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Roberto Maroni

Il circo magico

Francesco Merlo, oggi, irresistibile su Repubblica


Se vo­le­te tro­va­re la fa­mi­glia esa­ge­ra­ta, se cer­ca­te il sud fa­mi­li­sta ti­piz­za­to e mo­stri­fi­ca­to dal­la so­cio­lo­gia, se ave­te no­stal­gia del­l’an­ti­co Me­ri­dio­ne ec­ces­si­vo di “mam­me­ta, pa­te­to, fra­te­to e so­re­te”, è al Nord che do­ve­te an­da­re. A Ge­mo­nio in­fat­ti ca­sa Bos­si è più na­po­le­ta­na di ca­sa Cu­piel­lo, che in fon­do è so­lo tea­tro. E gli af­fi­lia­ti e i com­pa­ri so­no più co­sca nel­la Brian­za che nel­la Cor­leo­ne di og­gi.
So­lo a Ge­mo­nio e non più a Pas­so­pi­scia­ro po­te­te sti­pa­re, in uno stes­so cam­per, il pa­dre bau­scia in ca­not­tie­ra e la mam­ma “ma­va­ra” che pre­pa­ra la te­glia di po­len­ta ma ogni tan­to mol­la sga­nas­so­ni ai ra­gaz­zi e la se­ra si de­di­ca ai ri­ti ma­gi­ci. E, nei se­di­li di die­tro, tan­ti fi­gli mam­mo­ni, ton­ti e spac­co­ni, che mo­stra­no il pet­to al­le ra­gaz­ze ma, ad ogni sor­pas­so, fan­no il ge­sto del­l’om­brel­lo e le cor­na. Nel mez­zo, a di­vi­de­re i ra­gaz­zi che, scom­po­sti, li­ti­ga­no e scal­cia­no, c’è la co­ma­re, l’e­ner­gi­ca zia Ro­sy, ma con il fi­dan­za­to fur­bet­to che al­lun­ga le ma­ni. Ag­giun­ge­te i ca­ni aki­ta, l’om­brel­lo da spiag­gia, sul tet­to una ca­me­ra d’a­ria da usa­re al ma­re co­me un sal­va­gen­te e, per com­ple­ta­re la fa­mi­glia Bos­si, li­be­ra­te quel­l’ar­ma­men­ta­rio espres­si­vo fat­to di per­nac­chie e di­ti me­di di cui al Sud or­mai ci si ver­go­gna e che in­ve­ce in un pez­zo di nord è il co­di­ce del­la clas­se di­ri­gen­te.
Sem­bra un film co­mi­co, un pa­ra­dos­sa­le Ver­do­ne, ma è in­ve­ce la real­tà. Non un’o­pe­ra del­l’in­ge­gno espres­sio­ni­sta del­la com­me­dia al­l’i­ta­lia­na ma il pro­fon­do sud a po­chi chi­lo­me­tri da Mi­la­no, la ri­na­sci­ta per­fet­ta del me­ri­dio­na­le scom­par­so: Fran­chi e In­gras­sia, Ti­be­rio Mur­gia, don Fe­fè, Sa­ro Ur­zì e tut­te le ma­sche­re del­la piz­za e del­la pa­sta al su­go.

L’u­ni­co ele­men­to di mo­der­ni­tà è quel “fa­mi­ly” che il te­so­rie­re del­la Le­ga ave­va scrit­to sul­la più pre­zio­sa del­le car­tel­li­ne, fa­mi­ly co­me prin­ci­pa­le vo­ce di bi­lan­cio, la pa­ro­la in­gle­se per in­gen­ti­li­re il de­lit­to, per na­scon­de­re l’in­gom­bran­te scan­da­lo, un gio­co lin­gui­sti­co di co­per­tu­ra che al­la fi­ne ot­tie­ne l’ef­fet­to op­po­sto. Fa­mi­ly è in­fat­ti l’i­ro­nia di­spe­ra­ta di quel te­so­rie­re go­ril­la che sem­bra il ge­mel­lo di Mo­du­gno: «Mam­me­ta, pa­te­to, fra­te­to, non­ne­ta, so­re­ta, zie­ta… o ca­ne. Aaaaaaaaahhh! Ia­te­ven­ne, ia­te­ven­ne».

