Vai al contenuto

razzismo

Razzismo e neonazismo travestiti

Queste cose, messe in fila, mi fanno pensare come il razzismo sia da combattere proprio sul terreno della politica, perché è in questa che si infiltrano i nuovi nazisti: in “innocenti” movimenti indipendentisti, regionalisti, addirittura “cattolici”. Ma la dimensione è straordinariamente europea. Se anni fa succedeva in Francia quello che potete vedere nel video e oggi accade la stessa cosa in Repubblica Ceca, forse è il caso che ci facciamo carico di una consapevolezza: lavorando nel “sottobosco” della politica, i razzisti di estrema destra hanno più penetrazione e più coesione “europea” di quanta non ne abbiano i partiti che cercano (o dicono di cercare) una direzione comunitaria che sia unica sul percorso della legalità.

Quello che possiamo fare noi, anti-razzisti per natura, è armarci per lavorare nell’estremamente piccolo, nel locale, per stanare ovunque si nascondano questi personaggi, soprattutto quando si nascondono nelle “amministrazioni dei piccoli Comuni”, senza paura di chiamarli per quello che sono: razzisti, neonazisti, neofascisti. Ricordare a loro e a chiunque li ascolti che essere razzisti è innanzitutto anticostituzionale (articolo 3, articolo 8, articolo 10), prima ancora che stupido.

Francesco ne scrive partendo dai documenti. Da leggere per non poter dire di non sapere.

Vietato entrare ai zingari

Lo racconta Il Giornale di Vicenza in un articolo a firma di Marco Scorzato: «Vietato entrare ai zingari». Scritto così, con l’errore grammaticale. Un cartello arancione, scritta nera. Messaggio choc. Anche se nella sua interezza recita così: «Siamo spiacenti ma per maleducazione e non rispetto delle regole, vietato entrare ai zingari!» Postilla: «Non per razzismo». Lo choc è quello di chi come noi, ieri mattina, si è imbattuto nel cartello affisso sulla porta dell’Euro Point, un piccolo bazar al civico 8 di contrà XX Settembre. Ci sono clienti che entrano senza batter ciglio, mentre alcuni passanti si fermano a guardare e poi se ne vanno, chi mormorando, chi scuotendo il capo. «L’ho messo io quel cartello, qualche giorno fa», dice candidamente la giovane commessa intenta a servire una cliente. «Il titolare? No, lui passa di qua raramente, anzi, mi ha consigliato di toglierlo, perché dice che così rischio solo guai…». Si chiama Fatima, la commessa, e indossa un berretto nero in lana, un berretto alla moda che le copre tutta la chioma. Parla veloce e con stupefacente spontaneità chiede: «Che dice, lo lascio?». Guarda il cartello, poi fissa negli occhi chi le sta per fare almeno una domanda: quella domanda. Ma allora gioca d’anticipo e parte in quarta. La sua storia inizia così: «So cosa sta pensando, ma non ce la faccio più». Gesticolando, mostra il negozio, le collanine sullo scaffale e il bagnoschiuma su quello opposto. «Vede? Gli zingari passano sempre di qua, entrano in negozio in otto o dieci o anche di più; sono sempre gli stessi e hanno sempre dei bambini con loro, che vanno in giro per il bazar. Io non riesco a controllarli e poi, ogni volta, è sempre la stessa storia: rubano ». Sempre così? Cosa vuol dire «sempre»? «Vengono spesso, non dico tutti i giorni, ma spesso; alcune volte gli adulti si sono fermati a pagare, ma anche in quei casi poi mi sono accorta che avevano rubato qualcosa. Ma era tardi per farsi ridare la merce. Mi è capitato anche di dover abbandonare il negozio, e io sono qui da sola, per inseguirli. Non posso andare avanti così». Indica la vetrina dove ha esposto due manifesti: “Svendita totale, 50% di sconto”. «A fine marzo chiuderemo l’attività, non ce la facciamo. Quando abbiamo iniziato, ad aprile, speravamo andasse diversamente, ma la crisi è forte. Adesso svendo tutto e già così per certi prodotti incasso meno di quanto ho speso per comprarli, ma non posso anche accettare che me li rubino…». E poi, forse per analogia, aggiunge: «Vado e vengo con il bus e sul bus a loro è permesso di viaggiare senza biglietto o di non obliterarlo: ho visto coi miei occhi che gli autisti non li controllano nemmeno». Resta la domanda dell’inizio, comunque inevasa: un cartello che vieta l’ingresso agli zingari è una discriminazione razzista che ricorda un’epoca buia, forse la più buia dell’Italia unita. «So che questo è un luogo aperto al pubblico e so cosa può pensare la gente – risponde Fatima – Ma no, non sono razzista, l’ho anche scritto». Ma crede che basti averlo scritto? «Senta, sono marocchina, vivo qui da 12 anni e so che esistono le regole e io le rispetto. Non sono razzista ma le regole devono valere per tutti. Sennò non dite a me che tratto qualcuno in maniera diversa. Sa una cosa? I miei colleghi non mettono cartelli, ma mi dicono che non li fanno entrare. Cosa cambia?». Fatima Mechal, 20 anni, commessa di origini marocchine: da oggi i vicentini parleranno di lei.

È impossibile parlare del razzismo di oggi se non si ricorda il razzi­smo di ieri. (Gian Antonio Stella)

Noi faremo le nostre proposte sul dovere di arginare i rigurgiti alla prossima agorà di Milano il 3 marzo.

L’antirazzismo e gli idioti

1) Le razze umane non esistono, gli idioti purtroppo sì. L’esistenza delle razze umane è stata ormai smentita dalla scienza in base a evidenze fornite da molte discipline, in particolare dalle prove genetiche e dagli studi di genetica delle popolazioni. È tuttavia l’esistenza degli idioti non già un’astrazione del nostro spirito, ma corrisponde a una realtà fenomenica, materiale, percepibile con i nostri sensi. Questa realtà è rappresentata da masse di imbecilli costituite da milioni di uomini simili per ignoranza, egoismo, problemi mentali e psicologici che trovano il loro legame in ideologie razziste per affermare con l’odio di gruppo il loro fondamentale fallimento come individui.