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Ripartenza senza freni

Dietro la tragedia del Mottarone ci sono scelte prese per non perdere il fatturato. Accade anche nei cantieri e nelle fabbriche, quando in nome del profitto si risparmia sulla manutenzione, a scapito della sicurezza dei lavoratori. E allora sorge un dubbio, allargando il discorso…

Il quadro che esce dalle prime indagini sulla tragedia del Mottarone dove una funivia caduta ha provocato la morte di 14 persone sta assumendo contorni terrificanti. Siamo solo nelle fasi preliminari, certo, ma che le tre persone fermate (Luigi Nerini, proprietario della società che gestisce l’impianto, la Ferrovie Mottarone srl, il direttore dell’esercizio Enrico Perocchio e il capo servizio Gabriele Tadini) abbiano ammesso di avere consapevolmente disattivato il freno di emergenza segna già un punto importante. Quel freno provocava il blocco dell’impianto e l’ultimo intervento tecnico non era riuscito a risolvere il problema così si è pensato bene di manometterlo per non interrompere il servizio.

Per giorni ci si è interrogati sui eventuali difetti di materiali o un errore tecnologico mentre ora, ancora una volta, riaffiora l’errore umano. Anzi, a bene vedere, tanto per tenerci all’ecologia del linguaggio, si potrebbe dire che qui stiamo parlando di avidità umana, roba un po’ diversa dal semplice errore: si tratta di avidità, di scelte prese consapevolmente a discapito della salute per non avere perdite di fatturato. Il discorso è sempre quello: considerare la sicurezza un disturbo, una perdita di tempo o un vezzo burocratico significa assegnare poco valore alle vite umane. Forse è accaduto sul Mottarone, molto probabilmente è accaduto per il ponte che avrebbe fatto perdere soldi alle autostrade, accade quando per velocizzare la produzione si asportano le protezioni dai macchinari che si inghiottono i lavoratori, accade quando non si mettono in sicurezza i cantieri da cui volano gli operai, accade quando si finge di non sapere i livelli di inquinamento degli impianti (accade più lentamente ma accade), succede quando si risparmia sulla manutenzione. «L’errore umano ci può sempre essere, la consapevolezza nel togliere le misure di sicurezza non può, non deve e non bisogna neanche sognarsela», ha dichiarato Valeria Ghezzi, presidente dell’Associazione nazionale esercenti funiviari.

È sempre il profitto ritenuto più importante delle vite umane. Sempre quel vecchio discorso che nessuno vuole affrontare con parole chiare. È il pensiero di una società che va ripensata proprio dalle fondamenta da questo punto di vista. E allora sorge un dubbio, volendo allargare il discorso: semplificare le procedure di sicurezza per proteggere il fatturato è esattamente il pensiero che sta dietro a certe proposte anche di questo governo. E che questa “voglia di ripartenza” per molti sia smodata voglia di fare in fretta soldi per recuperare il perduto rende l’argomento ancora più sensibile. Pensateci, vale davvero la pena soffiare nella ripartenza senza freni?

Buon giovedì.

(nella foto: funivia Mottarone, il “forchettone” che manteneva aperte le ganasce del freno)

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Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

Ma è questa la ripartenza?

Col governo Draghi avremmo dovuto provare ad immaginare un futuro lontano dal mondo di prima. Invece Salvini oggi ritira fuori i migranti, M5s e Pd sono frenati da problemi interni e da un’alleanza che non decolla, Meloni all’opposizione è tutta concentrata sulla sua “operazione simpatia”

Fate uno sforzo di memoria e tornate ai primi giorni di questo governo Draghi, quando (giustamente) tutti i partiti e tutti i commentatori sottolineavano l’importanza di un dibattito ampio, complesso, approfondito e visionario sul Paese che ci si ritrova a costruire dopo la pandemia e con una disponibilità economica inimmaginabile. Perfino la crisi di governo, al di là della sensibilità politica di ognuno, sembrava poca cosa rispetto alle decisioni da prendere. Dicevano tutti, più o meno strumentalmente, che non avremmo dovuto concederci di “volare bassi” e che avremmo avuto la responsabilità di immaginare un futuro lontano dal mondo di prima.

Fatto? Bene, ora tornate qui. Di Piano nazionale di ripresa e resilienza, il Pnrr, si parla poco, pochissimo, l’argomento è diventato tutt’altro che popolare e rimane relegato ai volenterosi specialisti che alacremente lo studiano, senza rientrare nei palinsesti televisivi e senza nemmeno sfiorare le bocche dei leader politici. E di cosa parla in questi giorni?

Salvini sta ritirando fuori i migranti. Quasi esaurita la polemica sul coprifuoco (ora succederà inevitabilmente che grazie ai vaccini i contagi scenderanno e il leader leghista rivenderà come vittoria personale una naturale evoluzione delle cose) adesso il senatore del Carroccio si butta di nuovo sugli immigrati con le solite parole, la solita retorica, la solita propaganda. Sempre la stessa storia, insomma.

Giorgia Meloni è tutta concentrata sulla sua “operazione simpatia”. Il suo libro è solo uno dei tanti ingredienti di qualcosa che abbiamo già vissuto ciclicamente (vi ricordate esattamente 5 anni fa il libro di Salvini con le solite polemiche identiche a quelle di questi giorni?) e il fatto che anche certa stampa presunta progressista l’abbia sdoganata è piuttosto indicativo. Di futuro, poco e niente, tutto marketing.

Il M5s ha il piccolissimo problema di non avere un capo politico legittimato (a meno che non basti l’unzione di Grillo), di non avere l’elenco dei suoi iscritti e di essere nel pieno di una battaglia legale con chi gestiva la sua piattaforma.

Il Pd è tutto concentrato a gestire un’alleanza con il M5s di cui non si capisce il senso. A meno che i democratici non ritengano ancora Conte “il punto di riferimento dei progressisti”, vista la dubbia convergenza sui temi che contano pare che per ora l’alleanza si esplichi soprattutto sul peso dei veti di uno sull’altro. Non un gran sviluppo, per ora, se è vero che Appendino a Torino ha detto di non avere intenzione di appoggiare il Pd, a Roma il M5s sta andando dritto per conto suo (bloccando nel frattempo Zingaretti) e a Milano sarà tutto da vedere. Futuro? Pochino.

Ma concretamente, pensateci, di cosa si sta parlando? Si sta parlando del ponte sullo Stretto. Ancora, nel 2021. Cadono le braccia solo a scriverlo. Siamo ancora qui. Anzi, siamo ancora lì, a immaginare un futuro che è lo stesso futuro da decenni. Si potrebbero ripescare gli stessi editoriali di 10 anni fa e funzionerebbero ancora. Eccoci qui nel pieno splendore del dibattito sul futuro.

Buon mercoledì.

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