Il rogo delle tessere, il giorno dello sciacallo, Maroni e Bossi: nella Lega l’hanno presa bene

Comincia a sparare l’assessora Rizzi: “Maroni segretario? Mi dimetto. Da lui caccia alle streghe”.

Ma chi si supera è un militante padano che nel giorno delle dimissioni del Capo ha scritto un testo dal titolo emblematico: “Il giorno dello sciacallo“.

“Oggi il barbaro sognante ha superato se stesso. Nel febbraio ’95 tradì la Lega Nord, oggi ha tradito l’Amico. Ha tradito colui che gli ha dato fama, soldi, potere. E’ inutile continuare a nascondere la testa sotto la sabbia e far finta di non sapere cosa c’era e c’è in atto in Lega Nord. E’ più di un anno che Maroni tenta di prendere la testa del movimento con mezzi leciti e illeciti, questi ultimi sempre ben nascosti. Se oggi in Bellerio il grido di ‘traditore’ pronunciato dai Militanti si è levato spontaneo nei confronti del ‘barbaro’ è perché tutti hanno capito ‘la mossa del Giuda’”.

“Gli eventi di questi ultimi giorni hanno altre si fatto capire l’accordo con i poteri forti ‘italioti’. Come Robert Bruce tradì William Wallace il ‘Robert italiota’ ha tradito e venduto al nemico Umberto Bossi. La Lega è morta? può essere. Se mai succederà che il ‘barbaro traditore’ si impossessi del movimento la Lega morirà comunque, a lui interessa la struttura e la ‘cassa’, modificherà subito il Dna togliendo l’art.1, ‘l’indipendentismo’ e a quel punto noi Militanti, ‘Guerrieri di Bossi’, non avremmo più ragione di esistere. Fin d’ora vi invito a ‘bruciare la tessera’ in una grossa manifestazione che organizzeremo per il nostro ‘Condottiero‘. Un ultimo sogno nel cuore mi è rimasto: Bossi! La Lega mai a un ‘barbaro traditore’ portatela con te nella tomba”.

Beh, buon lavoro.

Fanno politica per finta

Qualche giorno fa Roberto Maroni ci confessava beatamente che la Lega fingeva di essere xenofoba per racimolare voti ma che in fondo non ci credono troppo. Oggi Bossi ci dice che se il voto alle prossime amministrative andrà male torneranno con lo stesso Berlusconi con cui fingono di bisticciare un po’ dappertutto, Lombardia compresa. Sono all’opposizione per contarsi (dice Bossi) ma non ci credono molto: praticamente sono la stampella che finge di essere avversaria. Se fosse uno spettacolo teatrale Umberto Bossi e Roberto Maroni sarebbero i lestofanti che per tutta la serata stanno sulle palle a tutti gli spettatori ma si sopportano perché si sa bene che servono alla drammaturgia e allo svolgimento della storia. Invece siamo nel paese reale e la scenografia è un tracollo di diritti, di soldi, di speranze e di futuro e sembra una tragedia in 800 atti di cui non si vede la fine. Sarebbero anche da fischiare e cacciare a calci fuori dal palcoscenico – pensi – ma se escono i personaggi minori magari ci si accorge che in mezzo a tutti questi che fanno politica per finta ti sfugge chi ci sia per davvero. Senza recitazione, giochi di ruolo o trucchi populistici di chi mastica bene il mestiere. Dico: qualcuno che crede che la sua sia davvero una soluzione equa perché la crede equa e non perché è la soluzione che tiene buoni gli alleati, chi dice che le cause di questo disfacimento morale ce le ha bene in testa e non le lima per non sfiorare qualcuno dei suoi, chi ci dice  che vuole provare a costruire futuro in quella direzione perché è la strada per cui imbarcherebbe subito se stesso, la sua famiglia, i suoi figli.

E allora sicuramente Bossi (e molti altri) non avrebbero sempre quel sorriso di chi sa per certo che questo Monti è solo una pausa, piuttosto che la fine.

