Vai al contenuto

rocco barbaro

«Mamma fai il caffè al comandante e agli altri»: Rocco Barbaro arrestato a tavola. Il ritratto.

La bravissima Alessia Candito per Il Corriere della Calabria:

«Mamma fai il caffè al comandante e agli altri». Da capo vero, Rocco Barbaro sa riconoscere la sconfitta. Soprattutto quando arriva – inaspettata – nel suo feudo, nella sua casa. È stato sorpreso a tavola con la madre, la moglie, la sorella e i sei nipotini, il latitante Rocco Barbaro, reggente della Lombardia e da due anni bestia nera degli investigatori. Quando gli uomini del gruppo di Locri, guidato dal comandante Pasquale Toscani, e della stazione di Platì hanno fatto irruzione, il boss ha tentato una fuga sui tetti. Ma il tentativo si è rivelato inutile. A bloccarlo ci hanno pensato gli uomini mandati a presidiare ogni possibile via di fuga, mentre attorno alla casa si radunava rapidamente il paese intero. Ma quando il boss si è arreso, nessuno si è azzardato a muovere un dito. Con sguardo torvo e accigliato, uomini, donne e ragazzi si sono limitati a fissare quel corteo di auto che si portava via “U sparitu”.

Un soprannome di famiglia, guadagnato a colpi di latitanze più o meno prolungate. Il fratello di Rocco, Giuseppe per quasi 20 anni ha gabbato gli investigatori che lo cercavano per i sequestri di persona cui ha partecipato o i traffici di droga che ha coordinato. Anche il boss Rocco, in passato, è stato latitante. E anche in quell’occasione, da Buccinasco, la Platì del Nord dove il clan ha stabilito il proprio capoluogo, è tornato giù, a casa, per sfuggire al mandato d’arresto. A Platì, a garantire protezione al boss Rocco non c’è solo la propria personale autorità criminale, ma quella di un’intera dinastia di ‘ndrangheta

.

Rocco Barbaro è figlio dello storico patriarca “Cicciu u Castanu”, re dei rapimenti negli anni Ottanta oggi in carcere per l’omicidio del brigadiere Antonio Marino, ma soprattutto il più anziano dei discendenti rimasti in vita dell’omonimo fondatore di uno dei primi casati di ‘ndrangheta a mettere radici a Milano e nel suo hinterland. Una tradizione criminale che il boss Rocco ha saputo “onorare”. Trafficante di droga, già in passato sottoposto ad una lunga detenzione, mentre era affidato in prova ai servizi sociali Barbaro ha messo le mani su uno degli storici bar di Milano, a due passi dal Tribunale. Una serie di passaggi di mano ne hanno nascosto la presenza, ma non hanno impedito al figlio Francesco di farsi vedere per lungo tempo dietro al bancone. Circostanze che non sono sfuggite alla Dda meneghina, che su quel locale ha iniziato a indagare, fiutando la traccia dei soldi dei Barbaro. Un’indagine che per il boss Rocco ha significato una nuova ordinanza di custodia cautelare, con l’accusa di associazione mafiosa e intestazione fittizia di beni, che per due anni è riuscito a dribblare. Fino ad oggi, quando ha dovuto incassare una clamorosa sconfitta in casa, destinata a guastare la festa anche a chi, 1300 chilometri più su, sta ancora festeggiando la scarcerazione del boss e compare Rocco Papalia.

 

‘Ndrangheta: preso il vigliacchetto latitante Rocco Barbaro

(ne scrive Lucio Musolino per Il Fatto Quotidiano)

Per la latitanza aveva scelto la Calabria e, in particolare, la sua Platì considerata “culla” della ndrangheta. È stato arrestato intono alle 13 il boss Rocco Barbaro, 52 anni (nella foto), ricercato dal 2015 e che a breve sarebbe stato inserito nell’elenco dei 30 latitanti più pericolosi d’Italia. Secondo la Procura di Milano, Rocco Barbaro è l’attuale referente Lombardo delle cosche calabresi.

