta e Marra prosegue: “Io stavo… io stavo organizzando tutto, stavo organizzando, avevo accennato a Cinzia quelle che erano le proposte, ora mi fai fuori, dall’uomo più potente in tre giorni divento l’ultimo coglione...”. Solo perché sulla stampa mi hanno, mi hanno sparato a zero quindi secondo me lui dovrebbe cercare di convincere quell’altro a dire: ‘vabbe’ ne prendo … tanto lui lo sa che sto a disposizione per dire vabbe’ facciamo un po’ di fuoco amico e dire non si permetta a togliere un servitore dello Stato cioè poi se volete domani passo io e … oppure se mi mettete in contatto con  qualcuno che mi può aiutare riservatamente meglio ancora, se però ovviamente deve intervenire il capo perché se non interviene lui non succede niente… bisogna farlo parlare direttamente con Caltagirone e credo che lui gli dà una mano”. Lavarello e Scarpellini concordano poi di dire a Marra di aver cercato di contattare l’imprenditore anche perché ragionano su una sua uscita di scena: “Tanto se poi domani lo defenestrano… finito“. Ma queste conversazioni diventano il punto di partenza dell’indagine che porta gli investigatori a scavare nel passato del funzionario e dell’amico costruttore – legati da un “rapporto viziato” ritiene il gip sin dal 2009 fatto di “insistenti regalie” negli anni 2010 e 2013 dallo Scarpellini in favore del Marra scrive il gip –  e gli affari fatti da quest’ultimo in passato e per il presente con il Comune di Roma. Perché come scrive il giudice il rapporto tra i due prosegue “sul medesimo binario” ancora nel luglio del 2016.

(il mio editoriale per Fanpage invece è qui)