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“Addio Benetton. Il governo ha vinto. E anche l’Italia”: Giarrusso (M5S) a TPI

Dino Giarrusso è europarlamentare del Movimento 5 Stelle ma sempre molto attento alle dinamiche nazionali che riguardano il governo Conte. Si dice soddisfatto per l’accordo trovato su Autostrade e fiducioso per la tenuta del governo in futuro.
Onorevole Giarrusso, come valuta l’accordo con i Benetton preso dal governo?
Lo valuto molto positivamente perché per una volta un governo non cede al capitalismo di relazione che secondo me ha inquinato completamente la società italiana negli ultimi decenni, legando grandi capitali a vecchi partiti e sistema dell’informazione. Non era facile estromettere Benetton dal controllo delle Autostrade e questo governo ce l’ha fatta, la ritengo una vittoria per i cittadini.

Qualcuno però fa notare, anche all’interno del Movimento 5 Stelle, che la soluzione sia una revoca dolce e ci vorrà molto tempo prima che la soluzione si realizzi…
Io non la ritengo una revoca dolce. Per la prima volta in Italia chi ha commesso delle gravi mancanze (oltre ad avere fatto morire 43 persone, il crollo di un ponte è in sé una ferita per Genova e per l’Italia) non riceve sconti, cosa che ci è stata riconosciuta anche dalla Corte Costituzionale quando abbiamo deciso di non far partecipare la società alla ricostruzione del ponte. Poi…
Cosa?
Poi per i cittadini il pedaggio diminuirà significativamente e anche questa la ritengo una vittoria civile, un lavoro ben fatto. Inoltre ci sarà il risarcimento di 3,4 miliardi di euro, quindi chi ha sbagliato pagherà. Tra l’altro l’accettazione di queste condizioni fa sì che non ci siano contenzosi, ciò che in Italia può durare decenni e far permanere la concessione “in attesa di sentenza definitiva”. Abbiamo anche casi di contenziosi finiti economicamente molto male per lo Stato e quindi per le tasche di tutti noi: questa volta non accadrà.

Tutto bene quindi?
La ritengo una soluzione positiva ed anche un buon esempio per il futuro: val la pena sottolineare anche che scendendo sotto il 10% i Benetton non siederanno nemmeno più nel Consiglio di Amministrazione.
Come legge le fibrillazioni di Italia Viva, di alcuni del PD e addiritutra dello stesso M5S?
I mal di pancia di Italia Viva e minima parte del PD li leggo allo stesso modo in cui leggo che Prodi e De Benedetti insieme propongono di fare entrare Berlusconi nel governo: sono i colpi di coda di un sistema che non ha funzionato, non ha fatto il bene degli italiani eppure non vuole cedere per fini di potere. Nostalgie trasversali in tutti i vecchi partiti (tutti, nessuno escluso, purtroppo, compresi quelli che stanno e che stavano al governo con noi) di esponenti che fanno parte del vecchio sistema e che non vogliono cambiarlo. Per questo ci sono tante resistenze, il cambiamento scontenta molti. Nel M5S non ho sentito voci dissonanti sulla vicenda Autostrade.

Come valuta le tenuta di questo governo alla luce dei retroscena sull’ingresso di Forza Italia e i mal di pancia di Renzi?
Penso che questo governo abbia innegabilmente portato un cambiamento. Poi, per carità, può piacere o non piacere ma il cambiamento in Italia è una dinamica molto difficile. Ci sono state molte persone per bene che nei decenni scorsi hanno fatto battaglie anche importanti in formazioni “pulite”, ma purtroppo non hanno portato nessun risultato concreto se non quello della semplice testimonianza: il Movimento ha invece cambiato delle cose concrete -con tutti i nostri limiti – e questo crea problemi a chi vorrebbe che le cose non cambiassero mai. Il fatto che molti sedicenti antiberlusconiani – e persino storici nemici di Berlusconi come Prodi e De Benedetti – abbiano rivalutato la figura di Berlusconi “pur di togliere Conte e M5S dal governo” la dice lunga su quanto fastidio diamo al vecchio sistema. Questo valeva durante il contratto di governo con la Lega e vale adesso: abbiamo perseguito i nostri obiettivi e il nostro programma politico (penso alla legge Spazzacorrotti, al reddito di cittadinanza, al taglio dei vitalizi…) cercando di tenere la barra di governo quanto più vicina al nostro programma.