I carabinieri del gruppo Locri lo hanno scovato all’interno dell’abitazione di una delle figlie. Conosciuto con i soprannomi di “u Sparitu” e “u Castanu“, Rocco Barbaro era ricercato perché destinatario di un’ordinanza di arresto per associazione mafiosa emessa dal gip di Milano su richiesta della Direzione distrettuale antimafia.

I fatti contestati si sarebbero consumati tra il maggio 2013 e il gennaio 2014, quando il boss, secondo l’accusa, è stato intermediario della cessione della proprietà di un bar nel capoluogo lombardo. L’accusa per “U Sparitu” è intestazione fittizia a una terza persona, in quanto la precedente gestione del bar aveva contratto numerosi debiti, in particolare con i Monopoli di Stato.

Oltre alla compravendita dell’esercizio commerciale, Rocco Barbaro avrebbe gestito in modo occulto il bar controllando in tutto e per tutto l’operato del nuovo titolare, anch’egli originario di Platì.

Già due volte latitante (nel 2003 è stato arrestato sempre a Platì), Rocco Barbaro è figlio del patriarca Francesco e fratello di Giuseppe considerato il “re” dei rapimenti. Da anni si era trasferito in Lombardia, a Buccinasco, alle porte di Milano, dove il clan Barbaro ha numerosi interessi soprattutto nel traffico di droga.

Il boss della Lombardia è un aiuto gommista

MANETTEAbita a Buccinasco in via Lecco e lavora dal gommista in via Idiomi affidato dal tribunale ai servizi sociali e quindi con metà stipendio pagato con soldi pubblici, per dire. Non è indagato (per ora) ma Rocco Barbaro è l’uomo da cui partire per leggere la nuova geografia della ‘ndrangheta in Lombardia. Dopo Carmelo Novella (ucciso nel 2008 in un bar di San Vittore Olona) e successivamente Vincenzo Zappia (coinvolto nell’inchiesta Infinito) oggi Rocco Barbaro detto u Sparitu nato a Platì il 30 giugno 1965 potrebbe essere il nuovo reggente lombardo. Rocco ha un curriculum criminale di tutto rispetto: latitante per anni (arrestato poi nel 2003 per traffico di droga) è uscito 2 anni fa dal carcere di Piacenza per tornare nella “sua” Buccinasco e assumere i gradi del capo per eredità famigliare: Rocco Barbaro, infatti, è il figlio di Francesco Barbaro Ciccio u Castanu, classe 1927, uno dei personaggi più in vista delle ‘ndirne da Platì, città  in cui è tornato il 5 febbraio dell’anno scorso con obbligo di soggiorno . Il fratello di Rocco invece, Giuseppe Barbaro è uno degli autori del primo sequestro di persona a Milano  (Giuseppe Ferrarini, il 9 luglio 1975) ed è da sempre vicino a Domenico Papalia (il fratello del potente Rocco). Ad ascoltare le parole intercettate ad Agostino Catanzariti con il compare Michele Grillo (entrambi arrestati nei giorni scorsi nell’operazione “Platino”) sembra che Rocco Barbaro abbia ottenuto le stigmate del reggente lombardo più per nobiltà parentali che una vera e propria decisione comune (“Lui è capo di tutti i capi (…) di quelli che fanno parte di queste parti” dice Cataranziti) anche se lo stesso Grillo, e sicuramente non solo lui, sembra non accettare nomine per eredità (“Capo mio non lo è! Non esiste, per me è un semplice picciotto”).

In Lombardia la ‘ndrangheta si riorganizza affidandosi al sangue e alla tradizione (come storicamente ha sempre fatto dopo gli arresti) e la geografia comincia ad assestarsi e noi non possiamo che seguirla con attenzione anche perché insieme a quelli che ci dicono che la mafia non esiste cominciano a spuntare i cretini che ci vorrebbero raccontare la ‘ndrangheta lombarda è stata decapitata.