 

Alla faccia di Falcone e Borsellino

“Se, oltre ad avere un ministro dell’Interno padano, avessimo anche i magistrati padani, probabilmente in Padania la mafia non esisterebbe, perché la nostra magistratura, che è fatta tutta di ragazzi del sud coi loro burocrati del sud, è un autentico groviera di informazioni: come fa uno a denunciare un mafioso se il mafioso, dopo tre minuti, lo sa perché viene informato da qualcuno, dagli amici? Perché questi sono così: qualcuno sarà codardo, qualcuno sarà venduto, qualcuno semplicemente facilone… Poi il magistrato, quando tornerà dalle ferie, quando avrà voglia, quando penserà che, interverrà, perché questa è la loro cultura, il loro modo di fare. “La Lega è fatta di Maroni che ha arrestato tantissimi mafiosi, ma è fatta anche di molti sindaci coraggiosi, come Cesarino Monti e Gentilini, che hanno preso iniziative contro i mafiosi, contro il riciclaggio, contro gli islamici (sic); poi è però intervenuta la Corte Costituzionale che, putacaso (‘guarda caso’, forse? ndt), è fatta tutta di ragazzi del sud che, putacaso, vengono da regioni mafiose”. Parola di Alberto Torazzi, capogruppo del Carroccio in Commissione attività produttive. Non sopportiamoli. Cacciamoli, davvero. C’è un limite alla decenza e all’ignoranza.

Cosa c’entra la Lega con le mafie

Piuttosto basito per un Ministro dell’Interno che ha così tanto tempo e così tante energie per incagliarsi in una discussione che ha assunto subito i contorni del duello, sconfortato nel vedere come si continui a ritenere che sia poco notiziabile la situazione di uno stato che non riesce più a parlare di lavoro (o meglio ai lavoratori che non arrivano a fine mese o non vedono all’orizzonte il prossimo impiego sicuramente precario), di economia (che oggi in Europa è un’asticella che tende disperatamente verso il basso) e diritti civili (che sono diventati privilegi da elemosinare in prefettura) oggi alle 14.30 mi imbatto in un ANSA che in poche righe sintetizza il pensiero. Non sono parole di politici sinostrosi o pericolose bande: è un magistrato della Direzione Nazionale Antimafia:

‘NDRANGHETA: PM CISTERNA, ALLE COSCHE PIACE IL FEDERALISMO

MAGISTRATO DNA,AVVANTAGGIATE SE NON DECIDE MINISTRO MA ASSESSORE (ANSA) – ROMA, 18 NOV – ”Con il federalismo e i centri di spesa a livello locale le cosche hanno a portata di mano non solo la politica ma anche l’amministrazione”.Lo sostiene in un servizio che sara’ pubblicato dall’Espresso Alberto Cisterna, il procuratore aggiunto della Direzione nazionale antimafia che sta seguendo gli sviluppi delle inchieste di Milano e Reggio Calabria sulla penetrazione della ‘ndrangheta in Lombardia, ma nel suo ragionamento allarga lo sguardo alla strategia che sembra unire la criminalità organizzata. ”Il disegno federalista risale per Cosa nostra al periodo anteriore alle stragi del 1992. Anche in Calabria alcuni clan vennero accoppiati a movimenti autonomisti locali. Il loro obiettivo è elementare: se a decidere non è più il ministro della Sanità ma l’assessore è chiaro che questo li avvantaggia. Riduce il braccio: li possono raggiungere e minacciare sul loro territorio e non hanno più bisogno del referente nel governo di Roma”. E questo, stando alle indagini, è colpa anche del sistema elettorale: ”Paradossalmente la peggiore legge elettorale che il Paese abbia mai avuto è la migliore per quanto riguarda il contrasto alle infiltrazioni nelle politiche nazionali: candidare alle Camere soggetti vicini alla criminalità organizzata è diventato più difficile”. Una situazione che ha spinto Cosa nostra, camorra e ‘ndrangheta a concentrarsi sulle elezioni locali: ”Tutta la tensione applicativa delle cosche si è scaricata sul sistema federale, che sta diventando un sistema finanziario federale in cui le risorse verranno sempre più gestire a livello locale: ad esempio per il federalismo demaniale c’è il rischio che molti beni messi in vendita vengano acquistati sul territorio con il concorso degli enti locali collusi dai mafiosi”.Federalismo e business rischiano di intrecciarsi, in un meccanismo perverso che – senza forti controlli – potrebbe autoalimentarsi: «I mafiosi hanno talmente tanto denaro che il loro problema è investirlo direttamente, evitando i costi alti del riciclaggio: vogliono fare gli imprenditori, con le carte in regola. Comprendo che dopo aver regolarizzato all’estero 100 miliardi di euro grazie allo scudo fiscale, questo è un Paese che potrebbe diventare mafioso senza accorgersene: rischia di finire in mano a una fortissima partecipazione economica mafiosa, che non mostrerebbe la sua origine. Sarebbe il peggio del peggio: combatteremmo contro un nemico invisibile perché assolutamente integrato nel sistema”.