Intanto il Movimento ha trovato l’accordo sulla Liguria con il Partito Democratico candidando Sansa…
Non mi risultano accordi chiusi. Ciò detto: io penso che il Movimento sia alternativo a tutti gli altri partiti, dunque riguardo eventuali alleanze vanno valutate solo se rispettano i nostri valori. Ci sono regioni come la Sicilia in cui abbiamo sfiorato il 40% e non governiamo. Prima di parlare di accordi bisogna però decidere insieme programma, valori di riferimento e candidato presidente. In Campania, ad esempio, dove c’è De Luca per quel che mi riguarda non c’è nemmeno da discutere. Altrove si può discutere, ma tenendo sempre la barra dritta. Peraltro son cose che poi decideranno i nostri iscritti come abbiamo sempre fatto.
Ma il nome di Sansa la soddisfa?
C’è un tavolo in corso: se gli attivisti liguri e il capo politico stringono un accordo alle nostre condizioni, potremmo mettere fine alla disastrosa gestione Toti.

Leggi anche: 1. Autostrade: chi ha vinto e chi ha perso. Tra Conte e i Benetton, passa la linea Gualtieri / 2. Autostrade: dopo il Cdm vicina l’intesa finale. Niente revoca, ma Atlantia sotto il 10%: entra lo Stato

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In Italia 13mila infetti, ma gli “untori” sono i migranti: signori, gli sciacalli sono tornati

Seguitemi un secondo: in Italia in questo momento ci sono 13.179 persone ufficialmente positive al Covid-19. 13.179 persone che sono potenzialmente infettive e pericolose per la salute pubblica. In Lombardia, tanto per fare un esempio partendo dalla regione più colpita, sono 8.004 di cui ben 7.813 in isolamento domiciliare. Avete letto bene: in Lombardia 7.813 persone sono a casa propria (o in una struttura messa a disposizione) a convivere con il virus e si spera che tutte le 7.813 persone rispettino l’isolamento e non scorrazzino in giro, non mettano nemmeno il naso fuori dalla porta visto che è dal naso che il Coronavirus prolifica e si moltiplica.

In Piemonte quelli in isolamento domiciliare riconosciuti positivi sono 859, in Emilia Romagna sono 1.077 e, per andare sulle regioni meno colpite, in Campania sono 233, in Sicilia 118, in Abruzzo 128 e in Calabria 53. Tutti numeri di cui la politica nazionale e la stampa parla poco o quasi niente: in effetti sono numeri risibili rispetto a quello che abbiamo passato nei mesi peggiori e del resto si spera che i controlli e il senso di responsabilità prevalgano, sempre. È bastato vedere quanto si sia arrabbiato il presidente della Regione Veneto Luca Zaia quando un suo cittadino, con i sintomi Covid, ha deciso allegramente di partecipare a feste, compleanni e funerali fregandosene di tutto e di tutti e mettendo a rischio decine di persone.

La situazione è molto delicata e anche un’equilibrata narrazione (da parte dell’informazione e della politica) può evitare allarmismi e troppa leggerezza, tenendo quel sottile equilibrio che permette di non trasmettere fobie ma allo stesso tempo di tenere alta la guardia sui pericoli della pandemia.

Bene, ora andiamo a Roccella Jonica, Calabria, dove tra alcuni migranti sbarcati sono stati trovati 28 positivi al Covid che proprio in queste ore sono stati distribuiti sul territorio. Anche questa è una soluzione delicata: bisogna garantire sicurezza ai cittadini e bisogna organizzare un isolamento che garantisca sicurezza a tutti. Ora provate ad ascoltare come questi 28 (paragonati ai numeri generali) siano raccontati da certa stampa e da certa politica. Ricordatevi anche che in Italia, purtroppo, è iniziata la pandemia occidentale e ricordatevi per quante settimane siamo stati noi gli untori agli occhi del mondo. È il solito caos strumentale su alcune situazioni particolari che non tiene conto della situazione generale. È il solito sciacallaggio che riformula la realtà per un pugno di voti. E ancora una volta ci ricadiamo.

