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roberto mancini

L’autogol di Mancini, che pubblica una vignetta negazionista sul Covid

Un giocatore lo vedi dal coraggio dall’altruismo, dalla fantasia. L’allenatore della nazionale di calcio Roberto Mancini invece lo vedi dalle vignette che condivide su Instagram come se fosse un adolescente qualsiasi, mettendoci una bella vignetta in cui un’infermiera (ovviamente nera, tanto per riuscire a beccare tutti gli stereotipi peggiori) chiede a un paziente su un letto di ospedale “hai idea come ti sei ammalato?”, e quello risponde “guardando i TG”.

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Perché si sa che i negazionisti, quelli che avranno esultato per la vignetta di Mancini come a una finale dei Campionati del Mondo, da mesi insistono nel dire che il virus non esista e che sia solo un’invenzione della stampa. Cosa c’è di meglio dell’allenatore della nazionale italiana per deresponsabilizzare un po’ di persone, per spargere un po’ di letame sull’informazione scientifica e per buttare all’aria tutta la cautela che viene raccomandata in questi giorni?

Chissà se Roberto Mancini ha voglia di andare a scherzare dai suoi tifosi che hanno perso parenti o amici in questi mesi, chissà se Mancini non ha voglia di entrare nella televisione degli italiani (come gli capita spesso con la sua squadra in prima serata) per spiegare a quel mezzo milione di italiani che hanno avuto il Covid che usa i social con la stessa irresponsabilità di un dilettante, lui che dovrebbe essere il re dei professionisti italiani. E chissà che non sia lo stesso Mancini che più di una volta, come accadde con Sarri qualche anno fa, tenne pomposi concioni sul calcio come veicolo di responsabilità e cultura, lui che ci ripeteva tutto serio serio che il calcio non può sopportare inciviltà e ignoranza.

E chissà che ne pensa la FIGC, quella che si spreme tanto per veicolare messaggi negli stadi e che si ritrova un domatore di fake news come allenatore della sua nazionale maggiore. Caro Mancio, se la creatività è direttamente proporzionale al ruolo che si riveste e alla visibilità pubblica oggi sei riuscito nella mirabile impresa di risultare il campione degli uomini poco saggi. Ora vedrete che ci dirà che gli hanno hackerato il profilo, che è stato un suo amico, che gli hanno rubato il telefono. Di sicuro è un autogol clamoroso. E questa volta ha completamente sbagliato la tattica. Complimenti mister, per come tiene alta la bandiera.

Leggi anche: 1. Lettera ai negazionisti: “Venite a Lodi a tenere i vostri comizi davanti a orfani del Covid” / 2. Spiegateci perché gli esperti che minimizzavano il virus ora imperversano in tv / 3. Ecco a voi i nuovi sovranisti: ignoranti individualisti e negazionisti che cianciano di dittatura sanitaria

L’articolo proviene da TPI.it qui

Poliziotti e poliziotti

Mentre siamo costretti a discutere dei poliziotti che vergognosamente (e da codardi istituzionali) hanno applaudito i colleghi assassini di Federico Aldrovandi (riuscendo a farsi riprendere da Renzi, Alfano, il capo della Polizia Alessandro Pansa e qualche centinaio di migliaia di cittadini) è morto a 53 anni Roberto Mancini, il poliziotto che con le sue indagini ha anticipato di 15 anni ciò che poi è stato il disastro della Terra dei Fuochi.

Nei primi anni ’90 inizia a lavorare sul traffico illecito di rifiuti in Campania. Nel 1996, dieci anni prima dell’uscita del libro “Gomorra” di Roberto Saviano, consegna un’informativa alla Procura di Napoli che verrà presa in considerazione soltanto nel 2011. Le carte consegnate da Mancini svelavano nel dettaglio attraverso intercettazioni, pedinamenti, dichiarazioni di pentiti, i nomi delle aziende del Nord coinvolte nel traffico: come l’Indesit e la Q8. Descrivevano i rapporti tra camorra, massoneria e politica. Anticipavano quel sistema che ha portato al biocidio della Terra dei fuochi.

L’informativa rimane in un cassetto per 15 anni. Fin quando nel 2011 il pubblico ministero Alessandro Milita la trova e la mette agli atti del processo per disastro ambientale e inquinamento delle falde acquifere. Tra gli imputati anche Cipriano Chianese, broker dei rifiuti del clan dei casalesi, che gestiva tutto il sistema criminale.

Negli anni successivi alle indagini, tra 1997 e il 2001, Mancini lavora come consulente per la Commissione rifiuti della Camera dei deputati. Il presidente è Massimo Scalia. Esegue decine d’ispezioni e sopralluoghi in discariche di rifiuti tossici nocivi e in siti di stoccaggio di materiali radioattivi. È proprio in questo periodo che Mancini si ammala di Linfoma non-Hodgkin.

La diagnosi arriva nel 2002. Il ministero degli Interni certifica il suo cancro del sangue come “causa di servizio” e gli riconosce un indennizzo di 5000 euro. A Roberto Mancini non bastano: “È un’ingiustizia”, dice. Così inizia la sua guerra contro lo Stato. Nel luglio 2013 la Camera gli nega un ulteriore indennizzo. La battaglia continua. Il 6 Aprile 2014 vengono consegnate a Montecitorio oltre 20mila firme in calce a un appello che chiede che a Mancini sia riconosciuto il giusto risarcimento. La Camera promette l’apertura di un’istruttoria. A oggi la petizione di change.org è stata sottoscritta da più di 50mila persone.