La religione padana di Salvini

L’arcivescovo Dionigi Tettamanzi, che, in fondo, sotto le sue sacre vesti (dicono i più informati) deve essere un comunista, negli scorsi giorni ha affermato che i musulmani “hanno diritto a praticare la loro fede nella legalità. E’ legittima la loro richiesta di avere un posto per pregare. La politica strumentalizza il problema della moschea”.

A questo punto la parte “più sensibile” del panorama politico ha parlato. Il ministro Roberto Maroni ha affermato “sono il ministro dell’Interno, non un costruttore di moschee” e il sempre attento Matteo Salvini ha ironizzato “se il cardinale ha fretta e ha già dimenticato l’occupazione del sagrato, ospiti gli islamici nei suoi immensi palazzi. Noi stiamo con quei parroci che a Milano e con coraggio anche nei Paesi islamici difendono la propria religione e la propria gente”.

Vorrei illustrare alla mente sicuramente già illuminata di Salvini quale sia il ruolo dell’arcivescovo e quale, a mio parere, dovrebbe essere il ruolo della politica.

Il cardinale Dionigi Tettamanzi è la massima autorità della Chiesa cattolica in territorio ambrosiano. Salvini probabilmente, dedito al rito celtico, non capisce le dichiarazioni dell’arcivescovo semplicemente perché ignora totalmente una cultura che nel popolo italiano, anche quello del Nord, è radicata ovvero la cultura cristiana. Del resto, è lo stesso Salvini che fa riferimento ai parroci che difendono la propria religione. Ma qual è la religione di cui parla l’europarlamentare leghista?

Nel Levitico 19,33-34 si dice “quando un forestiero dimorerà presso di voi nella vostra terra, non lo opprimerete. Il forestiero dimorante fra voi lo tratterete come colui che è nato fra voi; tu l’amerai come te stesso, perché anche voi siete stati forestieri in terra d’Egitto. Io sono il Signore, vostro Dio.” Il Deutoronomio 10,19 afferma “amate dunque il forestiero, poiché anche voi foste forestieri nel paese d’Egitto”, il vangelo di Matteo 25,35-36 “perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi”, infine la Lettera agli Ebrei 13,2 asserisce “non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo”.

Ebbene il cardinale è il rappresentante di questa cultura religiosa e non di una ottusa, antidemocratica e razzista presa di posizione nei confronti degli immigrati e di tutti coloro che non professano la fede cattolica.

La politica in un paese laico può contestare ed essere in disaccordo con le dichiarazioni dei ministri di culto e dei rappresentanti di ogni religione, ma non può utilizzare in modo volgare trazioni millenarie portandole a dire ciò che non hanno mai avuto intenzione di affermare. Il cardinale è il portavoce della religione cattolica e i suoi inviti rientrano perfettamente nell’insegnamento religioso. Deridere l’arcivescovo e relegarlo in un piano di distacco rispetto alle persone con cui i parroci si interfacciano quotidianamente non è solo un’arida denigrazione ma anche segnale di una totale ignoranza in tema religioso.

Forse prima di parlare di religioni e di islam bisognerebbe studiarne le radici, gli usi, i testi e vivere a contatto con chi professa ogni giorno la propria fede.

Non credo che Salvini conosca la cultura islamica ma, quello che più mi preoccupa, non penso abbia mai letto la nostra Carta Costituzionale. All’art.8 della Costituzione si legge che “tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.” e all’art.19 che “tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume”.