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Le Regioni dopo due mesi brancolano nel buio: vogliono riaprire ma ancora parlano di tamponi

Fase 2, le regioni brancolano nel buio: ancora parlano di tamponi

Tutti in attesa della Fase 2. Il presidente del consiglio Conte dice che entro la fine di questa settimana illustrerà i dettagli della graduale “riapertura” delle attività produttive sul territorio nazionale mentre alcune regioni spingono, come sempre, per andare per conto loro. E insieme alla discussione sulla Fase 2 si infila lentamente anche la notizia di una ricaduta del contagio: c’è chi dice nel prossimo autunno, c’è chi dice che l’allentamento delle misure porterà a una ricaduta quasi istantanea e chi parla addirittura del 2021.

Uno studio dell’Università di Trento appena pubblicato su Nature Medicine analizza i dati italiani dal 20 febbraio 2020 al 5 aprile per mostrare come il lockdown abbia influenzato la diffusione della pandemia in Italia e ipotizza una stima di 70mila morti solo nel primo anno se verranno allentate le misure esistenti.

“Il nostro modello ci dice – spiega la ricercatrice Giulia Giordano intervistata dall’Agi- che le misure adottate erano indispensabili e che allentarle potrebbe portare a una situazione disastrosa”. Ma secondo i ricercatori non c’è solo il lockdown come possibile contromisura: “Un’altra – spiega sempre Giulia Giordano – potrebbe essere quella di effettuare test sierologici e tamponi a tappeto sull’intera popolazione e un tracciamento accurato dei contatti, in modo da poter isolare qualunque focolaio emergente dal principio. Isolare infetti, fornire cure e arrestare la diffusione. Questa è l’unica possibilità se si vuole allentare il lockdown ed evitare la ripartenza dei focolai. Ma nel caso in cui non si faccia una campagna massiccia di test e le contromisure vengano allentate nel giro di un anno saremmo ancora nel pieno dell’epidemia”.

E siamo ancora qui, al punto di partenza. Sono passati due mesi e ancora non si riesce ad avere un quadro chiaro sulle modalità di tamponi (“a tappeto” e “su tutta la popolazione”, come dicono gli esperti) e di test nelle diverse regioni. Dopo due mesi di emergenza ancora accade che persone sintomatiche siano in isolamento senza mai avere saputo se hanno contratto o meno il virus. Dopo due mesi di emergenza le Regioni ancora brancolano nel buio. E allora sorge un dubbio spontaneo: non è che dopo 60 giorni siamo al punto per cui si riapre solo perché non si può chiudere per sempre? Si aspettano le risposte dei presidenti di regione che si sbracciano per l’aprite tutto. Oppure rimarrà la sensazione che solo il lavoro mobilita l’uomo e solo il profitto detti i tempi del fine quarantena.

Leggi anche: 1. “Censurano le morti e non rispondono da giorni”: così la RSA di Legnano si è trasformata in un lazzaretto / 2. Visite ai parenti, spostamenti e tempo libero: cosa potremo fare dal 4 maggio

3. Coronavirus, in arrivo il test per valutare gli effetti della quarantena sulla psiche 4. Coronavirus in Italia, ultime notizie. Fase 2: ipotesi esame orale di maturità nelle scuole. Lavoro: possibili turni anche nei weekend

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Vi ricordate il «niente tagli alla sanità»? Ecco.

(ne scrive Giovanni Rodriquez per Quotidiano Sanità)

Nella serata di ieri le Regioni a statuto ordinario hanno trovato un’intesa con il Governo sul riparto delle quote dei tagli ai bilanci regionali per far fronte al contributo alla finanza pubblica previsto dalla legge di bilancio 2017. Ma all’accordo si sono opposte però due le Regioni autonome (Sardegna e Friuli Venezia Giulia). Inoltre già lo scorso anno le regioni a statuto speciale avevano fatto ricorso contro i tagli della legge di stabilità 2016 (tutte tranne Trento e Bolzano) e questo apre al rischio di un taglio alle disponibilità della sanità in quanto la quota di compartecipazione di quelle Regioni non aderenti andrebbe a caricarsi sui bilanci delle Regioni a statuto ordinario che hanno già chiarito come, a questo punto, sarà impossibile non intaccare i budget della sanità.

Ma come stanno realmente le cose? I 422 milioni di euro di tagli al Fsn di cui si parlava ieri sera sono confermati? E come si è arrivati a questa cifra? Abbiamo cercato di capirlo con il coordinatore della commissione Affari finanziari della Conferenza delle Regioni, Massimo Garavaglia.

