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rosario cattafi

Bruno Caccia e un processo da riaprire

Sono passati trent’anni dall’uccisione di Bruno Caccia e ora spuntano nuove piste, nuovi documenti e uno scenario che potrebbe riscrivere quella storia. A casa di Rosario Cattafi (l’anello di congiunzione tra Cosa Nostra e strani servizi deviati) a Barcellona Pozzo di Gotto è stato ritrovato un documento che pone qualche legittimo dubbio.

 L’avvocato della famiglia Caccia, Fabio Repici, ritiene che esistano tutti gli elementi per una revisione del processo: “Sono documentate persino le riunioni tra emissari di Cattafi ed esponenti del Sisde che hanno come oggetto proprio le indagini sull’omicidio del Procuratore Caccia”.

Del resto la scalata mafiosa dei casinò del nord Italia, e in particolare quello di Saint Vincent, è una delle ultime inchieste di cui il procuratore Caccia si è occupato. Circostanza aggravata dall’inquietante parallelismo con l’attentato al pretore di Aosta Giovanni Selis, anche lui impegnato nelle indagini sul Casinò e vittima di un tentato omicidio dinamitardo, consumato pochi mesi prima del delitto Caccia e di cui non sono mai stati individuati i responsabili.

“Caccia era prossimo alla pensione. Bisogna capire quale era l’urgenza di ucciderlo in quel momento”, spiega l’avvocato Paola Bellone, che da più di un anno studia il caso. Ritiene che altre indicazioni potrebbero sorgere dalla collaborazione di nuovi pentiti calabresi e dalle inchieste di cui Caccia si stava occupando. Indagini da cui emergono i rapporti che la ‘ndrangheta coltivava, già allora, con la politica e le più alte cariche istituzionali.