Ritengo che la costruzione doverosa di un luogo di culto per una religione diffusa sul nostro territorio sia perfettamente in sintonia con la norma costituzionale e che affermare il contrario o, addirittura, proporre una legge affinché non si possano costruire moschee, sia anticostituzionale e, di conseguenza, antidemocratico.

Il cardinale Dionigi Tettamanzi ha dimostrato ancora una volta di essere più laico dei nostri laici politici leghisti che, talvolta, alzano la testa affermando di stare dalla parte dei cristiani. Caro Salvini, Le posso assicurare che i cattolici usi a leggere le Sacre Scritture non si sentono minacciati dalla costruzione di una moschea, ma dalla xenofobia razzista e violenta dilagante in questo Paese.

Media italiani censurano intervento Alto Commissario Onu per i Diritti Umani

Riporto e condivido il comunicato del Gruppo EveryOne sulle politiche intolleranti di questo Governo denunciate dalla comunità internazionale e prevedibilmente oscurate.

La visita dell’Alto Commissario in Italia aveva in realtà un significato di primissimo piano per la società italiana, il suo sviluppo civile e la sua presenza nella realtà internazionale. Navi Pillay, infatti, ha incontrato a Roma il Ministro della Giustizia Angelino Alfano, il Ministro degli Interni Roberto Maroni, il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Gianni Letta, il Ministro degli Affari Esteri Franco Frattini e il Presidente della Camera dei Deputati Gianfranco Fini. Ha tenuto discorsi al Senato e alla Pontificia Università Lateranense. Ha visitato due campi nomadi e il Cie di Ponte Galeria. Ha, infine, incontrato i rappresentanti di oltre 40 ong.

Roma, 12 marzo 2010. L’Europa e il mondo si chiedono (basta leggere i giornali esteri per rendersene conto) come sia possibile che in Italia proseguano da anni – in totale spregio degli accordi internazionali sui Diritti Umani – le politiche intolleranti contro i migranti, i Rom e le minoranze sgradite alle Istituzioni e alle autorità. La risposta è facile. Politici e media, senza distinzione fra le loro “correnti” di appartenenza, conducono da molto tempo una propaganda xenofoba, connotata da discriminazioni forti riguardo alla provenienza, al colore della pelle, alle tradizioni culturali e religiose dei gruppi sociali colpiti. Le ideologie dei partiti anti-stranieri non hanno, in Italia, un contraddittorio, perché i mezzi di comunicazione e informazione sono strumenti politici, mentre gli attivisti e i promotori di una cultura di pace sociale e uguaglianza sono imbavagliati e perseguitati. Le leggi chiaramente discriminatorie, come la Bossi-Fini, il pacchetto sicurezza, le centinaia di provvedimenti comunali, hanno contaminato anche la cultura giuridica e l’operato dei magistrati, come dimostrano le innumerevoli condanne di Rom e migranti senza prove o per reati coniati a loro misura (occupazione di suolo pubblico, oltraggio, resistenza, accattonaggio molesto ecc.) e le sentenze-choc, come quella di ieri della Cassazione che ha giudicato lecito deportare un padre di famiglia clandestino, anche se i suoi bambini vanno a scuola in Italia. Questa cultura deviante che criminalizza lo straniero facilità anche la sottrazione di minori non italiani da parte dei servizi sociali e le adozioni di bambini – che sono amati dai loro genitori, ma sono considerati “adottabili” a causa del loro status di “irregolari” o “senzatetto” – da parte di famiglie italiane. Come scritto sopra, i media hanno un ruolo fondamentale e sono sostanzialmente uniti nella guerra allo straniero. Ne è un’ulteriore dimostrazione la censura attuata nei confronti dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite, signora Navi Pillay, il cui invito a sospendere le politiche persecutorie nei confronti di Rom e migranti durante importanti incontri istituzionali è stato completamente ignorato o relegato in spazi piccoli e marginali sia sui quotidiani che nei radiogiornali e telegiornali.

Nelle foto: le copertine odierne del Giornale, del Messaggero, della Repubblica e del Corriere della Sera. Il giorno successivo alla visita della signora Pillay, nessun riferimento ai suoi incontri e discorsi alle Istituzioni italiane