Assessore Garavaglia, ci aiuti a far chiarezza su quanto accaduto ieri. Intanto a quanto assomma la cifra del contributo alla finanza pubblica delle Regioni per il 2017?
Le manovre finanziarie approvate dal Parlamento nel 2014-2015 e 2016 fissano in 8.191,80 miliardi di euro la cifra dei tagli a carico dei nostri bilanci per il 2017, in parte già coperti lo scorso anno con tagli strutturali. Di questi 8 miliardi restano ancora da coprire circa 2,7 miliardi: questo è stato l’oggetto dell’Intesa di ieri sera, come cioè le Regioni Ordinarie pagano i 2,7 miliardi.

Ieri per tutta la giornata si è parlato del rischio di un taglio alla sanità di 422 milioni di euro derivanti dalla mancata intesa con le Regioni a statuto speciale. Ma come si arriva a questa cifra?
La cifra fa riferimento, non all’ultima legge di Bilancio, ma alla precedente legge di Stabilità che ‘colpiva’ anche le Regioni a statuto speciale. Bisogna fare però chiarezza su un punto: da una parte c’è l’annunciato ricorso alla Consulta portato avanti da Sardegna e Friuli Venezia Giulia contro l’ultima legge di Bilancio 2017, dall’altra c’è ricorso alla Consulta fatto e la contrarietà al contributo alla finanza pubblica previsto anche per le Regioni a statuto speciale dalla legge di Stabilità 2016, che ha portato Valle d’Aosta, Sicilia, Sardegna e Friuli Venezia Giulia a defilarsi. Da qui i 422 mln che restano in ballo perché le speciali non hanno voluto farsene carico e che, a questo punto, a causa di una clausola di salvaguardia introdotta dal Ministero dell’Economia, ricadono su tutte le Regioni a statuto ordinario. Le speciali non accettano i tagli del 2016 per 422 milioni e il taglio delle ordinarie sale di 422 milioni nel 2017.

Quindi le Regioni a statuto speciale hanno la facoltà di potersi tirare indietro su questo punto facendo ricadere quanto di loro competenza su tutte le altre?
Esattamente. E pensare che con il referendum costituzionale si voleva garantire a queste Regioni la loro ‘specialità’ in modo permanente. Sono orgoglioso di aver votato ‘contro’ quella riforma.

A questo punto quindi si può già parlare di un taglio secco al Fondo sanitario nazionale di 422 milioni?
Sì, il taglio è già cosa certa: il FSN per il 2017 è ridotto di 422 milioni dal momento che le speciali hanno formalizzato proprio in questi giorni la non volontà di partecipare ai tagli. Ma questa non è una novità, è da un anno che lo denunciamo.

E che ricadute potrà avere tutto questo sui cittadini? Procederete come nel 2015 con una nuova intesa con il Governo per individuare i risparmi da conseguire a fronte del minore finanziamento?
Il punto è che ancora una volta siamo alle solite. Qui si vorrebbe la botte piena e la moglie ubriaca. Con il finanziamento alla sanità lo Stato paga alle Regioni una serie di servizi che dovranno poi essere garantiti ai cittadini. Mi pare cosa del tutto evidente che ad un finanziamento minore possano corrispondere meno servizi. Il problema vero, ad esempio, potrebbe essere quello di garantire effettivamente l’erogazione dei nuovi Livelli essenziali di assistenza.

Lea sempre più a rischio, quindi. Considerando che a vostro avviso, come avete sempre detto, neanche gli 800 milioni stanziati dal Governo sono sufficienti a coprire le spese…
Esattamente, noi avevamo fatto una stima di circa 1,4 – 1,6 miliardi. Successivamente abbiamo accettato per senso di responsabilità un finanziamento di 800 milioni, ma ora sarà tutto ancora più difficile. Basta fare qualche calcolo: lo stanziamento per il Fondo sanitario è di 113 miliardi per il 2017, se a questi viene sottratto il miliardo che servirà a finanziare il Fondo per i farmaci innovativi scendiamo a 112 miliardi. A questo dobbiamo poi sottrarre i circa 400 milioni dei contratti e, adesso, i 422 milioni delle Regioni a statuto speciale. Scendiamo così a circa 111 miliardi. Praticamente quanto il Fsn del 2016. E tutto questo lasciando fuori i nuovi Lea. Insomma, la situazione non è certo semplice.